sofytrancy ([personal profile] sofytrancy) wrote2019-03-02 06:30 pm

Tutti i bambini crescono, meno uno

 QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Prompt: Tutti i bambini crescono, meno uno. (J.M. Barrie, Peter Pan)
Numero parole: 643 (non contando la citazione)
Fandom: Persona 4
Personaggi: Nanako Dojima

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"Tutti i bambini crescono, meno uno."
Nanako lesse quella frase per almeno la decima volta di seguito, osservando con attenzione il libro che teneva aperto sulle gambe.
Si trovava in camera sua, a sedere accanto alla finestra, il suo luogo preferito per leggere.
Ed era quello che aveva deciso di fare qualche minuto prima, quando aveva preso tra le mani quel libro che, oramai da anni, prendeva polvere sulla sua libreria.
Ricordava perfettamente dove lo aveva comprato.
Era il giorno del suo quarto compleanno quando lei e sua madre erano uscite di casa, per comprare il suo regalo.
Ricordava che sua madre le voleva comprare qualcosa di più adatto alla sua età: le aveva infatti chiesto più volte se volesse una delle bambole che avevano visto in televisione o uno dei tanti giocattoli che erano diventati famosi in quel periodo, ma non appena aveva visto il libro su quello scaffale a Nanako si erano illuminati gli occhi.
«Tu non sai ancora leggere, Nanako.» le aveva fatto notare sua madre, quando la bambina le aveva indicato il libro.
«Ma possiamo leggerlo insieme, no?» le aveva risposto lei, interdetta.
Nanako ricordava perfettamente il sorriso che si era dipinto sul volto di sua madre quando lei aveva pronunciato quelle parole.
All'inizio non aveva capito molto del perché di quel sorriso. Non riusciva a vedere cosa la rendesse così felice.
Ma non le importava.
A lei bastava passare del tempo con sua mamma, non voleva altro.
Il libro fu comprato ma, sfortunatamente, sua madre doveva lavorare pesantemente in quel periodo.
«Non importa, lo leggeremo domani.»
Quelle erano le parole che Nanako continuava a ripetere alla donna che, dispiaciuta, continuava a lavorare e a preparare documenti su documenti.
Non c'era fretta dopotutto.
Non è che quel libro sarebbe scomparso dalla faccia della terra se avessero aspettato un po'.
Né che lei avrebbe cambiato idea e non lo avrebbe più voluto leggere.
Ma si sbagliava.
Fu poche settimane dopo infatti che quell'incidente avvenne.
Nanako ricordava fin troppo bene le giornate passate a sedere nelle sale d'attesa dell'ospedale di Inaba, completamente inerme in compagnia di suo padre.
Non poteva fare altro che continuare a tenere lo sguardo basso e osservare quel fatidico libro che teneva sulle ginocchia, sperando che il dottore uscisse presto da quella stanza e le dicesse che finalmente sua madre si era svegliata e che avrebbe potuto vederla.
Ma quando il medico li avvertì che oramai era troppo tardi, la bambina perse anche quell'ultima speranza a cui si era attaccata con tutte le sue forze.
Tornò a casa e mise il libro sullo scaffale, nel posto in cui aveva aspettato per mesi.
Nonostante, in seguito, suo padre avesse proposto di leggerglielo più volte, la bambina non aveva mai accettato quella sua offerta.
Per quanto gli volesse bene, dopotutto, non era con lui che voleva leggerlo.
Ed è per questo che il libro era rimasto lì, su quella mensola, per anni.
Fino ad allora.
Nanako non sapeva nemmeno perché quella mattina lo aveva preso dal suo posto, e aveva iniziato a sfogliarlo.
Non sapeva neanche cosa l'avesse spinta ad aprirlo e ad iniziare a leggerlo.
Sapeva solo che ora si trovava su quella sedia, ad osservare quella prima pagina da un tempo oramai indefinito.
Prima ancora che se ne rendesse conto, una lacrima scivolò dai suoi occhi e cadde sul foglio di fronte a lei, dritta sulla frase che i suoi occhi non riuscivano ad abbandonare.
Lei era lì, che era cresciuta fin troppo in fretta, da quel suo quarto compleanno.
Lei era lì che aveva lasciato completamente andare quel suo essere infantile ormai da anni.
Lei era lì che aveva perso il suo essere bambina quando sua madre le era stata strappata via.
Lei era lì che, adesso rannicchiata su se stessa, il libro stretto al petto e i singhiozzi che le scuotevano le spalle, invidiava quell’unico bambino che non sarebbe mai cresciuto.