SMS

Feb. 20th, 2020 06:42 pm
Titolo: SMS
Fandom: Persona 4
Personaggi: Naoto Shirogane, Rise Kujikawa
Avvertimenti: Demenziale
Missione: M3 (Prompt: 3-4-5)
Numero di parole: 1404
 
 
Finalmente, pace.
Naoto si sedette alla sua scrivania, con la tazza di tè caldo nella mano destra, e aprì il suo computer portatile, pronta per cominciare il suo solito lavoro notturno.
Era così bello lavorare di notte.
Tutti gli altri abitanti del condominio dormivano, fuori non c'era nessuno e in casa sua non volava una mosca.
Era il momento perfetto per concentrarsi.
Nessuno poteva disturbarl-
Bip-bip.
La detective sospirò, allungando la mano verso il suo telefono cellulare che, poggiato sulla scrivania poco lontano da dove lei si era seduta, l'aveva appena avvertita dell'arrivo di un messaggio.
Quello poteva dire due cose e, in entrambi i casi, non erano belle notizie.
La prima: qualcuno dei suoi amici era nei guai e le stava chiedendo aiuto (non c'erano altri motivi per scriverle così tardi a notte fonda); la seconda: era successo qualcosa e lei doveva immediatamente correre in centrale.
Sapendo che in entrambi i casi avrebbe dovuto necessariamente rispondere, la ragazza afferrò il suo cellulare e lo aprì, guardando immediatamente tra i messaggi ricevuti.
 
Rise Kujikawa: “Io credo che tu saresti una perfetta omega, Naoto. ”
 
...
Naoto non era sicura di aver completamente compreso cosa quel messaggio stesse a significare.
Un'omega? In che senso? Cosa aveva lei di simile ad una lettera dell'alfabeto greco?
 
Naoto Shirogane: “NN CAPISCO DI CS TU STIA PARLANDO.”
 
Forse era una sorta di indovinello?
No, non poteva essere così.
Forse era un messaggio in codice? Una richiesta d'aiuto?!
La detective si alzò immediatamente dalla sedia, iniziando a cercare il suo cappotto.
Se Rise aveva bisogno di aiuto lei doveva salvarla.
Non poteva lasciare che le succedesse qualcosa.
Bip-bip.
Naoto portò nuovamente lo sguardo al suo telefono.
 
Rise Kujikawa: “Parlo di ABO, Naoto. Come fai a non capirlo?? (°ー°〃)”
 
“ABO...?”
Che quella fosse la chiave per leggere il messaggio...?
Bip-bip.
 
Rise Kujikawa: “E comunque secondo me Yu-senpai è un alfa! (๑♡⌓♡๑)”
 
Una lampadina si accese nella sua testa.
Ok, forse quel discorso non gli era completamente nuovo.
Rise aveva già avuto un dialogo simile con Yukiko, proprio quella mattina a scuola.
Naoto sospirò, togliendosi il cappotto di dosso e tornando alla sua scrivania, mentre cercava con tutta se stessa di mantenere la calma.
 
Naoto Shirogane: “L'OMEGAVERSE T STA FACENDO MALE. 6 OSSESSIONATA. DORMI.”
 
Già, l'omegaverse.
Erano giorni che Rise e Yukiko non parlavano d'altro.
Tutto era iniziato circa due settimane prima, quando la loro senpai era arrivata a scuola con un manga tra le mani che, testuali parole, “anche se non era del tutto convinta, le era sembrato interessante e lo aveva comprato”.
Se le avessero chiesto di descrivere il momento esatto prima di una catastrofe, quello sarebbe stato l'esempio perfetto.
Le due ragazze avevano iniziato a leggere il manga e... non avevano più smesso.
Adesso passavo le pause scolastiche a parlare solo ed esclusivamente di quello.
Avevano anche provato a far entrare lei in quel mondo, ma Naoto aveva rifiutato.
Forse quello il fine ultimo dei messaggi che Rise le aveva inviato poco prima era proprio quello di tentare nuovamente di trascinarla nell'omegaverse.
Bip-bip.
 
Rise Kujikawa: “Dormire?! Non posso dormire!ヽ(`Д´)ノ  Non ho ancora finito di leggere questo volume!! <(`^´)>”
 
...
 
Naoto Shirogane: “SN LE 2:30. DORMI. DMN C'È SCUOLA.”
 
Sicura che la discussione fosse finita, la detective posò il telefono sulla scrivania, tornando al suo lavoro.
Non aveva tempo da perdere.
Bip-bip.
Naoto afferrò nuovamente il cellulare, con un moto stizzito.
 
Rise Kujikawa: “Beh, sono le 2:30 anche per te, Naoto. Cosa stai facendo? (o≖◡≖)”
 
Stava lavorando. Ecco cosa stava facendo.
La detective non riuscì neanche a rispondere che un altro messaggio apparve davanti a lei.
 
Rise Kujikawa: “Ammettilo, stai leggendo anche tu un omegaverse, vero? ヾ(≧▽≦*)o È inutile che lo nascondi Naoto~”
 
...Ma possibile che si fosse fumata il cervello fino a quel punto?
 
Naoto Shirogane: “STO LAVORANDO. NN SCRIVERMI +. A DMN.”
 
Naoto rimase per qualche secondo ad osservare lo schermo del suo telefono, attendendo una possibile risposta della idol e sperando, allo stesso tempo, che quella non arrivasse mai.
Vedendo che niente stava arrivando, fece per mettere nuovamente il telefono sulla scrivania ma, proprio in quel momento, il solito "bip-bip" arrivò dal cellulare.
 
Rise Kujikawa: “Non posso dormire, Naoto. (っ=﹏=c) Ne sento il bisogno fisico.”
 
Il bisogno fisico di cosa?
Un altro messaggio apparve subito dopo, lasciando la detective ancora più confusa.
 
Rise Kujikawa: “Voglio il knot di Yu-senpai.ヾ(´囗`)ノ ”
 
Cosa diamine era un knot?!
Visto che Rise non accennava a mandare un messaggio esplicativo, la detective tornò a osservare il suo computer e aprì il browser.
Poi, digitò “knot omegaverse” nella barra di ricerca...
...e chiuse immediatamente il suo pc, le guance in fiamme.
 
Naoto Shirogane: “RISE. SMETYILA DI MANFARMI QUESTU MESAAGGI O GIURO KE T BLOKCO.”
 
Solo quando aveva ormai inviato il messaggio Naoto si rese conto della quantità di errori che aveva inserito nel scriverlo.
Doveva calmarsi.
Non era da lei perdere il controllo in quel modo.
In più, Rise stava chiaramente male.
La sua ossessione per il Senpai l'aveva già preoccupata in passato, ma ora che si era aggiunta anche quella dell'omegaverse la idol era diventata davvero spaventosa.
Bip-bip.
Stavolta Naoto aveva quasi paura a leggere il messaggio che le era stato inviato.
 
Rise Kujikawa: “No, Naoto. Non puoi capire. (`ヘ´) Come faccio se lo dà prima a qualcun'altra? O, peggio, a qualcun altro?! HAI VISTO COME SI GUARDANO LUI E YOSUKE-SENPAI?! ヽ(`Д´)ノ”
 
...Ci mancava anche la scenata di gelosia adesso.
Ma poi, Yu e Yosuke? Da quando? Lei si sarebbe preoccupata di Yukiko e Chie piuttosto.
 
Naoto Shirogane: “RISE, TRANQ. NN SUCCEDE NNT SE NN 6 LA PRIMA. ANKE SE DUBITO K IL PRIMO SARÀ YOSUKE-SENPAI.”
 
La risposta non tardò ad arrivare.
 
Rise Kujikawa: “Ma allora non capisci proprio il punto! (`ヘ´) Usando il knot si hanno molte più possibilità di mettere incinta l'omega!
Capisci che disastro se funziona con qualcun altro?! ヽ(`Д´)ノ”
 
Ora sì che il discorso stava prendendo una piega assurda.
Come poteva quel discorso essere minimamente collegato ai suoi sospetti tra Yu e Yosuke?!
 
Naoto Shirogane: “ALLORA MI PREOCCUPEREI DELLE ALTRE, NN DI YOSUKE-SENPAI.”
 
Bip-bip. Wow, veramente veloce.
 
Rise Kujikawa: “COME NO!?!??!? GUARDA CHE ESISTE L'MPREG!!! COME FACCIO SE QUEI DUE FANNO UN BAMBINO?! o(╥﹏╥)o”
 
E ora che cavolo era l'MPREG?
Ma poi aspetta... “Se quei due fanno un bambino”...?
No... non poteva essere seria...
Naoto rimase per un po' a guardare il suo cellulare, senza sapere cosa rispondere.
Era completamente senza parole.
Rise doveva farsi vedere e da qualcuno bravo.
Bip-bip.
 
Rise Kujikawa: “Naoto?? Perché non mi rispondi?? o(╥﹏╥)o”
 
Ed era pure insistente.
La detective sospirò, cercando di restare il più calma possibile.
 
Naoto Shirogane: “RISE, È TARDI. DEVO LAVORARE. BASTA. NE RIPARLIAMO DMN, OK?”
 
Sperando che il giorno dopo la idol fosse tornata in sé.
 
Rise Kujikawa: “Ok... buona notte Naoto ~(=^–^)”
 
La ragazza posò finalmente il cellulare sulla scrivania.
Forse non tutto era perduto.
Magari Rise aveva bevuto qualcosa prima di scriverle quei messaggi e per questo aveva scritto quelle cose assurde.
Già, il giorno dopo le cose sarebbero andare sicuramente meglio.
Ora doveva solo mettersi a lavorare.
La detective aprì nuovamente il suo portatile, chiudendo immediatamente l'immagine del knot che le apparve davanti agli occhi e tornando ai suoi fascicoli.
Finalmente, pace–
Bip-bip.
...No, questa volta non avrebbe guardato il telefono.
Doveva davvero lavorare.
Bip-bip.
Non avrebbe mai finito altrimenti.
Bip-bip.
Quel caso non si sarebbe risolto da solo.
Bip-bip.
«Oh insomma!»
Naoto afferrò il cellulare, esasperata.
Quando guardò lo schermo, si ritrovò davanti quattro messaggi.
 
Rise Kujikawa: “Naoto.”
Rise Kujikawa: “Naoto, rispondi. (`ヘ´) ”
Rise Kujikawa: “Naoto, è importante. ヽ(`Д´)ノ”
Rise Kujikawa: “Naoto!! HO BISOGNO DEL TUO AIUTO!! ヾ(´囗`)ノ”
 
La detective dubitava della veridicità di quelle parole, ma rispose comunque alla sua amica.
 
Naoto Shirogane: “K C'È ADESSO?”
 
Che Rise avesse davvero bisogno del suo aiuto adesso?
Bip-bip.
 
Rise Kujikawa: “Puoi venire da me? ~(=^–^)”
 
Da lei? A quell'ora?
Come già era successo quella sera, la risposta alla sua domanda arrivò prima che lei potesse anche solo iniziare a digitare qualcosa.
 
Rise Kujikawa: “Ho preso la sciarpa di Yu-senpai oggi, di nascosto. (o≖◡≖) 
Devo studiarne i feromoni e capire se sono la sua omega.  ~(=^–^) Per favore aiutami!
Ho preso anche quella di Yosuke-senpai così possiamo vedere se c'è anche solo la remota possibilità che quei due abbiano un bambino! (*•̀ᴗ•́*)”
 
Naoto rimase immobile per qualche secondo, spaesata dal nuovo picco di delirio che quei messaggi avevano raggiunto.
Poi, semplicemente, spense il suo telefono.

Questa storia partecipa al COW-T10 indetto da LDF
Missione: M1 (Fandom!AU)
Fandom: Persona 4
Personaggi: Kanji Tatsumi, Kunemon
Parole: 7075
Avvertimenti: Digimon!AU
 
Ice-Block Road, File Island
1st bit of White Tiger’s first word, cycle 2881
 
“This must be a joke.”
Those were the only words in Kanji's mind at that moment.
Standing on a tiny ice-block in the middle of a freezing sea, the boy couldn't think at anything else than that, while the stream made him swing.
Ice. There was only ice in front of him.
The landscape was composed of a large number of ice-blocks that were floating on the water, moved by the stream. Some of them were larger than the one where he was on, but most of them were smaller; so small that it would have been impossible for him to stand on top of them.
Kanji shivered, thinking of what could have happened if he had ended up on one of them instead of the larger one he was on.
...But, how did he end up in that place to begin with?
He was confident that there wasn't any place like that near Inaba, so he was obviously very far from his hometown.
But then... were was him?
The boy tried to remember what had happened the night before.
He was roaming around in the dark streets of Inaba when, suddenly, it had started snowing. Then the televisions in the Central Shopping District had turned on…
A pang of pain hit him and Kanji took his hand to his head, while the yellow, gleaming eyes of the figure that he had seen right before he had lost consciousness appeared in his mind.
The voice of that little girl started singing again and the boy had to appeal to all his strength not to fall on the surface of the ice-block or, more likely, in the water.
«Boss!»
The song in his head stopped, when a strange voice that he had never heard before arrived to his ears.
Kanji raised his head and looked around him, searching for the source of that sound.
But nobody was there.
It doesn't matter how carefully he searched the area, he couldn't see anyone around him. Not a single soul.
The only thing that he could see was ice.
«Dammit...!»
Before he could think, a small imprecation escaped from his mouth.
Not only he had been “teleported” to an unknown place, but now he was also having hallucinations.
But that wasn't the main issue.
The mainland – that was also covered in thick, white ice – was farther and farther. 
He had to find a way to reach it before it was too lat–
Crack.
When that sound arrived at his ears, Kanji startled.
Slowly he looked at the ice-block which he was on...
...and the blood in his veins became more freezing that the sea behind him.
A huge split was visible on the surface of the ice-block, right under his feet.
The ice was breaking.
He didn't have time to think.
«Boss! I'm coming!»
The same voice from before echoed in the area.
Again, Kanji looked around him, hoping that it wasn't only an illusion and that there really was someone that was coming to rescue him.
«Boss! This way!»
He followed the voice and turned around, looking down on the ice-blocks that were floating on the sea.
«Boss!»
And then he saw him.
On one of the tiniest ice-blocks, not so far from him, there was a small, strange animal.
His appearance resembled the one of a worm, but he was way too big to be a normal insect.
Kanji gulped when he noticed that the monster was as big as a cat.
From what he can see, his body was yellow and covered by a large number of black stripes. Something like a long blue tail emerged from his back.
It was standing upright and was moving his little, blue quills frenetically, like he was trying to catch Kanji's attention.
«Boss! Come over here!»
...And he was talking.
From the blue, big beak that was, evidently, his mouth the strange voice of before escaped.
«Quick!»
But Kanji didn't move.
He was standing there, on that ice-block, completely petrified.
What was that strange creature?
What did he want from him?
How it was possible for he to talk?
«Boss! It's dangerous! Come, quick!»
...And why he was calling him "Boss"?
Another crack, stronger than the previous one, arrived from behind him and Kanji's body moved on his own, jumping from the ice-block to the nearest one.
At the same moment when his feet left it, the surface broke in three small pieces of ice.
Kanji landed on the other ice-block and had to balance himself not to fall in the sea.
He was safe for no–
Crack.
«Boss! Follow me!» the strange animal said, catching his attention again.
Then he started jumping from an ice-block to another, showing Kanji the right path to the mainland.
The boy wasn't sure that following that monster was the right decision.
He couldn't help but think that, when they would have arrived on the mainland, he could have attacked him.
But, when another malicious crack arrived from under his feet, Kanji decided that it wasn't the time to hesitate.
He jumped on the ice-block where the worm was standing only a moment before, trying not to fall in the freezing water.
«Yes, Boss!– the monster shouted with a touch of joy in his voice–Follow me!»
Kanji couldn't understand what he was thinking, but the tone with which he had said those words was... kind.
He couldn’t sense malice at all in his voice.
Crack.
No. Now it wasn't the time to think.
Kanji jumped again, and again, and again, following that little creature that was encouraging him after and before every jump.
The mainland was farther than he had thought, but now it was finally becoming closer and closer.
«It's the last jump! You can do it, Boss!»
When the monster said that, the boy jumped for the last time.
For a moment he thought that he wouldn't have been able to make it, but, luckily, he landed on to the ice of the mainland.
"I'm safe."
His legs gave away immediately after that thought had crossed his mind and Kanji fell on the freezing ice, exhausted.
He breathed in and out, trying to recover from the number of jumps that he had done.
«You were amazing, Boss!– the little monster exclaimed, his voice even more joyful than before –I knew you could do it!»
The boy turned his head around, to face the strange creature that, now, was standing near him.
There was no doubt.
He was a worm. A very big worm.
The black stripes that Kanji had seen before were indeed black thunders that stood out on the yellow back of the creature. The bottom part of his body was read and was divided in two parts: the first one – from what Kanji could see – could be moved vertically and was characterized by six quills that emerged from it, while from the other one there were three pairs of red feet, that the strange animal used to walk.
On the end of his body there wasn’t a tail, but a big blue sting.
Two larger lightnings where also on his head but, differently from the others, they were more… alive. A strange little light could be seen in them.
Kanji knew that he couldn't trust him.
He was so strange that he could be a deadly animal, that was helping him only to kill him and eat him.
But, for some reason, the boy didn't think that he was evil.
However, before Kanji could say anything, the little monster literally jumped on him, catching him off guard.
He was about to shove it off when the worm opened his beak.
«I'm so happy, Boss.– he said, rubbing his head on his chest like a cat would do –I have been waiting for you for so long that I started thinking you would never come»
...
"He's too cute."
It was impossible.
He couldn't be evil.
Kanji looked at him, without knowing what else to do.
The little monster didn’t move for a while: he remained curled up on the boy’s chest, while his thunders on his head – that Kanji thought that were his eyes – were looking at him.
After some time of silence, the boy decided to speak. 
«W-What are you?»
Only when those words left his mouth, Kanji noticed that his voice was way hoarser than he had thought.
The creature didn’t seemed to mind it, though.
«I'm Kunemon!– he answered with his buzzing voice –And I'm your Digimon partner. I was waiting for you, Boss!»
“What the hell is a Digimon?”
The situation was getting stranger and stranger.
All of this couldn’t be real...
«Oh, that’s a dream.» Kanji exclaimed.
Right, that had to be it!
Kunemon seemed confused for a moment, like if he couldn’t understand what Kanji was talking about.
Then his expression lighted up and the thunders on his head thinned, like the eyes of an animal would have done if it was smiling.
«Yes, Boss.– he answered –Knowing you is like a dream come true!»
Like… like a dream come true…?
What the hell was he talking about?
«No, this ain’t reality, is it?» Kanji asked, confused.
Kunemon didn’t answer.
He remained silence, looking at him.
Then, a little electric discharge hit the boy.
«Ouch! What was that for?!»
The Digimon seemed confused.
«I’m sorry, Boss. I was thinking that in your world there is the saying “pinch me, I must be dreaming” so I thought that I could that for you.– he said –Shouldn’t I have?»
Kanji didn’t know how to answer to that.
He wasn’t dreaming?
It was impossible!
If it wasn’t a dream, he would have known how he ended up in that place.
If it wasn’t a dream, he would have known where he was.
If it wasn’t a dream, then what were Digimons? Why hadn’t he ever heard of them before?
But, then, Kunemon’s voice echoed in his head.
“«In your world.»”
«What… what was that?!»
The Digimon bended his head to the side.
«What was… what, Boss?» he asked, more confused than before.
«The “your world” part! What was that supposed to mean?!» the boy shouted.
Kunemon “eyes” opened wide, like if he had finally remember something that he had forgotten to said.
«Oh, right! I forgot to tell you!– he exclaimed, with the same joyfulness in his voice of before – Welcome to Digiworld, Boss!»
 
When Kunemon said that he was taking him “to the shelter”, Kanji didn't think that he could have been so serious.
The cave where the Digimon has taken him was the most accurate example of what a "shelter" should look like.
The first thing that Kanji had felt when he had entered the cave was the warmth. Differently from the cold that was outside, the inside of that place was hot, like if there was a heater hidden somewhere.
According to Kunemon, the heat was coming from the hot springs that were at the bottom of the cave and that were the only heat source which someone could expect to find in Freezeland, the region of File Island where they were at the moment.
Then, the second thing that the boy had seen where the large number of bags that was disposed against the walls of the cave.
He didn't know what was inside them, until Kunemon had picked up a fruit from one of them. They were full of supplies.
The last thing that he had noticed was that a lot of leaves were laying on each other, in a corner of the cave. Was it possible that the Digimon had also built a bed for him...?
And now there Kanji was, sitting against the wall of the cave, with a strange, colorful fruit resting in his hands.
«Aren’t you hungry, Boss?»
Kunemon was in front of him and was looking at him with a preoccupied expression on his face.
«That ain’t it.– he answered –It’s just… I don’t understand what is going on.»
«But I’ve already told you, Boss.– the Digimon said –You are here because we have to save Digiworld.»
Yeah, Kanji knew that it had already told him that. They had talked for at least an hour before Kunemon decided to go to the cave that he had called shelter.
But it didn't matter how many time the boy heard that answer: that didn’t make any sense.
«“We” who?» he asked, trying to take a better grasp of the situation.
«You and I, Boss.» 
It was already impossible for only two people to save a world, let alone a boy and a worm!
«But how are we supposed to do it?»
Kunemon puffed his upper body out, like if that would have made it appear more strong and brave.
«I can fight, Boss.– he said, with a pinch of pride in his buzzing voice –It may not seem, but I can be very strong!»
...
"I have doubts."
Kanji couldn't believe it.
How could he agree to something like that?
It was impossible.
He had things to do at home! Not in an unknown, strange and dangerous world!
«You... you aren't going to accept, are you?»
The voice with which Kunemon said those words was different.
It was like that all the joyfulness, that had characterized his tone until that moment, was now gone.
Kanji looked at the Digimon.
He was looking at him with sadness in his eyes.
«Kunemon...» he tried, but the monster interrupted him.
«I know, Boss.– he said, lowering his gaze on the floor –You have things to do in your world, haven't you? It's ok, I understand. I don't know a way to take you back to your world, but I can look for it...»
...
Kanji couldn't bear to look at him in that state.
Kunemon had been so kind with him, since the moment he had arrived in that strange world.
And if he needed help...
Well, who was him to say no?
«I won't go nowhere.» Kanji said, even if he wasn't so sure about his decision.
Kunemon raised his head, confused by the use of the double negatives.
Then, when he understood, his expression lighted.
«Really, Boss? You will fight at my side?»
A little smile appeared on Kanji's face.
«Yeah. I'll stay here until we have beat the shit out of... who the hell is the bad guy here?»
A small laugher left Kunemon's beak.
«I don't know.»
...
«W-Well...– Kanji was already regretting his choice –then until we have found out who is the bad guy and we have beat the shit out of it!»
Kunemon's laugher was higher this time.
Then, the Digimon walked to him and got on his knees, curling up on them.
«I love you, Boss.– he whispered –I'm happy that you'll stay with me.»
"How the hell can you be so fucking cute?!"
He was sure that his cuteness would have killed him someday.
But then... why "Boss"?
Oh, right.
He hadn't said his name yet.
«Kanji.»
Kunemon looked at him, without understanding what his human was saying.
«I-I mean.– Kanji blushed and moved his head to face one of the side of the cave, not to have to look at the Digimon –I'm Kanji. Y-ya can call me by name, ya know? I don't have problems with that!»
«I want to call you Boss, Boss.» Kunemon answered, without hesitation.
...Why?
«Kanji is better.» the boy said, facing the Digimon again.
«No, I prefer "Boss", Boss.– he didn't want to give in –But I like Sensei too!»
Kanji sighed.
«I've said to call me Kanji...»
«Then, Kanji-sama?»
«Ok. Boss it's ok.» he gave in and another little laughter escaped Kunemon's beak.
They remained there, in silence, for a while, and Kanji finally ate that fruit that his Digimon had picked up for him.
He moved his gaze around him, looking at all the bags that were against the walls of the cave. Could it be that Kunemon had prepared all of that food by himself?
«Oh, I almost forgot!»
The Digimon got off from his knees.
«What?»
«I've something for you, Boss.»
Then, without saying anything else, he walked to one of the bags that was against the right side of the cave and started to search something in it.
Looking at him, while he was struggling to reach out what he was looking for, Kanji couldn't help but think how could they really do defeat a big evil Digimon.
Yeah, even if he didn't want to think about it in that way, Kunemon seemed even too weak to fight against the cat of his neighbor, let alone a monster that was destroying an entire world!
«I've found it, Boss!»
The boy returned to reality, facing again his Digimon than now had left something in front of him, on the floor.
«What is that?» Kanji asked, looking at the strange looking object.
He had never seen something like it before. The object that was in front of him was a small grey device, with an octagonal shape, even if his diagonal sides were rounded.
At the centre there was a very little, black screen. Near it, on its right side, there were two different blue buttons.
«It's a Digivice.– Kunemon answered –With this I can become stronger and we can fight together.»
Again, Kanji wasn't totally convinced.
Oh, come on, how could a little piece of metal like that be so helpful like Kunemon was saying?
He was about to reject the device when he saw the expression of the Digimon.
Kunemon was looking at him, a strange anxiety that was clearly visible in the light of his eyes.
...Ok. Rejecting it wasn’t a possible option.
Kanji moved his hand to the device that was laying on the floor.
And it was when his fingers touch it that something strange happened.
The Digivice started to tremble and its screen turned immediately on.
A purple light was emitted from the screen and the boy withdrew his hand
Kunemon left out a little scream of fear from his peak and ran behind his human's back, while the device started floating in the air and the purple light surrounded it.
Then, a ray of light, like a firework, escaped from the screen and went to the top, crushing itself on the ceiling of the cave.
And there, even if for only a moment, a strange symbol appeared.
Kanji looked at it, trying to understand what it was.
It resembled a rose: a small circle was in the centre while two other figures –that looked like petals – were around it.
Then, like it started, it finished. The Digivice –which was now purple and no longer grey– fell on the floor and its screen turned off.
Even if now everything was calm, Kanji didn’t make a move.
He didn’t stop looking at that device, not entirely sure if he could or not pick it up.
«We made it, Boss!» it was in that moment that Kunemon went out from his hideout, talking like if anything had happened.
Kanji turned around and looked at him, confused.
«What are you talk’ng about?» he asked.
The Digimon’s beak folded into something like a smile.
«They said to me that it would have reacted when my human partner would have touch it, even if I didn’t know it would have been so scary.– he admitted, and the boy was sure that he was blushing –So now it’s official, we are partners, Boss.»
 
«It was, Kunemon. He had done that!»
Kunemon raised his head, looking at ModokiBetamon who was accusing him.
«I haven't done anything wrong!» he replied.
That was the truth. Kunemon had stayed in his house until that morning.
«No, I've seen you.– Palmon said, crossing her long, green arms –You were the one that had eaten all of ours supplies!»
The insect Digimon looked at his companions, confused.
No, that was wrong.
«But I've never left my house! And I'm the smallest of the group, why would I have to steal your food?» he answered, with a pinch of sadness in his voice.
Why did Palmon say that she saw him?
Why did ModokiBetamon accused him in the first place?!
An angry snort arrived from his right and Kunemon turned around, facing Betamon, who, until that moment, had been silent.
«Because you are a virus-type Digimon, that's the obvious reason.»
It was like the world slipped from his quills.
«Wha... that doesn't make any sense at all!– Kunemon shouted –What's the matter with me being a virus-type Digimon?! I've done nothing wrong!»
But they weren't listening to him.
«See? See?– ModokiBetamon was now talking with the other two –I've said that we couldn't allow him to stay in our group!»
«Yes, you were right.– Palmon replied, nodding –He has to leave.»
To leave...?
But why? Why?!
«We have been friends since we were Baby II-level Digimon! Why are you treating me like this now?!»
Betamon looked down at him, with a look of contempt.
«At the time we didn't know that you would have become a virus-type Digimon.– he said, while ModokiBetamon and Palmon were nodding –If we had known, we wouldn't have even talked to you. Now go away.»
 
Kunemon's eyes opened and the Digimon immediately stood up, looking around him in order to understand what was going on.
It wasn't long before he recognized the place he was in. He was in Freezeland, in one of the several caves that could be found at the slopes of Mount Infinity.
What he had seen was only a nightmare.
A snore arrived from his left and Kunemon turned around, facing his human.
Kanji was sleeping on the bed of leaves that the Digimon had created for him, with a peaceful expression on his face.
Kunemon's beak bended in a smile, while he was looking at the Digidestined.
Even if it had already passed a lot of time since the moment he was chosen to be a Digimon partner, he couldn't still believe that he was one of the destined.
A moment before he was left alone, with anywhere to go, and then he had been summoned to the Village of Beginnings, where he and the other seven Digimon were instructed to what they had to do. 
“«You and I, Boss»”
Kunemon knew that he didn't have to lie in that way to his human.
He knew what they had said to him; that they had to work together in order to win against the evil; that they had to be a team.
But...
“«It's because you are a virus-type Digimon.»”
...but Kunemon couldn't stop thinking about it.
He didn't want that to happen. He didn't want his human to be treated like him, because he as a virus-type Digimon as partner. He didn't want to be left alone again.
And that was the reason why he had lied to Kanji. They had to save Digiworld, but they had to do it alone, without the help of any other Digidestined.
In this way he would have become a hero.
«Kunemon, why aren't ya sleep'ng?»
Kanji's voice broke the silence in the cave and the Digimon winced.
Then, he turned around ad faced his partner.
The boy was looking at him with a sleepy look in his eyes, only visible in the dark of the cave thanks to the fluorescent plants that Kunemon had picked up in Misty Trees, to use them as lanterns.
He had to think to something, quickly. He didn't want to let him know that he had a stupid nightmare.
«I was on guard, Boss.– he said, without knowing how to answer that question in any other way –An evil Digimon may attack us if we are not careful.»
Kanji didn't seemed completely convinced.
«Didn't ya say that there ain't any evil Digimon here?» he replied.
Dammit, he had a point.
«We never know, Boss. We didn't even know who is our enemy to begin with.»
Kanji didn't look away, like if he hadn't been completely convinced, yet.
He open his mouth, to say something else, but, then, something unexpected happened.
The Digivice, that was laying on the ground, near them, started to emit a beeping sound.
The two looked at it, without knowing what it was doing.
«Why is it beep’ng?» Kanji asked, taking the device in his hand.
The Digimon got close and picked at the purple Digivice, trying to understand what was going on.
The screen was on and a blue dot, that was on the right side of it, was flashing intermittently.
«I don't know, Boss.– he answered –The last time he made this sound was to let me know that you would have been in this area...»
And then Kunemon realized what it meant.
It was a signal. Another Digidestined was there, in Freezeland, and was now searching for them.
They had to left that place, before they could find them...
Before he could say anything, Kanji stood up.
«Well, let's see what the hell it wants.» he said, walking to the exit of the cave.
Kunemon followed him.
«Wait, Boss!– he exclaimed, panicked –It's too dark outside, it may be dangerous. Why won't we wait until tomorrow morning?» 
Even if the main reason for witch the Digimon had said those words was that he didn't want his partners to find out that others where there with them, he didn't lie when he said that outside was dangerous.
Freezeland was known to be the coldest place on File Island, specially during the night. If they had gone out, they would have likely die.
«I can't sleep if this thing doesn't stop beep'ng!»
Then, before Kunemon could say anything else, Kanji exited the cave and the Digimon hadn't other choice that to follow him.
 
The situation was even worse than Kunemon had thought.
The air of Freezeland was so cold that you could feel your bones freezing inside your body, and every step was more and more difficult than the one before.
But the problem wasn't that.
What was making that situation so difficult was the snow storm that was raging in the entire region.
«Boss, it's too dangerous.– the Digimon shouted –Let's return to the shelter!»
Kanji turned around and looked at him.
«I don't know what this beep'ng is for, but what if it's a signal for help? We must see what it is!» he replied.
“He is so cool.”
When that thought appeared in Kunemon's head, the Digimon pushed it away.
That wasn't the moment to think something like that.
He had to stop his human, before it was too late for the two of them.
«Boss, please. We must g...»
A strong gust of wind caught him of guard and the tiny Digimon let out a little scream of fear when he felt his body being lifted up from the ground.
Kunemon closed his eyes and prepared himself to be smashed on the ground or, worse, to fall into the freezing sea, when something strong and hot took him.
«I've catch ya.– Kanji said, holding him to his chest –Don't worry, I won't let ya go.»
«Boss...»
He was so kind, even also too kind for him.
«Sorry, I think you were right.– the Digidestined continued, holding him more strongly when another dust of wind hit them –It's too dangerous out here.»
«We can return to the shelter, Boss. We haven't walked too much, it wouldn't be difficult to come back.» Kunemon replied, curling up in his arms.
They were so warm.
They made him feel safe...
Kanji was about to answer when another beep escaped from the Digivice.
It had been different this time: the sound was so much higher than before that it could also overpower the noises of the storm.
Then, all became silent.
The storm immediately calmed itself, and the wind stopped blowing.
A strange light fill the area, even if it was still night.
The cold air, that only a moment before was freezing their bones, became warm.
«What's happening?»
Kunemon looked around them, without leave Kanji's arms.
It was like the storm from before had never existed...
«W-What is that thing?»
When the boy said those words, the Digimon turned around to look at what had caught his human's interest.
And then, he saw it.
A giant building, that he'd never seen before, was now standing right in front of them.
There was no doubt.
It was a cathedral. A cathedral entirely made of ice.
«Kunemon, what's that?» Kanji asked again, looking down at the Digimon in his arms.
«I don't know, Boss.– he answered, startled –I've never seen or heard of it before!»
Something was strange, really strange.
Kunemon was sure that that big building hadn't been there since a moment before.
The Digimon had looked all over the area to choose the best place to make the shelter and to wait for his human. It was impossible that something so big didn't catch his attention before.
Another high beep arrived from the Digivice in Kanji's right hand, and the boy looked down at it, watching what was on the screen.
«The Digivice says to go inside.» he said, returning his gaze at the Cathedral in front of him.
Kunemon climbed on the shoulder of his human, in order to see what was displayed on the Digivice.
When he could picked at it, he saw that the white point was still flashing intermittently, but, differently from before, it no longer was on one of the side of the screen. On the contrary it was now flashing near the centre of the display.
There weren't any more doubts. It was really saying them to go inside that building.
But why?
It was really possible that another Digidestined was inside that Cathedral, waiting for them to arrive? Or the meaning behind that signal were different from what Kunemon had thought?
And, most importantly... it was really safe to enter that suspicious place?
«I don't know if that's a good idea, Boss.– the Digimon said, looking at his human –I'm sure this building wasn't here before. It looks too suspicious.»
But Kanji had already started walking toward the entrance of the cathedral.
«Boss!– Kunemon exclaimed, trying to catch his attention –I've said that's dangerous!»
«Kunemon,– his human replied, looking at the big door, made by two large icy plates, of the building –there is something written here.»
“Something is written here...?”
The Digimon looked more carefully at the door, seeing the letters on that surface made of ice.
He was right, there was some Digicode on it.
«What... what are these letters?– Kanji asked, confused –I've never seen them before.»
«It's Digicode.– Kunemon answered, reading the message –It said: “Only the purest type Digimon can enter here. The others will be punished.”»
“The purest type Digimon?”
That didn't make any sense.
«Oh, so we can enter.»
Even if the Digimon was feeling flattered by the idea that his human had of him, he wasn't so sure that it would have worked.
But, before he could say anything, Kanji had already put his hands on the big door and he had pushed it.
The two icy plates didn't make a sound while they moved, revealing what was inside the cathedral.
Kunemon sharpened his eyes, but he couldn't see anything.
The interior of the building was hidden in the darkness.
«It isn't so much attractive.» Kunemon said, looking at Kanji.
No sound. No light. Nothing.
The only thing that arrived from the inside was a feeble dust of freezing wind, but it was nearly imperceptible.
It was like the interior of that cathedral was in another universe, way too distant from the one they were in.
And Kunemon didn't like that, at all.
«Wanna go?»
The Digimon looked at Kanji, hoping that his human was joking.
When he saw that it wasn't the case, he spoke up.
«What?! Boss, this is crazy! It's way too suspicious!»
«But it says that only the purest Digimon can enter.– the boy commented –If only pure Digimon can be inside it must be safe, right?»
He had a point, but Kunemon couldn't help but think that something was off.
«It could always be a trap. I don't want to put you in danger, Boss!»
But Kanji wasn't listening to him anymore.
He had already started walking, entering the cathedral only two steps after...
...And it was in that moment that the support under Kunemon's leg –that until a second before was Kanji's shoulder– had been slipped under his feet, and the Digimon fell on the ground, letting out a scream of surprise when his body hit the freezing snow.
«Kunemon? What are ya do'ng? Why did ya jump off?»
What?
The Digimon looked at his human that was now inside the cathedral.
«I didn't jump off, Boss.– he replied, without understanding what was going on –It was you that had shoved me off!»
Kanji frowned.
«What...? I didn't shove you off! Why would I have to do something like that?!» he answered.
That was strange, really strange.
Kunemon looked again at the sanctuary, trying to understand what had happened.
But nothing out of the ordinary was there.
The only thing that he could see was the opened door, and his human that was now looking at him, with his arms crossed to his chest.
Nothing else was there.
So, what had made him fall in that way?
«So, are ya com'ng?»
When the boy said those words, Kunemon stood up and shook his body to shove off the snow from his back.
Then he walked towards the entrance of the cathedral, he put his first foot on the pavement floor of the sanctuary and then...
...And then he remained there.
It didn't matter how much strength he put in his tiny legs, he couldn't make a single step into the building.
It was like an invisible barrier was in front of him and wasn't letting him to enter.
«...What are ya do'ng?» Kanji asked, looking at him with a confused look in his eyes.
«I can't enter, Boss. Something is rejecting me.» the Digimon explained.
He tried and tried again, but it doesn't matter how many times he moved his legs. He didn't move.
Then, the words on the door echoed in his mind.
“Only the purest type of Digimon could enter.”
Did that mean that a virus type couldn't...?
A stronger dust of cold air came from the inside of the cathedral.
It was in that moment that Kunemon noticed that a small ball of light had started to take shape, right in front of him.
He narrowed his eyes, looking at it.
What was that?
It was like the cold air of the interior of the sanctuary had started to swirl on itself, taking the shape of a sphere.
It was becoming bigger and bigger, and it was like it was gathering energy too...
The other words on the door appeared in his mind, and Kunemon startled.
“The others will be punished.”
«Kunemon, watch out!»
When his human shouted those words, it was too late.
The orb released the energy he had gathered and hit him, making him fly in the air.
He didn't know how far he went, the only thing that he could remembered was that his body hit the floor with so much strength that Kunemon had lost his breath.
And it was in that moment that he felt it.
He was freezing.
It was like all of his body was becoming ice.
«Kunemon!»
The Digimon tried to call out for his human, but nothing left his beak.
The last thing that he saw was Kanji that, leaving the cathedral, was running toward him.
Then, he lost consciousness.
 
«Kunemon! Ohi!»
Kanji was in panic.
He took the Digimon in his arms, holding him tight at his chest for the second time since when they had left the shelter.
«Kunemon! Kunemon answer me!» he shouted, trying to wake up his Digimon.
But Kunemon didn't move.
He remained motionless, like a statue...
...a statue made of ice.
Kanji startled, while that truth took form in his mind.
The Digimon was freezing.
He was so cold that it was like ice had enveloped his body.
“I have to do something...!”
However, when Kanji stood up, something happened: the world around him changed for the second time.
The light, that was surrounding the area only a moment before, was now gone, leaving his place to the darkness of the night.
The peace, that had filled the air, was now replaced by the strong, cold wind and the snow storm of before.
The beeping of the Digivice stopped, and the device became immediately silent.
The boy covered Kunemon with his body, looking around him, without understanding what was happening.
And it was in that moment that he noticed that something was missing.
His eyes widened, when his gaze settled on the empty place in front of him.
The cathedral was gone.
The building – that was behind him before – was now like vanished in the air.
“How is that even possible...?”
A freezing gust of wind hit him and Kanji hold Kunemon more tightly against his chest.
No, that wasn't the time to think about that.
He had to take the Digimon to the shelter and to save him.
The boy turned around again, ready to start running when something came to his mind.
A shiver ran down his spine, while that fact became clearer and clearer in his mind.
He didn't know where to go.
Because of the storm, Kanji couldn't see anything that was farer than a few centimeters from him.
Even if he narrowed his eyes, the only thing he could see was the snow on the ground.
«Dammit!»
In order to arrive where he was at, he had followed the Digivice.
But, now, it was useless.
Kanji looked at the black screen of device, hoping for something to happen.
That device couldn't leave them like that.
Not now that Kunemon...!
A muffled noise arrived at his ears and the boy looked around him, trying to understand from where it had arrived.
Someone was near them.
Kanji could sense it.
But, who was it? An ally... or an enemy?
He couldn't fight at the moment.
Kunemon was becoming colder and colder in his arms and if he hadn't done something right away, the Digimon would have died.
Knowing that, the human started running, hoping that he would have found either their shelter or another cave in which they could have hidden and where he could have done something to help his friend.
But it was no use.
It doesn't matter how much he ran, everything around him didn't change of a single bit.
The view was the same, everywhere he went.
He didn't even know if he was running toward the sea or toward that big mountain full of caverns!
It was like he was running in circle...
The boy let out a sneeze.
He was cold.
But that couldn't stop him.
He had to do something. 
It was his fault if Kunemon was in that condition...
The boy looked again around him, trying to understand where to go.
But another muffle, nearer, sound echoed in the snow storm and Kanji understood that he hadn't the time to think.
He started running again... or so he wanted.
“What...?”
Kanji looked at his feet, fixed on the ground.
His legs weren't moving anymore.
It was like the cold had frozen them.
Kanji tried to make another a step, but it was useless.
On the contrary, when he put more strength in his actions, his legs gave up and he fell in the snow.
«D-dam...mi...t!»
He wanted to speak, but also his voice was only a feeble whisper.
His body wasn't moving, or, rather, he didn't know if it was moving anymore.
It was too cold to even try to feel it.
What could he do? He couldn't even feel the breath of the Digimon that was held tight to his chest.
...No, that was wrong.
He couldn't feel his presence at all.
«K-Kunemon...?»
He didn't know how, but Kanji managed to look at his arms.
And the truth nearly killed him.
The Digimon was gone.
He didn't know how, but he had dropped him, maybe when his legs had given up.
Kanji looked around him, looking for his Digimon.
He had to find him.
He had to save him.
He had to...
The boy's eyes winded, when something entered his view.
It was a Digimon.
A big, white figure was walking toward him, without being slowed down by the rage of the snow storm. 
The same muffled sound arrived to his ears and Kanji understood that that noise had to be the monster's step on the snow.
He didn't know what to do.
If the figure had attacked him, he wouldn't have had any strength to protect himself.
But, before they could come closer to him, the monster stopped and looked at the snow at them own feet.
Then, they leaned forward, taking something in their arms.
Kanji startled.
It was Kunemon.
Even if the snow storm was making things difficult for him to see, he could see the yellow back of his friend.
Then, the white Digimon turned around and started walking toward the direction they came from, again without being slowed down by the storm.
But Kanji couldn't let them to escape.
He had to do something.
He couldn't let that giant, white monster to take him.
Even if that meant fighting with that Digimon.
«W-Wait!»
He tried to shout but only a whisper lived his lips.
He opened his mouth again, ready to try again, and the monster stopped, like if they had already heard him.
«I-I won't let ya to take... K-Kunemon...»
This time his voice was even lowered.
He didn't have anymore strength.
But the white Digimon was already walking toward him.
Kanji tried to stand up, to prepare to fight.
But then a sound arrived at his hears.
«Oh! Poor thing!»
What...?
That voice was sweet.
Nothing to do with what he had imagined.
The Digimon leaned forward.
Then, the last thing that he heard, before loosing consciousness, was the same sweet and female voice.
«Don't worry, I'll save you.»
Questa storia partecipa al COW-T10 indetto da LDF
Missione: M2 (Pioggia - Neve - Oscurità)
Fandom: Persona 4
Personaggi/Pairing: Naoto Shirogane, Kanji Tatsumi
Parole: 550
 
 
"Se desideri qualcosa per tre volte, allora la vuoi davvero."
Questo era ciò che suo nonno le aveva detto più volte in passato ed era il metro di giudizio con cui Naoto aveva da sempre deciso se qualcosa meritava davvero la sua attenzione.
Voleva comprare un libro? Visitare un luogo particolare? Fare un'esperienza nuova? Qualsiasi cosa le venisse in mente, ecco che, se la desiderava per ben tre volte, faceva di tutto per ottenerla.
«Naoto, tutto ok? Sei ferita?»
Ma, adesso che l'oggetto del suo desiderio non era più un "qualcosa" ma un "qualcuno", la detective non sapeva davvero come comportarsi, se non facendo mente locale su quante volte aveva provato quella sconosciuta sensazione.
 
La prima volta che quello era successo, Naoto non aveva considerato quel sentimento come un vero e proprio desiderio. Quell'evento era accaduto durante la gita in montagna che, pochi mesi prima, l'intero Investigation Team aveva organizzato.
Kanji si era offerto di aiutarla a imparare a sciare e lei aveva accettato più che volentieri, soprattutto considerando che, altrimenti, sarebbe dovuta restare a sedere da qualche parte, senza niente da fare se non osservare il paesaggio innevato.
Ed era stato proprio quando lui aveva portato le sue forti braccia intorno alla sua vita per sorreggerla che i loro sguardi si erano incrociati e un singolo pensiero si era insinuato nella testa della ragazza, stordendola:
La neve, riflessa nel grigio dei suoi occhi, era dieci volte più bella.
 
La seconda volta che quello strano sentimento si era fatto strada dentro di lei, Naoto aveva iniziato ad avere i primi dubbi.
«Non hai l'ombrello, Naoto?»
La detective si trovava proprio all'uscita della scuola e osservava la pioggia che, con forza, si frantumava sul terreno, quando Kanji era comparso dietro di lei e le aveva fatto quella domanda.
A dire la verità, lei aveva un ombrello.
Era solo un caso se si era messa lì fuori, a prendere un po' d'aria.
E quella era la risposta che aveva pensato di dargli...
«Se non lo hai posso riaccompagnarti a casa.»
Ma, quando il ragazzo le aveva detto in quel modo, Naoto aveva accettato il suo invito prima ancora che il suo cervello potesse connettersi del tutto.
 
La terza volta, il momento in cui quel sentimento era davvero esploso, era stato solo pochissimi istanti prima.
Naoto e il resto del gruppo si trovavano immersi nell'oscurità di Magatsu Inaba, quando una Shadow molto più forte di loro li aveva colti di sorpresa, attaccandoli nel buio più totale.
Prima ancora che la detective potesse iniziare a correre, Kanji aveva cinto con le sue braccia la sua esile vita e l'aveva sollevata da terra, scappando.
Ed era a quel punto che era successo.
Il fortissimo desiderio aveva preso il pieno sopravvento sulla sua mente, causando un vero e proprio blackout nel suo cervello.
 
E per questo adesso si trovava lì, a sedere a terra, a contare le volte in cui si era sentita in quel modo.
«Naoto? Perché non rispondi?»
Naoto alzò lo sguardo, puntandolo sugli occhi di Kanji che, brillando nell'oscurità, la scrutavano con preoccupazione.
Senza dire una parola, la detective si alzò.
«Nao–»
E, prima che Kanji potesse chiederle nuovamente cosa non andava, tirò il ragazzo a sé, unendo le loro labbra in quel bacio che aveva ormai desiderato il numero giusto di volte.
 
 

Albero di Etemon, Isola di File

1° avvio del primo periodo della tigre sacra, ciclo 2880

Quando un raggio di luce colpì le sue palpebre, Teddie Hanamura mugolò nel sonno, portando una mano al viso per coprirsi gli occhi.

Il ragazzo si sistemò nel suo letto, cercando una posizione più comoda per continuare a dormire.

Nel momento in cui provò a rigirarsi, la sua mano si posò sul suo materasso e lui non potè fare a meno di notare come quel contatto fosse estremamente diverso dal solito.

Le pieghe del lenzuolo, che spesso poteva sentire tra le sue dita, erano adesso state sostituite da qualcosa di filoso e morbido, che gli accarezzava dolcemente il palmo.

Anche la morbidezza era strana. Non importava quanto Teddie si muovesse, ogni posizione che trovava risultava estremamente scomoda in quanto il suo morbido e soffice letto sembrava adesso essere diventato duro come il marmo.

Ma fu solo quando un rumore ignoto gli arrivò alle orecchie che il ragazzo si svegliò del tutto.

Teddie aprì gli occhi e sbatté più volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco il paesaggio di fronte a sé.

L'erba su cui era sdraiato risplendeva di un verde smeraldo nei diversi punti in cui i raggi di sole raggiungevano il terreno, su cui si trovavano adagiate delle foglie di enormi dimensioni.

Il piccolo promontorio su cui si trovava si estendeva per poco: alla distanza di solo qualche metro il prato si interrompeva bruscamente e andava a creare quello che sembrava uno strapiombo.

Oltre la punta più lontana del promontorio, all'orizzonte, era visibile l'oceano.

Il ragazzo si mise lentamente a sedere, notando solo in quell’istante che alcune delle foglie che si trovavano al suolo erano state adagiate su di lui, come per creare una coperta.

No, quella non era decisamente la sua camera da letto.

Ma se non si trovava nella sua stanza... dove era di preciso in quel momento?

I raggi di luce cambiarono la loro traiettoria e Teddie alzò lo sguardo, rimanendo completamente senza fiato.

Si trovava sotto un... un...

...un albero gigante.”

Le fronde dell'albero sotto il quale il ragazzo era seduto erano così grandi da fare invidia al reparto più grande del Junes, se non all'intero supermercato.

Le foglie, le stesse che lo stavano coprendo e che erano grandi quanto il suo braccio, danzavano a causa del vento, filtrando la luce solare.

Era sicuramente uno spettacolo magnifico.

Prima ancora che se ne rendesse conto, Teddie aveva alzato una mano verso il cielo, come a voler accarezzare quei rami che si trovavano a diversi metri di altezza rispetto a lui, ma il rumore ignoto che poco prima lo aveva svegliato attirò nuovamente la sua attenzione, facendolo tornare con i piedi per terra.

Era un suono metallico, come quello che una spada emetteva quando la sua traiettoria veniva intercettata da uno scudo.

Che ci fosse qualcuno?

Il ragazzo si alzò lentamente e fece un passo in avanti ma le sue gambe si congelarono nuovamente quando un altro rumore, completamente diverso dal primo, riecheggiò nell'aria.

Un ruggito.

Quello che aveva appena sentito era un ruggito.

Teddie poteva sentire il suo intero corpo tremare, mentre quella convinzione si faceva strada dentro di lui.

Possibile che ci fosse un animale selvatico nei dintorni?

E, anche se era così, che animale poteva essere?

Non aveva mai sentito un verso simile!

Se solo Yosuke fosse qui...”

Quel pensiero fu come una doccia d'acqua fredda.

Yosuke!

Dove si trovava suo fratello?

Erano nella stessa stanza la notte prima!

Possibile che fosse anche lui stato teletrasportato in quel luogo a loro sconosciuto?

E se...

E se il ruggito di quell'animale fosse stato rivolto a lui?

Un altro spaventoso ruggito gli arrivò alle orecchie e Teddie non perse più tempo.

Afferrò un pezzo di legno che si trovava sul suolo a pochi centimetri da lui e si diresse verso la fine del promontorio, pronto a combattere contro qualsiasi essere che gli si parasse davanti, così come avrebbe fatto qualunque orso degno di tale nome.

Ma, quando il ragazzo si trovò di fronte al precipizio, tutto il suo coraggio svanì completamente.

Lì, sotto di lui, vi era una piccola area balneare.

La sabbia era lucente e chiara, mentre il mare a cui portava era così limpido che permetteva di osservare il fondale marino anche dall’altezza a cui lui si trovava.

Ma non era certo questo che lo aveva fermato: ciò che l'aveva spaventato erano le due aragoste che stavano lottando, proprio nel punto in cui la spiaggia si congiungeva col mare.

Sempre se quegli esseri potevano essere chiamate con un nome tanto comune.

I due “animali” che Teddie stava osservando erano, infatti, più grandi di un normale crostaceo; molto più grandi.

I loro corpi, ricoperti da una pesante corazza che emetteva bagliori cremisi quando la luce del sole si rifletteva su di essa, erano lunghi almeno 4 metri.

Le loro chele erano così grandi da poter afferrare il ragazzo e spezzarlo in due, come se fosse un semplice stecchino, ed erano così affilate da poter tagliare anche la roccia.

Le gambe di Teddie cedettero e il ragazzo cadde in ginocchio, gli occhi puntati su quei due mostri che, fortunatamente, non sembravano in alcun modo interessati a lui.

Le due “aragoste” stavano infatti lottando tra di loro, incuranti di ciò che le circondava, e ogni volta che le chele di una colpivano la corazza dell'altra il rumore metallico di poco prima riecheggiava nuovamente nell'aria, così come il ruggito territoriale che l'attaccante emetteva per prevalere sull'attaccato.

Non mangerò mai più un'aragosta in vita mia.” pensò il ragazzo, facendo un passo indietro e allontanandosi lentamente dal precipizio, per essere sicuro di non essere visto dai due predatori.

Quando fu abbastanza sicuro di non essere più a portata d’occhio, Teddie sbuffò leggermente e si sedette a terra, deciso a fare il punto della sua situazione. Situazione che, a essere sinceri, non era certo una delle migliori.

Si trovava completamente da solo, in un luogo a lui sconosciuto dove tutto sembrava incredibilmente ingigantito e feroce.

Di suo fratello (che fortunatamente non era la preda di quelle due aragoste) non vi era neanche l'ombra.

Perché si trovava lì?

Come ci era finito?

E cosa doveva fare per tornare indietro?

Il ragazzo sospirò, cercando di calmare se stesso.

Non doveva farsi prendere dal panico. Dopotutto lui era un orso, no?

Avrebbe trovato sicuramente le risposte che stava cercando e, con loro, un modo per tornare a casa.

«Oh, ti sei svegliato.»

Una voce che Teddie non aveva mai sentito prima arrivò dalle sue spalle e lui sussultò, stringendo con più forza il pezzo di legno che teneva nella mano destra.

Con uno scatto fulmineo, il ragazzo si alzò e si voltò, pronto a scontrarsi con l’essere malvagio che poteva essere sopraggiunto (sperando che non fosse un altro esemplare di quelle strane aragoste) ma, non appena vide chi si trovava di fronte a lui, il pezzo di legno gli scivolò dalla mano.

Un orso.

O, meglio, un bambino dentro un costume da orso.

Quello che Teddie aveva davanti agli occhi era indubbiamente il costume da mascotte più piccolo e meglio realizzato che lui avesse mai visto in tutti i suoi anni di carriera.

«Meno male, avevo paura che avessi sbattuto la testa.» continuò il bambino.

Ma il ragazzo non lo stava neanche ascoltando.

Era rimasto completamente rapito dal modo in cui quel costume era stato cucito: un lavoro sicuramente perfetto dato che non era visibile alcuna cucitura.

«Ti ho anche portato da mangiare.»

E volevamo parlare del viso?

La bocca del costume si apriva e si chiudeva come se fosse stata reale, mentre gli occhi celesti si muovevano da una parte all'altra, riuscendo addirittura a chiudersi per simulare la chiusura delle palpebre.

«Spero ti piaccia la frutta, non so sinceramente cosa mangiate voi umani.»

Ma fu solo in quel momento che Teddie notò quanto il suo pelo sembrasse vero e soffice.

Neanche il pelo del suo costume era a quei livelli, nonostante Yosuke lo lavasse con i migliori saponi in commercio per mantenerlo il più lucente possibile.

«Ehi, capisci la mia lingu-»

«Chi ti ha fatto questo costume?!» esclamò il ragazzo, avvicinandosi a lui per osservarlo più da vicino.

«Eh?» rispose spaesato il bambino.

Teddie gli afferrò una zampa, osservandola più da vicino.

«Le cuciture sono nascoste sotto queste cinture?– domandò, passando una mano sulle cinture blu che avvolgevano le due mani del bambino –Molto ingegnoso. E questo pelo? Cosa è stato usato per renderlo così orso-oso? E' così ingiusto! Yosuke aveva detto che il pelo del mio costume era il migliore!»

Vedendo che la persona nel costume non gli rispondeva, il ragazzo alzò lo sguardo, puntandolo sul suo volto.

E fu in quel momento che rimase completamente folgorato.

La sua espressione.

La sua espressione era così... viva.

I suoi occhi erano assottigliati e lo stavano scrutando in maniera confusa, così come suggeriva anche il modo in cui le sue labbra erano serrate e piegate in un sorriso enigmatico.

«Come ci riesci?!– esclamò Teddie, prendendogli il viso tra le mani –Io non sono mai riuscito a rendere il mio costume così espressivo!»

Il bambino continuò a guardarlo con la stessa espressione confusa, nonostante adesso si intravedesse anche un minimo accenno di paura nei suoi occhi.

«Dove è la cerniera del costume? Voglio vedere come è all'interno!»

Il bambino mise le sue zampe sulle mani del ragazzo, allontanandole dal suo volto.

«Non è un costume.– rispose poi –Non so nemmeno di cosa tu stia parlando.»

Teddie fece per ribattere, ma qualcos'altro attirò la sua attenzione.

Calore.

Le zampe del costume con cui il bambino lo stava toccando emanavano calore, come se il sangue scorresse sotto quel pelo così curato.

Come poteva un costume essere così accurato?

Il ragazzo spalancò gli occhi.

E se...

...e se non ci fosse alcun bambino dentro questo costume?”

L'orso” di fronte a lui ridacchiò leggermente, vedendo la reazione confusa che lui aveva appena avuto.

«Tranquillo, adesso ti spiego tutto.– gli disse poi –Ma per prima cosa lascia che mi presenti. Io mi chiamo Bearmon.– continuò, sorridendogli –Benvenuto a Digiworld.»

 

«Quindi non ci troviamo sulla Terra?» domandò Teddie, addentando il frutto viola che aveva tra le mani.

Bearmon annuì leggermente.

«Esattamente. Questo è un mondo parallelo a quello che tu conosci.– gli spiegò, continuando ad osservarlo –Al momento ci troviamo nella parte sud dell'Isola di File, meno male che sei spawnato qui.– disse poi, ridacchiando leggermente –Se fossi apparso sulla spiaggia ti saresti ritrovato in mezzo al flame di quei due Ebidramon.»

Il ragazzo tornò a guardare le due aragoste (che adesso sapeva essere una specie di Digimon, gli esseri che abitavano quel luogo) che lottavano sotto di loro.

Ebidramon. Quello doveva essere il nome della loro specie.

«Certo che sei parecchio tranquillo per essere un noob.– continuò Bearmon –Ti avevo sottovalutato.»

Teddie ridacchiò leggermente quando sentì il Digimon usare quel termine.

Più parlava e più usava termini che il ragazzo conosceva grazie ai numerosi videogiochi online che aveva fregato a suo fratello.

«Non vedo perché dovrei agitarmi.» rispose, continuando a mangiare lo strano frutto che Bearmon gli aveva offerto.

In realtà sì, i motivi per agitarsi c'erano eccome.

Lui, un ragazzino di soli 15 anni, era stato spedito in un mondo a lui sconosciuto, senza niente per sopravvivere e senza avere modo di tornare a casa.

Qui aveva incontrato un essere strano, un Digimon, che gli aveva detto di essere il suo partner e che sarebbe stato al suo fianco nel salvare quel mondo da un destino nefasto.

Chiunque sarebbe andato nel panico di fronte ad uno scenario simile.

Ma, allo stesso tempo...

«Questa storia è così simile ad un videogioco!» esclamò poi, voltandosi verso il Digimon.

Bearmon rimase per un attimo in silenzio. Poi, scoppiò a ridere.

«Questo è vero, dovremo solo livellare.– gli disse, alzandosi in piedi e sistemandosi il berretto che aveva sulla testa –Quando hai finito di mangiare dovremmo metterci in viaggio. La nostra main-quest è quella di trovare gli altri Digiprescelti e formare un party con loro.»

Teddie finì il suo frutto, per poi alzarsi anche lui.

«Hai detto che siamo su un'isola, giusto? Gli altri dove dovrebbero essere?» domandò poi, tornando ad osservare l'enorme albero che continuava a fargli ombra da quando era arrivato.

«Noi ci troviamo a sud, sul promontorio sopra a Punta Coela.– rispose Bearmon, indicando la spiaggia sotto di loro –Questo viene chiamato l'Albero di Etemon. I tuoi compagni dovrebbero essere spawnati in altri luoghi dell'isola, ma non so precisamente dove.– continuò, iniziando ad armeggiare con la cintura che gli girava intorno al busto e prendendo un oggetto legato ad essa –Questo ti aiuterà.»

Teddie guardò ciò che il Digimon gli stava tendendo, senza avere la certezza di capire cosa fosse.

A prima vista poteva sembrare un vecchio telefono cellulare, anche se non ne aveva mai visti di una forma simile.

L'apparecchio che Bearmon aveva nella zampa era di forma ottagonale e di colore bianco, con i lati obliqui leggermente ricurvi verso l'interno.

Uno schermo quadrato si trovava al centro, all'interno di un cerchio nero, mentre alla sua destra si trovavano due piccoli tasti ovali e uno circolare era invece a sinistra.

Delle strane incisioni percorrevano l'intero oggetto, mostrando scritte in una lingua che Teddie non aveva mai visto prima.

«Cosa è?» domandò, allungando una mano per prenderlo.

«Un Digivice. Dovrebbe aiutarci a trovare gli altri e, allo stesso tempo, dovrebbe fornirci dei power-up in battag–»

Qualsiasi cosa Bearmon volesse dire rimase completamente in sospeso quando le dita del ragazzo toccarono l'apparecchio.

Il Digivice iniziò a tremare e il Digimon lasciò andare la presa, facendolo cadere a terra.

Le incisioni presenti nella sua scocca si illuminarono, e le scritte iniziarono a emettere bagliori a intermittenza. Lo schermo lanciò un potentissimo raggio di luce che si mosse verso il cielo, come un vero e proprio razzo segnaletico.

Teddie alzò lo sguardo, seguendo la luce che continuava ad alzarsi e superava le fronde dell'albero prima di esplodere in cielo e poi esplodere, come un fuoco d'artificio, per disegnare nell'aria un simbolo a lui sconosciuto, formato da tre cerchi uno dentro l'altro.

Non appena quel simbolo si stampò nella cornea dei suoi occhi, il ragazzo avvertì una fortissima fitta alla testa che lo costrinse a portarsi una mano alla fronte.

Il canto della bambina che aveva visto la sera prima gli riecheggiò nuovamente nella mente.

Poi, come tutto era iniziato, finì.

La voce angelica scomparve, il Digivice smise di tremare e le sue incisioni tornarono al colore scuro di prima.

Lo schermo emise un ultimo piccolo bagliore per poi spegnersi.

«Tutto ok?» gli domandò Bearmon, vedendo che lui non accennava a parlare.

Teddie allontanò la mano dalla testa, abbassandola e voltandosi verso il Digimon.

«Sì, sto bene.– rispose, ancora leggermente stordito –Cosa era quello...?»

Il Digimon abbassò lo sguardo, imbarazzato.

«Mi avevano detto che il Digivice avrebbe reagito al tocco del suo Digiprescelto, segnalando così che lui fosse il player giusto...– disse –Ma non credevo certo che avrebbe avuto una reazione del genere. Per un attimo ho avuto paura che per noi fosse Game Over

Il ragazzo annuì, tornando anche lui ad osservare l'apparecchio che, adesso, giaceva inerme sul suolo.

Facendosi coraggio, si abbassò e avvicinò la mano a esso, per poi toccarlo velocemente con un colpo secco, in attesa di un'altra strana reazione.

Poiché il Digivice non reagì nuovamente al suo tocco, Teddie lo afferrò tra le mani, per poi rialzarsi.

A vederlo bene il suo aspetto era adesso leggermente cambiato.

Il colore della sua scocca non era più il bianco di poco prima, ma era adesso di un giallo canarino e, mentre le scritte e le incisioni erano di un giallo scuro.

Oltre a questo non vi erano però stati altri cambiamenti significativi.

«Dovremmo trovare gli altri con questo key-item? E come dovremmo far–»

Per la seconda volta, Bearmon non riuscì a finire la frase.

Un suono arrivò dal Digivice e Teddie osservò immediatamente il suo schermo.

Dei puntini.

C'erano dei puntini di diversi colori sullo schermo.

«Cosa? Cosa c'è?» domandò il Digimon, sporgendosi per vedere lo schermo.

«Credo che se seguiamo il percorso da lui indicato dovremmo trovare gli altri...» disse Teddie, alzando lo sguardo e osservando la foresta alle spalle dell'Albero di Etemon.

Bearmon annuì, convinto.

«Allora ci mettiamo in cammino?» domandò poi.

Il ragazzo lanciò un ultimo sguardo al Digivice, prima di rispondere.

«Va bene, andiamo.»

 

La Radura di File era uno dei luoghi più sicuri dell'intera isola.

Quella era stata la prima informazione che Bearmon aveva dato a Teddie, mentre i due iniziavano a camminare in quel luogo, lungo le sponde del Fiume File.

In effetti, il Digimon non poteva fare a meno di pensare quanta fortuna lui e il suo partner umano stavano avendo.

Nella parte a sud dell'Isola di File, escluso il Lago dell'Occhio di Drago, risiedevano per la maggior parte Digimon pacifici o, almeno, non ostili nei confronti di altre specie.

Di tutti i luoghi in cui Teddie poteva spawnare, quindi, quello era sicuramente il migliore.

Bearmon si guardò intorno, osservando i tanti, piccoli occhi che spuntavano dalle fronde dei pochi alberi presenti e che erano puntati dritti su di loro.

Nonostante il ragazzo non se ne fosse reso conto e continuasse a camminare come niente fosse lungo il fiume, moltissimi Digimon li stavano osservando in quel momento, probabilmente troppo intimoriti per farsi avanti e presentarsi all'umano ma, allo stesso tempo, troppo curiosi per non cercare di ottenere informazioni.

«Quella cosa è, insalata?»

Bearmon alzò lo sguardo, puntandolo nuovamente verso Teddie.

«Insalata?» domandò, non capendo la domanda.

Il ragazzo si era fermato poco più avanti, e stava osservando due piccole foglie che uscivano dal terreno.

«Sì, tutte le piante che ho visto fino ad ora sono molto diverse da quelle che ci sono sulla terra.– spiegò lui, accovacciandosi di fronte alle due foglie –Ma questa mi ricorda l'insalata che Yosuke ha provato a coltivare nel nostro giardino. Ovviamente senza alcun risultato visto che due foglie sole non sono un buon segno...»

Bearmon sorrise leggermente, osservando le stesse foglie che Teddie aveva puntato.

Non sapeva se fossero commestibili o meno.

Non aveva una conoscenza chissà quanto ampia delle piante di quel territorio e i frutti che aveva raccolto poco prima erano l'unica cosa che conosceva davvero.

Ma fargliela raccogliere non era poi un problema se gli ricordava di qualcuno, no?

«Chi è Yosuke?» domandò poi, mentre il ragazzo afferrava la base delle due foglie e iniziava a tirare.

Il viso di Teddie si illuminò.

«Mio fratello.– rispose –Litighiamo spesso in realtà, ma è una brava persona.»

Il Digimon non sapeva bene come rispondere a quelle parole.

Evidentemente, anche se non dava a vederlo, quel ragazzo doveva provare nostalgia per il mondo che era stato costretto a lasciare per chissà quanto tempo.

All'inizio aveva pensato che fosse strano il suo modo di comportarsi.

A vederlo da fuori, non sembrava minimamente una persona matura.

La totale assenza di paura lo aveva completamente spaesato ma adesso cominciava a capire come stavano realmente le cose.

Lui era solo un ragazzino che, per non andare nel panico, cercava il lato positivo di ogni vicenda arrivando a paragonare quella strana situazione ad un videogioco.

Ti riporterò da tuo fratello, Teddie. Te lo prometto.” pensò Bearmon, osservando come il ragazzo continuasse a tirare la piccola pianta per poi cadere all'indietro quando riuscì a estrarla.

«Guarda Bearmon! Ce l'ho fatta!» esclamò, tirando su il suo trofeo.

...

No, quella non era sicuramente “insalata”.

«Teddie quello è un Tanemon, meglio se lo metti giù.»

Il povero Digimon si stava dimenando in aria, cercando di liberarsi dalla presa del ragazzo.

Lo sguardo che continuava a lanciare verso il suo “predatore” mostrava quanto fosse spaventato.

Teddie lo guardò per un attimo, confuso.

«L'insalata di Digiworld è viva?» chiese poi, voltandosi verso Bearmon.

«No che non lo è. Quello è un Digimon.» gli rispose lui, sospirando.

Il ragazzo non sembrò del tutto convinto e tornò a osservare Tanemon che, terrorizzato, continuava a muovere le sue piccole zampe.

Quando però si era quasi deciso a riporlo a terra, il Digivice emise lo stesso suono di poco prima e Teddie spostò l'attenzione sull'apparecchio che aveva nella mano destra, continuando a sorreggere il Digimon con la mano sinistra.

Poi, aggrottò le sopracciglia.

«Cosa c'è?» domandò Bearmon, avvicinandosi al suo umano e ignorando i continui lamenti del Tanemon.

«Non capisco, qualcuno dovrebbe trovarsi qui.» rispose Teddie, guardandosi intorno.

«Teddie!»

Una voce che Bearmon non aveva mai sentito prima arrivò dalle loro spalle.

I due si voltarono, puntando lo sguardo sull'altra sponda del fiume.

Lì, si trovava un altro umano.

I suoi capelli erano arancioni e portava qualcosa di strano intorno al collo.

«Yosuke! Cosa ci fai qui?» esclamò Teddie.

Bearmon rimase completamente spaesato.

Yosuke?

Voleva dire che suo fratello era un Digiprescelto come lui?

«Semmai cosa ci fai tu qui! E' pericoloso!» urlò di rimando Yosuke.

«Guarda Yosuke, ho trovato un'insalata simile a quella che coltivavi tu!» gli rispose Teddie, alzando in alto Tanemon.

«Cos– Teddie! Dammi ascolto! E poi come fa quel coso a essere insalata?!»

Bearmon non poté far altro che rimanere in silenzio, mentre i due continuavano a urlarsi a vicenda, senza che nessun discorso vero e proprio uscisse dalle loro labbra.

Era come se Teddie si fosse completamente trasformato, nascondendo la parte più matura e razionale che gli aveva mostrato fino a quel momento e tirando fuori invece il suo comportamento da fratellino pestifero.

«Teddie!– Yosuke riuscì finalmente a prendere la parola –Aspettami lì ok? Trovo un modo per attraversare e vengo da te.»

Dopo di che iniziò a scendere verso il fiume.

«A-Aspetta Yosuke!»

Una voce che fino a quel momento non aveva parlato risuonò nell'aria e un piccolo Digimon apparve dietro l'umano.

Ludomon.

Così era lui il partner del fratello di Teddie?

«Cosa c'è Ludomon?» gli domandò il ragazzo, voltandosi.

Lui e il suo Digimon parlarono per un po', ma Bearmon non riuscì a sentire cosa si stessero dicendo in quanto Ludomon teneva il tono di voce basso.

«Dannazione!– esclamò poi Yosuke, prima di voltarsi nuovamente verso di loro –Ted! Ludomon dice che qui è troppo pericoloso per attraversare. A nord c'è un ponte, prenderò quello. Tu trova un posto sicuro dove nasconderti!»

«Ma io non voglio nascondermi.– gli rispose Teddie, confuso, il Tanemon ancora bloccano nella sua mano sinistra –Devo trovare gli altri!»

«Li troveremo insieme.– urlò l'altro, chiaramente sul punto di perdere le staffe –Tu trova un posto sicuro.»

Teddie fece per ribattere nuovamente quando Bearmon lo interruppe, rivolgendosi a Yosuke.

«C'è un luogo sicuro a nord.– disse, urlando per farsi sentire –E' lo stesso luogo dove arriva il ponte che stai cercando. Accompagnerò Teddie lì.»

Il ragazzo dai capelli arancioni rimase in silenzio per un attimo, come se non fosse sicuro di potersi fidare.

Poi, annuì.

«Ti ringrazio.– rispose, per poi rivolgersi di nuovo a Teddie –Tu fai come il tuo Digimon ti dice. Capito? Ci vediamo dopo!»

E, prima che l'altro potesse ribattere, Yosuke era già sparito nuovamente tra le fronde degli alberi insieme a Ludomon.

Tokyo, Giappone
31 luglio 2011
 
Rise Kujikawa era in ritardo, terribilmente in ritardo.
Non che quella fosse una novità, anzi, era capitato fin troppe volte nella sua carriera: la idol era stata spesso sgridata per non essersi presentata alle prove in orario, per aver ritardato interviste o, in altri casi, per essere arrivata in ritardo addirittura ad uno dei suoi concerti.
Ma niente era paragonabile al danno che aveva combinato in quel momento.
"Inoue-san mi ucciderà!" pensò la ragazza mentre sfrecciava dentro l'aeroporto di Tokyo, trascinando un'enorme valigia dietro di lei e cercando di schivare tutte le persone che erano sul suo cammino. Il suo volo.
Il suo volo per New York sarebbe partito nel giro di pochi minuti e lei stava seriamente rischiando di perderlo.
E pensare che aveva fatto di tutto per arrivare in tempo.
Quel pomeriggio, subito dopo le prove, si era fatta accompagnare dal suo manager all'aeroporto, ben cinque ore in anticipo rispetto al suo volo.
Si era messa gli occhiali da sole per non essere riconosciuta, aveva fatto il check-in, si era seduta in sala d'attesa...
...e si era addormentata; per poi ritrovare, al suo risveglio, più di cinquanta chiamate perse e una quarantina di messaggi.
Non appena quel ricordo le sfiorò la mente, Rise aumentò la sua velocità, ignorando le fitte che il fianco continuava a lanciarle ogni volta che metteva un piede a terra.
Qualcuno doveva averla riconosciuta, visto che aveva sentito chiamare il suo nome ma, per quanto le dispiacesse, non aveva proprio tempo per fermarsi a fare autografi.
Alzò il polso sinistro, portandolo di fronte al volto.
Le 21:35.
Aveva dieci minuti.
Poteva farcel-
Un urletto sorpreso lasciò le sue labbra quando Rise si ritrovò seduta a terra, dopo aver sbattuto contro una persona che stava correndo nella direzione opposta alla sua.
«Scusami! Ti sei fatta male?»
La idol alzò lo sguardo, visualizzando solo in quel momento la figura che si trovava davanti a lei.
Era una ragazza che doveva avere più o meno la sua età, al massimo due o tre anni più di lei.
I capelli di un colore castano chiaro le incorniciavano il viso, i cui lineamenti più significativi erano nascosti però da due enormi occhiali da sole rosa attraverso i quali si intravedevano appena gli occhi preoccupati che erano puntati su di lei.
Nonostante non la conoscesse, Rise ebbe la sensazione di averla già vista prima.
«No, sto bene.» rispose frettolosamente, ricordandosi improvvisamente della situazione in cui si trovava.
Non aveva assolutamente tempo.
Doveva correre al gate.
La ragazza di fronte a lei le tese una mano, per aiutarla ad alzarsi.
La idol l'afferrò immediatamente, aprendo le labbra per scusarsi a sua volta prima di ricominciare a correre; ma niente uscì da queste.
Una fortissima fitta di dolore si sprigionò nella sua testa e Rise perse nuovamente l'equilibrio.
Chiuse gli occhi, mentre il suo corpo cadeva nuovamente all'indietro.
Quando toccò il suolo però, il suo sedere si è posò su qualcosa di molto più morbido del pavimento freddo dell'aeroporto.
Poi, silenzio.
Ogni singolo rumore che fino a poco prima animava quel luogo era completamente scomparso.
Il brusio delle persone che parlavano, i continui annunci del personale, il rumore delle valigie trascinate sul marmo...
Niente di tutto questo giungeva più alle orecchie della idol.
La ragazza aprì gli occhi, mentre un leggero brivido le correva lungo la schiena.
Il sangue le si gelò nelle vene quando notò che il luogo in cui si trovava era completamente diverso da quel corridoio in cui stava correndo poco prima.
Anzi, non era neanche sicura di trovarsi all'aeroporto.
La stanza in cui si era ritrovata buia, illuminata solo da poche candele disposte vicino alle pareti.
Tutto di fronte a lei era completamente avvolto dalle ombre, impedendogli di vedere ciò che si trovava all'interno di quel luogo.
Rise fece per alzarsi dal divano di velluto blu (come ci era finita lì sopra?) su cui era seduta, quando una melodia attirò la sua attenzione.
La ragazza si voltò verso la sua sinistra, cercando di capire da dove quel meraviglioso suono provenisse.
E fu in quel momento che la vide.
Una bambina vestita completamente di blu si trovava a pochi metri da lei, seduta di fronte ad un enorme pianoforte.
I suoi capelli argentei le ricadevano sulle spalle e le nascondevano il viso di cui si intravedano solo due grandi occhi dorati.
Rise aprì le labbra per domandarle dove si trovassero, ma niente uscì da esse.
Era come se le sue corde vocali fossero completamente sparite dalla sua gola, impedendo a qualsiasi suono di fuoriuscirne.
Nel frattempo, la bambina non sembrava essersi ancora resa conto di lei.
Continuava a premere i tasti del pianoforte con così tanta delicatezza che la idol si chiese come fosse anche solo possibile che quello strumento stesse seriamente suonando.
Poi, improvvisamente, i suoi occhi si chiusero e dalle sue labbra rosee iniziò a fuoriuscire un soave canto.
Non appena la prima nota raggiunse le sue orecchie, Rise sentì il cuore stringersi nel suo petto, senza che lei riuscisse sul serio a capirne il motivo.
Non aveva mai sentito niente del genere.
Era come se quella voce cristallina stesse sfiorando la sua stessa anima, con la stessa delicatezza con cui le sottili dita di quella bambina continuavano a suonare il pianoforte.
Un'immensa sensazione di pace e nostalgia la travolse e la ragazza non poté far altro che lasciarsi trascinare da quel melodioso canto.
Ad ogni nota che veniva intonata, Rise poteva sentire il suo intero corpo tremare, mentre portava una mano sinistra al petto, a stringersi con forza la camicia che stava indossando.
Un qualcosa di caldo le scivolò lungo la guancia e lei portò la mano libera al viso, cercando di capire cosa le stesse capitando.
Una lacrima.
Stava piangendo...
Poi, come tutto era iniziato, finì.
La bambina concluse il suo canto e, mentre allontanava lentamente le sue dita dai tasti del pianoforte, il silenzio tornò a regnare nella stanza.
Solo quando gli occhi dorati si rivolsero nella sua direzione, Rise si rese conto di essere stata fino immobile fino a quel momento, ad osservare quell'esile figura che ora la stava scrutando.
Un fortissimo brivido le corse lungo la schiena quando le labbra rosee della bambina si piegarono in un sorriso.
«Benvenuta nella Velvet Room.»
 
«Rise-chan! Mi senti?»
Quando gli occhi di Rise si aprirono nuovamente, la bambina dai capelli d'argento e la stanza blu di poco prima erano completamente spariti.
Ciò che riusciva a vedere ora era un soffitto alto e molto lontano da lei, pieno di luci che, in un primo momento, rischiarono di accecarla.
«Rise-chan!»
La ragazza si voltò verso la figura al suo fianco, cercando di mettere a fuoco chi fosse.
«Inoue-san...?» sussurrò, quando riconobbe il suo manager.
L'uomo si sistemò gli occhiali e lasciò andare un sospiro di sollievo.
«Sì, sono io.– rispose, aiutandola a mettersi seduta –Non ti vedevo arrivare e quindi sono venuto a cercarti. Non pensavo certo di trovarti in queste condizioni comunque...»
Fu solo in quel momento che Rise si rese conto di trovarsi distesa sul pavimento dell'aeroporto.
«Meno male che stai bene, avevo paura avessi sbattuto la testa.»
Un'altra voce attirò la sua attenzione e, per un motivo a lei ignoto, la idol sentì il sangue gelarsi nelle sue vene.
Alzò lo sguardo, puntandolo sulla ragazza contro cui aveva sbattuto qualche minuto prima e che adesso si trovava di fronte a lei.
Per un attimo, anche se solo per un attimo, il canto di quella bambina risuonò nuovamente nella sua mente.
«N-no.– Rise si schiarì la voce, fin troppo roca per i suoi gusti –Non preoccuparti. Sto bene.» riuscì a rispondere, distogliendo lo sguardo e guardandosi intorno.
Che fine aveva fatto quella stanza?
Come era tornata in aeroporto?
E soprattutto... chi era quella bambina?
«Grazie dell'aiuto, Takeba-san.– disse Inoue –Sei stata gentile ad aspettare fino al momento in cui Rise-chan si risvegliasse.»
La ragazza ridacchiò, nervosa.
«E' stata colpa mia dopotutto.– rispose, per poi dare uno sguardo all'orologio –Ora devo proprio andare però; sa, il mio manager non è il tipo che adora i ritardi.»
“Il suo manager?”
Rise si voltò nuovamente verso di lei, confusa.
Possibile che anche quella ragazza fosse una idol...?
«Certamente, Takeba-san.– le disse Inoue, sempre sorridendo –Anche noi dobbiamo sbrigarci, Rise-chan. Riesci a camminare?»
Fu solo in quel momento che la idol si ricordò del perché si trovassero lì.
L'aereo.
Lanciò uno sguardo all'orologio, il fiato in gola.
E fu come se il mondo le crollasse addosso.
Le 22:00.
Non ce l'aveva fatta. L'aereo era partito senza di lor–
«Oh, non preoccuparti.– la rassicurò il suo manager, come se riuscisse a leggerle nel pensiero –A causa del maltempo il volo è stato posticipato di un'ora. Quindi riusciremo a prenderlo senza problemi se iniziamo a muoverci.»
Per la prima volta da quando si trovava lì, la ragazza lasciò andare un sospiro di sollievo.
«Mi raccomando Kujikawa-san, non stancarti troppo. Ora se volete scusarmi.»
Colei che doveva essere Takeba li salutò, per poi riprendere a correre verso l'uscita dell'aeroporto.
Rise non poté fare a meno che osservarla allontanarsi, mentre continuava a domandarsi chi fosse.
Aveva un manager e il suo nome le suonava familiare, così come il suo aspetto...
«Rise-chan.– Inoue lasciò andare un sospiro, quando Takeba fu abbastanza lontana –Dovresti stare più attenta. Sbattere proprio contro Yukari Takeba...»
“Yukari Takeba...?”
...Cosa?!
«Q-quella Yukari Takeba?!» domandò la idol, portandosi una mano alla bocca.
Il suo manager la guardò, incredulo.
«Davvero non l'avevi riconosciuta?– le rispose, ridacchiando –Certo che devi aver davvero battuto una bella botta...»
Rise distolse lo sguardo, imbarazzata.
Poi, mentre il viso era ancora rosso dall'imbarazzo, si alzò in piedi e si diresse verso il gate, seguita dal suo manager che non aveva ancora smesso di sghignazzare.
 
«Sei sicura di stare bene adesso, vero?» le domandò Inoue, non appena si sedettero ai loro posti sull'aereo.
Rise annuì, spostando lo sguardo fuori dal finestrino.
In realtà, non sapeva neanche lei cosa le fosse successo.
Secondo quello che il suo manager le aveva raccontato, la ragazza era svenuta non appena aveva provato ad alzarsi.
“Devi aver battuto la testa quando sei caduta.”
Questo era quello che le era stato detto ma, per quanto potesse sembrare realistico, Rise non era per niente convinta.
Lei ricordava perfettamente come le cose fossero andate.
Quando lei e Yukari Takeba (ancora si vergognava di non averla riconosciuta) si erano scontrate, la idol era caduta all'indietro, certo, ma si era ritrovata a sedere sul pavimento e la sua testa non aveva subito alcun trauma.
“Eppure...”
...Eppure era innegabile che qualcosa fosse successo.
Rise poggiò la fronte contro il finestrino, chiudendo lentamente gli occhi.
Se si concentrava, poteva ancora sentirlo quel canto così nostalgico che l'aveva completamente stregata.
Possibile che quella fosse solo un'allucinazione?
Un sogno che aveva avuto mentre era svenuta?
O c'era qualcosa di più dietro...?
Le hostess sull'aereo iniziarono la solita spiegazione sulle uscite di sicurezza e su come utilizzare correttamente le cinture e Rise aprì gli occhi, tornando alla realtà.
«Arriveremo tra più di 13 ore, Rise-chan.– la informò Inoue, mentre afferrava il libro che aveva nello zaino –Mettiti comoda e cerca di dormire più tempo che puoi, ricordati che appena arriveremo avremo solo poche ore prima dell'inizio del concerto.»
Era vero, non aveva tempo di pensare a quella strana "visione" al momento.
Si trovava su un aereo, diretto a New York, per il suo primo concerto oltreoceano.
Doveva essere felice, non angosciata.
Doveva farlo anche per Inoue che era riuscito a concederle un'occasione del genere.
Con quel nuovo obiettivo in testa, la ragazza si rivolse verso il suo manager e annuì, mentre un sorriso si formava sulle sue labbra.
Poi, tornò a guardare fuori dal finestrino, osservando il modo in cui l'aereo partiva e si alzava in cielo, lasciandosi dietro l'aeroporto di Tokyo.
 
Le luci sull'aereo erano completamente spente.
Rise sbloccò il suo telefono cellulare, guardandone velocemente l'ora.
Erano le 23:40 passate; e lei non riusciva a dormire.
Aveva provato più volte a sistemarsi sul suo sedile a cercare di prendere sonno ma, ogni volta che chiudeva gli occhi, lo sguardo di quella bambina le tornava in mente, immediatamente seguito da quel canto e dalla sensazione di nostalgia che la travolgeva ogni volta.
Non importava quanto continuasse a ripetersi che tutto era ok, che quello che aveva vissuto quel pomeriggio era solo un sogno, che era in viaggio per New York e che doveva essere felice.
Quella bambina continuava ad apparire, svegliandola ogni singola volta.
Accanto a lei, poteva sentire Inoue dormire profondamente, così come tutti gli altri passeggeri presenti sull'aereo.
Anche quello le era sembrato strano, in realtà.
Fino a soli 30 minuti prima, Rise poteva chiaramente sentire il chiacchiericcio delle persone nei sedili intorno a lei, così come poteva intravedere tantissime luci accese.
Poi, tutto ad un tratto, era come se la gente avesse avuto un attacco di sonno collettivo.
Uno dietro l'altro, nel giro di pochi secondi, avevano spento le luci del proprio sedile e si erano messi a dormire, lasciando l'aereo nel completo silenzio in cui, adesso, anche lei si trovava.
Un silenzio, tra le altre cose, abbastanza inquietante.
La idol lanciò uno sguardo ai sedili dall'altra parte dei corridoio, gli unici che riusciva a vedere escluso quello del suo manager.
Lì, vi erano una signora e un bambino.
Il bambino si era addormentato in una posizione sicuramente scomoda per la sua schiena, piegato in avanti e con il viso rivolto verso il pavimento dove, adesso, giaceva il suo cellulare, ancora acceso.
Anche la donna non si trovava in una situazione tanto diversa: la sua posizione era certamente più composta ma il libro che stava leggendo era pericolosamente rimasto in bilico sulla sua gamba destra, mentre a terra si trovava la barretta energetica che stava mangiando prima di addormentarsi.
Era strano.
Decisamente strano.
Possibile che ci fosse davvero qualcosa di paranormale su quell'aereo...?
Rise scosse la testa, sbuffando.
Ora stava esagerando.
Quella bambina le stava facendo venire le più strane paranoie.
Poteva capitare di addormentarsi all'improvviso mentre si faceva altro e, nonostante lei non ci fosse ancora riuscita, doveva ammettere che quel volo era alquanto confortevole.
La ragazza sbloccò nuovamente il suo cellulare, afferrando con l'altra mano gli auricolari che teneva in tasca.
Se non riusciva a dormire, tanto valeva fare qualcosa di utile no?
Collegò le cuffie al telefono e aprì la galleria, cercando il video che le interessava.
Era una semplice ripresa che Inoue le aveva fatto durante le sue ultime prove, nel momento in cui stava provando la coreografia del suo nuovo singolo.
Come le aveva detto più volte il suo coach, osservare il modo in cui si ballava una coreografia e individuarne tutti gli errori era il modo migliore per evitare di farli di nuovo e visto che l'indomani avrebbe dovuto portarla sul palco per la prima volta... tanto valeva darci seriamente un occhio, no?
Così, si accomodò meglio sul sedile e iniziò a guardare il video, annotando su un piccolo block notes tutti i passi sbagliati che vedeva.
In fondo non era neanche un lavoro troppo faticoso e, incredibilmente, la stava anche aiutando a rilassarsi.
O almeno fino a quando non raggiunse il ritornello.
Dopo che la figura sullo schermo aveva fatto una semplice giravolta, infatti, la coreografia cominciò dall'inizio, lasciando completamente interdetta la idol.
La canzone, diversamente dal video, non si era riavvolta ma andava avanti come se niente fosse.
La ragazza tentò di bloccare il video, convinta ci fosse stato un errore durante la sua registrazione, ma il tasto non funzionò.
Anzi, le cose peggiorarono.
Adesso la Rise nel video stava eseguendo la coreografia al contrario, partendo dall'ultimo passo della canzone e procedendo a ritroso.
La canzone di sottofondo si era fatta più veloce, come se fosse stata velocizzata.
La idol, in tutto questo, non poteva far altro che osservare quel video completamente diverso da quello che era stato registrato quella mattina, in sala prove.
Ma quando tentò di fermarlo nuovamente, la situazione degenerò ancora.
Ora l'immagine era distorta e passava da una parte all'altra della coreografia in modo completamente casuale...
...no, era anche peggio.
Alcuni dei passi di danza che Rise stava osservando non erano neanche presenti nel ballo di quella mattina.
Molti di quelli erano pezzi di coreografie di altre sue canzoni e, in alcuni casi, erano passi che lei non aveva neanche mai visto prima, figurarsi aver ballato!
Anche la canzone si era fatta distorta.
Le parole erano diventati irriconoscibili, così come la musica di sottofondo.
Poi un nuovo suono giunse alle sue orecchie e Rise alzò leggermente il volume della canzone, per cercare di captarlo.
Il sangue le si gelò nelle vene quando riconobbe il canto della bambina.
La ragazza portò una mano al filo degli auricolari, pronto a toglierli completamente quando un ulteriore dettaglio attirò la sua attenzione.
La se stessa nel video si era adesso fermata e aveva iniziato a togliersi i vestiti che aveva indosso.
Rise alzò un sopracciglio, non riuscendo minimamente a capire come fosse possibile che la sua figura nello schermo avesse adesso indosso solo un costume da bagno.
Poi, la Rise del video alzò il viso, puntandolo dritto verso la telecamera.
Il suo volto era piegato in un sorriso molto poco rassicurante, un'espressione che la idol non si era mai vista fare fino ad allora.
Ma non era certo questo ciò che più la turbava.
I suoi occhi.
I suoi occhi erano gialli.
Una fortissima turbolenza scosse l'aeroplano e nello stesso momento il telefono di Rise si spense, mentre le ultime note di quella canzone che per tutto il giorno l'avevano perseguitava si propagavano dagli auricolari.
La idol si tolse immediatamente le cuffie, portando le mani ai braccioli al lati del suo seggiolino e stringendoli con forza, mentre tutto l'aereo iniziava a tremare.
Guardò fuori dal finestrino, cercando di capire cosa poteva star succedendo.
Un qualcosa di bianco si posò sul vetro, per poi scivolare lungo di esso.
Neve.
Stava nevicando.
Quel pensiero non riuscì a registrarsi nella sua mente che tutte le luci iniziarono ad accendersi e spegnersi, come se fossero impazzite.
Nel frattempo, l'aereo tremava sempre di più, come se si trovasse nel bel mezzo di una tempesta, e Rise iniziò a scuotere il braccio del suo manager e a chiamare il suo nome.
Ma Inoue non si svegliò.
Non importava quanto continuasse a urlare o a scuoterlo, l'uomo continuava a dormire il suo sonno profondo, come se niente stesse accadendo.
E non era l'unico.
Rise si guardò velocemente intorno, cercando in tutti i modi di attirare l'attenzione dei presenti.
Nessuno stava urlando con lei.
Nessuno si stava agitando.
Erano tutti profondamente addormentati, come se il viaggio fosse ancora confortevole come all'inizio.
La ragazza afferrò il piccolo telecomando alla sinistra del suo seggiolino e iniziò a premere il bottone di chiamata per le hostess.
Ma nessuno arrivò.
«C'è nessuno?!» urlò la idol, in preda al panico, alzandosi dal suo sedile e osservandosi meglio intorno.
Non fece neanche in tempo a osservare il sedile davanti al suo che un'altra fortissima turbolenza le fece perdere l'equilibrio e Rise cadde sulle ginocchia del suo manager, superandolo e atterrando nel piccolo corridoio dell'aereo.
Il suo cellulare scivolò dalle sue mani e cadde di fronte a lei, accedendosi nuovamente.
Lì, con lo stesso sorriso inquietante di prima, si trovava la Rise del video.
La idol tentò di alzarsi, ma un altro scossone la ributtò a terra, facendole nuovamente osservare lo schermo del suo telefono che ora mostrava qualcos'altro. L'ora.
Era la mezzanotte del primo agosto.
Poi, il telefono emise un fortissimo bagliore che la investì, mentre altre fortissime turbolenze scuotevano l'aeroplano.
Rise tentò di urlare, ma nessun suono uscì dalle sue labbra.
Poi, le luci dell'aereo si spensero e le turbolenze finirono.
Lo schermo del telefonino torno sulla schermata del video, messo in pausa poco prima del ritornello.
I passeggeri continuarono a dormire mentre l'aereo proseguiva, tranquillamente nel suo volo.
Il corridoio, così come il sedile accanto a Inoue, era vuoto.
 

Wrong Lie

Aug. 10th, 2019 11:37 pm
Fandom: Persona 4
Titolo: Wrong Lie

18 giugno 2013, ore 10:30
«Domani partiremo per il campeggio annuale della Yasogami High. Nonostante la trovi una grande perdita di tempo, adesso vi dirò come siete stati divisi in gruppi.»
Quando la professoressa Kashiwagi aveva pronunciato quelle parole, Naoto aveva fatto scivolare lo sguardo fuori dal finestrino, smettendo completamente di ascoltare.
Aveva già avvertito la scuola che non sarebbe potuta andare, inventandosi un impegno lavorativo inesistente, così come aveva fatto l'anno prima quando era in seconda.
Dopotutto, che senso aveva partecipare a quella stupida gita?
Il campeggio non era mai stato un suo forte.
Gli insetti, dormire accampati all'esterno, dover cucinare per un intero gruppo di persone...
No, era decisamente un qualcosa che preferiva evitare.
«Il terzo gruppo sarà formato da...» iniziò Kashiwagi, il tono di voce alto come al solito.
Fin da bambina, quando suo nonno aveva provato a portarla a fare delle escursioni in montagna, Naoto aveva capito che quelle vacanze all'aria aperta non facevano proprio per lei.
«...Kujikawa...»
E se aveva trovato noioso fare un'esperienza del genere con suo nonno, come poteva anche solo pensare di potersi divertire con la sua classe?
«...Tatsumi...»
Soprattutto con una persona come Rise intorno.
Per quanto le volesse bene, dover condividere la tenda con una persona come lei era forse il suo peggior incu-
«...e Shirogane.»
Naoto sussultò visivamente, voltandosi di scatto verso la sua coordinatrice di classe, che era adesso passata a leggere i nomi degli studenti del quarto gruppo.
Possibile che avesse sentito bene?
La detective si guardò intorno, ripassando mentalmente tutti i cognomi dei suoi compagni di classe.
No, non c'erano dubbi.
Nessuno di loro aveva un cognome così simile al suo da poterla confondere a quel modo.
Doveva esserci un errore.
La ragazza si mise sull'attenti, pronta ad alzare il braccio ed ad attirare l'attenzione della professoressa quando un brivido le corse lungo la schiena.
Si voltò alla sua sinistra, sperando con tutta se stessa che il brutto presentimento che aveva appena avuto fosse in realtà falso.
E fu in quel momento che la vide.
Rise, seduta dall'altra parte della stanza, la stava guardando con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto.
 
18 giugno 2013, ore 13:46
«Come ti è venuto in mente?!»
Rise alzò lo sguardo, puntandolo sulla ragazza che aveva appena sbattuto la mano sul suo banco.
«Buongiorno anche a te, Naot-»
«Rise, non ignorare la mia domanda!» la interruppe immediatamente l'altra, il tono della voce molto più alto del solito.
La idol trattenne una risatina, mentre, con suo grande divertimento, mostrava alla sua amica lo sguardo più perplesso che poteva.
«Non capisco di cosa stai parlando.– disse, utilizzando le sue migliori doti di recitazione –E ci stanno guardando tutti, non potresti abbassare la voce?»
Ma, per quanto fosse brava, Naoto non parve minimamente cadere nel suo tranello.
Nonostante questo, la detective fece un respiro profondo e Rise non poté che trovare terribilmente carino e divertente il modo in cui la ragazza cercasse di mostrarsi tranquilla.
«Sto parlando della gita, Rise.– disse poi, tornando ad utilizzare il suo solito tono –Sei stata tu a dire a Kashiwagi che avrei partecipato, vero?»
«Io? Io non potevo farlo.– rispose prontamente l'altra, continuando la sua recita –Dopotutto il foglio dovevi firmarlo tu.»
Silenzio.
La detective sembrò vacillare per un secondo, come se qualcosa non le tornasse.
Rise continuò a osservarla mentre lei si mordeva il labbro inferiore, così come faceva ogni volta che pensava alla soluzione di un'enigma.
Poi i suoi occhi si illuminarono.
«Rise.» disse Naoto, il tono tremante, come se lei non fosse in grado di trattenersi completamente.
«Sì, Naoto?»
«Hai firmato al posto mio?!» esclamò, la rabbia ben udibile nella sua voce.
La idol non riuscì a trattenere la risatina che fuggì dalle sue labbra.
«Forse.»
«Cosa vuol dire "forse"?! E' illegale!»
Adesso sì che tutta la classe le stava guardando.
Quando Rise glielo fece nuovamente notare, Naoto arrossì leggermente, afferrandola per il braccio e facendola alzare dal suo posto per trascinarla fuori, lontano dagli sguardi degli altri.
«Naoto, mi fai male.~» scherzò la idol, non resistendo alla tentazione di prendere in giro la sua amica.
La detective le lanciò un'occhiataccia di rimando ma, nonostante ciò, allentò leggermente la presa, mentre si dirigeva con passi decisi verso i gradini che conducevano al tetto della scuola.
«Quindi, sei stata tu o no?» le domandò, una volta chiusa la porta.
Rise ebbe l'impulso di continuare a giocare con lei ma, quando vide lo sguardo serio di Naoto, capì che era meglio smetterla.
«Ok, ok.– rispose, lasciando andare un (finto) sospiro –Sono stata io. Ma prima che t–»
«Rise!» la interruppe immediatamente l'altra.
La idol sbuffò.
«Posso finire di parl–»
«Andiamo da Kashiwagi, dobbiamo immediatamente spiegarle la situazione.» disse Naoto, rendendo vano anche il secondo tentativo della sua amica di finire il suo discorso.
Rise tentò di protestare, ma la detective si stava già dirigendo verso la porta che poco prima avevano attraversato.
Doveva assolutamente fermarla.
«Na–»
«Non posso crederci che tu abbia fatto una cosa simile.»
«Nao–»
«Ma io dico, come ti è saltato in mente?! Lo sai che odio questo tipo di git–»
«Me lo ha chiesto Kanji!» mentì Rise, cercando in tutti i modi una scusa per non farla andare dalla professoressa.
Ma, quando vide lo sguardo incredulo che Naoto le stava rivolgendo, la idol pensò che, forse, aveva scelto la bugia sbagliata.
 
19 giugno 2013, ore 02:34
Kanji osservava il soffitto buio della sua stanza, senza che il sonno prendesse il sopravvento.
"«Il terzo gruppo sarà formato da Kujikawa, Tatsumi e Shirogane»"
Le parole della professoressa Kashiwagi continuavano a tornargli in mente, impedendogli di chiudere occhio.
Quando il nome di Naoto era stato pronunciato, il ragazzo aveva pensato che ci fosse stato un errore.
Naoto gli aveva detto più volte che non avrebbe partecipato a quella gita e lui, per quanto a malincuore, aveva accettato la sua decisione.
Dopotutto, lei non era mai stata il tipo a cui erano piaciute quelle cose.
L'unica volta in cui lui l'aveva vista partecipare ad una gita scolastica era stato due anni prima, a Port Island.
Ma in quel caso la situazione era diversa: Kanji sapeva che Naoto aveva deciso di andare solo per portare avanti le sue indagini sul caso e interrogarli in un momento di maggiore debolezza.
Adesso, da quello che lui sapeva, non vi erano casi a cui lei stesse lavorando.
O, almeno, nessun caso su cui potesse indagare durante quel campeggio.
“Ma allora perché ha deciso di venire?”
Il ragazzo si rigirò nel futon, cercando una risposta a quella domanda che lo stava ormai tormentando da quella mattina.
No, lui in realtà una risposta l'aveva trovata.
Solo non voleva accettarla.
"«Il terzo gruppo sarà formato da Kujikawa, Tatsumi e Shirogane»"
Quando quelle parole si ripeterono per l'ennesima volta nella sua mente, Kanji si alzò dal futon, afferrando il suo telefonino e aprendo la sua chat con Rise.
Aveva bisogno di risposte.
Non poteva andare avanti così.
 
Kanji Tatsumi:
  Perché Naoto ha deciso di venire in gita con noi?
Solo in quel momento il ragazzo si rese conto dell'orario.
Molto probabilmente Rise stava già dormendo.
Kanji sbuffò, riponendo il telefonino al suo posto.
Era tutto inutile.
Non avrebbe mai ottenuto una risp–
Il telefono non fece in tempo a smettere di vibrare che già si trovava nelle sue mani.

Rise Kujikawa:
  Kanji!!! Ti sembra l'ora di scrivermi?  (TДT)
  Cmq xk vuole stare con una persona!! A dmn <3!
  ヽ(o♡o)/
 
Il ragazzo ci mise un attimo a decifrare il messaggio appena ottenuto.
Poi, fu come se il mondo gli fosse crollato addosso.
Si distese nuovamente sul futon, lasciando andare il telefono sul pavimento.
La sua paura era fondata.
A Naoto piaceva qualcuno.
 
19 giugno 2013, ore 07:30
Naoto non aveva chiuso occhio.
Tutta l'ansia che aveva riguardo quello stupidissimo campeggio era esponenzialmente aumentata nel momento in cui Rise le aveva rivelato il motivo per cui l'aveva iscritta di nascosto e, adesso lei non riusciva a pensare ad altro.
La ragazza si sporse verso il piccolo corridoio del bus su cui si trovava, spiando velocemente uno dei posti poco dietro il suo.
Kanji era seduto lì e, dalle profonde occhiaie che si trovavano sotto i suoi occhi, neanche lui doveva essere riuscito a dormire poi più di tanto.
E Naoto odiava non capirne il motivo.
“«Kanji ci teneva molto che tu venissi, per questo ha insistito»”
Quando le parole che Rise le aveva detto il giorno prima le tornarono in mente, la ragazza sentì le sue guance andare in fiamme e si sistemò nuovamente nel suo posto, stando attenta a non farsi vedere da nessuno dei suoi compagni di classe.
Possibile che Kanji volesse stare con lei in quella gita così tanto da chiederlo a Rise?
Perché desiderava che lei fosse presente?
Possibile che...
“...che io gli piaccia?”
Naoto scosse con forza la testa, le guance che le andavano in fiamme.
No.
Doveva esserci un errore.
In quegli anni, Kanji non aveva mai dato segni di essere innamorato di lei.
Lei era un detective.
Era il suo lavoro scoprire cosa passasse per la testa delle persone.
Sicuramente se ne sarebbe resa conto prima.
“Questo vuol dire che...”
Naoto si voltò immediatamente alla sua sinistra, posando lo sguardo sulla ragazza che, seduta tranquillamente nel posto accanto al suo, stava mangiando dei pocky alla fragola.
Certo.
Tutto tornava adesso.
Se Kanji voleva che anche lei andasse in gita con loro, era sicuramente perché non voleva stare solo con Rise.
E questo significava che...
“A Kanji piace Rise?!”
«Naoto? Ti senti male?»
Quando la sua amica chiamò il suo nome, Naoto sussultò visivamente, riscuotendosi dai suoi pensieri.
«No, sto bene.– rispose la detective, distogliendo immediatamente lo sguardo dal viso preoccupato di Rise –Scusami, ero solo assorta nei miei pensieri.»
Non poteva far trapelare niente.
Non sarebbe stato giusto nei confronti di Kanji.
Se lui aveva richiesto il suo aiuto, allora era compito suo aiutarlo.
Con quel pensiero in testa, Naoto tornò a leggere il libro che poco prima aveva aperto sulle sue ginocchia, senza rendersi conto dello sguardo indagatore con cui Rise continuava a guardarla.
 
19 giugno 2013, ore 13:58
La situazione era sicuramente fuggita di mano.
Tutto il piano che Rise aveva messo su per la loro ultima gita insieme si era completamente distrutto nel momento in cui il bus era arrivato a destinazione.
Neanche un secondo dopo il momento in cui i suoi piedi avevano toccato il terreno fangoso dei boschi intorno Inaba, la idol aveva perso di vista Kanji e non era più riuscita a trovarlo.
Aveva anche provato a chiedere agli altri studenti, ma nessuno pareva averlo visto.
Senza lasciarsi prendere dalla malinconia, la ragazza era allora tornata da Naoto, decisa a passare il tempo almeno con la sua migliore amica...
...tentativo che si era, però, rivelato vano.
Rise sbuffò, mentre con la coda dell'occhio osservava la detective che, poco lontano da lei, stava tagliando le verdure necessarie per cucinare il curry, sul piccolo tagliere che si erano portati dietro.
Naoto era... strana.
La idol non sapeva cosa fosse successo, ma era da quando si trovavano sull'autobus che la sua amica si comportava in modo decisamente non "da Naoto".
Ogni tentativo di conversazione non era andato a segno.
Qualsiasi cosa Rise le dicesse, era come se lei non la sentisse nemmeno.
La detective era completamente assorta nei suoi pensieri, senza che ci fosse alcun modo per attirare la sua attenzione.
“Non mi ha nemmeno sgridata quando ho fatto quelle battutine, poco fa...”
La ragazza tornò ad osservare il grosso pentolone che aveva di fronte a lei e ricominciò a mescolarne il contenuto (che tutto sembrava, fuorché curry) con il mestolo nella sua mano, mentre un piccolo lamento usciva dalle sue labbra.
Quella non era il campeggio che aveva sognato.
Visto che quella era la loro ultima gita insieme, la idol voleva passarla con i suoi due amici, in modo da costruire delle memorie che avrebbe potuto ricordare per sempre.
Ciò che aveva ottenuto fino a quel momento erano solo chiacchierate a senso unico.
Per l'ennesima volta da quando avevano iniziato a cucinare, la ragazza sbuffò.
Forse era lei quella che continuava a farsi troppi problemi.
Magari Kanji voleva semplicemente andare a parlare con Naoki.
E, magari, Naoto aveva per la testa uno dei suoi casi.
Era stata lei a costringerla a venire dopotutto.
Forse aveva davvero del lavoro da fare e questo poteva averle creato problemi.
E a proposito di lavoro...
«Naoto, hai finito con quelle verdure?» domandò la idol, tornando a osservare la sua amica.
Quando la chiamò, la detective sussultò visivamente, a dimostrazione del fatto che qualcosa la tormentava.
«Sì, scusami.– rispose dopo un secondo di silenzio, dirigendosi verso di lei, il tagliere nella mano sinistra –Anche se... credo di avere esagerato...»
E, mentre gli occhi di Rise osservavano la strana poltiglia che era rimasta di quelle che dovevano essere le loro verdure, la idol non poté che convincersi che, alla fine, la situazione le stava davvero fuggendo di mano.
 
19 giugno 2013, ore 15:03
Niente.
Kanji lasciò uscire un forte sospiro dalle sue labbra.
Aveva domandato a tutti.
Ma...
“Possibile che nessuno sappia chi sia il tizio che piace a Naoto?”
In realtà non era che la cosa lo sorprendesse più di tanto.
Naoto era da sempre stata una ragazza molto riservata e capire cosa le passasse per la testa non era certo facile.
Soprattutto per persone che non la conoscevano molto...
«Kanji!»
La voce squillante di Rise attirò la sua attenzione e il ragazzo alzò lo sguardo, puntandolo sulla idol.
...? Perché aveva quell'aria arrabbiata?
«Rise...?»
«Si può sapere dove eri finito?!– la ragazza lo afferrò per il braccio, iniziando a strattonarlo –Io e Naoto abbiamo finito di cucinare ormai da un pezzo! Il pranzo era alle due, non ricordi?!»
Kanji la guardò interdetto, non capendo neanche di cosa stesse parlando.
«Il pranzo?»
Rise lo fulminò con lo sguardo.
«Sì.– rispose, la rabbia ben udibile nel suo tono di voce –Il pranzo che io e Naoto abbiamo cucinato. Da sole. Visto che tu sei scappato non so dove!»
Fu in quel momento che il ragazzo si ricordò dove fossero.
Il sangue gli si gelò nelle vene, quando guardò l'ora sull'orologio che aveva sul polso.
Cazzo.
Questa volta l'aveva fatta grossa.
«Rise, mi di–»
«Non scusarti.– esclamò Rise, lasciandolo andare –E' da prima che sento solo gente che mi chiede scusa. Naoto non fa che ripetere altro. Sono stufa.»
Kanji la guardò, interdetto.
«Perché Naoto ti chiede scusa?» domandò.
La idol lasciò andare una risatina isterica, chiaramente diversa da quelle che solitamente lasciavano le sue labbra.
«Non lo so.– rispose, alzando le spalle –Non ne ho idea, ok? Ha la testa tra le nuvole da quando siamo arrivati. Ogni volta che cerco di chiederle cosa sta succedendo lei non mi risponde e, quando lo fa, dice cose incomprensibili e mi chiede scusa. Mentre taglia– no, maciullava le verdure si è quasi portata via un dito e cosa mi ha detto? "Scusa". Io non capisco veramente quale sia il problema.» concluse, senza neanche darsi il tempo di riprendere fiato.
Ma Kanji non la stava più ascoltando.
Possibile che Naoto fosse innamorata al punto da non riuscire neanche più a ragionare come al suo solito?
«Kanji...?»
Se era così...
«Kanji, mi stai ascoltando?»
...la situazione era ancora più grave del previsto.
«Kan–»
«Dimmi di chi è innamorata Naoto, Rise!» esclamò il ragazzo, afferrando la idol per le spalle.
 
19 giugno 2013, ore 15:05
“Ma è davvero possibile che Rise non si sia accorta che Kanji provi qualcosa per lei?”
Naoto si trovava a sedere sul tavolo a loro assegnato, il pentolone ormai freddo di curry poggiato di fronte a lei, mentre con lentezza si portava il cucchiaio alla bocca.
Nonostante non sapesse il perché, era da quella mattina che non riusciva a pensare ad altro.
Ogni volta che cercava di distogliere l'attenzione dai problemi d'amore dei suoi due amici, un altro possibile scenario le veniva in mente e la detective iniziava a rimuginare su ogni piccolo particolare, cercando una via d'uscita da quel gomitolo di sentimenti che si era creato nella sua mente.
L'unica cosa certa era che a Kanji piacesse Rise.
Più ci pensava e più i tasselli di quel puzzle andavano al loro posto.
Il modo in cui il ragazzo balbettava o si comportava quando c'erano loro; il modo in cui le guardava; il modo in cui arrossiva quando lei e Rise gli rivolgevano la parola...
A pensarci bene, anche il fatto che Kanji fosse scomparso non appena erano arrivati nel bosco era sicuramente un indizio utile.
Ciò che Rise provasse per lui, invece, restava un mistero.
Certo, mentre preparavano il curry poco prima, la idol aveva parlato spesso di lui, ma questo bastava veramente a dimostrare qualcosa?
In più, la ragazza aveva messo più volte in luce il suo interesse verso il loro Senpai, e continuava a farlo tuttora, anche se erano passati anni.
Era forse per questo che Kanji voleva il suo aiuto? Per farle dimenticare Yu?
Naoto scosse la testa e portò nuovamente il cucchiaio alle labbra, inserendo nella sua bocca un'altra boccone del riso al curry che avevano preparato.
Non poteva passare l'intera gita a pensare a quelle cose.
Doveva parlare con il diretto interessato, così da chiarire il modo in cui doveva muoversi.
Sì, quella era senz'altro un'ottima idea.
La detective portò l'ultimo boccone del curry rimasto alle labbra, rendendosi conto solo in quel momento di aver finito il suo intero piatto.
Dannazione.
Aveva promesso a Rise che l'avrebbe aspettata e, invece, senza neanche rendersene conto, aveva iniziato a mangiare.
Forse era meglio se smetteva di perdersi così tanto nei suoi pensieri e se, dopo, chiedeva scusa alla sua amica...
«Muoviti.»
La voce della diretta arrivò alle sue orecchie e Naoto alzò lo sguardo, trovandosi di fronte una scena a dir poco surreale.
Rise si stava avvicinando a grandi passi verso il tavolo su cui lei era seduta, trascinando per il braccio un Kanji apparentemente nel panico.
Il sangue della detective le si gelò nelle vene.
Possibile che il ragazzo si fosse dichiaro e la dichiarazione non fosse andata a buon fine?
La ragazza si alzò, pronta ad andare incontro ai suoi due amici.
Doveva dargli una mano.
Dopotutto l'aveva chiamata lì per quell–
«Tu non ti muovere e rimettiti seduta.»
Il tono di voce di Rise era completamente diverso dal solito e ogni muscolo di Naoto si bloccò sul posto.
Che stava succedendo?
Possibile che avesse scoperto tutto...?
«Rise, cosa stai facendo?» protestò Kanji, quando la idol lo spinse verso il tavolo.
«Voi due dovete parlare.– rispose lei, gesticolando –Non vi sopporto più, è da prima che vi comportate in modo strano!»
Naoto non riusciva più a capire cosa stesse succedendo.
«Rise, scusam–»
«Tu non dirlo!– esclamò la idol, esasperata –Basta scusarsi. Vi prego. Parlate.– continuò poi, afferrando il suo piatto di curry –Io vado a mangiare all'altro tavolo, quello laggiù. Quando ho finito voglio che questo enorme equivoco sia risolto e che voi due vi mettiate d'accordo. Sono stata chiara?!»
Poi, senza lasciare neanche il tempo agli altri due di rispondere, Rise si incamminò verso l'altro tavolo.
 
19 giugno 2013, ore 15:34
Rise si sedette al tavolo, sbattendo con forza il curry sul piano di legno.
Non ne poteva più.
Tutta la sua pazienza aveva ormai raggiunto il limite e la ragazza aveva agito di impulso.
Lanciò uno sguardo ai due suoi amici seduti poco lontano da lei che, confusi, avevano iniziato a parlare l'uno con l'altro.
“Speriamo che questo metta fine alle loro stranezze.” pensò, inserendo il cucchiaio nel curry.
Anche se solo a grandi linee, la ragazza aveva più o meno capito cosa era successo.
Entrambi i suoi amici dovevano aver preso un enorme granchio e, ora, non riuscivano a trovare una soluzione.
«Io non sono innamorata!»
L'urlo di Naoto arrivò alle sue orecchie.
Bene, questa era la parte della storia che già sapeva.
«Sei tu ad esserlo!» continuò la detective.
Ecco la parte che le mancava.
La idol si voltò nuovamente verso i suoi due compagni, mentre si portava il cucchiaio di curry alle labbra.
«Io?!– gridò di rimando Kanji, incurante del fatto che lei riuscisse benissimo a sentirli –D-di chi sarei innamorato io?!»
Naoto fece un gesto con la testa, ma il ragazzo non sembrò capire.
Rise assottigliò lo sguardo, osservando il modo in cui Naoto si stava muovendo.
«Cosa?!– l'urlo di Kanji fu così potente da far scappare un piccolo gruppo di uccellini che si era posato sui rami di un albero lì vicino –Come può piacermi Rise?!»
«Eh? Ma quindi non è lei?» Naoto sembrava chiaramente sorpresa.
...
Rise si voltò nuovamente verso il piatto di fronte a lei, portando un altro boccone alle labbra.
Quei due avevano problemi seri se erano riusciti a creare un equivoco così grosso.
«Ma allora perché hai chiesto a Rise di iscrivermi alla gita di nascosto?»
I movimenti della ragazza si bloccarono completamente.
«EH?! Io non le ho chiesto niente! Mi ha detto che hai deciso di venire perché c'era una "persona".»
“Oh, oh...”
«RISE!»
Quando i due urlarono il suo nome, Rise si voltò nuovamente verso di loro.
«Potrei aver detto una piccola bugia...» disse, mentre sentiva un brivido correrle lungo la schiena.
Già.
Quella che aveva detto il giorno prima, era stata sicuramente la bugia sbagliata.
QUESTE DRABBLE PARTECIPANO AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
MISSIONE M12 (Zodiaco)
NOTE IMPORTANTI: Ogni drabble è legata ad una particolare caratteristica/sarà ispirata al nome di uno dei segni dello zodiaco, così come sarà indicato nel titolo di ognuna.

FANDOM: Persona 3, Nier Automata, Persona 4
PERSONAGGI/COPPIE: Mitsuru/Akihiko, 2B/9S, Yu/Yosuke
TIPOLOGIA: drabble da 100 parole



#1. Dominance [Toro]
Mitsuru non sapeva neanche cosa l'avesse portata a innamorarsi di un tipo come Akihiko.
Anzi, ogni volta che cercava di trovare una logica dietro a ciò, la ragazza si ritrovava a mani vuote.
Dopotutto, lui era completamente l'opposto del suo tipo ideale.
Lei aveva sempre sognato un ragazzo che le obbedisse e che seguisse le sue regole, qualsiasi esse fossero.
Akihiko invece non ascoltava minimamente i suoi comandi, agendo di testa sua.
Eppure, ogni volta che il ragazzo faceva qualcosa che andava contro ogni suo ordine, invece di sentire la voglia di sgridarlo, Mitsuru non poteva che trovarlo terribilmente affascinante.
 


#2. Tenacity [Scorpione]
In tutta la sua vita, Akihiko non aveva mai conosciuto qualcuno più nobile e tenace di Mitsuru.
Nonostante il ragazzo avesse visto anche i lati più oscuri e deboli di lei, infatti, ogni volta che pensava che la ragazza si fosse ormai arresa, lei si rialzava in piedi, puntando il suo fioretto contro il nemico.
E, allo stesso tempo, riusciva a far alzare anche tutti i suoi compagni che, sotto la sua guida, raggiungevano la vittoria.
Per questo, nei momenti più bui, a lui bastava un suo solo sguardo per trovare la forza di tornare a combattere al suo fianco.


#3. Aquarium [Acquario]
2B non era mai stata ad un acquario.
A dire la verità, non capiva neanche cosa ci potesse essere di divertente nel visitarne uno.
Perché mai doveva divertirsi a osservare delle specie marine, di cui non le importava neanche l'esistenza, nuotare oltre un vetro?
Non sarebbe stato molto più comodo andare direttamente a vederle di persona, nel loro ambiente naturale?
Gli umani erano veramente strani per avere dei passatempi del genere, fin troppo.
Ma, quando 9S le propose di visitarne uno insieme, quando la battaglia fosse finita e l'umanità fosse tornata sulla Terra, 2B non riuscì a dirgli di no.


#4. Soulmates [Gemelli]
"Anime gemelle."
Nonostante 2B sapesse benissimo cosa quell'espressione significasse, non poteva che provare confusione ogni volta che ci ripensava.
Come poteva esistere un qualcosa che legava così strettamente due persone che, idealmente, potevano anche non incontrarsi mai nella loro vita?
Non aveva senso.
Se la definizione che aveva di amore era corretta, due persone dovevano interagire per innamorarsi; dovevano avere ricordi insieme; dovevano ridere, scherzare, parlare.
Non potevano essere semplicemente "legate dal destino".
Ma, ogni volta che il suo cammino si incrociava con quello di 9S, l’androide non poteva far a meno di pensare che loro ne fossero l’esempio perfetto.


#5. Kiss [Scorpione (schiettezza)]
«Yosuke.»
«Sì, partner?»
«Baciami.»
Quando Yu gli disse quelle parole, a Yosuke per poco non andò di traverso il drink che stava bevendo.
Si voltò verso il suo amico, completamente sotto shock.
«Yu ma cosa stai dicend-»
«Hai sentito benissimo.»
Il ragazzo poteva sentire le sue guance avvampare.
Come poteva uscirsene in quel modo?
«Senti se è uno scherzo non è divertent-»
«Yosuke, zitto e baciami.»
«Partner, io non capisc-»
Qualsiasi cosa Yosuke volesse dire, sparì immediatamente quando le labbra di Yu si posarono sulle sue.
Ma, nonostante la sua mente gli urlasse di allontanarsi, il ragazzo ricambiò il bacio.
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MISSIONE M12 (Zodiaco)
NOTE IMPORTANTI: Ogni drabble è legata ad una particolare caratteristica/sarà ispirata al nome di uno dei segni dello zodiaco, così come sarà indicato nel titolo di ognuna.

FANDOM: Persona 4
PERSONAGGI/COPPIE: Kanji/Naoto
TIPOLOGIA: drabble da 100 parole



#67 (Gemelli → Anime gemelle)
Naoto non aveva mai creduto alla storia delle così dette "anime gemelle".
Fin da piccola non era riuscita a capire come potessero le persone che aveva intorno pensare che un qualcosa di così irrazionale potesse esistere a quel mondo e, francamente, trovava anche stupida l’idea di dover stare a cercarla.
Non le interessava, per niente.
Il suo unico fine era quello di portare avanti il nome degli Shirogane.
Ma, adesso, ogni volta che le dita di Kanji si intrecciavano alle sue, Naoto non poteva fare a meno di essere felice del fatto che lei la sua anima gemella l'avesse trovata.
 


#68 (Pesci → pesce fuor d’acqua)
Kanji non sapeva bene cosa volesse dire sentirsi un "pesce fuor d'acqua".
Infatti, anche se le sue relazioni sociali non erano il massimo, il ragazzo se l'era sempre cavata abbastanza facilmente nei momenti in cui si trovava in imbarazzo, facendo spesso parlare i sui pugni al suo posto.
Certo, sapeva che quello non era il modo migliore di affrontare la cosa ma non poteva farci niente.
Però, quando Naoto gli sorrise, dicendogli che le piaceva stare con lui, Kanji capì per la prima volta cosa si provasse a sentirsi come un pesce che era stato allontanato dal suo ambiente naturale.
 


#69 (Pesci → fiori di ciliegio (uno dei fiori associato a questo segno))
Kanji non aveva mai visto una fioritura di ciliegi di quella portata prima di allora.
O meglio, non aveva mai visto qualcuno così rapito dalla bellezza dei ciliegi.
Naoto teneva gli occhi rivolti verso l'alto, osservando con avidità ogni piccolo petalo che veniva mosso dal vento, mentre piccole macchie rosa si riflettevano nell'azzurro dei suoi occhi.
«È bellissimo, non è vero Kanji-kun?»
Quando lei gli pose quella domanda, il ragazzo non poté far altro che annuire, continuando a guardarla mentre lei tornava a osservare gli alberi poco lontani.
In effetti quello che aveva davanti agli occhi era uno spettacolo meraviglioso.


#70 (Pesci → intuito)
Kanji era rimasto più volte sorpreso dell'intuito di Naoto.
Non sapeva come fosse possibile, ma era come se la ragazza riuscisse sempre a capire qualsiasi cosa di tutto quello che la circondava, senza lasciarsi scappare mai neanche un minimo dettaglio.
Per questo, il ragazzo aveva sempre avuto paura di dichiararle i propri sentimenti.
Se lei riusciva a capire tutto a quel modo, doveva essere a conoscenza anche di quello, no?
Quindi il fatto che lei non ne parlasse poteva essere un rifiuto?
Ma, quando prese coraggio e vide l'espressione della ragazza, Kanji capì quanto fosse stato stupido non dichiararsi subito.
 


#71 (Vergine → pazienza)
Naoto non poteva che essere affascinata dalla pazienza che Kanji riusciva ad avere in certi casi.
Le era capitato più volte di dover chiedere aiuto al ragazzo per lavori noiosissimi e lunghi e, tutte quelle volte, lui non si era mai lamentato neanche per un secondo.
Ma, il momento in cui la sua pazienza l'aveva stupita maggiormente, era stato quando Nanako era stata rapita.
Nonostante la situazione critica, il ragazzo non aveva perso il suo autocontrollo, riuscendo così a portare avanti un lavoro difficile come quello.
E questa sua dote era una di quelle che a lei piaceva di più.
 


#72 (Toro → sensibilità)
Una delle sfaccettature del carattere di Kanji che Naoto amava di più, era l'enorme sensibilità di cui il ragazzo era dotato.
Nonostante in molti non se lo aspettassero neanche, infatti, la detective sapeva quanto Kanji potesse rivelarsi sensibile e pronto ad aiutare il prossimo.
La ragazza lo aveva colto più volte a cucire piccoli pupazzi per i bambini del suo quartiere, oppure a dare da mangiare a qualche animale selvatico, come la volpe che viveva nel tempio.
E, anche se lui era in imbarazzo quando lei tirava fuori questo argomento, Naoto non poteva che essere sempre più fiera di lui.
 


#73 (Toro → possessività)
Naoto non era mai stata una ragazza possessiva.
Fin da piccola, non aveva mai avuto atteggiamenti del genere nei confronti di nessuno, neanche con le persone a lei più care come suo nonno.
Eppure, da quando stava con Kanji, questo sentimento latente si era risvegliato.
Non lo faceva apposta, sul serio, ma ogni volta che vedeva qualcuno giragli intorno, Naoto non riusciva a trattenere minimamente la rabbia che la invadeva.
Sapeva che era sbagliato e che quello non era un atteggiamento carino.
Ma, quando Kanji le disse che lui adorava anche quel suo lato, Naoto non poté che sentirsi felice.
 


#74 (Toro → dolcezza nascosta)
Nonostante Naoto facesse di tutto per nascondere i propri lati più dolci e fragili, Kanji riusciva sempre a farglieli rivelare.
Non sapeva neanche lui come ci riuscisse, a dire la verità.
Aveva passato così tanto tempo ad osservare la detective in passato e mai l'aveva vista comportarsi in quel modo con qualcuno che non fosse lui.
Anzi, a dire la verità, lei si comportava in modo diametralmente opposto a quello.
Così, quando la ragazza gli confessò che era come se, quando si trovava insieme a lui, tutte le difese che aveva eretto, crollassero, Kanji non pote che sentirsi enormemente fortunato.
 


#75 (Ariete → coraggio e fragilità)
Naoto era una delle ragazze più coraggiose che Kanji avesse mai conosciuto.
Questa sua dote era stata mostrata a tutto il team fin dall'inizio, quando si erano tutti resi conto del fatto che la ragazza era arrivata a farsi rapire pur di capire chi fosse l'assassino e catturarlo, cosa che nessuno di loro aveva avuto il coraggio di fare.
Eppure, così come aveva scoperto durante la loro relazione, anche lei aveva paure che si vergognava a mostrare agli altri.
Ma questo per lui non era un problema.
Anzi, ogni volta che ne aveva bisogno, sarebbe corso da lei, per consolarla.
 


#76 (Pesci → paure e imbarazzo)
«Naoto? Che c'è?»
Naoto non sapeva come rispondere a quella domanda.
Non sapeva neanche lei perché avesse chiamato il ragazzo.
Erano notte fonda e lei si trovava distesa sul letto, svegliata poco prima da un incubo.
«N-niente, ho sbagliato numero, scusami.» disse, cercando di mantenere un tono normale.
Doveva chiudere quella telefonata e scusarsi col ragazzo che, molto probabilmente, aveva svegliato.
Un brivido le attraversò la schiena, quando la detective si rese conto che lui poteva essersi arrabbiato.
Doveva rimediare la situazione.
«Beh, parliamo un po', ti va?»
Ma, quando Kanji le disse quelle parole, tutte le sue paure svanirono.
 


#77 (Vergine → razionalità)
Naoto era da sempre stata una ragazza terribilmente razionale.
Tutto quello che faceva o diceva, aveva sempre una logica dietro.
Tutto era controllato nella sua vita.
Niente era stato mai lasciato al caso.
Per questo, l'arrivo di quel sentimento così irrazionale l'aveva sconvolta.
All'inizio non aveva neanche capito che cosa le stesse succedendo.
Solo quando Rise le aveva fatto notare che quel sentimento era semplicemente "amore", Naoto era andata completamente nel panico.
Lei non si sentiva pronta per una cosa del genere.
Ma, quando Kanji disse di ricambiarla, Naoto capì che, in fondo, quel sentimento non era poi così male.

#78 (Vergine → precisione)
Naoto aveva sempre pensato di essere fin troppo precisa e, proprio per questo, non si sarebbe mai immaginata di poter incontrare qualcuno che fosse più pignolo di lei.
Ma si sbagliava di grosso.
Infatti, la stanza di Kanji non era minimamente come la detective se la era aspettata.
Aveva immaginato di trovare vestiti a terra e strumenti per il cucito sparsi ovunque.
Invece tutto, dalla libreria alla scrivania era perfettamente ordinato e niente, neanche un singolo gomitolo, si trovava minimamente fuori posto.
Per questo, quando il ragazzo si "scusò per il disordine" Naoto ebbe quasi l'impulso di prenderlo a testate.
QUESTE SHOT PARTECIPANO AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
PROMPT: Gemelli (Anime gemelle)



#1. Bodyswap
FANDOM: Persona 3
COPPIA: Mitsuru/Akihiko
PAROLE: 220
SOULMATES!AU: quando il primo della coppia compie 18 anni, le due anime gemelle si scambiano di corpo per un breve periodo di tempo.

 
Mitsuru era tesa.
Decisamente tesa.
Seduta sul bordo del suo letto, la ragazza non poteva far altro che osservare l'orologio sulla parete, mentre l’ansia si faceva sempre più strada dentro di lei.
Mancava così poco a mezzanotte...
«Mitsuru, calmati.»
Akihiko le posò una mano sulla spalla, così come faceva ogni volta che lei andava completamente nel panico.
«Sono calmissima.»
No, non era vero, per niente.
E lei sapeva che lui non ci avrebbe mai creduto.
Il ragazzo ridacchiò leggermente, scuotendo la testa e sedendosi accanto a lei.
«Se hai paura che la tua anima gemella faccia qualcosa che non vuoi col tuo corpo, tranquilla, la fermerò io.» le disse.
No, non era certo quella la sua paura.
La sua paura era che la sua anima gemella non fosse lui.
Mitsuru lanciò un altro sguardo all'orologio, vedendo che mancavano solo due minuti.
Doveva dirglielo.
Doveva dirgli che lo amava.
Ora o mai più.
«Akihiko, io-»
Prima che potesse finire la frase, una fortissima scarica elettrica la attraverso.
La mezzanotte era arrivata.
Ora lei avrebbe conosciuto la sua anima gemella e, così, avrebbe dovuto dimenticare Akihiko.
Non era pronta a questo.
Non lo era affatto.
Ma, quando riaprì gli occhi e vide di trovarsi ancora nella sua stanza, con di fronte a lei il suo stesso corpo, le sue paure scomparvero completamente.



#2. Music
FANDOM: Persona 5
COPPIA: Ann/Ryuji
PAROLE: 262
SOULMATES!AU: quando una persona ascolta della musica, la sua anima gemella sente la stessa canzone nella sua testa.

 
Ann non riusciva a dormire.
Non importava quante volte chiudesse gli occhi e cercasse di prendere sonno, era completamente impossibile per lei riuscire anche solo ad addormentarsi per più di dieci secondi.
Dopotutto, chi mai sarebbe riuscito a dormire se avesse avuto canzoni heavy metal che continuavano a risuonare nella propria testa?
Era invivibile.
Completamente invivibile.
La ragazza si rigirò nel proprio letto, portando le mani alle orecchie e sperando che in quel modo il suono venisse attutito, senza alcun successo.
Aveva un impegno importante l’indomani.
Possibile che Ryuji non riuscisse a capire che lei non poteva rimanere sveglia fino a tardi?
E, soprattutto, perché il ragazzo si ostinava ad ascoltare musica del genere a quell'ora della notte?!
Poi, lentamente, così come era iniziato, il suono cessò.
Ann lasciò andare un sospiro di sollievo, tornando ad accomodarsi tra le coperte.
Ryuji doveva essere andato a dormire.
E avrebbe potuto fare anche lei lo stesso.
Le sembrava quasi un sogno, quella pace che stava vivendo.
Non c'era niente nella sua testa.
Nessuna chitarra elettrica.
Nessuna batteria.
Nessuna voce che urlava parole a lei incomprensibili.
Poteva finalmente prendersi il suo ripos–
Quando un'altra canzone partì, la ragazza si alzò dal letto, afferrando con forza immediatamente il proprio telefono che risiedeva abbandonato sul cuscino.
Ora gliene avrebbe dette quattro.
Gli avrebbe fatto capire che doveva smetterla di tenerla sveglia a quel modo, tutte le notti.
Ma, quando vide che lui le aveva mandato un messaggio per dirle che l’amava, Ann decise che poteva sopportare quella canzone così fuori dalle sue corde ancora per un po'.



#3. Fingerprint
FANDOM: Persona 4
COPPIA: Naoto/Kanji
PAROLE: 280
SOULMATES!AU: due anime gemelle hanno la stessa impronta digitale.

 
“Eccesso di velocità alla guida di un motorino e aggressione ad un agente.”
Naoto lesse le cause dell'arresto del ragazzo che si stava facendo le foto segnaletiche, lanciandogli uno sguardo più che esaustivo attraverso il vetro
La detective ne aveva abbastanza di tipi come lui.
Era il decimo, forse l’undicesimo quella settimana.
Possibile che non esistessero più ragazzi capaci di non causare problemi?
«Non capisco perché mi stia facendo vedere questo fascicolo, Dojima-san.– disse lei, voltandosi verso il suo collega –Non mi pare ci siano prove da analizzare.»
L’uomo sospirò, passandosi una mano dietro il collo.
«Non è certo questo quello che volevo farti notare Shirogane.» rispose lui, leggermente imbarazzato.
Naoto alzò un sopracciglio, interdetta.
«Allora cosa? Io ho da lavorare, non ho tempo da perdere con un ragazzino.» gli fece notare, stizzita.
«Beh ha la tua stessa et-»
«Non mi interessa questo Dojima-san!»
Dojima era in chiara difficoltà.
«Allora?»
«Ecco, è che penso che dovresti parlarci.»
Ora sì che la situazione si stava facendo decisamente assurda.
«Dojima-san, senta, se sta cercando di farmi fare amicizia con qualcuno, questo non è né il momento adatto né il tipo di amicizie che voglio.» disse lei, abbastanza irritata, restituendogli il fascicolo.
Poi, si voltò, pronta a tornare alla sua postazione.
Le stava facendo solo perdere tempo.
«Shirogane.»
Quando Dojima la richiamò, la ragazza si voltò nuovamente verso di lui, esasperata.
«Cosa c-»
Le parole le morirono in gola, quando vide che l’uomo aveva aperto il fascicolo e stava indicando l’impronta digitale del ragazzo e, sotto essa, i nomi “Naoto Shirogane” e “Kanji Tatsumi”.
L’espressione sul volto di Naoto doveva essere particolarmente buffa, perché l’uomo ridacchiò.
«Io l’ho detto che ci dovresti parlare.»



#4. Counter
FANDOM: Nier:Automata
COPPIA: 2B/9S
PAROLE: 301
SOULMATES!AU: ogni persona ha un contatore sul polso che indica quanto tempo manca al primo incontro con la propria anima gemella.

 
2B non poteva andare avanti così.
L'androide puntò lo sguardo sul contatore che le era stato impiantato sul polso quando era stata creata, osservando con attenzione i diversi 0 che lo riempivano.
Quante volte lo aveva fatto in passato?
Tante, troppe a dire la verità.
E, in tutto questo tempo, non aveva ancora capito il perché di quella stranissima regola.
Quella le era da sempre sembrata un'idea folle.
Come poteva un androide, un robot, un oggetto senza cuore avere una vera e propria anima gemella?
Come poteva un qualcosa di così complicato e astratto come l'amore, colpire anche la sua specie?
Era strano, tanto strano.
Ma, evidentemente, questo non era quello che avevano pensato i suoi creatori, quando avevano inserito quel contatore all’interno degli YoRHa.
Che fosse un qualcosa che gli umani avevano sempre agognato e che mai erano riusciti a raggiungere?
Forse era quello il motivo per cui a loro, le loro creazioni, era stata data quella possibilità.
Ma questo rendeva le cose ancora più complesse.
Una lacrima cadde sul contatore e 2B si rese conto troppo tardi di stare piangendo.
Perché?
Perché se lo scopo era quello di farli vivere in armonia con la loro anima gemella, lei era costretta a uccidere la sua ogni volta?
Non aveva senso.
Non aveva assolutamente senso.
Un piccolo ronzio attirò la sua attenzione e l’androide sentì il cuore che non aveva sussultarle nel petto, quando vide che i numeri del contatore stavano aumentando.
Di nuovo.
Come accadeva ogni volta che 9S veniva resettato.
Quando il numero si bloccò, 2B si alzò dalla branda, asciugandosi le lacrime e aprendo il portello della sua stanza.
Non aveva tempo per i piagnistei.
Dopotutto, secondo il numero che aveva sul polso, aveva solo quattro ore prima di incontrare la sua anima gemella per la “prima volta”.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Prompt: Arcani maggiori (Ruota -> Naoto Shirogane)
Fandom: Persona 4
Personaggi/Coppia: Naoto/Kanji



13 Febbraio 2011,
ore 16:42
 
Non appena aprì la porta di casa, Naoto posò a terra le due pesanti borse della spesa, ripercorrendo nella sua testa la lista degli ingredienti che aveva comprato.
Non che non lo avesse già fatto.
Era almeno la terza volta che si ripeteva il nome di tutto ciò che aveva comprato, per stare attenta a non aver dimenticato niente.
Era agitata. Era terribilmente agitata.
Dopo aver ripetuto il nome dell’ultimo ingrediente necessario e aver appeso il cappotto al suo solito posto, la ragazza si spostò in cucina, portando con sé le due pesanti buste di plastica.
Ora veniva una delle parti più difficili: scegliere cosa cucinare per l'indomani.
Perché sì, nonostante fossero ormai settimane che Naoto pensava a quell'evento, non aveva ancora idea di cosa preparare.
La detective prese il piccolo quadernino nero che teneva nascosto in uno dei cassetti della sua credenza e in cui aveva appuntato tutto ciò che l'avrebbe potuta aiutare nell’impossibile missione che l'attendeva.
Fece scorrere il dito sui vari segnalibri che aveva inserito ai lati, cercando quello giusto.
Quando lo trovò, aprì il quadernino, iniziando immediatamente a leggerlo, anche se, in realtà, conosceva praticamente a memoria tutto ciò che vi era scritto.
 
1. a Kanji piacciono le cose dolci.
 
Quella non era stata assolutamente una sorpresa per Naoto.
Era una delle poche informazioni che aveva ottenuto molto facilmente, osservando il ragazzo in tutto il tempo che avevano passato insieme al resto del team.
Ogni volta che lui prendeva qualcosa da mangiare al Junes o alle macchinette della scuola, era sempre un qualcosa di estremamente dolce, anche troppo per i gusti della detective.
 
2. i gusti preferiti di Kanji sono il cocco e le fragole.
 
Anche quell'informazione l'aveva ottenuta nello stesso modo.
Naoto aveva osservato con particolare attenzione i nomi delle merendine che aveva visto in mano al ragazzo, le aveva comprate per assaggiarle e capirne il sapore e aveva pure svolto varie ricerche online (che si trovavano poco più avanti in quel quaderno).
E, come si poteva dedurre dall'istogramma che ne era venuto fuori, quei due erano i gusti preferiti del ragazzo, su questo non c'erano minimamente dubbi.
 
3. a Kanji piacciono le cose carine.
 
Questa era una cosa risaputa da tutto il team, ma le era stata utile per decidere anche gli stampi da scegliere per il cioccolato o per i biscotti che avrebbe voluto preparare, così come per la forma da dare al pacchetto regalo.
4. il cioccolato preferito di Kanji è quello bianco.
 
Per ottenere questa di informazione, la ragazza si era esposta a diversi rischi, arrivando a chiederglielo di persona.
Per essere sicura che comunque il ragazzo non sospettasse niente gliel'aveva domandato svariate settimane prima, inserendo la domanda in un discorso molto più generale, così che lui non potesse ricollegarlo a San Valentino.
5. il suo colore preferito è il blu (nota: usare questo colore per il pacchetto / per il nastro del sacchetto).
 
Infine, quella era stata l'informazione che Naoto aveva ritenuto la più strana di tutte.
Dalle premesse che gli altri punti le avevano dato, unite alle sue indagini, la ragazza era convinta quasi al cento per cento che il colore preferito del ragazzo fosse il rosa e non il blu.
Ma, da quanto aveva appreso qualche giorno prima, non era assolutamente così.
Anzi, Kanji aveva ammesso che il suo colore preferito da circa un anno era diventato quello.
Ci doveva essere anche dell’altro perché Rise, che era lì con loro, aveva sussurrato qualcosa che aveva fatto avvampare il ragazzo e che, sfortunatamente, la detective non era riuscita a captare.
Ma non importava. Quelle erano informazioni più che sufficienti.
Dopo aver dato un'ultima occhiata a quei diversi punti, la ragazza passò alle ricette, (ognuna allegata da una relativa immagine trovata su internet) osservando i diversi colori con cui le aveva contrassegnate e che stavano a indicare informazioni come: i tempi di preparazione e cottura, la possibilità che quella particolare ricetta potesse soddisfare appieno i gusti del ragazzo, quanto quel dolce fosse carino da vedere e, infine, la difficoltà della preparazione.
Sapeva bene che poco più avanti, esattamente alla pagina contrassegnata dal segnalibro di colore giallo, si trovavano anche diverse classifiche in cui aveva catalogato le ricette proprio in base a quelle informazioni, ma prima preferiva scorrere velocemente tutte quelle diverse varianti di dolci alla base di cioccolato bianco che aveva raccolto in quelle settimane di ricerche.
Naoto lanciò un'occhiata veloce all'orologio sulla parete, rabbrividendo quando notò che erano già passate le cinque e mezza del pomeriggio.
Doveva sbrigarsi a scegliere, o rischiava davvero di non farcela.
Dopo aver ripensato alla quantità di ingredienti comprati e aver dato un occhio alle classifiche, la ragazza optò per preparare sia i biscotti al cocco e cioccolato bianco che si trovavano al primo posto della classifica di gradimento, sia la mousse alle fragole e cioccolato bianco, così da essere sicura di utilizzare entrambi gli ingredienti preferiti del ragazzo.
Avrebbe anche provato a fare del cioccolato bianco fatto in casa così da poter anche confezionare dei cioccolatini.
Infine, così per essere sicuri di avere qualcosa che al ragazzo poteva sicuramente piacere, avrebbe anche sciolto il cioccolato e ci avrebbe intinto le fragole, condendole poi con il cocco; nulla di poi così complicato, ma poteva essere qualcosa di carino da mettere insieme al resto.
Decisasi, Naoto poggiò il quadernino aperto sul tavolo e iniziò a togliere gli ingredienti di cui aveva bisogno dalle buste della spesa.
Ce l'avrebbe fatta.
Sarebbe riuscita a preparare i migliori dolci di San Valentino che fossero mai stati creati e avrebbe finalmente avuto il coraggio di dichiarare i suoi sentimenti a Kanji.
L'operazione poteva avere inizio.
 
 
13 Febbraio 2011,
ore 19:57
 
«Yu-senpai, ho bisogno di aiuto.»
Naoto era seduta sul pavimento della sua cucina, la schiena poggiata contro il muro e il telefono cellulare all'orecchio sinistro.
«Naoto? Cosa è successo?»
La ragazza lanciò uno sguardo alle condizioni in cui la stanza si trovava in quel momento.
Il cioccolato che aveva tentato di preparare era rimasto terribilmente liquido, così tanto che quando aveva tentato di mettere gli stampi dei cioccolatini in frigo era fuoriuscito tutto non appena si era piegata un po’, sporcando completamente la camicia che stava indossando e bagnando il pavimento.
I biscotti che aveva cucinato, che dovevano essere morbidi e di un colore chiarissimo secondo la ricetta e la foto allegata, erano duri come il marmo e di un colore tutt’altro che invitante. Il cioccolato bianco al loro interno si era anche fuso ed era fuoriuscito, impregnando completamente la teglia che aveva utilizzato per cucinarli.
Quando aveva tentato di pulirla, la ragazza non aveva pensato al fatto che potesse essere ancora terribilmente calda e si era anche bruciata una mano, e, mentre stava applicando una pomata sulla bruciatura, la cioccolata si era raffreddata, attaccandosi completamente alla teglia.
Per non parlare poi della povera mousse.
Quella sì che aveva fatto una brutta fine.
Il sapore non era neanche male a dire la verità... almeno questo prima di aver aggiunto la colla di pesce. Doveva averne messa troppa perché era diventata così dura da non riuscire neanche a mandarla giù.
L’unica cosa che si era salvata del piano originale erano le fragole, ma solo perché ancora non le aveva neanche toccate.
«Ho bisogno di aiuto per domani, per favore, vieni.»
Yu non rispose immediatamente, anzi rimase in silenzio per un po’, mentre analizzava le parole della sua amica.
«Yu-senpai?»
«Di che stai parlando?» le chiese, confuso.
Anche se Naoto non aveva niente su cui riflettersi in quel momento, sapeva di avere le guance in fiamme.
«P-Per San Valentino.» sussurrò, portando immediatamente una mano alla sua testa per abbassare la visiera del suo cappello e fermandosi quando si rese conto che non lo stava indossando.
Silenzio.
«Naoto mi cogli alla sprovvista, non pensavo volessi dichiararti a qualcuno.»
«Yu-senpai ora non è il momento! Ho bisogno di aiuto!» esclamò lei, stringendo con più forza il cellulare nella mano sinistra.
«Chi è?»
«Senpai!»
Una risata arrivò dall’altro capo del telefono e Naoto sbuffò.
Certo, non era stata proprio una mossa intelligente quella di chiamare il leader del suo gruppo e pensare che lui non fosse minimamente interessato.
Ma era proprio per quello che aveva chiamato lui tra tutti.
In realtà, la prima persona che le era venuta in mente era stata Rise, ma, quando aveva pensato all’insistenza che la ragazza ci avrebbe messo, aveva deciso che forse era meglio chiamare qualcun altro.
Yukiko e Chie sarebbero state un’ottima alternativa… se solo non fossero ancora più negate di lei in cucina.
Yosuke era sicuramente al lavoro al Junes e Teddie non era proprio il tipo adatto per quelle cose.
L’unico che poteva essere abbastanza riservato e disponibile era Yu e, visto che era anche molto bravo con i fornelli, chiedere aiuto a lui non sarebbe stato poi male.
Le conveniva dirgli la verità.
Almeno così l’avrebbe fatto felice e, allo stesso tempo, sarebbe venuto ad aiutarla.
«È Kanji, vero?»
Prima ancora che Naoto potesse aprire bocca, il suo senpai pronunciò quelle parole, pietrificandola.
«C-come…?» sussurrò, rendendosi conto solo in quel momento quanto la sua voce fosse roca.
Yu ridacchiò nuovamente.
«Ho solo fatto due conti.– le rispose –Tranquilla non lo dirò agli altri. Ora ti do una mano. Aspetta solo quindici minuti, ok?»
Nonostante la ragazza provasse la voglia di sotterrarsi per essere stata scoperta così facilmente, fu grata di sentire che presto avrebbe avuto qualcuno che l’avrebbe aiutata a porre fine a quel disastro.
«Ti ringrazio Senpai.» gli disse, mentre un piccolo sorriso si formava sulle sue labbra.
«Di niente Naoto, sai che non è un problema per me aiutarti.–la salutò –A dopo.»
«A dopo.»
Dopo aver riattaccato, Naoto lasciò cadere il braccio, facendolo sbattere leggermente a terra, e tornò a guardare la cucina.
Era così in disordine da sembrare quasi che fosse passato un uragano.
Niente era più al proprio posto: pentolini, dosatori, piatti e teglie occupavano qualsiasi angolo libero della cucina; per non parlare della quantità di utensili sporchi di cioccolata che giacevano nel lavandino, sul tavolo o a terra, macchiando il pavimento.
Anche lei non era certo in buone condizioni.
La sua camicia era completamente macchiata di quello che sarebbe stato il cioccolato preparato in casa, così come lo erano i suoi pantaloni.
I suoi capelli erano leggermente appiccicaticci in alcuni punti, come se qualcosa fosse schizzato fino a lì, mentre il suo viso presentava macchie di cioccolata bianca in punti in cui la detective non avrebbe mai pensato di poterla fare arrivare.
La ragazza si alzò da terra, lasciando andare un lungo sospiro.
Non si immaginava certo che fosse così difficile preparare il regalo di San Valentino per qualcuno.
Beh, almeno ora, con Yu, sarebbe quasi sicuramente riuscita a fare qualcosa.
Aveva ancora molti ingredienti (per fortuna ne aveva comprati in abbondanza, prevenendo quest’eventualità), poteva far finta che niente fino ad allora fosse realmente successo.
Con quel pensiero in mente, Naoto iniziò a raccogliere i vari utensili sul pavimento, gettandoli poi nel lavandino.
Poteva approfittare del tempo che Yu ci avrebbe impiegato ad arrivare per rimettere a posto la confusione che aveva creato.
Così poi non avrebbero avuto problemi di nessun tipo durante la preparazione di tutti quei dolci.
Naoto sorrise debolmente, mentre il pensiero di quello che sarebbe successo l'indomani iniziava a farsi strada nella sua mente.
Chissà cosa sarebbe successo.
Kanji avrebbe accettato i suoi sentimenti?
Anche se la detective era abbastanza fiduciosa su questo fatto, non poteva comunque nascondere di stare provando una certa ansia.
E se lei avesse frainteso il suo comportamento?
Magari lui non si comportava con lei in quel modo perché gli piaceva ma solo perché lei lo metteva a disagio.
In quel caso come avrebbe dovuto comportarsi?
Cosa sarebbe successo se lui avesse voluto smettere anche di essere sua amica?
E se... avesse anche iniziato a ignorarla?
"Shirogane, calmati."
La ragazza fece un respiro profondo, chiudendo gli occhi e cercando di tranquillizzare se stessa.
Doveva smettere di pensare in maniera così negativa.
Non era assolutamente da lei farsi prendere così tanto dalle emozioni, rinchiudendo in un angolino della sua mente la sua parte più razionale.
Non poteva sapere come sarebbe andata a finire senza prima averci provato.
Poteva darsi che lei piacesse a Kanji, così come che lui, in realtà, non provasse niente di speciale nei suoi confronti.
Oppure che non avesse mai pensato a lei in quel senso.
Dopotutto, anche lei non ci aveva mai pensato fino a qualche mese prima, quando lui l'aveva salvata dalla sua stessa Shadow.
Sì, perché era stato quello il momento in cui Naoto aveva iniziato a notare quel ragazzo, anche se ovviamente all'inizio non aveva minimamente capito cosa provasse per lui.
Solo dopo aver sentito Rise parlare per ore e ore del modo in cui si sentiva ogni volta che aveva Yu accanto, la detective aveva iniziato a capire cosa volessero dire i suoi sentimenti.
All'inizio non l'aveva presa per niente bene a dire la verità.
Anzi, era andata completamente nel panico.
Ma, con il tempo, aveva pensato che non fosse poi tanto male.
Kanji era un bravo ragazzo e lei era convinta che non avrebbe fatto mai niente per farla soffrire.
Quindi, qualunque fosse la piega che la situazione potesse prendere, Naoto era abbastanza determinata per portare quella missione fino in fondo.
La detective era così concentrata nei suoi pensieri che, per poco, non sentì neanche il campanello.
Quando quel suono acuto arrivò alle sue orecchie, la ragazza alzò lo sguardo, puntandolo contro l'orologio sulla parete della stanza e vedendo solo in quel momento che erano passati solo dieci minuti da quando aveva chiamato Yu.
Possibile che il ragazzo fosse già lì?
Era strano, la casa di Dojima si trovava particolarmente lontana.
Nonostante i suoi dubbi, Naoto si diresse verso la porta di casa.
«Yu, grazie per essere venuto.– iniziò a dire, aprendola –Non saprei come fare senza di t–»
Le parole le morirono in gola quando vide chi si trovava sull'uscio della sua porta.
Kanji era lì e la stava scrutando con uno sguardo confuso.
Naoto sentì le sue guance rischiare di andare a fuoco quando ricordò le condizioni in cui si trovava.
«K-Kanji-kun.» lo salutò, cercando di apparire il più naturale possibile, nonostante la sua voce fosse molto più tremolante e incerta del solito.
Il ragazzo alzò un sopracciglio.
«Il senpai m'ha chiamato e ha detto di veni’ da te, te devo aiuta' no??» le disse, mentre continuava a scrutarla.
...
"Come sarebbe a dire che il senpai ha chiamato lui?!"
La detective cercò di mostrare il suo solito sorriso, mentre sentiva l'intero mondo crollarle addosso e metterla in seria difficoltà.
Perché Yu le aveva fatto una cosa del genere?
«Capisco...– gli rispose, ingoiando a vuoto quando si rese conto di quanto la sua voce fosse diversa dal solito –Sto bene comunque, non c'era bisogno che venissi fin qui...»
«Non scherzare.– la interruppe lui, guardandola in modo confuso –Sul serio, te do ‘na mano volentieri, lo sai.»
"Lo so, ma non puoi aiutarmi a fare questo."
«Grazie davvero Kanji-kun.– tentò nuovamente lei, nascondendo malamente il proprio panico –Ma non c'è bisogno, sul ser-»
Tutte le sue parole diventarono un sibilo quando la mano di Kanji si posò sulla sua fronte, cogliendola alla sprovvista.
«Non è che c’hai la febbre? Sei strana.» le disse, prima che lei potesse ribattere.
«S-sto bene!» esclamò la ragazza, allontanandosi di scatto.
La situazione stava prendendo una piega che non le piaceva per niente.
Il ragazzo la guardò, leggermente interdetto.
«Quindi che dobbiamo fa’?» le domandò poi.
Naoto cercò di calmarsi.
Non aveva scelta.
Doveva dire tutto a Kanji e sperare che lui non capisse che i biscotti erano per lui.
Doveva comportarsi come sempre e approfittare del fatto di avere una persona brava come lui ai fornelli.
E, soprattutto, doveva assolutamente distruggere Yu una volta che il suo senpai fosse stato a portata di mano.
Con quei pensieri in testa, Naoto invitò il ragazzo a entrare.
 
 
13 Febbraio 2011,
ore 20:16
 
«Naoto.»
«S-Sì?»
«Ma, senti un po’, pe’ quanti volevi cucina’?»
Naoto voleva sotterrarsi.
La situazione (che già non andava poi così bene dal momento in cui il ragazzo era entrato nell’appartamento) aveva iniziato a degenerare da quando lui aveva messo piede nella cucina ed era rimasto completamente scioccato di fronte alla confusione che vi era là dentro.
Ma come si poteva dargli torto?
Quella vista avrebbe scioccato chiunque.
Chi avrebbe mai potuto immaginare che una ragazza sempre così precisa e terribilmente ordinata come lei potesse avere una cucina in quelle condizioni?
Per non parlare poi di quando lui aveva dato un occhio nelle buste della spesa, notando quanta roba avesse comprato.
Lì sì che il ragazzo era rimasto senza parole.
«Una sola...» sussurrò in risposta la detective, guardando altrove.
Yu gliel’avrebbe pagata.
Come cavolo gli era venuto in mente di pugnalarla alle spalle in quel modo?
Meno male che doveva aiutarla.
«Mazza quanto mangia questo...» commentò Kanji, sarcastico.
Naoto ridacchiò imbarazzata, cercando di nascondere il suo viso in fiamme.
Quando aveva deciso di cucinare tutta quella roba, lo aveva fatto solo perché le interessava renderlo felice, non certo perché pensasse che lui mangiasse troppo.
«È tardi, ci tocca fare una, massimo du’ cose» le fece notare il ragazzo.
Naoto annuì.
Nonostante le dispiacesse non poter cucinare tutto quello che avrebbe voluto, erano oramai le otto di sera passate.
Anche volendo non avrebbe avuto neanche il tempo di preparare il resto.
Beh, almeno con lui accanto, avrebbe potuto essere sicura di preparare qualcosa che a lui piacesse.
«Va bene.– rispose lei –Allora cosa facciamo?»
«Boh, quale te piace di più?»
Naoto non sapeva bene come rispondere a quella domanda.
Alla fine non erano mica per lei.
Anzi, lei non amava nemmeno le cose così dolci come la cioccolata bianca.
«I biscotti al cocco, direi.» commentò, ricordando quale di quelli fosse in cima alla classifica di possibile gradimento.
Kanji si lasciò sfuggire uno sguardo particolarmente sorpreso e la ragazza arrossì quando notò che la stava guardando in modo fisso.
«Cosa c'è...?» gli domandò, le guance rosse per ormai l’ennesima volta da quando lui era entrato in casa sua.
Il ragazzo si riscosse.
«N-no niente.– rispose –Stavo a pensa’ che è quello che me piace di più»
"Bingo."
Naoto non poteva che sentirsi più che felice di averci dato in pieno.
Non solo, adesso che sapeva che a Kanji quei biscotti sarebbero piaciuti, la ragazza aveva ancora più determinazione nel voler completare il prima possibile quel regalo.
«Allora vada per quelli.» commentò lei, sorridendo leggermente.
Il ragazzo non sorrise.
«Me sa che te conviene fa quello che piace a quello, no?» gli chiese poi, continuando a mostrarle un’espressione neutra in volto.
«Sono convinta che possano piacergli, non preoccuparti.» rispose lei.
Anche se non poteva certo dirgli il perché.
Kanji continuò a non sorriderle.
Anzi, le lanciò uno sguardo che la ragazza non aveva mai notato prima di allora. 
Prima che potesse chiedergli se qualcosa non andasse, però, lui cambiò espressione, tornando a quella di sempre.
Che stesse capendo la verità?
Beh, non c'erano problemi.
Di fondo, a Naoto bastava che lui li accettasse.
Non chiedeva nient'altro.
«Allora, dove sta ’sta ricetta?» gli chiese lui, riscuotendola dai suoi pensieri.
«Qui dent-»
Tutti i movimenti della ragazza si bloccarono quando si rese conto di quello che stava per fare.
Naoto spostò velocemente lo sguardo al quadernino che aveva appena afferrato tra le mani, maledicendosi interiormente per averlo fatto uscire allo scoperto in quel modo.
Non poteva permettere che lui lo leggesse.
Avrebbe preferito morire.
«Naoto?»
«C-cerchiamola su internet!» esclamò la detective, con una voce più acuta del normale.
Dannazione.
E pensare che solitamente era anche brava a fingere.
Perché quando c’era lui in mezzo le cose erano così difficili?
Kanji le riservò una delle sue occhiate interdette.
«Non stava là?» chiese, indicando il quadernino.
La ragazza scosse la testa con foga.
«H-ho sbagliato. Mi ricordavo male.» tentò di rimediare, grata del fatto che la sua voce stesse tornando ad essere normale come al solito.
Kanji non sembrava per niente convinto da quella risposta.
Naoto aveva ormai imparato a riconoscere ogni sua singola espressione, nonostante lui tentasse sempre di rimanere il più neutro possibile e non far capire agli altri cosa pensasse.
Nonostante questo, però, il ragazzo disse qualcosa di completamente diverso da quello che chiunque si sarebbe aspettato.
«Come te pare.»
Adorava quando faceva così.
Naoto  era a conoscenza del fatto che Kanji non fosse minimamente il tipo che si intrometteva nei fatti altrui.
E quella era una delle tante caratteristiche che l’avevano fatta innamorare di lui.
«...Ok, mo sei proprio strana. Perché sorridi così?»
La detective avvampò quando si rese conto di ciò che il ragazzo le aveva appena detto.
Doveva assolutamente ritrovare la sua compostezza.
Altrimenti quella serata sarebbe andata a finire sicuramente in tragedia.
Cosa che lei non voleva affatto.
«Sono solo felice che tu abbia accettato di aiutarmi Kanji-kun.– rispose, non dicendo la verità sul motivo della sua felicità, ma neanche mentendo del tutto –Avevo proprio bisogno di qualcuno che mi desse una mano, e tu sei il ragazzo perfetto per questo.»
Il volto del ragazzo arrossì leggermente e Naoto non poté far altro che trovarlo terribilmente carino.
«D-di niente.– disse, passandosi una mano dietro il collo, come faceva ogni volta che era imbarazzato –I-iniziamo?»
La ragazza annuì.
Si alzò dalla sedia e ripose il quadernino nel suo posto, all’interno del cassetto.
Poi afferrò il proprio computer portatile, posandolo sul tavolo e iniziando a cercare la ricetta che le interessava.
Anche Kanji si era alzato dal suo posto e aveva iniziato a recuperare gli ingredienti necessari dalle due borse della spesa e, anche se non lo stava guardando, era come se Naoto potesse vedere ogni suo singolo movimento.
Oramai era come se lo conoscesse così bene che, per lei, il ragazzo era diventato come un libro aperto.
Se chiudeva gli occhi e si faceva guidare unicamente dal suo udito, riusciva perfettamente a vedere la sua figura mentre esaminava gli oggetti che prendeva tra le mani e li poggiava delicatamente sul tavolo.
Alcune volte si fermava, come se stesse valutando se quel determinato ingrediente potesse servire o meno per ciò che volevano preparare.
Ed era in quei momenti che i dettagli nella mente della ragazza si facevano sempre più fitti e precisi.
Le sue sopracciglia che si corrugavano, mentre con lo sguardo esaminava ogni angolo dell'oggetto che aveva in mano; le labbra piegate in un sorriso neutro, che spesso gli aveva visto fare...
«Naoto hai trovato ‘sta ricetta?»
La detective sussultò, mentre la figura del ragazzo che stava immaginando poco prima veniva sostituita dallo schermo del suo PC.
«Solo un attimo.» rispose, iniziando a digitare velocemente ciò che le interessava.
Fortunatamente, non era una ricetta difficile da trovare.
Anzi, l'aveva cercata così tante volte in quelle ultime settimane che la ragazza sapeva perfettamente in che sito andare a guardare.
«Ok, trovata.– disse poi, aprendo la pagina corrispondente –Se vuoi ti leggo la lista degli ingredient-»
Le parole le morirono in gola quando Naoto si voltò, trovando Kanji esattamente dietro di lei.
Il ragazzo aveva poggiato una mano sul tavolo e si era sporto in avanti, per poter leggere dal piccolo schermo.
La detective si voltò nuovamente verso il suo computer, cercando con tutta se stessa di eliminare il rossore che le aveva completamente colorato le guance.
Era strano.
Non era certo la prima volta che loro due erano stati vicini.
Anzi, era successo più volte che lui l'avesse anche afferrata di peso mentre si trovavano dall'altra parte della TV, soprattutto durante le fughe.
Allora perché quella situazione la imbarazzava tanto?
«Cominciamo, su.»
Quando sentì il ragazzo allontanarsi, Naoto annuì.
Poi, sperando con tutta se stessa che il suo viso fosse tornato del suo solito colore, si alzò anche lei dalla sedia e si diresse verso di lui.
 
 
13 Febbraio 2011,
ore 21:01
 
«Kanji-kun, non c'era bisogno che preparassi anche la cena.»
«Me dovevi di’ che non avevi mangiato.»
Naoto osservò l’enorme piatto di riso che Kanji le aveva messo di fronte.
Non sapeva neanche lei come fossero finiti in quella situazione.
Pochi minuti prima, mentre preparavano i biscotti (o meglio, lui li preparava e lei lo osservava con molta attenzione e invidia), il suo stomaco aveva brontolato.
Era stato a quel punto che il ragazzo aveva iniziato a chiederle se avesse mangiato e, quindi, dopo aver messo momentaneamente da parte la preparazione del regalo per l'indomani, aveva iniziato a cucinarle qualcosa per la cena.
Si era anche lamentato una volta che aveva visto i pochissimi ingredienti di cui lei disponeva e l'aveva rimproverata di stare più attenta per mangiare abbastanza.
Naoto, dal canto suo, aveva provato a protestare, ma lui non era stato a sentirla e così ora la ragazza si ritrovava seduta al tavolo della cucina, con la cena di fronte a lei.
«Non era un problema, davvero. Io salto spesso i pasti.» disse lei, continuando a osservare la schiena di Kanji.
Il ragazzo si voltò verso di lei, trapassandola con lo sguardo.
«Sarebbe meglio di no. Te fa male.» le rispose.
La ragazza tentò di ribattere ma sapeva che lui non aveva minimamente torto.
Non vedendo alcuna via di uscita, Naoto afferrò le bacchette alla sua destra e, dopo aver ringraziato nuovamente il ragazzo, portò il primo boccone alle sue labbra.
E si bloccò.
Per quanto si fosse da sempre fidata delle capacità culinarie di Kanji, la detective non avrebbe mai pensato che il ragazzo sapesse cucinare così bene.
Erano anni che lei non mangiava un piatto così buono, nonostante quello fosse solo semplice riso.
«Com’è?»
La ragazza annuì, alzando lo sguardo e puntandolo nuovamente su di lui.
«È buonissimo; era tanto che non mangiavo qualcosa di così buono.»
Quelle parole le uscirono dalle labbra prima ancora che lei potesse fermarle.
Le guance di Kanji presero letteralmente fuoco e il ragazzo si voltò verso il tavolo da lavoro, dandole per l'ennesima volta le spalle.
«F-figurati, che sarà mai.» balbettò, riprendendo a preparare i biscotti.
Naoto non rispose, ma continuò a portarsi i vari bocconi di riso alle labbra, mentre un sorriso si formava sul suo volto.
Non pensava che potesse essere così facile abituarsi a qualcosa.
Fino ad allora la detective non aveva mai veramente pensato a mettersi con qualcuno.
Anzi, aveva passato la sua intera vita ad evitare quella eventualità, sradicando sul nascere qualsiasi sentimento che potesse distrarla dal suo lavoro.
Ma con Kanji era diverso.
Lei si era innamorata di lui ancora prima di potersene rendere veramente conto.
Era come se lui fosse riuscito a farle abbassare la guardia.
E ora non poteva far altro che sperare che il loro rapporto evolvesse ulteriormente.
Le sarebbe piaciuto che una serata come quella si ripetesse.
Le sarebbe piaciuto che il ragazzo cucinasse per lei più spesso, così come avrebbe adorato passare così tanto tempo con lui da soli, senza nessun altro che li disturbasse.
Non era male. Per niente.
Il ragazzo poggiò la teglia di biscotti sul tavolo, attirando nuovamente la sua attenzione.
«Te piacciono? Li metto in forno?» le domandò.
Naoto guardò i biscotti che le erano stati messi davanti, mentre un’espressione sorpresa le si dipingeva in volto.
«Naoto? Non te piacciono?»
«Come hai fatto a farli così? I miei erano tutti schiacciati e diversi tra di loro, non erano minimamente fatti così bene.» disse la ragazza, incredula.
Kanji alzò un sopracciglio, spaesato.
«Mica so’ fatti così bene.»
«Sono perfetti, Kanji-kun.– insistette lei, alzando lo sguardo e puntandolo dritto su di lui –Insegnami, voglio farli anche io così.»
Il ragazzo arrossì in modo evidente e distolse lo sguardo.
«Per favore, voglio imparare anch’io!»
«Quando te guarisce la mano.» disse lui, voltandosi e dirigendosi verso il forno.
Naoto non si aspettava minimamente quella risposta.
«La mia mano…?» chiese, posando lo sguardo sulla mano con cui stava tenendo le bacchette.
«Quella fasciata.– le fece notare lui, infornando i biscotti –Te sei fatta male, no?»
Fu in quel momento che Naoto capì perché Kanji non le aveva lasciato fare niente mentre preparavano i biscotti.
Si stava preoccupando per lei.
Aveva paura che lei si facesse ulteriormente male.
«Sto bene.– sussurrò la ragazza, le guance leggermente rosse –Mi sono solo bruciata.»
«Non me frega.– rispose lui, tornando al tavolo e sedendosi davanti a lei –Non te faccio fa’ male pe’ fa’ dei biscotti.»
Naoto rimase in silenzio, senza sapere cosa ribattere.
Le faceva piacere che Kanji si preoccupasse per lei; veramente tanto piacere.
«Mo finisci de mangia’.– continuò lui, vedendo che la ragazza si era fermata –Quando so’ fatti decoriamo i biscotti, ok?»
La detective annuì, tornando a mangiare dal piatto che aveva di fronte.
«Quanto devono stare i biscotti in forno?» domandò poi, notando l’ora tarda.
Kanji lanciò uno sguardo al pc, ancora aperto sul tavolo.
«Qua dice 25 minuti ma boh, dipende dal forno.»
“Solo 25 minuti...”
Anche se sapeva che era stupido, l’idea che il ragazzo potesse andarsene così presto la rattristava.
Avrebbe voluto stare più tempo con lui.
Sapeva che avrebbero dovuto anche decorarli e preparare il pacchetto, ma sicuramente non ci avrebbero messo più di dieci-quindici minuti a farlo.
«Naoto.»
La ragazza alzò lo sguardo.
«Sì?»
«Ma se famo qualcosa insieme?» le domandò Kanji, quasi sussurrando.
Quella domanda la colse completamente alla sprovvista.
Naoto sentì il suo cuore iniziare a batterle nel petto, quando si rese conto che il ragazzo le stava dando un’opportunità per stare ancora del tempo con lui, evitando che se ne andasse così presto come lei pensava.
«S-se non te va niente eh.– aggiunse lui, vedendo che lei non stava rispondendo –A-anzi, lascia perde’. È tardi e magari non te v-»
«Guardiamo un film, ti va?» lo interruppe lei, la voce che le fremeva.
Kanji rimase un attimo interdetto, la bocca ancora aperta per finire il discorso di poco prima.
«Allora?»
«Va bene.– rispose, mentre un piccolo sorriso si formava sul suo volto –Che film?»
Naoto alzò le spalle.
«Quello che vuoi.»
 
 
13 Febbraio 2011,
ore 21:34
 
Quando aveva detto “quello che vuoi”, Naoto non aveva certo pensato che si sarebbero ritrovati a vedere un film del genere.
La ragazza si trovava a sedere sul divano, le braccia incrociate al petto e lo sguardo puntato sulla televisione di fronte a lei.
Quella scelta le pareva così assurda.
Cosa poteva esserci di interessante nel vedere dei robot combattere tra di loro?
Eppure…
«Lo sapevo che quello vinceva!» esclamò Kanji, indicando lo schermo.
...qualcuno sembrava fin troppo entusiasta.
La detective ridacchiò, sedendosi più comodamente sul divano.
Non avrebbe mai pensato di vedere una cosa del genere.
Quel film era stato uno dei regali del suo decimo compleanno; regalo non molto apprezzato, visto che, in realtà, quel DVD era rimasto sigillato fino a quel momento, riposto nella libreria insieme agli altri film che mai nella vita avrebbe pensato di vedere.
Ma, stranamente, non le stava dispiacendo così tanto come aveva sempre creduto.
Anzi, si stava quasi divertendo a osservare il viso di Kanji così concentrato su una “storia” tanto prevedibile.
«Non pensavo ti piacesse questo tipo di film» gli fece notare lei, sorridendo leggermente.
Il ragazzo arrossì, sistemandosi meglio sul divano.
«Beh, l-li trovo interessanti...» le rispose, balbettando.
Naoto ridacchiò.
Era così carino quando faceva così.
La ragazza lanciò uno sguardo all’orologio.
Mancavano ancora dieci minuti per i biscotti.
Poteva rilassarsi un po’.
Si lasciò andare contro lo schienale del divano, continuando a guardare il film alla TV.
Era davvero orribile.
La trama era praticamente inesistente e l’unica cosa che c’era erano scene di azione che avvenivano completamente a caso.
Ma, forse, per una volta poteva vedere un film del genere.
Poi, all’improvviso, per la prima volta dall’inizio della giornata, la stanchezza che aveva accumulato fino a quel momento la colpì in pieno.
Naoto poteva sentire i suoi occhi chiudersi quasi da soli, mentre i rumori intorno a lei si facevano più attutiti.
«Hai sonno, Naoto?»
La ragazza non era neanche sicura che Kanji le avesse posto quella domanda.
Annuì leggermente, mentre sentiva il ragazzo avvicinarsi a lei e metterle un braccio intorno alle spalle.
«Ce penso io ai biscotti.– le disse, lasciando che lei si accomodasse contro di lui –Tu dormi.»
Prima ancora che lui potesse aggiungere altro, Naoto aveva già chiuso gli occhi e il suo respiro era diventato regolare.
 
 
13 Febbraio 2011,
ore 23:41
 
Quando Naoto aprì gli occhi, ci mise un attimo a ricordare cosa fosse successo.
La TV di fronte a lei era accesa e mostrava una schermata neutra, come faceva ogni volta che si era concluso un DVD.
Fu solo in quel momento che la ragazza si rese conto di dove si trovasse.
Si voltò leggermente alla sua sinistra e le sue guance avvamparono quando si rese conto di essere completamente sdraiata su Kanji che, poggiato contro lo schienale del divano, stava dormendo.
La ragazza tentò di spostarsi ma il braccio di lui, che si trovava intorno alle sue spalle, era come se la tenesse ancorata contro il suo fianco.
Naoto nascose il viso, imbarazzata.
Quando era successa una cosa del genere?
Come aveva potuto abbassare così tanto la guardia da trovarsi in quella situazione?
Non era da lei; non era assolutamente da lei.
Ma, ovviamente, questo non la faceva stare poi così male.
Dopotutto, era quello che voleva, no?
Forse poteva anche approfittarne.
Lui stava dormendo.
Non avrebbe mai saputo che lei era sveglia da un po’ e non si era spostata.
Sì, quella poteva essere la scelta migliore.
Un insistente bip le arrivò alle orecchie e Naoto alzò la testa, cercando di capire da dove provenisse.
Non aveva mai sentito un rumore simile in vita sua.
Sembrava l’allarme anti-incendi-
Solo in quel momento la ragazza avvertì il fortissimo odore di bruciato che riempiva la stanza.
Si allontanò di scatto da Kanji che, per l’urto, si svegliò.
«Naoto…? Che c’è?»
«I biscotti!» esclamò lei, correndo verso la cucina, mentre il bip si faceva sempre più forte e insistente. 
La ragazza aprì il forno, portandosi la mano sinistra alla bocca quando il fumo nero uscì da esso. 
«Cavolo Naoto, mi so’ appisolato pur’io.» disse Kanji, dispiaciuto.
Naoto afferrò la teglia, facendola uscire dal forno.
I biscotti erano completamente carbonizzati.
«Scusami...» continuò il ragazzo.
«Non ti preoccupare.– rispose lei, gettando quelli che erano praticamente diventati pezzi di carbone nella spazzatura –Non è stata colpa tua. Anche io stavo dormendo, non importa.»
Le dispiaceva.
Era ovvio che le dispiaceva.
Ma potevano sempre ricominciare, no?
«Dovrei avere ancora degli ingredienti. Non saranno abbastanza per farne così tanti ma dovrebbero bastare per riprovare.» disse poi, mettendo la teglia nel lavandino.
Kanji non rispose.
Anzi, rimase in silenzio, mentre lei tornava a guardare nelle buste della spesa.
Avevano tutto più o meno.
Mancava solo una barretta di cioccolata bianca.
«Io vado a prendere la cioccolata. C’è un konbini qui vicino.– la ragazza si diresse verso la porta della cucina, per prendere il suo cappotto –Torno subito, così poi iniziamo. Magari questa volta puoi anche insegnarm-»
«Naoto ma se lasciamo perde’?»
Quando Kanji pronunciò quelle parole, Naoto si fermò.
«Kanji-kun…?»
La detective si voltò verso di lui.
Cosa voleva dire?
Perché dovevano lasciare perdere?
«È tardi.– le fece notare lui, non guardandola –Manco se sa se facciamo in tempo.»
Giusto.
Lui doveva andare a dormire.
Non poteva chiedergli di rimanere ancora per tutto quel tempo.
«Kanji-kun, ti porgo le mie scuse.– gli rispose Naoto, leggermente imbarazzata –Non pensavo al fatto che anche tu domani dovessi svegliarti per andare a scuola. Vai pure a casa, provo a fare da sola. Ti ho osservato prima, quindi penso di riuscire a fare qualcosa di decen-»
«Non è che me fa schifo rimane’, Naoto.» Kanji la interruppe nuovamente.
Ora sì che la ragazza era confusa.
«E allora qual è…?» domandò, non riuscendo a capire.
Perché non voleva più aiutarla?
Il ragazzo sospirò.
«Da quando me l'hai detto te volevo chiede se sei proprio sicura de volello fa? E se te dice di no?»
Il tono con cui pronunciò quelle parole lasciò interdetta Naoto.
Perché adesso le faceva quella domanda?
«Sì, ne sono sicura.» rispose, cercando di non tentennare.
«Io non lo farei, sul serio.»
Non capiva.
Naoto non riusciva a comprendere perché lui continuasse a insistere.
Che avesse capito tutto?
Che le stesse dicendo chiaramente che a lui lei non interessava?
«È troppo rischioso, Naoto.– continuò lui –Sicura de vole' esse' rifiutata domani? Magari in mezzo alla gente?»
Aveva ragione.
Kanji aveva ragione.
Ma il ragazzo non poteva sapere quanto le stessero facendo male quelle parole in quel momento.
«Su, puliamo e poi andiamo a let-»
«Quindi non dovrei neanche provarci?»
Quelle parole le uscirono dalle labbra senza che neanche se ne rendesse conto.
Naoto poteva sentire il suo intero corpo tremare.
«Naoto, è inutile, c'abbiamo già provato, è inutile che sprechi soldi e famo nottata e manco se sa che te dice quello. Non te voglio fa rimane' male.»
La ragazza odiava quello che lui le stava dicendo.
«Quindi stai dando per scontato che lui mi rifiuti?»
Kanji deglutì.
«Non te stavo a di’ questo.»
«Invece a me pare proprio di sì.»
La detective alzò lo sguardo, puntandolo dritto su Kanji.
Anche se solo per un momento, intravide un’espressione dolorante sul suo volto.
Ma cambiò immediatamente quando vide il viso di lei.
«I-Io non capisco.»
Naoto odiava il modo in cui la sua voce stava esitando.
Odiava il modo in cui il suo corpo stava tremando.
Odiava anche il modo in cui i suoi occhi stavano minacciando di riempirsi di lacrime che lei continuava a ricacciare indietro.
Non era da lei perdere il controllo in quel modo, ma quelle emozioni tutte insieme la stavano mettendo davvero a dura prova.
Le sembrava di essere stata su una montagna russa per tutta la giornata.
Quella mattina si era svegliata con una felicità enorme, pronta ad andare contro chiunque le si mettesse sul suo cammino; poi c’era stato il fatto che tutto era andato sempre peggio, costringendola di chiedere una mano; dopo di che si era sentita sollevata, nel momento in cui Yu aveva accettato di aiutarla e Kanji si era presentato alla sua porta, stando con lei tutto il giorno…
E ora si sentiva nuovamente in discesa.
Faceva male.
Terribilmente male.
«Naoto…»
Solo quando Kanji pronunciò il suo nome, la ragazza si rese conto che lui si era avvicinato e la stava osservando con un’espressione dispiaciuta in volto.
La ragazza fece un passo indietro.
Perché la guardava in quel modo?
Perché lui davvero non la ricambiava?
«Scusa, me spiace. Non me stai a capi’.»
«Non importa.– rispose lei, distogliendo nuovamente lo sguardo –Sapevo di non avere alcuna chance fin dall’inizio. Ho agito in maniera stupida. Finiamola qui.»
Non doveva piangere.
Si era ripromessa che, se anche non fosse stata ricambiata, l’avrebbe presa con filosofia.
Eppure faceva così dannatamente male.
«Naoto, stamme a senti’.»
«Kanji-kun, non importa, sul serio.– la sua voce si stava incrinando –Oramai è tardi, i biscotti si sono bruciati e non avremmo neanche il tempo per farli da capo.»
Tutto il lavoro di quelle settimane era stato vano.
Lei lo sapeva fin dall’inizio.
Non era portata per cose del genere.
E il ragazzo non l’avrebbe ricambiata.
«Io vado a dormire.– disse, voltandosi –Tu torna pure a casa, metto a posto io domani.»
«Naoto...» Kanji tentò nuovamente di dirle qualcosa, ma lei lo bloccò.
«Buona notte.»
Poi, con passo svelto, si diresse in camera sua, ignorando il ragazzo che continuava a chiamarla alle sue spalle.
Chiuse la porta a chiave e si buttò sul letto, mentre la prima lacrima che non era riuscita a trattenere usciva dai suoi occhi.
Quanto poteva essere patetica in quel momento.
Lei, Naoto Shirogane, che stava piangendo come una bambina, stringendo con forza il cuscino tra le sue braccia.
Kanji doveva essersene andato, perché la ragazza non riusciva più a sentire alcun rumore provenire dalla sua cucina.
Oppure era ancora lì e il rumore di qualsiasi cosa il ragazzo stesse facendo era coperto dai singhiozzi che avevano iniziato a scuoterle le spalle.
Odiava quando le accadeva.
Erano poche le volte in cui si lasciava completamente andare in quel modo, non riuscendo più a trattenere dentro di sé tutte le lacrime che in realtà voleva versare.
Sapeva che il suo comportamento era sbagliato.
Kanji era venuto lì per lei, per aiutarla in un'impresa che lui sapeva essere vana.
A lui lei non piaceva.
Cosa avrebbe dovuto fare il ragazzo? Rifiutarla il giorno dopo, quando lei gli avrebbe consegnato dei biscotti che lui non voleva?
Ovvio che lui aveva solo tentato di farle capire che non voleva ferirla e non voleva darle false speranze.
Ma questo non impediva il fatto che facesse veramente male.
La detective si rannicchiò maggiormente contro il proprio cuscino e lanciò uno sguardo veloce all'orologio sulla parete.
Era tardi, dannatamente tardi.
Doveva dormire, o non si sarebbe mai svegliata in tempo per andare a scuola.
Già, doveva solo dormire.
Dormire poteva sembrare la risposta a tutto in quella situazione.
Se avesse chiuso gli occhi e si fosse lasciata andare alle braccia di Morfeo, molto probabilmente avrebbe smesso di piangere.
L'indomani era un altro giorno.
Avrebbe chiesto scusa a Kanji per come si era comportata prima di andare in camera sua e tutto sarebbe tornato esattamente come prima.
Niente biscotti.
Niente dichiarazione.
Niente delusione d'amore.
Poteva sembrare un ottimo compromesso.
Lei non sarebbe stata costretta ad allontanarsi completamente da lui, come forse sarebbe successo se lui l'avesse rifiutata.
Sarebbero potuti rimanere amici come prima.
Dopotutto, a cosa stava pensando?
Lei era Naoto Shirogane, la detective che fino a pochi mesi prima si fingeva un ragazzo.
Non era femminile, non aveva alcun atteggiamento sensuale e non aveva alcuna esperienza in campo amoroso.
Era più che logico da quel punto di vista che Kanji la rifiutasse.
Il telefono sul suo cuscino vibrò e Naoto allungò una mano, afferrandolo.
Anche se le sembrava assurdo, lei sperava davvero che a scriverle fosse stato il ragazzo.
Per questo, non poté nascondere la piccola punta di delusione che provò quando vide che ad averle mandato il messaggio era stato Yu.
"Hey Naoto, come è andata?"
Aveva anche il coraggio di chiederlo?
Lui sapeva tutto di tutti i ragazzi del team.
Le aveva promesso di aiutarla.
E allora perché le aveva mandato Kanji a casa, pur sapendo che non era ricambiata?
"NN E’ ANDATA."
Dopo pochi secondi, la risposta di Yu arrivò ma Naoto non aveva né la forza né la voglia di continuare la conversazione al momento.
Spense il telefono, rannicchiandosi nuovamente sul letto.
E, mentre le lacrime, che ancora non era riuscita a far smettere di scorrere, le rigavano il volto, la ragazza chiuse gli occhi, sperando di riuscire, prima o poi, ad addormentarsi.
 
 
14 Febbraio 2011,
ore 07:13
 
Naoto sapeva che era mattina e che avrebbe dovuto alzarsi dal letto oramai da venti minuti.
Ma non ci riusciva.
Quella notte aveva dormito si e no due o tre ore, svegliandosi a intervalli regolari.
Sapeva che era sbagliato per lei restare in quel letto, soprattutto se voleva far finta che tutto andasse bene.
Eppure, allo stesso tempo, non le importava poi più di tanto.
Era inutile andare a scuola e pretendere che niente fosse accaduto se i suoi occhi erano gonfi e rossi a quel modo.
E non c'era certo il bisogno di guardarsi allo specchio per capirlo.
Naoto poteva sentire fin troppo bene il dolore che le sue palpebre le stavano lanciando.
Si sarebbe data per malata e sarebbe stata a casa; per una volta non sarebbe successo niente.
Non voleva farsi vedere da nessuno così.
E, soprattutto, non voleva farsi vedere da Kanji.
Qualcuno bussò alla porta della sua camera e la detective si mise a sedere di scatto, spaventata.
Chi c'era in casa sua?
Che qualcuno fosse entrato la notte prima, quando il ragazzo se ne era andato??
«Naoto, svegliate!»
Tutta la paura che aveva provato fino a quel momento si trasformò in completa sorpresa nel momento in cui riconobbe la voce del ragazzo al di là della porta di legno.
«Naoto! Te sei rimessa a dormi’?»
«Kanji...?» sussurrò lei, interdetta.
Cosa ci faceva lui ancora lì?
Perché non era tornato a casa sua?
«Naoto, te voi alza?» 
Solo quando il ragazzo pronunciò quelle parole, la detective si rese conto che lui aveva aperto la porta e stava entrando nella stanza.
Naoto si rigirò nel letto, il viso completamente in fiamme.
No; no no.
Non poteva permettergli di vederla in quelle condizioni.
«Ma se po' sape’ che stai a fa’?-»
«Va via...» sussurrò lei, rannicchiandosi ulteriormente.
Sapeva che quello non era assolutamente il modo giusto di affrontare la situazione e che, anzi, avrebbe probabilmente solo peggiorato le cose.
Ma cosa poteva farci?
Kanji stava rendendo tutto ancora più difficile di quanto fosse.
Come poteva lei volerlo affrontare in quel momento?!
«Ma che stai a di’? Devi anna a scuola!» esclamò lui e, dalla vicinanza della sua voce, la ragazza capì che si doveva trovare accanto al letto.
«Non voglio andare a scuola, sto a casa oggi.»
Quella conversazione aveva sul serio un che di surreale.
Chi mai avrebbe pensato che i loro ruoli si potessero invertire in quel modo?
«Naoto, vedi de alzatte.»
«Kanji, ti ho detto di andare via! Non voglio parlare con te!»
Quando la detective urlò quelle parole, un fortissimo senso di colpa si fece strada dentro di lei.
Non solo quella era la prima volta che lo chiamava senza usare alcun onorifico, ma lo stava anche trattando male.
Oramai, la situazione poteva solo peggiorare.
Si aspettata che Kanji si voltasse e, dopo averle detto qualcosa di cui lei non voleva neanche avere un'idea, se ne andasse, lasciandola da sola.
Si aspettata che il loro rapporto si incrinasse completamente.
Si aspettata che lui iniziasse a ignorarla e non le rivolgesse più la parola...
Ma sicuramente non si aspettava quello che successe subito dopo.
Naoto sentì la coperta che la copriva da capo a piedi venire completamente sollevata e buttata a terra.
Prima che potesse protestare, la ragazza si ritrovò sollevata dal letto e posizionata a sacco sulla spalla destra di lui.
«Kanji-kun!» esclamò, sentendo le sue guance andare completamente a fuoco.
«Smettila de movete, tanto non te metto giù.– gli disse lui, camminando verso la cucina –Mo mangia qualcosa, preparate e poi vai a scuola.»
Naoto non riusciva davvero a capire perché lui si stesse comportando a quel modo.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era a come nascondere il suo viso agli occhi del ragazzo una volta che lui l'avrebbe messa a terra.
E questo avvenne prima del previsto, visto che, senza neanche rendersene conto di come, la detective si ritrovò a sedere su una sedia della sua cucina, davanti ad una tazza.
Guardò il contenuto e notò che al suo interno si trovava della cioccolata bianca calda.
«Mangia, prima che si fredda.» le disse Kanji, mettendole davanti dei biscotti.
Naoto li guardò con attenzione.
Ora si che era davvero troppo confusa per capire cosa stesse succedendo.
Quelli erano gli stessi biscotti che avevano tentato di preparare la sera prima e che erano però andati miseramente a fuoco.
La ragazza ne prese uno tra le mani, osservandolo con attenzione.
Non c'erano dubbi.
Era esattamente come la foto sul sito mostrava, se non fatto ancora meglio.
Il biscotto era morbido, soffice e della forma, dimensione e colore giusti.
Lei non sarebbe mai riuscita a farli così neanche se ci avesse provato per anni.
Curiosa, se lo portò alle labbra, rimanendo completamente stupefatta.
Nonostante lei non amasse minimamente quei due gusti, quel biscotto era così buono da lasciarla completamente senza fiato.
Era come se lo era immaginato. 
Se non ancora più buono.
«C’ho messo troppo cocco? Nella ricetta dice di metterlo a piacere.» solo in quel momento Naoto si rese conto che Kanji si era seduto davanti a lei e la stava osservando.
La ragazza scosse la testa, continuando a mangiare.
«È buonissimo.» sussurrò, senza alzare lo sguardo.
Era confusa.
Tanto confusa.
«Ok.– rispose lui e, anche se non lo stava guardando, la ragazza sapeva che sulle sue labbra si era formato un sorriso –C’hai del trucco?»
Naoto alzò lo sguardo, non capendo di cosa il ragazzo stesse parlando.
«Del trucco?»
«Sì, così te levo ste occhiaie e gli occhi rossi.»
Oh, giusto; se ne era dimenticata.
Anche se la situazione stava diventando sempre più strana.
«Non capisco...»
«Che ce sta da capi’?.– rispose Kanji –Te devi dichiara’, no? Non penso te voi fa’ vede’ così.»
La ragazza alzò un sopracciglio, interdetta.
«Dichiararmi?»
«Pare de sì.– ora anche lui sembrava confuso –Non è per questo che abbiamo fatto i biscotti?»
Sì, certo.
Ma da quel che aveva capito, lei era stata anche rifiutata.
Prima che lei potesse aprire bocca però, il ragazzo le passò un pacchetto blu e un sacchetto trasparente con cinque biscotti all'interno, chiuso da un nastro dello stesso colore del pacchetto.
«Tiè, qua ce stanno i biscotti,– continuò lui, non lasciandola parlare –e siccome m’era avanzata della cioccolata ho fatto dei cioccolatini alle fragole, so’ nel pacco.»
Che cosa stava succedendo?
«Kanji-kun, quando hai preparato queste cose?»
Il ragazzo arrossì leggermente e distolse lo sguardo, puntandolo sul pavimento.
«Kanji-kun...?»
«Allora, dammi un attimo retta, ieri so’ stato proprio stronzo.– disse lui, continuando a non guardarla –Non te volevo fa’ piange’. Non dovevo di’ quelle cose. E quindi ho fatto i biscotti dopo che sei andata a dormi’-»
«Non capisco il perché, Kanji-kun.»
Quelle parole uscirono dalle labbra di Naoto prima che lei potesse fermarle.
Kanji alzò lo sguardo, confuso.
In quel momento la ragazza riuscì a vedere le occhiaie che si trovavano sotto gli occhi di lui.
«Perché? Cosa?»
«Perché tu abbia passato la notte a cucinare questi biscotti quando oramai era appurato che io non mi sarei più dichiarata.– rispose lei –Non capisco. Mi sembrava più che ovvio che io non piacessi alla persona a cui mi voglio dichiarare.»
Il silenzio che seguì quelle parole fu il silenzio più stressante della sua intera vita.
Naoto non poteva far altro che osservare il ragazzo di fronte a lei, speranzosa e terrorizzata allo stesso tempo.
Poi, lui parlò.
«Se non gle piaci è un coglione.»
E quella risposta le confuse ancora di più le idee.
«Kanji-kun?»
«Ma su Naoto, sei intelligente, simpatica, bellissima, brava in tutto quello che fai; non è possibile che non piaci a qualcuno?»
Le guance della ragazza presero letteralmente fuoco e lei distolse lo sguardo, puntandolo altrove.
La situazione si stava facendo sempre più assurda.
Perché le stava dicendo quelle cose, adesso?
Dopotutto, era stato lui a rifiutarla la sera prima-
Un piccolo campanellino le risuonò nella testa, e tutto iniziò ad avere senso.
«Quindi non pensi che mi possa rifiutare?»
«Se te dice de no, lo piglio a pugni.»
...Possibile che lui non avesse capito?
Naoto si sentì una completa idiota.
Kanji non aveva capito che i biscotti erano per lui.
Certo, questo non voleva dire che lui avrebbe accettato i suoi sentimenti.
Ma, allo stesso tempo, la ragazza si sentiva meglio, enormemente meglio.
Non era stata rifiutata.
Poteva ancora fare la sua mossa.
Poteva ancora avere una possibilità.
«Mo mangia, cambiate e fatte trucca.– riprese a parlare Kanji, il volto leggermente rosso per quello che le aveva detto poco prima –Magari fai in tempo.»
Naoto sorrise.
Non doveva fare niente di tutto quello.
Lei era già in tempo.
«Tieni.» disse, spingendo verso di lui il pacchetto e il sacchetto che aveva davanti a lei.
Kanji guardò i due oggetti, alzando un sopracciglio.
Poi li spinse nuovamente verso di lei.
«Naoto non gli posso posso da’ i biscotti io.»
Ok, ora la situazione stava prendendo una piega alquanto patetica.
«Non era quello che intendevo, Kanji-kun.» disse lei, tendendogli nuovamente i due regali.
Il ragazzo la guardò, uno sguardo chiaramente confuso che si era dipinto sul suo volto.
Poi, i suoi occhi si spalancarono.
La detective sorrise.
Doveva aver capit-
«Me piacciono i biscotti, ma poi a quello che gli dai?»
...
Possibile che si fosse davvero innamorata di un tipo del genere?
«Kanji.– Naoto non si rese neanche conto di aver omesso, per la seconda volta quella da quando si era svegliata, l'onorifico –Sono per te. Li volevo fare per te.»
Il volto che Kanji gli riservò in quel momento fu una delle cose più carine che la detective avesse mai visto in tutta la sua vita.
Il ragazzo aveva le guance completamente rosse e il suo corpo aveva iniziato a tremare per l'imbarazzo.
Solo in quel momento la detective si rese conto di come anche lei stesse tremando.
«Allora...?– gli domandò, vedendo che lui continuava a spostare lo sguardo dai due oggetti sul tavolo a lei, senza dire una parola –Hai intenzione di prenderti a pugni?»
Kanji aprì la bocca, per dire qualcosa, ma niente uscì dalle sue labbra.
Era completamente andato in tilt.
Prima che Naoto potesse aggiungere altro, però, lui si sporse in avanti poggiando le sue labbra su quelle di lei.
E, mentre anche lei si alzava e portava le braccia intorno al suo collo, la ragazza pensò che il cioccolato bianco, di cui le labbra di Kanji sapevano fin troppo, non era poi così male come aveva sempre pensato.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Prompt: Arcani maggiori (Imperatrice)

Raccolta: The Arcana is the means by which all is revealed
Arcana: III – Empress
Fandom: Persona 3, Persona 4, Persona 5
Personaggi: Mitsuru Kirijo, Margaret, Haru Okumura





Mitsuru non si era sentita mai così minacciata prima di allora. 
Seduta al suo solito tavolo di uno dei locali più importanti di Tokyo, la ragazza non riusciva a distogliere lo sguardo dall'elegante donna che aveva occupato il posto libero davanti al suo, senza neanche chiederle il permesso.
Anche se non lo ammetteva mai, Mitsuru era da sempre stata ben conscia della sua posizione all’interno della società. 
Faceva finta di niente quando Akihiko o gli altri la elogiavano, dandole l’appello di imperatrice della S.E.E.S., ma, in realtà, lei concordava pienamente con loro. 
Ogni volta che si guardava allo specchio, lo sguardo che vedeva riflesso non era quello di una ragazza qualcuna; ma quello di una vera dominatrice. 
Tutto, dalle sue movenze al suo tono di voce, era modulato per farle ricoprire a pieno quel ruolo. 
Era quello ciò che pensava chiunque la vedesse, senza alcuna eccezione. 
Eppure, con suo grande stupore, Mitsuru aveva adesso davanti quella che doveva essere la sua peggiore nemesi. 
La donna che si era seduta di fronte a lei indossava un abito blu, che, grazie alle due spaccature laterali, le metteva in risalto le lunghe gambe, coperte solo da una sottile calza nera.
Il suo seno era prosperoso e, da qualsiasi lato la si guardasse, la sua vita era fine e snella, così come metteva in mostra la spessa cintura che la cingeva.
E per non parlare del suo volto.
Non era certo stato un caso se chiunque si fosse voltato verso di lei quando la donna aveva messo piede in quel luogo.
Il suo viso pallido mostrava un'espressione calma ma allo stesso terribilmente seducente, accentuata dal sorriso in cui le sue labbra rosse erano piegate.
Ma la cosa che più dava fastidio a Mitsuru, erano i capelli e gli occhi di quella donna.
Entrambi infatti erano di un colore così insolito da riuscire a distogliere l'attenzione dei presenti dalla sua capigliatura cremisi che sempre era stata la sua caratteristica.
La donna aveva infatti i capelli così lucenti da sembrare d'argento, mentre i suoi occhi erano dorati e caratterizzati da uno sguardo così fermo e immobile da mettere in soggezione chiunque lo incontrasse.
Mitsuru strinse con forza i pugni.
Non poteva perdere così.
Era lei la vera Imperatrice lì dentro.
Non poteva permettere ad una sconosciuta di rubarle così tanto l'attenzione.
«Scusa, vuoi qualcosa? Mi stai osservando da un po'.»
La ragazza dai capelli rossi si riscosse, quando la donna le rivolse un sorrisetto enigmatico, dopo averle posto quella domanda con una voce così calma da farla rabbrividire.
«No, niente.– rispose immediatamente la ragazza, mostrandosi tranquilla come al suo solito –Stavo solo osservando i suoi capelli, li trovo veramente affascinanti.»
Quella mossa funzionava sempre.
Mitsuru era fin troppo consapevole di ciò.
Fare complimenti al nemico era il primo passo per vincere la partita.
«Grazie, anche i tuoi sono molto carini.» rispose l'altra, tornando a bere il tè di fronte a lei, senza battere ciglio.
...
Non solo le dava del "tu" e le parlava come se fosse una ragazzina qualunque, adesso aveva anche il coraggio di definire i suoi capelli "carini"?!
Quella era davvero una dichiarazione di guerra.
Mitsuru accavallò le gambe, mostrando lo sguardo più seducente e dominante che avesse.
L'altra sorrise, divertita, continuando a osservarla; ma la ragazza non si mosse.
Non importava chi si credesse di essere quella donna.
Chiunque fosse, niente e nessuno poteva competere con lei, Mitsuru Kirijo.
Nessuno poteva rubarle il suo ruolo.
E ora lo avrebbe dimostrato–
«Scusate, posso sedermi?»
Una voce dolce arrivò dalla sua sinistra e Mitsuru e la donna si voltarono verso la nuova arrivata.
Chi poteva osare interrompere quella faida che si era appena creata?
Chi poteva avere anche solo il coraggio di volersi sedere al loro tavolo?
Ma, quando i calmi occhi color nocciola e il dolce sorriso di Haru Okumura entrarono nel suo campo visivo, la ragazza sentì come una scarica elettrica attraversarla.
Come se fosse in uno stato di tranche, annuì leggermente e, mentre lei si sedeva con eleganza alla sua sinistra, Mitsuru non fu sorpresa di vedere che anche il corpo di quella che, fino a pochi secondi prima, era la sua più terribile rivale fu scosso da un forte brivido.
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Missione Shannen Week6
Fandom: Persona 4
Coppia: Kanji/Naoto
Parole: 100 parole l'una



#41

Naoto non ne sarebbe stata contenta.
Kanji sospirò, mentre quella verità si faceva strada nella sua mente.
Le aveva promesso che non avrebbe più fatto risse in vita sua, qualsiasi fosse stato il motivo.
Eppure adesso era lì, seduto contro il muro della scuola, con un occhio nero, un labbro spaccato e le nocche insanguinate.
Sapeva di aver sbagliato e adesso ne avrebbe subito le conseguenze.
Però, quando Naoto lo trovò, nessuna ramanzina uscì dalle labbra della ragazza.
L'unica cosa che fece fu sedersi davanti a lui e posargli il ghiaccio che aveva preso in infermeria sull'occhio, in completo silenzio.


#42
«Lasciatelo stare.»
Quando riconobbe la voce che pronunciò quelle parole, Kanji sentì il sangue gelarglisi nelle vene.
«È arrivato il tuo principe, Tatsumi?»
Uno dei cinque teppisti con cui il ragazzo stava avendo una rissa non perse tempo, commentando immediatamente il suo arrivo.
Kanji lo ignorò.
Doveva trovare un modo per portare via la detective da lì.
Lo stesso ragazzo che aveva parlato afferrò il polso di Naoto e Kanji fece uno scatto in avanti, pronto a intervenire.
Ma quando la ragazza gli tirò un pugno in pieno volto, facendogli perdere l'equilibrio, Kanji non poté che rimanere a bocca aperta.


#43

Naoto non aveva mai festeggiato il suo compleanno.
Fin da piccola aveva passato quella giornata come le altre, se non giusto per la torta che veniva servita in tavola la sera.
Dalla morte dei suoi genitori poi, anche i pochi festeggiamenti a cui era costretta a partecipare scomparvero e la ragazza smise di pensarci, lasciando che l'unica persona che le facesse gli auguri fosse suo nonno.
Ma, quando il suo telefono squillò a mezzanotte e lei vide il messaggio di auguri che Kanji le aveva mandato, Naoto non riuscì a trattenere le lacrime di felicità che uscirono dai suoi occhi.



#44

Erano anni che Kanji non prendeva la febbre a quel modo.
Non che stesse così male a dire la verità ma, quando sua madre lo aveva visto in quelle condizioni, gli aveva impedito di andare a scuola.
Annoiato, il ragazzo aveva provato a continuare a cucire qualcuno dei suoi lavori, ma la testa gli faceva così tanto male che per lui era praticamente impossibile.
Per questo, adesso era sotto le coperte, senza niente da fare.
Però, quando Naoto entrò nella sua stanza, dicendo che era venuta per tenergli compagnia, Kanji pensò che sarebbe potuto stare a letto per un'altra settimana.



#45

Se adesso si trovava all'inferno, era esattamente come Naoto se lo era immaginato.
La testa le faceva così male che era come se qualcuno gliela stesse martellando dall'interno.
«Naoto? Stai meglio?»
Una voce ovattata arrivò dal suo fianco e lei cercò di mettere a fuoco la figura che si trovava lì.
Non che ne avesse bisogno.
Sapeva benissimo chi fosse.
Tentò di parlare ma era come se avesse un groppo in gola.
«Non sforzarti, torna a dormire. Io resto qui con te.»
Quando Kanji le sussurrò quelle parole, poggiandole una mano fresca sulla testa, la ragazza chiuse nuovamente gli occhi.

 


#46

Kanji ricordava fin troppo bene il suo primo incontro con Naoto.
E come poteva dimenticarselo?
Era come se quella scena si ripetesse ogni volta che loro incrociavano i loro sguardi.
Il ragazzo non sapeva come spiegarlo, ma tutte le volte che osservava gli occhi scuri e profondi di lei, provava una fortissima sensazione al petto ed era come se qualcuno iniziasse a far martellare il suo cuore all'impazzata, senza possibilità che questo si fermasse.
E questo avveniva sempre, dal loro primo incontro.
Era come se quello fosse un promemoria: qualcosa che gli ricordasse che lui era perdutamente innamorato di lei.



#47

Se qualcuno le avesse chiesto quando fosse stata la prima volta che aveva provato qualcosa per Kanji, Naoto si sarebbe trovata in difficoltà.
Non sapeva assolutamente neanche lei quando quel sentimento era diventato parte della sua quotidianità, prendendo completamente il sopravvento su tutto il resto.
Anzi, le sembrava impossibile che ci fosse stato un "prima", un tempo in cui loro non si conoscevano e in cui lei non pensava a lui almeno il 90% del suo tempo.
Ma, dopotutto, non era importante sapere quando tutto era iniziato: l'importante per lei era continuare a stare al suo fianco, fino alla fine.



#48

«Cosa ti è venuto in mente?!»
Naoto sussultò.
«Sai benissimo che ho più resistenza di te! Perché ti sei messa nel mezzo?»
«Eri ferito, poteva essere pericoloso...» sussurrò la ragazza.
«Lo era anche per te, Naoto!»
Kanji aveva ragione, mettersi nel mezzo e prendere quell'attacco in pieno non era assolutamente stata una delle sue migliori idee.
Improvvisamente il ragazzo la tirò a sé, stringendola tra le sue braccia.
«Per favore.– la sua voce era adesso tremolante e le sue urla erano diventati quasi sussurri –N-non farlo mai più.»
Naoto annuì, portando anche lei le braccia intorno al corpo di lui.



#49

Quando Naoto aveva fatti da esca per catturare l'assassino, non avrebbe mai immaginato che Kanji avrebbe reagito in quel modo.
Nonostante fosse oramai passato tanto tempo da allora, la ragazza non avrebbe mai potuto dimenticare il modo in cui lui l'aveva sgridata per quel gesto sconsiderato, mentre l'abbracciava con forza, come se avesse paura che lei potesse scomparire.
In realtà non sapeva neanche lei perché continuava a pensarci.
L'unica cosa di cui era a conoscenza era che, nonostante lui le stesse urlando contro, aveva provato una sensazione di felicità e di affetto che poche volte aveva sentito prima di allora.



#50

«Non hai freddo?»
Naoto si voltò verso il ragazzo al suo fianco.
«No, non preoccuparti.»
Kanji le lanciò uno sguardo interdetto.
«Sta nevicando, Naoto.»
«Lo so.»
«E tu sei senza sciarpa.»
«Lo so...»
«E anche senza guanti.»
«Lo s- ehi!»
La ragazza si lasciò sfuggire un piccolo lamento di protesta quando lui le avvolse la sua calda sciarpa intorno al collo.
«Stai al caldo o ti verrà la febbre.»
Naoto avrebbe voluto ribattere ma, quando sentì il profumo del ragazzo che proveniva dalla sciarpa invaderle le narici, decise che, per una volta, poteva evitare di dire ciò che stesse pensando.
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Missione Shannen Week6
Fandom: Persona 4
Coppia: Kanji/Naoto
Parole: 100 parole l'una



#31

Naoto non sapeva come fosse possibile, ma, ogni volta che si trovava in un vicolo cieco, Kanji era sempre pronto ad aiutarla.
Qualsiasi cosa il ragazzo le dicesse o facesse, mentre lei annaspava per trovare la risposta ad una qualsiasi domanda, diventava la chiave di lettura di tutto il problema che lei doveva risolvere.
Era come se le loro menti fossero collegate in qualche modo.
Come se lui sapesse esattamente ciò di cui lei aveva bisogno.
E, per questo, la detective non poteva fare a meno di pensare che quel ragazzo fosse una delle persone più importanti della sua vita.



#32

Kanji aveva perso la sua felpa preferita.
Erano circa due ore che continuava a cercarla nella sua camera, cercando di capire dove poteva averla nascosta qualche giorno prima, quando aveva messo a posto il suo armadio.
Non era da nessuna parte.
L'unica spiegazione era che qualcuno gliel'avesse presa, la sera prima, quando il team si era riunito in camera sua.
Non poteva perdonare un gesto simile.
Ma, quando Naoto gli si parò davanti con la sua felpa addosso che la copriva fino alle ginocchia, scusandosi per averla presa senza permesso, Kanji decise che quel fatto non era poi così imperdonabile.



#33

«Il "-kun" è troppo formale. Perché non mi chiami per nome?»
Quando Kanji le aveva detto quelle parole, i movimenti di Naoto si erano immediatamente congelati e la ragazza aveva sentito il suo volto andare in fiamme.
Nessuno le aveva mai detto una cosa del genere fino a quel momento.
E, sicuramente, la detective non si aspettava che fosse lui a proporglielo.
Vedendo la sua reazione, Kanji tentò immediatamente di rimediare, dicendole che stava solo scherzando.
Ma, quando lei aprì timidamente le labbra e sussurrò il suo nome senza alcun onorifico, un enorme sorriso si formò sul volto del ragazzo.



#34

Naoto odiava i fulmini.
Non sapeva neanche lei perché le facessero quell'effetto, ma, anche se era a conoscenza del fatto che fosse una cosa del tutto irrazionale, la ragazza non riusciva a reprimere la paura che la invadeva.
Da quando stava con Kanji però, le cose erano cambiate.
Aveva infatti notato che il solo tocco del ragazzo aveva un enorme effetto calmante su di lei, riuscendo così a farle smettere di pensare alla sensazione di ansia che provava.
Per questo, ogni volta che c'era un temporale, Naoto non poteva desiderare altro che nascondersi tra le sue braccia e lasciarsi andare.



#35

«Non muoverti.»
La voce ferma di Naoto gli arrivò immediatamente alle orecchie quando lui aprì gli occhi.
Solo in quel momento si rese conto di essere disteso a terra, la testa poggiata sulle gambe della ragazza.
Kanji ricordò quello che era successo prima, quando le aveva fatto da scudo, proteggendola da un attacco che per lei sarebbe stato fatale.
«Non farlo mai più.» aggiunse lei prima che lui potesse dirle qualsiasi cosa.
Il ragazzo aprì la bocca ma, non appena vide che gli occhi di Naoto erano pieni di lacrime, capì che quello non era assolutamente il tempo per ribattere.
 


#36

A Kanji non piaceva molto l'idea di spiare Chie e Yukiko mentre queste si facevano il bagno nelle terme.
Non riusciva davvero a capire cosa Yosuke e Teddie ci trovassero in quel gesto così irrispettoso verso le loro amiche.
Lui pensava che quella fosse una delle cose più meschine che si potesse fare.
Era un qualcosa a cui mai avrebbe aderito, nonostante le loro continue insistenze.
Ma, quando Kanji sentì la voce di Naoto venire dall'altra parte della porta e capì che anche lei doveva essere con le sue senpai, pensò che forse non sarebbe successo niente per un'innocente occhiata.



#37

Naoto odiava le gonne.
Non capiva come tutte le sue conoscenti potessero portare quelle vere e proprie trappole mortali senza alcun tipo di problemi.
Per questo, in quel momento, stava odiando profondamente Rise che l'aveva costretta a indossarne una per il suo primo appuntamento con Kanji, senza lasciarle alcuna scelta.
E ora lei era lì, con quella gonna fin troppo corta per i suoi gusti, a sperare con tutta se stessa che niente andasse a rotoli a causa del suo abbigliamento.
Ma, quando vide l'espressione del ragazzo, Naoto pensò che forse la sua amica non aveva avuto un'idea così sbagliata.



#38

«Non andare.»
Naoto non riusciva neanche a credere di aver pronunciato quelle parole.
Senza che lei se ne rendesse conto, il suo corpo si era mosso da solo e la sua mano aveva afferrato la giacca di Kanji, prima che lui potesse alzarsi da quella panchina su cui erano seduti oramai da un po'.
Il ragazzo non rispose.
Ovviamente anche lui non si aspettava quel gesto.
Anzi, l'avrebbe presa per pazza.
Dopotutto, per quale motivo avrebbero dovuto stare ancora lì, a sedere l'uno accanto all'altra, senza dirsi niente?
Ma, con sua grande sorpresa, Kanji si sedette nuovamente al suo fianco.



#39

Kanji aveva da sempre odiato andare a scuola.
Anche se tentava di seguire in classe, la sua concentrazione veniva meno e spesso si ritrovava quindi a osservare il vuoto, senza niente da fare.
Ma non solo i suoi voti non erano certo dei migliori, la scuola non andava bene neanche sul piano sociale visto che Kanji non era realmente apprezzato da nessuno dei suoi compagni.
Insomma, era solo una gigantesca perdita di tempo.
Ma, da quando Naoto si era seduta nel posto accanto al suo, il ragazzo iniziò a pensare che, dopotutto, andare a scuola non fosse poi così male.



#40

Naoto non sapeva davvero come aveva fatto a sopravvivere fino a quel momento, prima di baciare Kanji.
La ragazza non sapeva perché ma, da quando le loro labbra si erano unite per la prima volta, quel gesto era diventato una vera e propria droga.
Ogni volta che lo vedeva piegarsi in avanti per raggiungere il suo volto, Naoto provava una fortissima sensazione di felicità invaderla e sentiva il cuore batterle all'impazzata.
Per questo, nonostante gli altri membri del team avessero fatto notare che loro si baciavano fin troppo spesso, la detective sapeva che per lei non sarebbe stato mai abbastanza.
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Missione Shannen Week6
Fandom: Persona 4
Coppia: Kanji/Naoto
Parole: 100 parole l'una


 

#61

«Dovreste uscire insieme, voi due.»
Quando Rise aveva pronunciato quelle parole, Kanji si era immobilizzato completamente, il panino che stava per addentare che era rimasto fermo a pochi millimetri dalle sue labbra.
Dopo aver lanciato un occhiata veloce a Naoto e aver notato che anche lei aveva avuto una reazione simile alla sua, il ragazzo si voltò verso la sua amica.
Doveva assolutamente inventarsi qualcosa.
Non voleva che la detective si sentisse in dovere di rifiutarlo e non voleva che questo accadesse di fronte alla idol.
Ma quando aprì la bocca per ribattere, Naoto parlò, bloccandolo nuovamente.
«Mi piacerebbe molto.»



#62

I regali non erano il suo forte.
Kanji era consapevole di ciò visto che, ogni volta che ne faceva uno, riceveva solo frasi di cortesia, senza una vera dimostrazione d'apprezzamento.
Fino a quel momento ciò non lo aveva disturbato, ma, adesso che stava con Naoto, quella era come diventata una questione di Stato.
Non voleva che i suoi regali non le piacessero.
Voleva darle tutto ciò che lei desiderava.
Ma, quando lei gli disse che stare con lui era già un regalo stupendo, Kanji decise che avrebbe passato le notti in bianco pur di farle i regali migliori del mondo.



#63
 

Naoto non aveva mai provato ad apparire carina fino ad allora, anzi, aveva passato la sua vita a nascondere qualsiasi accenno della sua femminilità dagli sguardi altrui.
Da quando stava con Kanji, però, non poteva far altro che guardare le altre studentesse, osservando come loro si agghindassero per far colpo sui ragazzi.
Aveva iniziato a pensare che, forse, i suoi vestiti mascolini non erano adatti ad una relazione, così come non lo erano i suoi modi.
Aveva iniziato a temere di dover cambiare.
Ma, quando Kanji le disse che lei era bellissima in qualsiasi caso, Naoto si sentì terribilmente felice.



#64

 
«Io e Kanji stiamo insieme.»
Naoto aveva preso la decisione di dirlo agli altri e, visto che Kanji non si era dichiarato contrario a ciò, adesso che si trovavano tutti insieme sul tetto per la pausa pranzo la detective aveva parlato.
Certo non si aspettava che le cose andassero così.
«E allora?» domandò Yu.
«Non era carino tenervelo nascosto.»
«Ah, era un segreto?»
Quando quelle parole ruppero il silenzio che si era creato, Naoto si risedette al suo posto, ricominciando a mangiare e ignorando le risate dei suoi compagni per il modo in cui le sue guance erano diventate rosse.



#65

 
Kanji non dormiva mai col telefono acceso.
Riceveva troppo spesso telefonate indesiderate la mattina presto o, peggio, SMS pubblicitari che arrivavano a orari improponibili e che finivano per svegliarlo ogni volta.
Ma da quando stava con Naoto, il ragazzo aveva perso quell'abitudine.
La detective, infatti, era solita mandare messaggi agli orari più assurdi, anche nel pieno della notte.
Così, anche se veniva svegliato da messaggi di gestori che offrivano servizi a lui sconosciuti, Kanji non poteva fare a meno di sorridere ogni volta che vedeva che a scrivergli anche solo un SMS per augurargli la buona notte era stata lei.

#66

 
«Cosa stai facendo?»
Quando Naoto gli pose quella domanda, le guance di Kanji si colorarono ancora più di rosso.
«B-beh, pensavo che non ti piacesse che qualcuno ti vedesse senza maglia.– rispose il ragazzo, continuando a tenere gli occhi chiusi –Tranquilla, posso curarti anche così.»
La ragazza era stata colpita da una Shadow, e qualcuno doveva pur occuparsi della ferita che aveva sul suo fianco.
Kanji la sentì accarezzargli la guancia.
«Tu sei l'unico da cui mi farei vedere così, Kanji.» gli sussurrò e, quando il ragazzo aprì gli occhi, vide che le sue labbra erano piegate in un sorriso.
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Missione Shannen Week6
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Coppia: Kanji/Naoto
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#51

Kanji non aveva mai capito il senso di San Valentino.
Da come ne parlavano gli altri ragazzi, l'unica utilità di quella festa era quella di fare stupide competizioni per vedere chi avesse ricevuto più regali.
In più, lui era estremamente convinto che non ci fosse bisogno di una festa per dimostrare il proprio amore nei confronti di qualcuno.
Se solo Naoto lo avesse ricambiato, infatti, lui l'avrebbe riempita di regali ogni giorno e non solo per la "festa degli innamorati".
Ma, quando la detective gli tese quella scatola di cioccolatini, Kanji ritirò tutto ciò che aveva pensato fino ad allora.



#52

Naoto non aveva mai cucinato dei biscotti prima di allora.
A dire la verità, non aveva mai sentito il bisogno di mettersi un grembiule e di cucinare qualcosa per qualcuno, fino a quando, pochi giorni prima, Kanji non le aveva detto che gli sarebbe piaciuto mangiare qualcosa di preparato da lei.
Per questo ora era lì, cercando di non sbagliare alcun passaggio di quella ricetta.
E, anche se oramai era arrivata al suo terzo fallimento da quando aveva iniziato, Naoto non aveva alcuna intenzione di arrendersi: il sorriso che Kanji le avrebbe riservato era il miglior incentivo che potesse avere.



#53

«Naoto, torna a dormire, hai la febbre alta.»
«Sto bene Kanji.– rispose lei, sfogliando il fascicolo –Devo lavorare.»
Kanji non rispose e, per quanto sperasse che la lasciasse lavorare in pace, la ragazza sapeva che quello non sarebbe successo.
«Torna a dormire.»
Prima che potesse rispondere, Naoto si ritrovò sollevata dalla propria sedia e portata al letto.
Lasciò andare un lamento di protesta, mentre Kanji la copriva nuovamente con le coperte.
Ma, quando lui le disse che sarebbe stato lì con lei fino a quando non sarebbe guarita, la ragazza decise che, per una volta, poteva lasciarsi viziare un po'.



#54

Kanji non era mai stato bravo a comunicare i propri sentimenti.
Fin da piccolo aveva avuto problemi a mostrare agli altri cosa provasse, lasciando che fossero soprattutto i suoi pugni a parlare.
Da quando aveva iniziato la sua relazione con Naoto, però, questo problema si era accentuato: Kanji era andato più volte nel panico, non capendo come mostrarle tutto l'amore che provava per lei.
Ma, quando Naoto gli disse che lei capiva perfettamente quello che lui provava nei suoi confronti senza che il ragazzo facesse niente di diverso dal solito, Kanji si sentì compreso per la prima volta nella vita.



#55

"Tu pensi troppo."
Naoto non poteva far altro che rimuginare su quelle parole che Rise le aveva detto prima, quando la detective le aveva esposto i suoi problemi nel mostrare i propri sentimenti a Kanji.
E, anche se odiava ammetterlo, la idol aveva pienamente ragione.
La ragazza non ricordava un singolo momento in cui non si fosse messa a ragionare su tutte le possibilità di quello che poteva succedere, ogni singola volta che cercava di prendere una decisione su come agire.
Per questo, non appena Kanji la salutò quella mattina, Naoto decise di seguire il suo istinto e lo baciò.



#56

Naoto odiava quando la pioggia la prendeva alla sprovvista.
Nascosta sotto il piccolo riparo che c'era alla fermata dell'autobus, la detective non poteva far altro che osservare la pioggia che cadeva con forza di fronte a lei, mentre con un fazzoletto cercava di asciugarsi i capelli bagnati.
Una folata di vento le accarezzò la pelle, facendola rabbrividire.
Perfetto, avrebbe sicuramente preso un raffreddore se fosse rimasta lì.
Ma, quando Kanji arrivò, coprendola immediatamente con il suo giubbotto per non farle prendere freddo e portandola a casa con lui per farla riscaldare, Naoto pensò che quell'opzione non fosse poi così male.



#57

Erano giorni che Kanji si preparava per quell'appuntamento e, più tempo passava, più l'ansia si faceva strada dentro di lui.
Non era assolutamente pronto a quello che sarebbe potuto succedere, qualsiasi cosa questo fosse.
A dire la verità, fino a pochi giorni prima, pensava che non avesse mai avuto neanche la possibilità di portare Naoto fuori a cena.
Gliel'aveva proposto quasi per scherzo, senza dare peso alla cosa.
Ma lei aveva accettato.
E ora lui non sapeva davvero come comportarsi.
Però, quando notò che lei si era messa una gonna per quella serata, Kanji non poté che sentirsi terribilmente felice.



#58

 
Naoto non era mai stata così impaziente di tornare a casa dopo la risoluzione di un caso.
In passato, ogni volta che ne concludeva uno, sentiva sempre una sensazione di malinconia che prendeva forma dentro di lei, come per ricordarle che adesso sarebbe nuovamente tornata a stare sola, aspettando una nuova telefonata.
Ma adesso le cose erano cambiate.
Ora la detective non riusciva a non controllare l'ora ogni dieci secondi.
Poi, quando finalmente il treno si fermò, la detective scese immediatamente da esso e si buttò tra le braccia di Kanji che, da qualche ora, la stava aspettando al binario.
 



#59

 
Naoto aveva sempre odiato il suo lato infantile.
Ogni volta che quello tendeva a uscire all'esterno e a mostrarsi al mondo, lei lo nascondeva con più forza, relegandolo in un piccolo angolino della sua mente.
Per questo, anche se si era trovata in situazioni molto ingiuste o che avevano ferito i suoi sentimenti, la detective aveva sempre trattenuto le lacrime che, spesso, minacciavano di uscire dai suoi occhi.
Ma, quando Kanji la trovò singhiozzante in un angolino del bagno, Naoto gli fu terribilmente grata quando l'unica cosa che il ragazzo fece fu abbracciarla e sussurrarle all'orecchio che tutto andava bene.



#60

 
Kanji non era mai andato al mare in inverno.
Non capiva neanche perché Naoto avesse insistito tanto per prendere la bicicletta ed arrivare fino alla spiaggia di Shichiri Beach, nonostante il vento gelido che soffiava in quel momento.
Non era neanche un luogo poi così romantico a dire la verità.
Cosa poteva trovarci di così bello in quel posto? Era solo una spiaggia minuscola, che si trovava proprio a ridosso della strada.
Ma, quando la detective gli spiegò che era voluta arrivare fino a lì per poter stare finalmente un po' da soli, lontano dagli altri, Kanji cambiò immediatamente idea.
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#25

Kanji non aveva mai creduto nel destino.
Ogni volta che leggeva o ascoltava quelle storie smielate in cui si parlava di come due persone fossero legate tra di loro dal fato il ragazzo aveva sempre voglia di alzare gli occhi al cielo.
Eppure, da quando aveva incontrato Naoto, la sua percezione era cambiata.
Sapeva che era stupido crederci sul serio, soprattutto perché lui era convinto che quella fosse tutta una menzogna.
Ma ogni volta che vedeva il suo sorriso, non poteva che desiderare che, se questo fantomatico "filo rosso" fosse realmente esistito, l'altro capo del suo fosse legato a lei.



#26

Anche se molti potevano pensarlo, il silenzio che riempiva le loro conversazioni non era minimamente dello stesso tipo che si poteva definire "imbarazzato".
Se c'era una cosa che Naoto aveva imparato nel suo rapporto con Kanji era che niente di quello che non veniva detto era realmente perso.
Loro erano semplicemente fatti così.
Bastava uno sguardo, un tocco, un singolo sorriso per capire cosa l'altro desiderasse.
Per questo, la detective adorava quei momenti che loro due passavano insieme, seduti uno accanto all'altra, a scambiarsi messaggi che erano solo loro e che il resto del mondo non avrebbe mai potuto capire.



#27

Kanji non sapeva neanche come era finito in quella situazione.
Seduto su una delle tante sedie della sua classe, il ragazzo non poteva far altro che osservare Naoto che, a pochi centimetri dal suo volto, lo stava truccando in viso per prepararlo a vincere il concorso di bellezza a cui le ragazze del team li avevano iscritti.
Ma, se prima quello non era una cosa che lo tormentasse così tanto, adesso che aveva la detective a quella vicinanza Kanji stava davvero rischiando di andare nel pallone.
«Kanji-kun? Perché mi guardi così?»
«Perché sei bellissima.» sussurrò lui, senza neanche rendersene conto.



#28

Naoto non sapeva perché, ma, ogni volta che vedeva Rise attaccarsi a Kanji, provava una spiacevole sensazione di gelosia che mai aveva sentito prima.
Aveva anche pensato di avere qualche problema, visto che alla fine niente di quello che la idol faceva dimostrava che provasse qualcosa per il ragazzo.
Anzi, Rise si stava solo comportando da amica, così come faceva con tutti, lei compresa.
Eppure, tutte le volte che vedeva la idol toccarlo minimamente, camminare al suo fianco o scambiarsi bigliettini con lui, Naoto non poteva fare a meno di provare un fortissimo istinto omicida farsi strada dentro di lei.



#29

«Balliamo?»
Non sapeva neanche lei perché gli aveva fatto quella domanda.
Ma quando lo aveva visto che lui gli stava lanciando quelle occhiate da un angolo della stanza, le sue gambe si erano mosse da sole e si erano dirette verso di lui.
«C-Cosa?»
«Sì, lo stanno facendo tutti.– cercò di giustificarsi Naoto, indicando gli altri ragazzi che seguivano la musica del locale –E pensavo che ti andasse.»
Solo in quel momento, la ragazza pensò che forse aveva frainteso lo sguardo che lui le aveva rivolto.
Ma, quando oramai stava per andarsene, dopo essersi scusata, Kanji accettò il suo invito.



#30

Kanji non pensava potessero esistere film così noiosi fino a quel momento.
Erano oramai quasi due ore che si trovava in quel cinema, a cercare di capire la logica di un'opera di cui già il titolo lo aveva messo in difficoltà.
Non sapeva neanche perché avesse accettato di vedere una roba del genere.
C'erano solo chiacchiere.
Nessun combattimento, nessuna scena di azione.
Solo congetture su chi potesse essere l'assassino.
Ma, ogni volta che si voltava verso la ragazza al suo fianco e notava come i suoi occhi si illuminavano mentre guardava lo schermo, Kanji pensava che ne valesse la pena.
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#15

Naoto odiava perdere. Mettersi alla prova, fare del proprio meglio e poi vedere tutti i suoi sforzi sfumare di fronte ai propri occhi. Per questo, odiava anche sciare.
Sciare per lei era sinonimo di essere sconfitta, di cadere a terra e non riuscire a rialzarsi, di mostrarsi debole di fronte agli altri.
Eppure ora era lì, su quegli sci, le gambe che le tremavano.
Quante volte era caduta fino ad allora? Tante, troppe da ricordare.
Ma stavolta c'era qualcosa di diverso.
Sorrise leggermente, sentendo due forti braccia cingerle il bacino quando perse l'equilibrio.
Kanji sarebbe stato lì, pronto per prenderla.



#16

Naoto odiava le storie dell’orrore.
Sapeva che era infantile avere paura in quel modo, ma ogni volta che qualcuno ne raccontava una, la ragazza non poteva far altro che sentire un brivido correrle lungo la schiena e una sensazione di terrore invaderla.
Ed era anche quello che stava accadendo in quel momento, mentre Yosuke esponeva quella che lui aveva definito “il suo miglior pezzo” e che la stava oramai terrorizzando da circa venti minuti.
Ma, quando Kanji si avvicinò a lei e le posò delicatamente una mano sulla gamba, come per calmarla, Naoto pensò che, forse, poteva valerne la pena.



#17

Kanji non era mai stato bravo nello studio.
Ogni volta che ci provava andava sempre a finire nello stesso identico modo: nulla di quello che leggeva gli entrava minimamente in testa e dopo ore e ore passate sui libri gli sembrava di conoscere l'argomento ancora meno di quando aveva iniziato a studiare.
Di fronte a ciò aveva presto reputato che fosse completamente inutile continuare anche solo a provarci.
Dopotutto che senso poteva avere? Tanto non sarebbe mai riuscito a migliorare il suo scarso rendimento.
Quando Naoto gli propose di aiutarlo però, il ragazzo pensò che valeva la pena tentarci nuovamente.



#18

Kanji sapeva di avere una soglia di attenzione che chiunque avrebbe definito "un caso perso". E se in passato gli capitava spesso di distrarsi e pensare ad altro, ora che aveva conosciuto Naoto questo evento si ripeteva anche troppo per i suoi gusti.
Ma dopotutto cosa poteva farci?
Come poteva non pensare a quel bellissimo volto?
Come poteva non ripercorrere con la mente ogni movimento della ragazza?
E, mentre la sua attenzione spariva nuovamente, Kanji non si rese conto (per la terza volta quella settimana) che la sciarpa tra le sue mani era diventata ormai così lunga da toccare terra.



#19

«Kanji-kun.»
«N-Naoto? E' successo qualcosa?»
Naoto strinse con più forza il cellulare tra le sue mani, il cuore che le batteva nel petto.
«Niente in particolare, volevo solo sapere come stessero tutti a Inaba.»
«Qui va tutto bene, anche se ovviamente si sente la tua mancanza.»
«...Capisco.»
«Non preoccuparti Naoto, è il tuo lavoro. Aspetteremo il tuo ritorno.»
Naoto sentì qualcuno chiamarla e si voltò, notando solo in quel momento che il suo capo la stava osservando.
«Ora devo andare. Ci sentiamo, ok?»
«Certo.»
Silenzio.
«Kanji-kun?»
«Sì?»
«Mi manchi anche tu.» sussurrò, per poi premere il tasto di fine chiamata.
 
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#20

Naoto non era sicura di sapere cosa volesse dire "amare".
Fin da piccola si era interrogata sul significato di quella parola, chiedendosi come fosse possibile voler passare sempre del tempo con la stessa persona e essere sicuri che lei è veramente colei che ci interessa. Aveva pensato che, in realtà, fossero gli altri a pretendere che fosse così, che quella sensazione fosse una finzione. Un sentimento del genere non poteva esistere.
Ma, quando Kanji le disse "Ti amo" per la prima volta, le parole "Anche io" scivolarono fuori dalle labbra di Naoto prima ancora che lei potesse elaborare una risposta.
 



#21

Kanji non era mai stato bravo con le parole.
Ogni volta che doveva esprimere i suoi sentimenti, si trovava sempre in grossa difficoltà, soprattutto quando si trattava di Naoto.
Non erano poche le volte in cui aveva tentato di dirle ciò che provava ma, nonostante oramai stessero insieme da tempo, non ci era ancora riuscito.
Sapeva che aspettare non aveva senso, ma la paura di rovinare l'equilibrato rapporto che si era costruito tra di loro prevaleva ogni volta.
Così, quando finalmente riuscì a dirle che l'amava e vide che Naoto lo ricambiava, Kanji si sentì l'uomo più felice del mondo.



#22

Naoto avrebbe mai immaginato che le sarebbe capitato di passare un'intera serata col telefono in mano, in attesa di un singolo messaggio.
Era una cosa che non aveva mai fatto neanche quando stava attendendo la conferma per un nuovo caso e, quindi, ciò la metteva abbastanza in soggezione.
Forse avrebbe dovuto metterlo via?
Sì, forse era meglio, decisamente meglio.
Non era assolutamente da lei quel comportamento.
Però, quando il cellulare nelle sue mani squillò con la suoneria che aveva riservato solo a Kanji, avvisandola dell'arrivo di un nuovo messaggio, la ragazza non aspetto neanche un secondo per sbloccarlo e leggerlo.



#23

Kanji lavorava all'uncinetto da anni e, in tutto quel tempo, non gli era mai capitato di preparare un oggetto del genere.
Non che fosse poi così difficile in realtà.
Era un semplice amigurumi, di quelli che anche i principianti avrebbero saputo realizzare se solo si fossero impegnati.
Ma ogni volta che pensava a chi voleva regalarlo...
Il ragazzo lasciò andare i suoi strumenti, nervoso.
Non poteva assolutamente continuare se le sue mani iniziavano a tremare ogni volta che pensava a Naoto.
Quando però immaginò l'espressione contenta che la ragazza gli avrebbe riservato davanti al regalo, Kanji riprese il suo lavoro.



#24

Naoto non aveva mai avuto un vero e proprio hobby nella sua vita.
Aveva sempre pensato che fosse una vera e propria perdita di tempo, un qualcosa che l'avrebbe solo distratta da ciò che realmente doveva fare: lavorare e cercare di farsi conoscere, per non disonorare minimamente il nome degli Shirogane.
Per questo, aveva passato le sue giornate immersa in rapporti e fascicoli, senza mai svagarsi.
Ma, quando la ragazza vide il modo in cui gli occhi di Kanji si illuminarono quando lui le propose di insegnarle a lavorare a maglia, Naoto pensò che forse poteva recuperare il tempo perso.
 
 QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
PROMPT: Protectiveness, physically or verbally defending someone
NUMERO PAROLE: 4180

PERSONAGGI: Naoto Shirogane, Kanji Tatsumi, Tohru Adachi, Rise Kujikawa, Ryotaro Dojima, altri
COPPIE: NaotoxAdachi, NaotoxKanji
AVVERTIMENTI: Soulmate!AU dove non si vedono i colori prima di incontrare la propria anima gemella; UnderAge.


Era ormai passato un mese da quando il corpo di Chie Satonaka era stata ritrovato appeso al cancello del cimitero.
Da allora ci furono altre tre notti piovose ad Inaba e, in tutti e tre i casi, gli agenti di polizia che venivano comunque mandati ad ispezionare le strade non riuscivano mai a fermare l'assassino.
Seduta al tavolo della cucina, Naoto osservava uno dei sette fascicoli che aveva sul tavolo di fronte a lei, uno per ogni vittima che, in quell'arco di tempo, aumentava il numero di uccisioni avvenute.
Dopo Chie Satonaka, ad essere stata presa di mira fu la professoressa Kashiwagi, la coordinatrice di classe di Naoto.
Quello fu un segno allarmante per la polizia.
Kashiwagi non era infatti minimamente legata a Yamano o alle altre vittime: l'unica cosa che la collegava a Konishi, Amagi e Satonaka era il fatto che si trovassero nello stesso istituto.
Le due vittime successive a Kashiwagi erano state altre due ragazze della Yasogami High School: Ayane Matsunaga e Ai Ebihara, una coetanea e una senpai di Naoto. 
Con i loro omicidi, il loro presentimento era diventato completamente realtà.
Neanche queste due ragazze avevano infatti alcun legame con la prima vittima e, l'unica cosa che le collegava tra di loro e con l'omicidio di Kashiwagi, era che tutte e tre lavoravano o frequentavano la Yasogami High School, la stessa scuola anche delle altre vittime se non si considerava Yamano.
Possibile che l'assassino ci avesse preso così tanto gusto da uccidere qualunque ragazza le capitasse adesso sotto tiro?
«Cosa ci fai già sveglia?»
Quando la voce di Tohru le arrivò dalle sue spalle, Naoto si voltò, osservando quello che in quel periodo di tempo era diventato ufficialmente il suo fidanzato.
L'uomo era appoggiato allo stipite della porta della cucina e teneva le braccia incrociate, osservandola con curiosità.
Naoto sorrise.
«Sto provando ad esaminare il caso.» gli disse, alzando poi leggermente le spalle per arrivare all'altezza giusta per dare un bacio all'uomo quando lui si abbassò per venire incontro.
Tohru le mostrò la sua espressione preoccupata.
Gliela mostrava spesso in quel periodo in realtà.
«Sì, ma sono le cinque del mattino.– rispose, mentre portava una mano alla bocca per coprire lo sbadiglio che stava lasciando le sue labbra –E mi piacerebbe svegliarmi e trovare la mia ragazza accanto piuttosto che dover venire fino alla cucina per darti il buon giorno.»
Naoto abbassò lo sguardo.
Tohru aveva ragione.
Gli aveva promesso più volte che sarebbe stata a letto con lui e non avrebbe continuato a osservare quei fascicoli invano…
«Ehi ehi,– l’uomo le alzò il viso, posandole un bacio sulla fronte –non c’è bisogno di essere così tristi adesso. Non ti preoccupare, non è successo niente.»
Naoto annuì.
Da quando era morta Satonaka, la ragazza aveva quasi del tutto abbandonato le indagini sul caso e lasciava che fossero gli altri a portarle a termine, anche se, ogni tanto come quella mattina, sentiva il bisogno di tornare sul campo e di provare nuovamente a cercare l’assassino.
Era stato Tohru a consigliarle di riposarsi un po’.
E, anche se Naoto non era stata del tutto convinta all’inizio, aveva seguito il suo consiglio.
Ma alla fine era ovvio che lui sapesse cosa fosse meglio per lei, no?
Lui era la sua anima gemella.
Lui sapeva tutto di lei. Lei sapeva tutto di lui.
Almeno questo era ciò che lui le aveva ripetuto più volte in quel periodo e ciò in cui Naoto aveva riposto più fiducia.
Non riusciva neanche a ricordare come fosse la sua vita di appena un mese prima, senza l’uomo con lei.
E neanche voleva farlo.
«Vuoi un caffè?» le domandò l'uomo, avvicinandosi alla macchinetta.
«Sì, grazie.» rispose lei, chiudendo il fascicolo e riponendolo sopra agli altri.
Tanto sarebbe stato completamente inutile continuare ad esaminarlo.
Oramai, era come se l’assassino l’avesse in pugno e stesse solo giocando con lei.
Questo era il modo in cui la ragazza si sentiva ogni volta che leggeva uno di quei fascicoli o osservava le varie foto.
Quelli che fino ad un mese prima gli sarebbero sembrati indizi fondamentali per la riuscita del caso erano adesso, ai suoi occhi, solo degli inutili pezzi di carta.
E ogni giorno questa sensazione aumentava.
«Naoto.»
La ragazza alzò lo sguardo, puntandolo su Tohru.
«Sì?»
«Tra tre notti pioverà.»
Questa fu l'unica cosa che le disse.
Lui era colui che, tra i due, si era preso l'incarico di osservare il meteo ogni giorno e riferire all'altra quando l'assassino avrebbe potuto colpire.
Naoto sapeva che era una cosa senza senso.
Avrebbe potuto benissimo vedere quelle informazioni da sola, senza aver bisogno di qualcuno che le dicesse quando agire.
Ma così aveva deciso Tohru.
E lei faceva sempre quello che Tohru le diceva di fare.
«Sta volta lo prenderemo, ne sono sicura.» commentò la ragazza, incrociando le braccia sul tavolo e posando la testa su queste.
Sapeva che non era vero.
L’assassino le sarebbe di nuovo passato davanti agli occhi, come era successo già altre tre volte dopo la morte di Satonaka.
E quella sensazione terribile sarebbe aumentata, lasciandola completamente senza fiato.
«Non ne ho dubbi, Naoto.» le rispose Tohru, poggiando la tazza di caffè sul tavolo e abbassandosi a darle un bacio sulla nuca.
...Ma andava bene anche così.
Tohru era con lei.
E lui sarebbe riuscito a tirarle su il morale.
 
«Sei proprio sicura di volerlo fare, Shirogane?»
Naoto annuì.
«Sì, Dojima. Se io faccio da esca è possibile che riusciamo a catturarlo. È stata un’idea di Tohru.»
L'uomo la guardò, leggermente incredulo.
«Certo però che avresti potuto dirlo prima che eri una ragazza,– commentò  –è più di un mese che lavoriamo insieme.»
La detective sorrise debolmente a sua volta.
Anche quella di rivelare al mondo il suo vero sesso era stata un’idea di Tohru.
Da circa una settimana, infatti, la ragazza aveva gettato le bende che il suo fidanzato tanto odiava e aveva iniziato a vestirsi esattamente come lui preferiva.
In quel momento, infatti, stava indossando la gonna e la camicetta che avevano comprato insieme qualche giorno prima, quando erano usciti a fare compere.
«Il fatto che lei non lo abbia capito per un mese intero mi fa mettere in dubbio le sue capacità.»
L'uomo ridacchiò.
«E pensare che tu e Adachi siete anime gemelle… anche questa è stata una sorpresa.» disse poi.
Naoto annuì, continuando a sorridere.
Per un attimo, rimasero in silenzio a guardarsi l’un l’altra.
Era una cosa strana quella.
Da quello che la detective ricordava non c’erano mai stati così tanti momenti di silenzio tra loro due.
«Allora io vado Dojima.» Naoto si alzò, afferrando la sua borsa.
Poi, senza dire altro, si avviò verso l’uscita.
«Shirogane.»
Prima che potesse abbassare la maniglia, l’uomo la chiamò.
La ragazza si voltò.
«Sì, Dojima?»
«Sei sicura di stare bene?»
Quella domanda la colse completamente alla sprovvista.
Certo che stava bene. Perché non avrebbe dovuto?
«Di cosa sta parlando, Dojima?» domandò, mentre il sorriso di poco prima scompariva dalle sue labbra.
L'uomo la guardò e quando Naoto incrociò il suo sguardo sentì il suo cuore avere un sussulto.
Era lo stesso identico sguardo che Dojima le aveva mostrato un mese prima, dopo la morte di Amagi.
Quello sguardo di compassione che tanto le ricordava quello con cui la guardava sempre suo nonno...
«Sei diversa, Naoto.– disse, chiamandola per nome e facendola sussultare leggermente –Non sei venuta in centrale da almeno due settimane, quando prima non vedevi l'ora di tornare qua dopo essere andata a scuola. Poi compari nuovamente e sei vestita da ragazza, mentre prima non uscivi se non con qualcosa che doveva a tutti i costi coprire il tuo seno. Non mi chiami più nel bel mezzo della notte perché ti è venuta un'idea su chi possa essere il colpevole o su un modo in cui questo può avere agito. Dove è la Naoto Shirogane che ho conosciuto? Dove è la detective che è si è fatta quasi 10 km a corsa sotto l'acqua per salvare Satonaka?»
Naoto era rimasta ad ascoltare quel discorso, senza battere ciglio.
In fondo al suo cuore, sapeva che quell'uomo aveva ragione.
Sapeva che qualcosa in lei era cambiato, che c'erano tante cose che erano cambiare, che tutto il suo mondo si era completamente cambiato.
Ma Tohru era felice quando la trovava a casa una volta che era tornato dal lavoro.
Era felice quando lei non restava sveglia fino a tardi a pensare a chi potesse essere l'assassino.
Era felice quando lei non pensava troppo.
E a lei andava bene così.
«Arrivederci, Dojima.»
Quelle furono le uniche parole che la detective disse prima di uscire dalla stanza.
 
«Naoto, come va il caso?»
Quando Rise le aveva posto quella domanda le due si trovavano sul tetto della scuola, durante la pausa pranzo.
Era una domanda che la sua amica le faceva spesso in quel periodo.
Anche se Naoto non capiva perché le interessasse tanto.
«Non lo so.» rispose la detective, continuando a mangiare il suo panino.
La idol la guardò per un po’, come se continuasse ad aspettare che la ragazza continuasse a parlare.
Poi, sospirò.
«Naoto, sei sicura di stare bene?– le domandò, posando una mano sulla spalla dell’amica –Ti comporti in modo strano.»
La detective non disse niente, annuì semplicemente.
Era ovvio che stesse bene, Tohru era con lei.
Perché tutti le ripetevano la stessa domanda?
«Naoto, rispondimi.»
Naoto alzò lo sguardo.
«Ho risposto. Sto bene.» disse, guardando confusa l’altra.
Rise stava tremando.
«Naoto, ti prego, parliamone.– insistette lei, cercando chiaramente di mantenere la calma –Ti comporti come se qualcuno ti stesse controllando. Non parli più tanto come prima, non rimani più incantata ogni volta che il tuo cervello inizia a ragionare, non passi più le lezioni a guardare i fascicoli di nascosto sotto al banco! Mi spieghi cosa ti sta succedendo?!»
La detective la guardò, confusa.
Cosa c’era di strano nel suo comportamento?
Si stava solo comportando come sempre.
«Rise,– disse, mantenendo il suo tono di voce neutro –non urlare.»
Quando Naoto pronunciò quelle parole, la idol si trattenne chiaramente dallo scoppiare a piangere.
Rise era sempre stata così.
Si metteva a piangere anche se in realtà non c’era un vero e proprio motivo.
«Almeno avrai un piano, no?! Come agirai quando pioverà, tra due notti?!»
Naoto annuì.
«Farò da esca e lo cattureremo.»
Non sapeva neanche perché aveva parlato.
La Naoto Shirogane di un mese prima non avrebbe mai rivelato una tale informazione ad un civile.
«...E di chi è stata quest’idea?»
Rise non sembrava poi così convinta.
Naoto non capiva cosa avesse.
«Di Tohru.»
«Non voglio l’idea di Tohru, voglio la tua!»
Adesso la idol si era alzata in piedi e aveva urlato quelle parole, lasciando cadere il panino che, quasi finito, aveva poggiato sul suo grembo.
«Dove sono le tue idee, Naoto? Dove sono i tuoi piani geniali? Dove è la Naoto Shirogane che tutti noi conosciamo?!– la idol aveva adesso iniziato a urlare così forte che anche altre persone si erano voltate verso di loro –Dove è la Naoto che indossava abiti maschili e parlava con quella voce mascolina? Dove è la mia amica?!»
Naoto non poteva fare altro che guardare la idol urlare contro, mentre sentiva le spalle tremarle leggermente.
Rise aveva ragione.
Lei era cambiata in quel periodo.
«Rise,– la detective uso il tono neutro di poco prima –ti ho chiesto di non urlare.»
Le braccia, che la idol aveva tenuto alte fino a quel momento, ricaddero lungo il suo corpo, come se avessero perso completamente la forza di poter stare su. 
«Fa’ come ti pare.» disse poi, dirigendosi verso la porta e tornando all’interno dell’edificio scolastico.
Naoto la guardò allontanarsi, mentre sentiva l’impulso di allungare una mano e chiamarla, di trattenerla lì con lei.
Ma non lo fece.
Dopotutto, le andava bene così. 
 
«Ci sono io con te, Naoto. Non permetterò a nessuno di farti del male.» Naoto annuì quando Tohru le disse quelle parole.
Erano in macchina in quel momento, fuori stava piovendo e la ragazza stava indossando un semplice vestito che metteva in mostra le sue gambe e il seno prosperoso.
«Cosa devo fare?» chiese, voltandosi verso l'uomo alla sua destra.
Tohru le sorrise, accarezzandole la guancia.
«Devi solo camminare per un po' a giro. Ovviamente usa un ombrello, o ti prenderai un malanno, e io non voglio che tu ti ammali.– le spiegò lui, posandole poi un bacio sulla guancia –Io ti seguirò, starò a qualche metro da te, così in caso sarò sempre pronto per prendere l'assassino.»
La ragazza annuì, afferrando poi l'ombrello che l'uomo le tendeva.
Non aveva poi così tanta paura.
Aveva affrontato situazioni ben più critiche di quella.
Certo; fare da esca ad un pazzo stupratore omicida non era ciò che lei aveva sempre desiderato, ma allo stesso tempo la consapevolezza che Tohru e gli altri poliziotti la tenessero d'occhio rendeva la missione molto più facile e meno pericolosa.
In più lei era pur sempre una detective.
Non si sarebbe fatta mettere K.O. tanto facilmente.
Soprattutto perché altrimenti questo avrebbe potuto farla sfigurare di fronte agli occhi di Tohru.
«Ok, se sei pronta possiamo andare.»
Naoto annuì.
Poi, dopo aver posato un bacio sulle labbra dell'uomo, aprì la portiera della macchina.
La notte gelida di Inaba la salutò immediatamente e, quando una folata di vento la colse alla sprovvista, la ragazza portò automaticamente la mano alla sua testa, rendendosi conto solo dopo che non stava indossando il suo cappello.
In effetti, erano giorni che non lo portava.
Quel gesto che aveva appena compiuto aveva un che di irrazionale da quel punto di vista.
Stringendosi nel leggero cappotto (l'assassino doveva vedere che era vestita in modo succinto, dopotutto) la ragazza iniziò a camminare, stando attenta il più possibile a non farsi inzuppare dalla pioggia che continuava a infilarsi sotto il suo ombrello.
Inaba era completamente deserta.
La città, completamente avvolta nell’ombra e sommersa da quella pioggia così insistente, era particolarmente affascinante agli occhi della ragazza.
Quando aveva mosso ormai qualche passo, aveva sentito la portiera della macchina chiudersi dietro di lei.
Tohru doveva essere sceso.
Senza voltarsi, Naoto continuò a camminare per le strade di Inaba, evitando le grosse pozzanghere d'acqua che si erano formate al suolo.
Il vento freddo le passava attraverso i vestiti bagnati e la ragazza si strinse nelle spalle, per cercare riscaldarsi il più possibile.
Ombrello o no, si sarebbe sicuramente presa la febbre.
Ma quello non importava.
Dopo qualche minuto che stava camminando (forse un quarto d’ora? Venti minuti?) la detective aveva lasciato il quartiere commerciale di Inaba e stava adesso percorrendo il sentiero lungo il fiume.
Non era per niente facile camminare su quei tacchi, soprattutto su un terreno tanto scosceso.
La ragazza si guardò intorno, osservando con curiosità il fiume Samegawa, che si stava innalzando in modo quasi preoccupante al livello della strada.
Fu in quel momento che un rumore insolito attirò la sua attenzione.
Era come se qualcuno avesse pestato uno dei tanti legnetti che si trovavano in quell’area.
Come se il suo corpo si muovesse in automatico, la ragazza si mise in allerta, cercando di individuare il luogo da dove l'aveva sentito.
Passi.
Qualcuno la stava seguendo.
Che il piano stesse davvero funzionando...?
Incredula, Naoto iniziò a camminare più velocemente, così come Tohru le aveva detto di comportarsi se avesse sentito dei passi che non erano i suoi.
Doveva trovare un luogo riparato che le permettesse di tirare fuori la sua pistola, che era nascosta nella cintura del vestito che aveva legata in vita, e potesse così mirare bene all’assassino, senza che l'acqua entrasse nel suo campo visivo.
In realtà lei era completamente in grado di colpire i bersagli sotto la pioggia. 
Ricordava bene tutti gli allenamenti fatti con suo nonno, quando era più piccola.
Ma se Tohru aveva detto di fare in quel modo, chi era lei per ribattere?
Individuò uno dei tanti gazebo illuminati che popolavano le rive del fiume e lei iniziò a muoversi più velocemente.
Poteva sentire i passi dietro di lei aumentare di velocità.
Ma c’era qualcosa di strano.
Un brivido le corse lungo la schiena quando Naoto si rese conto che dovevano essere due persone.
Loro avevano sempre dato per scontato che l’assassino agisse da solo, non avevano mai preso in considerazione che potesse avere un complice.
Si stavano avvicinando.
E anche velocemente...!
Quando Naoto mise piede sotto al gazebo, si voltò, afferrando la pistola nascosta nella cintura con uno scatto che non pensava di essere in grado di fare.
Eppure era strano che lo pensasse.
Si era allenata più volte nel prendere di sorpresa i nemici... perché proprio ora non doveva funzionare?
L'ombrello le cadde dalle mani e la ragazza puntò la pistola dritta davanti a sé, mentre sentiva una forza che da tempo aveva perso impadronirsi nuovamente di lei.
Mise il dito sul grilletto.
Li aveva catturati...
«Aspett- Naoto non sparare!»
Quando quella voce così familiare le rispose, la detective rimase interdetta.
Ma lo fu ancora di più quando riconobbe una delle due figure che aveva adesso davanti a lei.
Rise teneva le mani in alto, mentre le sue gambe tremavano visibilmente, l'ombrello rosa che era caduto ai suoi piedi.
«Rise...?!»
«Sì... p-puoi mettere giù la pistola?» le chiese lei, continuando a tremare, gli occhi puntati sull'arma che la detective teneva tra le mani.
Naoto abbassò la pistola, continuando a guardare la sua amica che, sotto la pioggia, stava continuando a tremare dalla paura e dal freddo.
«Vedi, Rise? Te l’avevo detto che era in grado di difendersi.»
La detective sentì il suo cuore emettere un sussulto quando quella voce attirò la sua attenzione.
Lì, accanto a Rise, si trovava Kanji, l’amico della idol.
Il ragazzo teneva l'ombrello in avanti, coprendo la testa dell’amica, incurante dell'acqua che continuava a bagnarlo.
Per un attimo, a Naoto sfiorò l'idea assurda che lui fosse l'assassino e che avesse catturato Rise per usarla come ostaggio.
Poi, si rese conto da sola della stupidità di quell'ipotesi.
«Cosa ci fate qui voi due?»
La detective continuava a osservarli, passando da uno all'altro, senza comprendere il perché quei due l'avessero seguita, di notte, quando stava piovendo a quel modo.
Rise aveva le lacrime agli occhi.
«A-avevo paura che ti succedesse qualcosa, Naoto.– disse, provando, invano, a trattenere un piccolo singhiozzo che stava per scuoterle le spalle –Questa idea è una follia. Rischi di farti male! Q-quindi ho chiesto a Kanji se poteva accompagnarmi e aiutarti...»
Naoto osservò la sua amica che, con le spalle scosse dai singhiozzi, teneva lo sguardo puntato in basso.
Non riusciva a capire perché la ragazza fosse così in pensiero.
Con lei c'era Tohru, nessuno avrebbe potuto farle del male.
«Ok,– la voce dell'uomo arrivò dalle spalle di Rise e la ragazza sussultò visivamente –cosa sta succedendo qui...? Siete nel bel mezzo di un'operazione abbastanza pericolosa, ragazzini.»
Per un attimo, il tono di voce con cui Tohru pronunciò l'ultima parola, fece preoccupare la detective.
Era un tono fortemente infastidito, come se la loro presenza stesse rovinando tutto.
E Naoto non voleva che lui si sentisse così.
«Dovreste tornare a casa. Entrambi. State rovinando la missione.» disse automaticamente, cercando di rimediare a ciò che quei due avevano combinato.
Rise si voltò nuovamente verso Naoto, mostrandole uno sguardo completamente spaesato.
Kanji, invece, la stava guardando in un modo che era nuovo agli occhi della detective.
Era come se la sua espressione solitamente neutra e impassibile, avesse lasciato il posto ad uno sguardo preoccupato, quasi… dispiaciuto?
«Andiamo Rise, ti riaccompagno.»
Il ragazzo si voltò, afferrando il braccio della idol.
«No.»
Questa volta fu Tohru a parlare e Naoto si voltò verso di lui, confusa.
«Cosa c'è?– chiese Kanji, mantenendo il suo tono inespressivo –Dovevamo tornare a casa, no?»
Già, è quello che avrebbero dovuto fare.
Ma quelle parole non uscirono dalla bocca della detective.
Lei era lì, che continuava a guardare l'uomo che adesso aveva raggiunto il suo fianco, aspettando che quest'ultimo desse la sua decisione.
«Riaccompagno io Kujikawa.– disse, passandosi una mano dietro al collo –Non conviene portarla a casa. Se l'assassino ha visto che è uscita la starà aspettando. La porto in centrale.»
Nonostante le sembrasse strano, Naoto sentì il mondo crollarle addosso.
Prima ancora di potersi fermare, la ragazza afferrò il braccio del suo fidanzato, aggrappandosi a questo come se fosse la sua unica ancora di salvezza.
«Naoto...?»
«E io come faccio se non ci sei tu?»
Neanche lei sapeva cosa le stava succedendo.
Una fortissima ansia si era sprigionata da dentro di lei ed era come se adesso l'avesse presa per la gola e la stesse stringendo con una tale forza da farle mancare il respiro.
Solo di una cosa era certa.
Non poteva portare avanti quella missione da sola.
Non poteva fare niente se non aveva Tohru al suo fianco...!
Quando la mano dell'uomo si posò sulla sua testa, il tremore che aveva colto il suo corpo fino a quel momento cessò, seppure lentamente.
«Torno subito, devo solo portare Kujikawa al sicuro. Non è questo quello che vuoi?»
Quello che voleva...?
Naoto non aveva minimamente idea di cosa volesse in quel momento.
Ma se Tohru diceva che era così, allora andava bene.
Fu in quel momento che successe qualcosa di inaspettato.
Rise afferrò la detective per un braccio, tirandola verso di sé e separandola dall'uomo.
«Rise...?» Naoto guardò incredula l'amica che adesso le stava stringendo il braccio con una forza tale da farle quasi male.
«Qualsiasi cosa tu le stia facendo, vedi di piantarla.» disse, con voce ferma nonostante le lacrime che continuavano a scivolarle lungo le guance.
Chi stava facendo cosa a chi...?
«Scusami?»
La voce con cui Tohru aveva pronunciato quella parola era una che Naoto non aveva mai sentito prima.
La ragazza si voltò verso di lui, osservando come sul volto dell'uomo si fosse adesso formato un sorrisino che la detective aveva visto veramente poche volte sul suo volto, e come stesse guardando Rise con uno sguardo divertito.
«Hai sentito benissimo quello che ho detto.– continuò la idol, stringendo con più forza la sua amica –È diventata un robot da quando esce con te! Non ragiona più, è come parlare con una bambola!»
In tutto quello, Naoto non poteva far altro che guardare la sua amica che, singhiozzante, stava affrontando l’uomo a pochi centimetri da lei, per aiutarla.
Ma… lei aveva davvero bisogno di aiuto?
«Naoto non è una bambola.– disse Tohru, sottolineando con un tono dispregiativo l’ultima parola –E io non le sto facendo niente, è lei che si sta comportando così di sua spontanea volontà. Non è vero, Naoto?»
La detective deglutì.
Tohru aveva ragione, no?
Lei faceva sempre come lui le diceva.
Erano anime gemelle, era normale che lui sapesse quello che lei voleva.
E allora perché quel “sì” non riusciva ad uscirle dalla gola?
Era come se una piccola parte del suo cervello, che aveva smesso di funzionare fino a quel momento, avesse ripreso a ragionare e le stesse gridando che c’era qualcosa di sbagliato.
Ma cosa poteva esserci di sbagliato in quello?
«Non è vero, Naoto?»
Tohru aveva ripetuto la domanda e ora la ragazza poteva sentire il suo sguardo puntato su di lei.
Seppur quella parte di lei continuasse a gridare, Naoto la rinchiuse nuovamente in un angolino, così come faceva ogni volta che capiva che non serviva a nulla.
Poi, annuì.
«Naoto...»
La detective era sicura che non si sarebbe mai dimenticata lo sguardo che Rise le mostrò in quel momento.
Era come se tutte le sue ultime speranze fossero completamente crollate, come se tutto quello che si aspettava che la sua amica dicesse fosse scomparso nel nulla.
«Rise,– disse, con una voce che non immaginava fosse così roca –vai con Tohru. Ti porterà al sicuro.»
La idol rimase per un attimo aggrappata a quel braccio, come se questo fosse la sua ultima ancora di salvezza.
O come se lo fosse stato per Naoto.
La detective non riusciva a capirlo.
Poi, lentamente, si allontanò, non smettendo però di osservare la sua amica.
«Ecco, vedi Kujikawa? Avevo ragione.– disse Tohru, raccogliendole l’ombrello da terra e porgendoglielo –Tatsumi, posso chiederti di rimanere con Naoto?»
Solo allora la ragazza notò che Kanji fino a quel momento era stato in silenzio, un’espressione quasi dolorante sul volto.
Naoto vide anche che stava stringendo con così tanta forza i pugni da rischiare di farsi male.
Quando Tohru lo chiamò, però, si riscosse.
«Cosa…?»
«So che la proteggerai.– continuò l’uomo, sorridendo –Ne sono certo.»
Naoto non sapeva da dove quella convinzione fosse venuta fuori.
Il suo istinto da detective le diceva che quella sembrava più una minaccia che una richiesta, ma lei cacciò quella sensazione.
Non vedeva perché Tohru avrebbe dovuto minacciare a quel modo il ragazzo.
«Naoto.» l’uomo la chiamò.
«Sì?» rispose lei, immediatamente.
«Aspettami qui, ok?– le disse, indicando il tavolo da picnic sotto al gazebo –Non muoverti finché non torno.»
La ragazza annuì, mettendosi a sedere.
Kanji le lanciò un’altro sguardo che Naoto non potè che definire enigmatico, prima di sedersi anche lui all’altro lato del tavolo.
Tohru le sorrise e si abbassò, posandole un bacio sulla nuca.
«Torno subito, tesoro.» disse.
Poi, se ne andò, portando con sé Rise che lanciò un’ultimo sguardo alla sua amica, prima di seguire l’uomo.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Prompt: In fuga (M1)
Fandom: Persona 4 (ambientato in Persona Q)
Personaggi/Coppie: Naoto/Kanji
Numero parole: 1248


Naoto non si era mai sentita così tanto stupida come in quel momento.
Completamente da sola, la detective stava correndo a tutta velocità lungo quei corridoi bui e inquietanti del nuovo labirinto che avevano iniziato ad esplorare poche ore prima, inseguita da quello che era uno degli F. O. E. di quel luogo.
Un F. O. E. molto spaventoso, oltre che forte.
Quel mostro aveva colto lei e gli altri di sorpresa poco tempo prima, quando si trovavano in una stanza che avevano erroneamente reputato sicura.
Nel momento in cui la porta si era spalancata e quella spaventosa bambola era entrata all'interno, erano tutti andati nel panico e qualsiasi strategia d'attacco e di difesa era stata completamente dimenticata.
Ed ecco che ora era lì, a correre in una parte del labirinto che ancora non avevano esplorato, senza sapere minimamente quali pericoli si nascondessero lungo il suo cammino né se la strada che stava seguendo la stesse portando in un vicolo cieco.
Naoto non sapeva neanche da quanto stesse fuggendo a dire la verità.
Non sapeva neanche cosa le fosse passato per la testa quando aveva iniziato a correre, allontanandosi dal resto del gruppo, nonostante Yu e Minato avessero urlato a tutto il gruppo di rimanere compatto e di non disperdersi.
Non era assolutamente da lei commettere un errore simile.
Forse avrebbe dovuto trovare un modo per tornare indietro e ricongiungersi con gli altri...
Proprio quando stava per rallentare il suo passo, la risata infantile della bambola che la stava inseguendo arrivò nuovamente dalle sue spalle e la ragazza non potè far altro che riprendere a correre, con una velocità addirittura maggiore di prima.
Le cose si stavano mettendo male.
Troppo male.
Se sconfiggere quello F. O. E. in gruppo sarebbe stato difficile, farlo da soli era praticamente impossibile.
Sapeva che la situazione non aveva preso una bella piega.
Sapeva che non importava quanto continuasse a correre.
Sapeva che quel mostro l'avrebbe sicuramente raggiunta e lei sarebbe stata costretta a combatterlo.
E sapeva anche che se quello fosse successo, lei non avrebbe avuto scampo.
Oramai non aveva speranze...
E poi la vide. L'uscita. Era vicino all'uscita!
Naoto lasciò andare un piccolo gemito di dolore quando le sue gambe cedettero e lei cadde sul pavimento, colpendo con forza le ginocchia contro il marmo.
Dal calore che si stava adesso sprigionando dal punto che aveva subito l'impatto, la detective sapeva che doveva essersi sicuramente sbucciata, ma, nonostante questo, si alzò in piedi, cominciando nuovamente a correre.
Non poteva arrendersi proprio in quel momento.
Non ora che aveva finalmente quasi raggiunto quella porta tanto agognata.
Ma le sue gambe non erano poi così d'accordo, evidentemente.
La ragazza cadde nuovamente al suolo, il fiato che iniziava a mancarle e la gola che le bruciava per l'aria fredda che fino a quel momento l'aveva attraversata.
Tentò di rialzarsi nuovamente, di tendere una mano verso l'uscita che lei aveva tanto desiderato e che ora si trovava lì, a pochi metri.
Poteva sentire la risata della bambola farsi sempre più vicina.
Presto l'avrebbe raggiunta e lei avrebbe perso qualsiasi possibilità di fuga.
Doveva riuscire a scappare, doveva mettersi in salvo...
Ma non ci riusciva.
Voleva piangere in quel momento, mentre, rannicchiata a terra, non riusciva ad alzarsi.
Niente avrebbe potuto salvarla.
Nessuno sarebbe giunto in suo aiuto.
Era la fine...
Qualcosa l'afferrò per il braccio e la ragazza aprì la bocca, pronta a lanciare un urlo con una voce molto più femminile di quella che era abituata ad usare, ma qualcosa le coprì la bocca, impedendoglielo.
Quando il suo assalitore la tirò a sé, allontanandola dal corridoio principale di quell'ospedale abbandonato, Naoto iniziò a colpirlo, utilizzando tutte le forze che le erano rimaste in un tentativo disperato di liberarsi.
Certo però, non si aspettava che quella bambola potesse avere in realtà un corpo così grosso e muscoloso.
Così come non si immaginava neanche che potesse avere così tanta forza da sollevarla in quel modo.
Ma dopotutto era un F. O. E.
Sarebbe quasi stato strano il contrar-
«Ahia, Naoto! Smettila di dimenarti in questo modo!»
Quelle parole le furono sussurrate vicino all'orecchio e, non appena le sentì, la ragazza smise immediatamente di lottare, lasciandosi andare completamente.
Tentò di dire il nome del ragazzo che le aveva appena parlato e si rese conto solo in quel momento che l'oggetto non identificato che le stava coprendo la bocca era semplicemente la sua mano.
Vedendo che lei si era calmata, Kanji iniziò a lasciare la presa sul suo corpo, tornando però immediatamente a stringerla a sé quando la risata della bambola si fece più vicina.
Naoto sentì nuovamente l'impulso di scappare, di ricominciare a correre.
Dovevano togliersi di lì.
Dovevano assolutamente mettersi in salvo.
Fu in quel momento che vide la bambola attraversare il corridoio, a pochi metri da lei.
Tutta l'ansia che la detective aveva provato fino a quel momento scomparve completamente, quando si rese conto che il F. O. E. aveva continuato a camminare nella stessa direzione, senza voltarsi nel piccolo cunicolo dove si erano nascosti.
Era salva.
Kanji la lasciò andare e solo in quel momento la ragazza lo vide in volto.
Era preoccupato.
Era chiaramente preoccupato.
«Stai bene?– sussurrò e Naoto non poté che arrossire quando notò l'attenzione con cui lui la stava osservando –Ti ha fatto male? È riuscita a colpirti?»
«S-Sto bene.– rispose la detective, la voce molto più roca di quel che si aspettasse –Mi sono solo spaventata. Fortunatamente non è riuscita a raggiungermi, ma lo avrebbe fatto. Ti ringrazio per essere venuto in mio aiuto Kanji-kun.»
Naoto non poté che sorridere leggermente quando le guance del ragazzo si tinsero di un rosso così acceso da essere ben visibile, nonostante il buio di quel luogo.
«F-Figurati, è stato Yu-senpai a dirmi di raggiungerti. Senza di lui non avrei neanche potuto capire dove eri e-ecco...»
La ragazza annuì, continuando a sorridere.
Sapeva che quella era una bugia.
Non che Yu-senpai non tenesse a lei, ovvio; ma faticava a credere che Kanji non sarebbe andata a cercarla anche se non gli fosse stato ordinato.
Lo aveva già fatto così tante volte in passato che la ragazza si meravigliò di non aver pensato al fatto che lui sarebbe venuto a salvarla, ancora una volta.
«M-meglio se torniamo dagli altri adesso!» borbottò lui, voltandole le spalle.
Naoto annuì.
Fu quando tentò di fare un passo in avanti che le sue gambe cedettero nuovamente e lei lasciò andare un piccolo urletto, cadendo in avanti, pronta a cadere per l'ennesima volta al suolo.
Cosa che non accadde, visto che Kanji la afferrò al volo, prima che lei potesse toccare il pavimento.
«Tutto bene...?» le chiese.
La ragazza annuì leggermente.
«S-sono solo stanca.» rispose, cercando di apparire tranquilla come al solito.
Tentò di staccarsi da lui, ma Kanji la strinse con più forza.
«Non sforzarti.»
«Hm?»
«Ho detto che non devi sforzarti.– ripetè lui, una voce ferma che Naoto non gli aveva mai sentito prima –Ti porto io.»
"Cosa?!"
La ragazza aprì la bocca per protestare, ma lui la sollevò da terra prima che lei potesse dire qualunque cosa.
«K-Kanji-kun!»
Kanji non rispose.
Poi, continuando a non proferire parola, iniziò a camminare.
Naoto pensò che avrebbe voluto ma, allo stesso tempo, non provò nemmeno a lamentarsi.
Anzi, anche se molto lentamente, si lasciò andare e portò le sue braccia intorno al suo petto.
E restò così, appoggiata contro il petto del ragazzo, sentendosi per la prima volta al sicuro da quando era entrata in quel buio e spaventoso labirinto.
 

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