Titolo: The princess and the dark mage (Pikit Mata)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Pikit Mata (Filippino)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
«Sonia...»
La ragazza sussultò, non appena Gundham la chiamò per nome.
«Un atto così poco regale come fermare un uomo dall'andare verso la sua morte, non si addice ad una nobile come te.»
«G-Gundham...»
Sonia allungò una mano per afferrare il braccio del ragazzo che amava, ma si bloccò non appena il suo sguardo si posò sul volto di lui.
I suoi occhi non lasciavano spazio a nessun dubbio: lui voleva andare fino in fondo.
Per questo, Sonia abbassò il braccio e chiuse gli occhi, facendo finta di non sentire i passi di Gundham che, lentamente, si allontanava da lei.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Raxeira)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Raxeira (Gallego)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
«Sonia...»
Quando Gundham sussurrò quel nome, la sua voce era così diversa dal solito che neanche lui la riconobbe.
La classe era buia, se non per le linee di luce sul pavimento che filtravano dalla finestra che si trovava sopra di loro. Ed era proprio una di quelle linee che Gundham stava osservando adesso, per non posare lo sguardo sulla ragazza contro il suo petto.
Poco prima, Sonia era inciampata e lui aveva provato a prenderla al volo...
...e ora erano in quella posizione.
Ma, per quanto tutto quello fosse imbarazzante, nessuno dei due pareva aver la voglia di alzarsi.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Apricity)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Apricity (Inglese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia gli riscaldava il cuore.
Gundham non sapeva come fosse possibile, ma ogni volta che la principessa gli mostrava il suo sorriso, il ragazzo sentiva il suo petto riscaldarsi leggermente, mentre il suo cuore iniziava a battergli forte nel petto.
E non importava quanto tentasse di fermare quella reazione, non c'era niente che riuscisse in quell'intento. E quello, per lui, era un problema. Gundham aveva da sempre sostenuto di avere un vero e proprio cuore di ghiaccio, impossibile da sciogliere.
Ma, evidentemente, Sonia ci era riuscita.
Per lui, la principessa era come il calore del sole in una giornata d'inverno.
Titolo: The princess and the dark mage (Mamihlapinatapai)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Mamihlapinatapai (Yaghan)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia sapeva che Gundham provava qualcosa per lei.
Così come era sicura che anche lui si fosse reso conto dei sentimenti che lei aveva nei suoi confronti.
Insomma, era un qualcosa di ovvio: oramai l'intera classe credeva che loro due stessero insieme da tempo.
Eppure, nonostante tutto questo, nessuno dei due aveva il coraggio di fare il primo passo.
Continuavano a comportarsi come sempre, a lanciarsi piccoli segnali e ad cercare di attirare l'attenzione l'uno dell'altra.
E, nonostante fosse strano, a Sonia andava bene così.
Sapere di piacere al ragazzo che le interessava, anche se non direttamente, era già soddisfacente.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Dysania)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Dysania (inglese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Svegliarsi la mattina e alzarsi per andare a lezione era da sempre stato traumatico per Gundham.
E, adesso che Sonia era distesa di fianco a lui e continuava tranquillamente a dormire, con un'espressione serena sul volto, quell'impresa sembrava ancora più impossibile.
Gundham sapeva di doversi alzare.
La Hope Peak Academy era una scuola tanto prestigiosa quanto severa.
In più, se non avesse svegliato la principessa in tempo per le lezioni, allora sì che i guai sarebbero arrivati.
Ma, quando Sonia, nel sonno, si accoccolò maggiormente contro di lui, Gundham pensò che, per una volta, era pronto ad accettare qualsiasi punizione.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Nyctophilia)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Nyctophilia (Inglese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Stare al buio era un qualcosa che, da sempre, faceva sentire Gundham nel suo elemento.
La notte era il suo momento preferito della giornata e il ragazzo amava fare passeggiate notturne intorno alla scuola, senza che nessuno lo vedesse, da solo.
Perché quella era la parte più bella: poteva finalmente stare da solo, in silenzio.
La solitudine lo faceva stare bene: nessuno lo distraeva dai suoi pensieri, nessuno cercava di parlargli, niente di niente.
Ma, quando Sonia gli disse che anche lei adorava il buio, il ragazzo la invitò a unirsi alle sue passeggiate notturne senza pensarci neanche due volte.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Koi no Yokan)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Koi no Yokan (Giapponese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sensazioni.
Quello era il termine esatto di ciò che aveva provato Gundham, la prima volta che aveva incrociato lo sguardo di Sonia in classe.
Non sapeva bene cosa avesse fatto scattare quella strana convinzione nella sua testa, ma quando i suoi occhi azzurri si erano posati su di lui, il ragazzo aveva immediatamente sentito una fortissima scossa.
Una premonizione.
Ne aveva avute altre in passato e, ovviamente, tutte quante si erano avverate.
Questa volta però, Gundham si trovava di fronte a qualcosa di nuovo.
Ciò che il ragazzo sentiva, infatti, era che Sonia sarebbe diventata, prima o poi, sua moglie.


Titolo: The princess and the dark mage (Yúyīn)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Yúyīn (Cinese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia non riusciva a dormire.
Cercare di prendere sonno era praticamente diventato impossibile.
E questo perché...
“«Sonia...»”
...ogni volta che chiudeva gli occhi la voce di Gundham le risuonava nelle orecchie.
La ragazza portò le mani al viso, cercando di nascondere il rossore sulle sue guance.
Era tutta colpa di quel ragazzo!
Era più di un anno che la chiamava “Dark Lady”, e ora, tutto d'un tratto, osava chiamarla per nome? Era ovvio che adesso lei non riuscisse più a smettere di pensarci!
“Calmati.”
Ma, quando chiuse nuovamente gli occhi, la voce di Gundham non se ne era ancora andata.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Takane no hana)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Takane no hana (giapponese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia era, per lui, irraggiungibile.
Quella verità era stata da sempre radicata nel suo cervello e, per questo, Gundham aveva tentato più volte di smettere di pensare alla principessa.
Insomma, quante speranze poteva avere lui con una come lei?
Non aveva soldi, non aveva nessun titolo nobile e anche il suo talento era terribilmente inferiore a quello degli altri suoi compagni di classe.
Le possibilità che lei si innamorasse di lui erano zero.
Perfino Katsuichi aveva più possibilità di conquistarla rispetto a lui.
Per questo, quando Sonia gli disse che lo amava, Gundham non riuscì a credere alle sue orecchie.
Titolo: The princess and the dark mage (Cioccolata)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia non aveva mai preparato la cioccolata prima di allora.
La festa di San Valentino non era particolarmente diffusa nel suo paese di provenienza e, anche se lo fosse stata, lei non aveva mai sentito il bisogno di preparare un regalo.
Non importava quanti pretendenti si fossero presentati, lei non si era mai innamorata di nessuno ed era arrivata addirittura che mai sarebbe successo.
Eppure, adesso si trovava lì, nella cucina della scuola.
E, mentre preparava gli stampi di cioccolata, non poteva fare a meno di sorridere nel pensare al momento in cui, l'indomani, avrebbe consegnato quei cioccolatini a Gundham.

 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Sicurezza)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Gundham non era mai stato così nervoso.
Nonostante nella sua vita avesse fatto cose ben più pericolose – come cercare di accarezzare una tigre – il ragazzo non aveva mai provato una sensazione di insicurezza e terrore come in quel momento.
E questa cosa lo stava facendo impazzire.
Eppure sapeva che era assurdo.
Doveva calmarsi.
Doveva solo chiedere ad una ragazza di uscire con lui, non poteva essere così difficile, no?
«Cosa volevi dirmi?»
Ma, quando Sonia gli pose quella domanda, mostrandogli il suo bellissimo sorriso, la poca sicurezza che il ragazzo aveva accumulato fino a quel momento scomparse nuovamente.

 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Gelosia)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Gundham era da sempre stato geloso dei suoi criceti.
Non permetteva mai a nessuno di giocare con loro anche perché, da quel che poteva vedere, neanche loro avevano interesse nel lasciarsi coccolare da altri.
Per questo, ogni volta che qualcuno voleva accarezzarli, negava sempre loro il permesso.
Insomma, i Quattro Deva Oscuri della Distruzione non erano semplici animaletti, ci voleva rispetto!
Ma, quando vide Sonia accarezzare dolcemente la testa di Jum-P, per la prima volta in vita sua Gundham non provò gelosia perché qualcuno stava coccolando uno dei suoi criceti, ma perché anche lui voleva ricevere attenzioni da quella persona.

 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Dichiarazione)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia non capiva cosa stesse passando per la testa a Gundham.
Non solo il ragazzo aveva bussato alla porta della sua stanza in piena notte, ma, da quando lei gli aveva aperto, aveva iniziato a parlare a raffica, senza fermarsi neanche un secondo.
E, tutto quello che stava dicendo, non aveva assolutamente senso.
Il discorso era così contorto che era praticamente impossibile da seguire: Una vittima sacrificale? Un filtro d'amore eterno? E la lunghissima digressione sulla forza della luna piena?
Poi, come un fulmine a ciel sereno, Sonia capì.
Così, aprì le labbra e, interrompendo Gundham, esclamò:
«Ti amo anch'io.»

 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Assassino)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
«Sta tranquilla, tutto si risolverà. L'inferno non è ancora pronto ad accogliere nessuno di noi.»
Mentre diceva quelle parole a Sonia, Gundham sapeva di stare mentendo.
Ma che altro doveva fare?
La principessa alzò lo sguardo, puntandolo su di lui e il ragazzo sentì un'enorme fitta al petto quando vide le lacrime che, lentamente, le stavano rigando le guance.
«G-Gundham...»
Ma la debolezza con cui pronunciò il suo nome era fu troppo da sopportare, anche per lui.
«Usciremo fuori da qui, te lo prometto.» le disse, senza pensarci neanche.
Lui l'avrebbe salvata. Anche se questo voleva dire diventare un assassino.

 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Abbraccio)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia non poteva credere ai suoi occhi.
Quando Hajime era andata a chiamarla, pochi minuti prima, la ragazza aveva capito che qualcosa di grosso doveva essere successo.
Ma niente le avrebbe fatto immaginare quello che aveva adesso davanti a lei.
«Dark Lady.»
Gundham. Il ragazzo si trovava a pochi metri da lei, sorretto da Akane.
Si era svegliato. Si era finalmente svegliato.
«Che c'è? Non mi saluti neanc–» iniziò lui, sorridendole debolmente.
Prima ancora che Gundham potesse finire la frase, Sonia si lanciò contro il suo petto, reclamando quell'abbraccio che, da mesi, aveva desiderato ottenere più di ogni altra cosa.

 
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Sogno)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
«Sonia...»
Non poteva essere un sogno.
«Gundham.»
Gundham era lì.
Poteva sentire il respiro di lui sul suo collo.
Poteva percepire il calore del suo corpo contro il suo.
...ma, allo stesso tempo, poteva benissimo ricordare cosa era successo solo poche ore prima, quando il ragazzo era stato ucciso, davanti ai suoi occhi.
Sonia scacciò immediatamente quei pensieri dalla sua testa, recludendoli in un piccolo angolino della sua mente. No, si rifiutava di crederci. Gundham era vivo.
E, se per far si che questo si avverasse doveva smettere di svegliarsi, allora Sonia desiderò di poter continuare a dormire per sempre.

 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Strane sensazioni)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
«Sei così carino, Gundham.»
Gundham non sapeva perché ma, ogni volta che Sonia gli ripeteva quelle parole, le sue emozioni andavano completamente fuori controllo.
Il suo volto, solitamente calmo e impassibile, si tingeva di rosso e il ragazzo era costretto a nasconderlo all'interno della sua enorme sciarpa per evitare che altri lo vedessero.
Il suo stomaco, poi, andava in subbuglio.
Non sapeva come fosse possibile, ma era come se tantissime farfalle iniziassero a librarsi al suo interno, facendolo sentire in un modo che non aveva mai sperimentato prima.
Ma, nonostante quelle strane sensazioni, Gundham non poteva che sentirsi estremamente felice.

 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Anima gemella)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia sapeva che prima o poi avrebbe trovato la sua anima gemella ma, allo stesso tempo, la principessa iniziava ad avere paura.
Come poteva essere sicura che la sua anima gemella sarebbe stata davvero la persona adatta a lei?
E se non fosse riuscita a innamorarsene?
In quel caso sarebbe stato meglio non incontrarla?
Cosa avrebbe dovuto fare per far andare le cose al meglio?
Però, quando Sonia incrociò lo sguardo di Gundham per la prima volta nella sua vita, la ragazza capì che lui era la sua anima gemella ancora prima che il suo mondo si riempisse di colori.

 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Incantesimo)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Più studiava la magia nera, e più Gundham era arrivato a credere che l'amore fosse l'incantesimo peggiore di tutti.
Non sapeva neanche lui quando aveva fatto quel pensiero, per la prima volta.
L'unica cosa che sapeva era la consapevolezza che lui, a differenza di altri, aveva capito la vera natura di quel sentimento e che, quindi, ne sarebbe stato immune.
Non avrebbe mai lasciato l'amore avere la meglio su di lui.
Ma, quando il suo sguardo incrociò quello di Sonia, il ragazzo pensò immediatamente che tutti i preparativi che aveva fatto non sarebbero serviti a niente contro un'avversario come lei.

Drabble

Mar. 21st, 2020 02:29 pm
Fandom: Nier:Automata
Ship: 2B x 9S
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
«9S, noi possiamo provare amore?»
Quando 2B gli pose quella domanda, il robot sussultò.
L'amore?
Perché 2B gli stava chiedendo una cosa del genere?
Vedendo che la ragazza continuava a essere voltata verso di lui, come se aspettasse la sua risposta, lui aprì le labbra, cercando un modo per uscirne.
«No, è un sentimento troppo complesso per essere processato.»
9S distolse lo sguardo da lei, come se niente fosse successo.
Quella domanda non aveva senso, alcun senso.
Ma, quando la ragazza lo superò, entrando nuovamente nel suo campo visivo, neanche lui fu più tanto sicuro della risposta che aveva dato.
 
 
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia era bellissima.
Nonostante Gundham avesse provato a scacciare quel pensiero, non appena si distraeva un minimo quella convinzione tornava, distraendolo.
Il ragazzo sbuffò, distogliendo lo sguardo dalla principessa che continuava a prendere appunti durante la lezione. Ed era quello che anche Gundham avrebbe voluto fare.
Ma, da quando Sonia era stata spostata nel banco di fronte al suo, la sua vita si era trasformata in un'inferno. Adesso, ogni volta che il suo sguardo si alzava dal foglio che aveva sul banco, lei era lì, nel suo campo visivo, rendendogli difficile anche solo capire quale fosse l'argomento della lezione odierna.
 
 
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Chiaki x Hajime
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Chiaki non sapeva cosa fosse l'amore.
La sua IA, per quanto complessa, non era stata programmata per poter capire un sentimento così elevato e difficile come quello.
Certo, con il tempo che aveva passato con gli altri, tante cose di difficile comprensione si erano fatte più facile nella sua mente.
Aveva compreso cosa fosse l'amicizia, la fiducia, la disperazione, la speranza...
...ma l'amore era ancora un qualcosa di oscuro.
O, almeno, così credeva.
Infatti, quando Hajime le sorrise dolcemente e lei sentì il suo corpo andare in fiamme, la ragazza capì che, forse, lei era già innamorata da molto tempo.
 
 
Fandom: Bravely Default
Ship: Edea x Ringabel
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Edea sapeva che quello che stava facendo non era giusto.
Ringabel era lì, che dormiva, con un'espressione beata sul viso.
E lei? Lei sicuramente era in un posto in cui non doveva essere: di fronte al letto del ragazzo.
Ma se avesse continuato in quel modo, sarebbe impazzita.
Era una settimana che faceva sempre lo stesso sogno: lei e Ringabel che si baciavano.
E più continuava a sognarlo, più si era resa conto che lo voleva davvero.
Così, Edea si sporse in avanti, poggiando delicatamente le labbra su quelle del ragazzo senza sapere che Ringabel stava solo fingendo di dormire.
 
 
 
 
Fandom: Danganronpa
Personaggi: Toko, Byakuya e Aoi
Missione: M1 – Love
Nota: interpretato con “amore non corrisposto”; BAD ENDING DI DR
Tipo: pure drabble

 
Anche se non voleva ammetterlo, Toko sapeva che, in fondo, Byakuya non provava niente per lei.
La ragazza sapeva la verità ma, come aveva sempre fatto quando qualcosa le si ritorceva contro, aveva preferito far finta di nulla.
Almeno, fino a quel momento.
Byakuya era lì, nella cucina della scuola.
Toko era quasi entrata all'interno della stanza, quando si era resa conto che lui non era solo.
Aoi Asahina.
Quella stupida, insignificante amante del nuoto si trovava a sedere accanto al ragazzo; le loro mani erano intrecciate; le loro labbra unite in un bacio che Toko non avrebbe mai dimenticato.
 
 
 
Fandom: Danganronpa
Ship: Toko x Byakuya
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Byakuya non sopportava più Toko.
Quella ragazza aveva iniziato a seguirlo ovunque, facendolo letteralmente impazzire.
Certo, faceva sempre comodo aver qualcuno che eseguisse tutti i suoi ordini, e sì, ovvio che adorasse essere chiamato "Master", ma ormai era arrivato al limite.
Quella storia doveva finire.
Non importava come, doveva chiudere con lei, per sempre.
Però, quando si voltò verso la ragazza che, concentrata, stava leggendo tutti i fascicoli che lui le aveva chiesto di esaminare, Byakuya non poté far a meno di pensare che, anche se solo per un altro po', la sua presenza non sarebbe stata poi così male.
 
 
 
 
Fandom: Danganronpa
Ship: Toko x Byakuya e Toko x Komaru
Missione: M1 – Love
Nota: interpretato con “affetto verso qualcuno”. (La nascita di una OT3)
Tipo: pure drabble

 
Komaru Naegi le serviva.
Toko sapeva che quella era l'unica verità a cui doveva credere in quel momento.
Lei era l'unica possibilità che aveva per poter riavere indietro il suo Master.
Non le importava che fine avrebbe fatto quella ragazzina.
Però...
«Omaru, vattene. Scappa.»
Allora perché, adesso, si stava comportando in quel modo?
Perché stava lasciando che lei se ne andasse?
«Toko? Cosa succede?»
“Mi dispiace, Master.”
«Ti ho detto di scappare, vattene da qui!» Quei dubbi erano inutili, la risposta era ovvia: lei non avrebbe mai potuto tradire la sua amica.
Anche se questo significava mettere in pericolo Byakuya.
 
 
 
Fandom: Persona 5
Ship: Ren x Yusuke
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
L'amore non era un qualcosa di facile da rappresentare.
Yusuke non era mai riuscito a dipingere niente che riuscisse a racchiudere perfettamente quel sentimento.
Aveva provato di tutto.
Aveva chiesto a tutte le persone che conosceva, aveva letto libri, aveva studiato altri quadri... ma niente.
Così, quando Ann gli disse che, per rappresentare un sentimento così complesso, doveva solo lasciarsi andare e dipingere ciò che il cuore gli suggeriva, il pittore non fu completamente convinto.
Ma, adesso che osservava il ritratto appena concluso di Ren, Yusuke riusciva chiaramente a sentire il sentimento d'amore che era stato rinchiuso al suo interno.
 
 
 
Fandom: Persona 5
Ship: Ren x Yusuke
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Ren non aveva ben capito cosa ci facesse lì.
Seduto su una piccola barca a remi, il ragazzo continuava ad osservare Yusuke che, di fronte a lui, si guardava intorno, cercando qualcosa di non specificato.
«Cosa stai facendo?» gli domandò.
Yusuke si voltò finalmente verso di lui.
«Siamo qui per trovare una coppia, Ren.– rispose, come se fosse la cosa più normale al mondo –Devo capire come rappresentare l'amore per il mio prossimo quadro.»
Per quanto gli sarebbe piaciuto dirlo, Ren non ebbe il coraggio di fargli notare che, in quella situazione, la vera coppietta di fidanzati erano loro due.
 
 
Fandom: Persona 4
Ship: Yu x Yosuke
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Yosuke non era completamente convinto che quella fosse una buona idea.
Di fronte alla porta della casa di Yu, il ragazzo strinse con più forza la scatola di cioccolatini che aveva nella mano destra.
Forse poteva ancora tornare indietro.
Certo, aveva già suonato il campanello, ma poteva sempre inventarsi una scusa plausibile.
Non doveva per forza dichiararsi al suo partner... no?
Se lo avesse rifiutato le cose sarebbero andate decisamente peggio.
Ma, quando Yu gli aprì la porta e gli sorrise, Yosuke gli tese la scatola e gli disse “Ti amo” prima ancora che potesse pensare a qualsiasi altra cosa.
 
Fandom: Persona 4
Ship: Yu x Yosuke
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
San Valentino.
Yosuke sapeva che quel giorno sarebbe stato doloroso per lui.
Insomma, non era certo un bene essere innamorato di una delle persone più popolari della scuola, in un giorno del genere. Se poi aggiungiamo il fatto che la suddetta persona non provava dei sentimenti per lui, la situazione non poteva che peggiorare.
Per questo, quando si era recato a scuola quella mattina, Yosuke era pronto al peggio.
Ma, quando vide che Yu lo stava aspettando accanto al suo banco, con una scatola di cioccolatini in mano, Yosuke pensò che quel San Valentino era andato sicuramente meglio del previsto.


Titolo: Consapevolezza
Fandom: Danganronpa
Ship: Kyotaka x Mondo
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Mondo non poteva averlo fatto. Per quanto tutti continuassero a dirlo, Kyotaka non poteva minimamente crederci. Lui? L'assassino di Chihiro? Era impossibile.
Non ci avrebbe mai creduto in vita sua.
«Bro, si stanno sbagliando, vero...?»
Il ragazzo si voltò verso il suo compagno, cercando un segno, qualsiasi cosa che lo scagionasse.
Ma Mondo non lo stava guardando.
«Mondo...?»
«Taka...»
Mondo finalmente parlò, accendendo per un attimo la speranza nel cuore di Kyotaka.
«...mi dispiace.»
Il ragazzo sentì l'intero mondo crollargli addosso.
La persona che amava era un assassino.
E, sapesse che quello era ingiusto, Kyotaka non riusciva minimamente a condannarlo.
 
 
Fandom: Persona 5
Ship: Ann x Ryuji
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
«Ryuji, andiamo sulle montagne russe!»
Ryuji non fece neanche in tempo a rispondere che Ann lo afferrò per un braccio e iniziò a trascinarlo, camminando a grande velocità verso la giostra che si trovava poco lontano.
Quando vide l'enorme montagna russa verso cui stavano camminando, il ragazzo si sentì quasi svenire.
Fin da bambino, le aveva sempre evitate come la peste.
Per questo, doveva parlare.
Doveva assolutamente dire ad Ann che non poteva andare lì sopra con lei.
Ma, quando vide l'espressione felice sul volto della ragazza, Ryuji pensò che, per una volta, poteva provare a salire su quella giostra.
 
 

Fandom: Bravely Default
Ship: Agnès x Tiz
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
«Vuoi davvero lasciare il nome Obligè?»
Fin da quando aveva memoria, Agnès aveva passato l'intera esistenza della sua vita con in testa solo il suo lavoro.
Essere la Vestale del vento era un qualcosa che l'aveva sempre resa fiera di sé.
Per questo, la ragazza aveva abbandonato ogni distrazione, concentrandosi solo su ciò che doveva essere fatto.
Almeno così credeva.
Diversamente da tutto quello che aveva programmato, adesso Agnès stava per lasciare quel suo ruolo.
E tutto questo, perché si era innamorata.
Così, mentre il volto di Tiz si formava nella sua mente, la ragazza rispose, senza alcun rimorso:
«Sì.»

 
Fandom: Bravely Default
Ship: Edea x Ringabel
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Nonostante Edea non gli avesse mai creduto, Ringabel era sempre stato serio quando le aveva detto che sarebbe arrivato a sacrificarsi per lei.
«Sei uno stupido, Ringabel! Potevi morire!»
Per questo, adesso non capiva cosa le fosse preso.
Edea stava piangendo.
E Ringabel non poteva che sentirsi lusingato da quella sua reazione.
«Non sarei mai potuto morire pe–»
«Stai zitto!» urlò lei, colpendolo nuovamente con uno dei suoi pugni.
...Anche se il modo in cui lo stava trattando continuava a fargli pensare che, forse, Edea era arrabbiata non perché aveva rischiato la vita ma perché non era morto sul serio.
 
 

Fandom: Bravely Default
Ship: Edea x Ringabel
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
«Mi concedi questo ballo?»
Edea si voltò verso Ringabel che, con fare teatrale, si era inchinato di fronte a lei.
«...Cosa stai facendo?» gli domandò, non sapendo bene come decifrare la situazione.
Il ragazzo le sorrise, non scomponendosi.
«Hanno messo della musica, quindi ti stavo invitando a ballare, nient'altro.»
La guerriera continuò a fissarlo, mentre nella sua testa valutava i pro e i contro di ballare con lui.
E niente, non vedeva alcun vantaggio.
Però, quando Ringabel disse che sarebbe andato a chiedere a qualcun'altra, Edea lo afferrò immediatamente per la mano e lo trascinò verso la pista da ballo.

Fandom: Bravely Default
Ship: Tiz x Agnès
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Tiz era felice.
Erano passati ormai mesi dal giorno in cui lui e Agnès si erano messi insieme e quel periodo era stato il più bello di tutta la sua vita.
Non sapeva neanche lui come fosse possibile ma, da quando la ragazza si era dichiarata a lui, era come se il mondo di Tiz fosse completamente cambiato.
Tutto era diventato... luminoso.
Ogni istante che passava con Agnès era perfetto e il ragazzo desiderava che non finisse mai.
E, ogni volta che la vedeva dormire accanto a lui appena il ragazzo si svegliava, Tiz non poteva far altro che sorridere.

Fandom: Danganronpa
Personaggi: Chihiro
Missione: M2 – Hiraeth (gallese)
Nota: considero Chihiro un personaggio MtF e, quindi, qui verrà utilizzato il femminile
Tipo: pure drabble

 
Seduta ad uno dei banchi della classe 1A, Chihiro non sapeva cosa le stesse prendendo.
La ragazza continuava a guardare la lavagna di fronte a lei, ma ciò che stava osservando non era lo strano disegno che Monokuma doveva aver realizzato su di essa.
Era stato solo un secondo, ma qualcosa era apparso sulla superficie di quella lavagna, attirando la sua attenzione.
Sapeva che non c'era niente di magico.
Era solo che, da qualche parte, nel suo subconscio, Chihiro aveva la sensazione di essere stata lì.
E questo le portava un fortissimo sentimento di nostalgia che non riusciva a comprendere.

 
Fandom: Persona 3
Ship: Akihiko x Mitsuru
Missione: M1 – Love
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Quando Yukari le aveva detto che l'amore era importante nella vita, Mitsuru non le aveva creduto.
Per quanto la sua migliore amica insistesse, infatti, la ragazza sapeva che lei non aveva bisogno dell'amore.
La sua vita era completa in quel modo: l'unica cosa su cui essa si basava era lo scopo che Mitsuru aveva avuto fin da bambina, quando era riuscita a risvegliare il suo Persona.
Il resto non importava e non le sarebbe mai importato.
Stava bene così, da sola.
Ma, quando Akihiko la baciò, Mitsuru si sentì davvero viva per la prima volta in tutta la sua vita.
 
Titolo: The princess and the dark mage (Aftselakhis)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Aftselakhis (Yiddish)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Solitamente, Gundham non avrebbe fatto niente del genere: perché mai avrebbe dovuto fare qualcosa che gli era stato vietato con l'unico unico scopo di far arrabbiare qualcuno?
Ma, da quando stava con Sonia, le cose erano diverse.
Gundham non sapeva perché, ma stuzzicare la ragazza dai capelli biondi era diventato oramai il suo nuovo passatempo preferito.
Adorava vedere le guance della ragazza arrossire leggermente, mentre i suoi occhi, di solito dolci e puri, si assottigliavano con fare minaccioso.
E, anche se si era ripromesso più volte di smettere, non poteva farci niente: la trovava troppo bella quando lei si arrabbiava.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Agastopia)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Agastopia (Inglese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia amava tutto di Gundham.
Non c'era niente nel ragazzo che a lei non piacesse, a partire dal suo aspetto fisico fino ad arrivare al suo carattere particolare, così strano e inusuale da essere riuscito a stregarla completamente.
Ma, se proprio avesse dovuto scegliere, Sonia sapeva quale era la parte che più l'attirava di lui: i suoi occhi; in particolare, il loro colore.
Così, quando Gundham le confessò di non amare la sua bicromia, Sonia non riuscì a credere alle sue orecchie e non potè non dirgli che i suoi erano gli occhi più belli che lei avesse mai visto.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Alexithymia)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Alexithymia (Inglese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Senza parole.
Ecco come si sentiva Gundham quando Sonia si sedeva accanto a lui, lo sfiorava o, anche solo, gli passava davanti, facendo oscillare i suoi lunghi capelli biondi di fronte ai suoi occhi.
E questo lo stava facendo, letteralmente, impazzire.
Aveva tentato di confessare i suoi sentimenti – era ovvio che ci avesse provato – però, ogni volta, era come se nessuna parole fosse in grado di esprimere perfettamente ciò che lui provava.
Ma, quando Sonia prese il viso di lui tra le sue mani e lo baciò, il ragazzo capì che le parole erano, in quel caso, superflue.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Anaxiphilia)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Anaxiphilia (Inglese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia sapeva che Gundham era una persona di cui lei non si doveva innamorare.
Fin dalla nascita, tutti intorno a lei le avevano sempre ricordato che lei si sarebbe dovuta innamorare di qualcuno che possedeva sangue nobile.
Per questo, anche solo l'idea di dover presentare ai suoi genitori un ragazzo che aveva come unico titolo quello di "Ultimate Breeder" e che aveva come sudditi solo quattro criceti era diventata un incubo.
Ma, quando Gundham le sorrise, il cuore di Sonia iniziò a batterle con così tanta forza da farle capire che, oramai, era troppo tardi per innamorarsi di qualcun altro.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Apodyopsis)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Apodyopsis (Greco)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Se Sonia lo avesse saputo, lui sarebbe morto.
Ma, nonostante sapesse il rischio che stava correndo, Gundham non poteva farne a meno.
Ogni volta che la ragazza entrava nel suo campo visivo, era come se la stessa identica scena si presentasse davanti ai suoi occhi.
Immaginava il vestito della ragazza venir sganciato da dietro e la stoffa morbida che scivolava lungo la pelle candida di lei, lentamente. Lei portava le braccia al suo petto, imbarazzata, mentre le sue guance si tingevano di rosso...
«Gundham, mi stai ascoltando?»
Quando Sonia gli pose quella domanda, il ragazzo annuì come se niente fosse.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Augenblick)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Augenblick (Tedesco)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Se quello era un sogno, Gundham non voleva svegliarsi.
Sonia era lì, tra le sue braccia, le sue labbra poggiate su quelle di lui e il ragazzo non riusciva a percepire nient'altro.
Il calore estivo che fino a pochi istanti prima lo stava uccidendo era sparito completamente.
Il chiasso dei suoi compagni di classe era diventato sempre più ovattato.
Il peso del corpo della ragazza, poggiato contro di lui, era svanito.
In quel momento fugace e breve, ma per lui intenso ed eterno, era come se non esistesse nessun altro, se non le loro labbra, unite nel loro primo bacio.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (B'shert)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – B'shert (Yiddish)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia aveva sempre creduto nella favola dell'anima gemella, ma più il tempo passava e più lei iniziava a dubitare di quella leggenda.
Aveva passato la sua vita a cercarla, in lungo e in largo per tutto il mondo.
Grazie al suo status di principessa, era riuscita a viaggiare in diverse nazioni e a conoscere persone da ogni dove, tra cui anche molti pretendenti. Ma non c'era niente da fare.
Per questo, la ragazza aveva deciso di arrendersi.
Ma, quando i suoi occhi incrociarono quelli di Gundham per la prima volta, Sonia capì di aver finalmente trovato colui che stava cercando.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Cafuné)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Cafuné (portoghese brasiliano)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia stava dormendo accanto a lui, nel suo letto.
Gundham continuava ad osservare la principessa che, poche ore prima, si era intrufolata nella sua stanza, dicendo di aver bisogno di qualcuno con cui parlare... per poi essersi addormentata nel suo letto.
Ma, nonostante non volesse farla andare via, il ragazzo sapeva che avrebbe fatto bene a svegliarla immediatamente.
Quando vide il sorriso felice sulle sue labbra, però, Gundham si stese accanto a lei e fece scivolare gentilmente le dita tra i suoi capelli biondi, sentendo il suo cuore perdere un battito quando Sonia sussurrò dolcemente il suo nome nel sonno.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Komorebi)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Komorebi (Giapponese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia si sedeva spesso su quella panchina.
Gundham aveva ottenuto quell'informazione casualmente, mentre passava il suo tempo ad occuparsi dei suoi criceti, all’aperto.
E, anche se non sapeva perché, ogni volta che lei si sedeva lì, il ragazzo non riusciva più a toglierle gli occhi di dosso.
Quella donna doveva essere una strega, un demone maligno!
Ma, quando si voltò nuovamente verso di lei, Gundham non poté far a meno di pensare che, illuminata dai pochi raggi di luce che filtravano tra le foglie, Sonia era così bella da sembrare, più che un essere maligno, una vera e propria dea.
 
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Bedgasm)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Bedgasm (Inglese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia lo avrebbe reso pazzo.
Gundham non sapeva cosa gli stesse succedendo ma, ogni volta che Sonia gli rivolgeva la parola o anche solo si trovava vicino a lui, una stranissima euforia si faceva strada dentro di lui.
Aveva provato di tutto: dai riti agli incantesimi più strani, ma niente.
Quella sensazione continuava a presentarsi e, non solo, col tempo si acuiva sempre di più, rendendogli invivibile i momenti passati in classe.
Ma, quando Ibuki gli fece notare che quell'euforia doveva essere causata dal fatto che Sonia fosse il suo primo amore, Gundham non riuscì a trovare una motivazione migliore.


Titolo: The princess and the dark mage (Basorexia)
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Basorexia (Inglese)
Nota: -
Tipo: pure drabble

 
Sonia voleva baciarlo.
Neanche lei sapeva da dove fosse venuto quel desiderio, ma, da qualche giorno, la ragazza non riusciva a pensare ad altro.
Ogni volta che Gundham parlava, era come se tutto intorno a lei si facesse ovattato e, nonostante lei cercasse di ascoltare ciò che il ragazzo le stesse dicendo, l'unica cosa su cui riusciva a focalizzarsi erano le sue labbra che si aprivano e si chiudevano.
Non ce la faceva più.
All'inizio aveva deciso di ignorare quel desiderio, ma più andava avanti e più aumentava.
Così, quando il ragazzo le parlò nuovamente, Sonia cedette e lo baciò.


Titolo: The princess and the dark mage (Psithurism) 
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Psithurism (Inglese) 
Nota: -
Tipo: pure drabble
 
Sonia adorava il suono del fruscio delle foglie che venivano mosse dal vento e, quindi, non era raro che passasse i suoi pomeriggi a sedere su una delle panchine nel cortile della scuola.
Ed era stato proprio in uno di quei pomeriggi che aveva parlato con Gundham per la prima volta.
Il ragazzo si era presentato a lei con il suo solito fare teatrale per poi sedersi sulla sua stessa panchina e iniziare a parlare.
E fu in quel momento che Sonia notò che, la voce di quel ragazzo era ancora più piacevole del dolce suono che tanto amava ascoltare.
 
 
Titolo: The princess and the dark mage (Stjerneklart) 
Fandom: Danganronpa 2
Ship: Gundham x Sonia
Missione: M2 – Stjerneklart (Norvegese)
Nota: -
Tipo: pure drabble
 
Stelle. Quella era l'unica cosa che Gundham, con Sonia al suo fianco, aveva nel campo visivo in quel momento.
Ma...
«Sono bellissime, vero?»
Nonostante la ragazza fosse così entusiasta di quell'enorme cielo stellato, lui non riusciva davvero a comprendere cosa ci fosse di così bello.
Quando abbassò lo sguardo e lo puntò su di lei per risponderle, però, Gundham si bloccò immediatamente.
Riflessi nei suoi occhi, anche quei piccoli puntini luminosi diventavano una delle cose più belle che lui avesse mai visto in tutta la sua vita.
Per questo, rispose, con la voce più roca del solito:
«Sì, sono stupende.»
Titolo: «Con te al mio fianco so che andrà tutto bene, Toko!»
Fandom: Danganronpa Another Episode
Coppia: Komaru x Toko
Missione: M4 – Storia con 2 POV + Sacrificarsi per la persona amata
Tipo: double drabble
Note: What if, angst
 
“«Con te al mio fianco so che andrà tutto bene, Toko!»”
Le parole che Komaru le aveva detto poco prima continuavano a risuonare nella sua testa, come un memento, mentre lei si trovava a terra, le forze che ormai stavano venendo meno.
La scrittrice strinse con più forza il taser nella sua mano destra.
«Toko! Scappa!»
Quando Komaru urlò quelle parole Toko alzò lo sguardo, puntandolo su di lei.
Avrebbe voluto risponderle che sarebbero scappate insieme.
Che niente poteva separarle.
«Omaru, attenta!»
Quando vide il Monokuma che stava per attaccare la ragazza, però, il corpo di Toko si mosse da solo.
 
«O-Omaru...»
«Non parlare! Toko non parlare!»
Komaru non ricordava l'istante in cui aveva ucciso il Monokuma che le aveva attaccate.
Non ricordava neanche come fosse riuscita a caricarsi il corpo della scrittrice sulle spalle.
Ma quello non importava.
L'unica cosa che le interessava era il peso sempre più freddo sulla schiena, mentre continuava a correre nelle fogne.
«K-Komaru, ascolta...»
«No! Non dire niente. Shirokuma avrà qualcosa per–»
«...s-sono felice di essere stata al tuo fianco, fino alla fine.»
«T-Toko!»
E, nonostante non percepisse più il respiro di Toko sul suo collo, Komaru non smise di chiamare il suo nome.

Fandom: Persona 3
Coppia: Akihiko x Mitsuru
Tipo di storia: raccolta di pure drabble
Numero di drabble: 15
POV: Mitsuru
Missione: M2 - L'Imperatrice
Nota: Mitsuru rappresenta l'arcano de L'Imperatrice in Persona 3.


QUESTA STORIA PARTECIPA SIA AL COW-T10 (INDETTO DA LDF) SIA A "IL WALTZER DI FIORI" (INDETTO DA PIUME D'OTTONE)

 
1. Alloro – Vittoria

 

Mitsuru non si era mai sentita così tanto bene in vita sua.

Avevano vinto.

Non appena il Tartarus era scomparso e loro si erano ritrovati di fronte alla loro scuola, la ragazza aveva sentito tutta la tensione di poco prima dileguarsi, mentre alcune lacrime di commozione iniziavano a farsi strada lungo le sue guance.

Quella storia aveva finalmente raggiunto una fine.

Avevano battuto Nyx. Erano riusciti a salvare il mondo.

E, adesso...

Una sensazione di calore la invase quando Mitsuru si voltò verso Akihiko e si lanciò contro di lui, stringendolo con forza.

...adesso niente poteva impedirle di essere felice.

 


2. Arancio – Matrimonio

 

Quello sarebbe sicuramente diventato il giorno più bello della sua vita.

Mitsuru lanciò uno sguardo al grandissimo portone che aveva davanti agli occhi e che avrebbe segnato, sicuramente, un nuovo inizio.

Mancava poco, davvero così poco.

Presto l'ingresso si sarebbe aperto e lei avrebbe dovuto iniziare a camminare in quella chiesa che aveva scelto con tanta cura.

Quella canzone, che da settimane era in testa, avrebbe iniziato a risuonare intorno a lei.

Tutti si sarebbero voltati a guardarla e avrebbero ammirato il suo meraviglioso abito bianco.

E, finalmente, sarebbe successo: avrebbe abbandonato il suo nome e sarebbe diventata Mitsuru Sanada.

 

 

3. Viola del pensiero – “Ti penso”

 

Ultimamente Mitsuru non sapeva cosa le stesse succedendo.

Nonostante continuasse a cercare di concentrarsi sul suo lavoro, Akihiko continuava ad apparire nella sua mente, distraendola.

Aveva provato di tutto. Aveva tentato di ascoltare musica a tutto volume; aveva provato a fare altro invece che lavorare; aveva anche cercato di sforzarsi di pensare a qualcosa, qualsiasi cosa, che non fosse il ragazzo.

Ma bastava un attimo di distrazione e Akihiko appariva: i suoi capelli dal colore insolito, i suoi occh–

...

Mitsuru sospirò, chiudendo il libro che stava leggendo e rassegnandosi all'idea che non pensare a quel ragazzo fosse praticamente impossibile.

 

 

4. Potentilla – Protezione

 

«Sì può sapere cosa ti è preso?!»

Neanche lei lo sapeva con certezza. La sua calma che aveva da sempre dominato nel suo carattere era completamente scomparsa nel momento in cui Akihiko era entrato nel suo campo visivo, la ferita sul fianco ben visibile. Era stato in quel momento che Mitsuru si era ritrovata tra lui e il nemico.

«Potevi morire, Mitsuru!»

E per questo adesso si trovavano lì, lui con le mani sulle spalle di lei.

«Lo so, Akihiko...»

«E allora perché lo hai fatto?!»

Le labbra della ragazza si mossero prima che lei potesse fermarle.

«Perché volevo difenderti.»

 

 

5. Lobelia – Ostilità

 

Mitsuru era sempre stata ostile nei confronti delle altre persone.

Non poteva farci niente: quel suo atteggiamento faceva parte di lei fin da quando era una bambina.

Suo padre l'aveva sgridata più volte per il modo in cui si rivolgeva alle persone che la approcciavano, ma lei non era mai riuscita a cambiare, neanche di una virgola.

E quello le faceva male. La convinzione che quel lato del suo carattere potesse non venire accettato dagli altri era qualcosa che la terrorizzava.

Così, quando Akihiko le disse che amava il suo sguardo ostile, Mitsuru si sentì, per la prima volta, accettata.

 

 

6. Papavero – Consolazione

 

Mitsuru sapeva di non avere il diritto di essere felice.

Doveva solo portare avanti il suo compito: sconfiggere le Shadow, nient’altro.

Non aveva avuto tempo di divertirsi.

Eppure, se chiudeva gli occhi, anche lei riusciva a ricordare dei momenti in cui, seppur inconsciamente, era stata felice.

E tutti avevano un solo perno centrale: Akihiko.

Ogni volta che Mitsuru stava con lui, non sapeva cosa le prendesse: era come se la sua presenza riuscisse a cancellare il ruolo loro assegnato; come se solo un suo sorriso fosse in grado di farle  sperimentare cosa fosse la felicità.

E questo bastava a consolarla.

 

 

7. Petunia – Difficoltà

 

Da quando aveva iniziato le sue ricerche sul Tartarus, Mitsuru si era ritrovata più volte in difficoltà anche se, ovviamente, il suo orgoglio era troppo grande per farglielo ammettere.

Ogni volta che qualcosa non andava, infatti, la ragazza era sempre riuscita a nasconderlo, rimanendo così il perno centrale del suo gruppo, la guida che tutti i suoi compagni più giovani potevano seguire.

Quella era la verità che aveva raggiunto: lei non poteva permettersi di essere in difficoltà.

Eppure, quando Akihiko le disse che era lì per aiutarla, per la prima volta, Mitsuru non riuscì a fingere che tutto andasse bene.

 

 

8. Sambuco – Guarigione

 

«Come va la ferita?»

Quando Akihiko le rivolse quelle parole, Mitsuru alzò lo sguardo.

«Bene.»

Lei tentò di mettersi a sedere, ma il ragazzo le mise una mano sulla spalla e la spinse nuovamente sul letto.

«Akihiko.» iniziò Mitsuru, la rabbia che già si faceva strada dentro di lei.

Non aveva tempo da perdere. Doveva tornare subito al lavoro, altrimenti ci sarebbero state diverse complicazioni.

«Io resto qui con te.» la interruppe lui, il tono più deciso del solito.

E, nonostante la ragazza avrebbe voluto ribattere nuovamente, l’idea di stare da sola con lui era troppo allettante per poter rifiutare.

 

 

9. Cipresso - Lutto

 

Mitsuru non era mai stato il tipo da cercare consolazioni.

Fin da bambina, la ragazza aveva da sempre affrontato i suoi problemi da sola e, anche nei momenti più difficili, si era chiusa nella sua stanza e aveva nascosto al mondo ciò che provava.

Per questo, la ragazza non riusciva a capire cosa passasse per la testa ad Akihiko in quel momento.

Suo padre era morto. Quella era una verità che lei doveva accettare, da sola, come aveva sempre fatto.

Eppure, quando Akihiko la strinse a sé, sussurrandole in un'orecchio che sarebbe restato con lei, Mitsuru non riuscì a rifiutare.

 

 

10. Salice piangente – Lacrime

 

Mitsuru non aveva mai visto Akihiko piangere.

Il ragazzo si era sempre mostrato forte di fronte a lei e ai loro compagni di squadra, lasciando da parte ogni singolo accenno di debolezza che potesse compromettere il suo ruolo.

Ma, in quel momento, le cose erano diverse.

Nonostante Akihiko stesse cercando di nasconderle le lacrime avevano iniziato a rigargli le guance, mentre i suoi occhi osservavano il vuoto.

Mitsuru sapeva cosa stava provando.

Entrambi stavano soffrendo. Dopotutto, Shinji era il migliore amico di entrambi.

Per questo, senza dire niente, la ragazza abbracciò il ragazzo, lasciando che lui singhiozzasse sulla sua spalla.

 

 

11. Non ti scordar di me – Vero amore

 

Il vero amore non esisteva.

Mitsuru aveva sempre creduto che tutte le storie sul trovare la propria anima gemella e vivere il resto della sua vita con lei non fossero altro che delle fiabe; delle inutili, frivole fiabe.

Nella crudele vita reale, un qualcosa di così bello non poteva esistere.

Per questo, ogni volta che sentiva le ragazze della sua età parlare di cose del genere, Mitsuru non poteva far altro che alzare gli occhi al cielo.

Quando però le sue labbra sfiorarono quelle di Akihiko per la prima volta, la ragazza capì di avere, fino a quel momento, sbagliato.

 

 

12. Ibisco – Bellezza

 

Mitsuru si era da sempre considerata una bella ragazza.

E, nonostante le altre persone odiassero quasi questo suo lato, lei non ci dava peso, anzi, continuava a mostrarsi sicura di sé.

Questo aveva portato però a delle situazioni che la ragazza non riusciva più a sopportare.

Le ragazze avevano iniziato a odiarla, arrivando a evitarla pur di non stare insieme a lei.

I ragazzi, invece, cercavano in tutti i modi di conquistarla, nonostante non fossero realmente innamorati di lei.

Così, quando Akihiko le disse che lui l’amava indipendentemente dalla sua bellezza, Mitsuru si sentì la ragazza più felice del mondo.

 

 

13. Gladiolo – Infatuazione

 

Mitsuru non era mai stata il tipo da prendersi delle cotte.

La ragazza era sempre stata convinta che l'amore era un qualcosa che non aveva senso di esistere nella sua vita, figuriamoci un'infatuazione! Quelle sì che le aveva da sempre considerate inutili.

Anzi, non solo, ma anche terribilmente fastidiose.

Quando vedeva le ragazze della sua età arrossire o ridacchiare in quel modo assurdo, Mitsuru si vergognava per loro.

Per questo, lei era sicura che niente l'avrebbe ridotta in quello stato.

Ma, quando Akihiko le sorrise, la ragazza non fu capace di fermare il rossore che si diffuse sulle sue guance.

 

 

14. Campanula – Perseveranza

 

Nonostante Mitsuru avesse tentato più volte di reprimere i suoi sentimenti per Akihiko, il suo stato d'animo non sembrava volerla lasciare in pace.

La ragazza non sapeva come fosse possibile, ma ogni volta che credeva di aver finalmente messo un freno a quelle emozioni che lei considerava frivole e senza senso, bastava uno sguardo del diretto interessato ed ecco che quei sentimenti riprendevano ad ardere in lei, ancora più forti di prima.

E quello per lei era assolutamente inaccettabile.

Non poteva cedere alla loro perseveranza, per nessun motivo.

Ma, quando Akihiko la baciò, la ragazza non fece niente per allontanarlo.

 

 

15. Asfodelo – Rimpianto

 

Se c'era una cosa che suo padre le aveva insegnato, era che, nella vita, era meglio non avere alcun rimpianto.

Dopotutto, con tutti i rischi che correva ogni notte, nel Tartarus, era meglio fare subito ciò che si voleva, senza rischiare di non poterlo fare in un secondo momento.

Ma, nonostante ciò, c'era qualcosa che la ragazza aveva rimandato per tutto quel tempo.

Qualcosa che lei aveva desiderato da tanto e che, adesso che dovevano combattere Nyx, avrebbe davvero rischiato di non ottenere più.

Per questo, quando Akihiko andò a chiamarla, come faceva ogni volta, Mitsuru non esitò a baciarlo.

Questa storia partecipa al COW-T10 indetto da LDF
Missione: M2 (Pioggia - Neve - Oscurità)
Fandom: Danganronpa 2
Personaggi: Gundham Tanaka, Sonia Nevermind
Avvertimenti: SPOILER, angst, Major Character Death, What if? (E se solo Sonia entrasse a far parte dell'Ultimate Despair e Gundham no?)
Parole: 1429

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«Che c'è Gundham, perché non lotti più?»

Dolore.

Questa era l'unica cosa che Gundham riusciva a sentire in quel momento, mentre il suo corpo si trovava bloccato contro il terreno.

Non aveva più forze.

Non importava quanto potesse combattere.

Non avrebbe mai potuto vincere.

Non contro di lei.

 

Gundham ricordava perfettamente la prima volta che lui e Sonia erano stati da soli, due anni prima.

Il ragazzo era seduto sul davanzale della finestra dell'aula 1B della Hope Peak Academy e stava osservando l'esterno dell'accademia.

Fuori stava piovendo.

Le gocce d'acqua scivolavano lungo il vetro della finestra, lentamente, senza alcuna fretta. E lui, come suo solito, era lì ad osservarle.

Lui odiava la pioggia.

La trovava pura, fin troppo pura.

Lui era il Signore delle Tenebre, il Demone che era riuscito ad arrivare sulla Terra direttamente dagli Inferi.

La pioggia era un qualcosa che non doveva toccarlo.

Se solo lo avesse sfiorato, avrebbe reso il suo potere più debole, impedendogli di poter usare la sua Magia Oscura–

«Tu non torni ai dormitori, Gundham?»

Fu in quel momento che una voce, la sua voce, arrivò dalle sue spalle, interrompendo ogni suo pensiero.

Il ragazzo si voltò e lì, a poco più di due metri da lui, si trovava lei.

«Dark Lady,– rispose lui, con la sua solita voce teatrale –cosa ci fai ancora qui? Non dovresti essere già essere nel tuo alloggio?»

Sonia ridacchiò e Gundham dovette appellarsi a tutte le sue forze per non arrossire, mentre il cuore gli perdeva un battito nel petto.

La sua risata era bellissima, forse il suono più bello che il ragazzo avesse mai sentito.

«Stavo giusto per andarmene quando ti ho visto, quindi ho deciso di stare un po' qui con te.» gli disse poi.

Il ragazzo stava per rispondere, ma, quando Sonia si avvicinò al davanzale della finestra, fu costretto a spostare lo sguardo nuovamente verso l'esterno, per cercare di non pensare alla ragazza che, adesso, si trovava al suo fianco.

«Da qui è quasi poetico guardare la pioggia.– continuò la principessa –Credo sia il punto più bello da cui osservarla.»

«Ti piace la pioggia? E' per questo che vuoi restare qui?» le domandò lui, la voce leggermente più roca del solito.

Sonia non rispose immediatamente, come se non fosse sicura su cosa dire.

Poi la sua voce, ancora più dolce e pura del suono che arrivava all’esterno risuonò nella stanza.

«No, voglio stare qui perché ci sei tu.»

 

Anche in quel momento si trovavano in quella stessa stanza o, meglio, in ciò che era rimasto dell’aula 1B.

E, come allora, stava piovendo.

Ma questa volta le gocce d’acqua, che entravano dalla finestra rotta, si frantumavano contro di lui con una forza tale che Gundham si chiese come aveva anche solo potuto vederle come un qualcosa di puro.

«Gundham, perché non mi rispondi?»

Ogni parole pronunciata da quella voce così sadica e maliziosa era come una pugnalata per lui.

Il ragazzo alzò lo sguardo, puntandolo sulla ragazza che si trovava a cavalcioni sopra il suo stomaco, nello stesso punto in cui, poco prima, aveva affondato la spada che adesso teneva tra le mani.

«D-Dark Lady...»

Quando la chiamò in quel modo, gli occhi della ragazza brillarono di luce propria.

 

Il paesaggio innevato che avevano visto quel giorno era rimasto impresso nella sua mente.

Si trovavano sempre lì, in quell’identica aula, seduti davanzale della stessa finestra.

Era diventata una loro abitudine rimanere lì dopo le lezioni.

A volte parlavano per ore, altre restavano in completo silenzio, a contemplare i cambiamenti di quel solito paesaggio.

Gundham era quasi arrivato a pensare che loro due fossero legati dal destino, tanto erano in sintonia.

«Sai Gundham, secondo me sei carino.»

Quando Sonia aveva pronunciato quelle parole, il ragazzo aveva sentito le guance andargli completamente in fiamme.

Che discorsi si era messa a fare all’improvviso? Che fosse stata posseduta da qualche Demone maligno?

«Oh, sei arrossito!– la voce di Sonia era diventata ancora più squillante del solito –Che carino!»

Il ragazzo non distolse lo sguardo dai fiocchi di neve che continuavano a danzare fuori dalla finestra, mentre il calore del suo viso aumentava.

No, così non andava bene.

Poteva sentire tutte le sue forze magiche venire meno.

Certo! Quello doveva essere un incantesimo! Perché non ci aveva pensato prima?

Doveva smettere di farla parlare, così da poter recuperare le sue forze magiche e eliminare quel Demone.

Ma, quando Gundham si voltò verso di lei e il suo sguardo si posò sui suoi bellissimi occhi, più chiari e brillanti di quei fiocchi di neve, il ragazzo non poté far altro che ammettere la sconfitta, mentre un altro “Che carino!” usciva dalle labbra di Sonia.

 

Ma quella luce, che faceva brillare quei bellissimi occhi nel buio, era adesso completamente diversa da quella di allora.

Non vi era più alcuna traccia della purezza e della dolcezza che avevano ricordato a Gundham i piccoli fiocchi di neve.

No, ora l’unica cosa che si riusciva a vedere era puro gelo. Un freddo così pungente e glaciale che si addiceva più ad un’impetuosa tempesta di neve.

«Dovresti chiamarmi con il mio nome, Gundham. Proprio come quella volta» sussurro la ragazza, mentre un piccolo sorrisetto, appena percettibile nel buio della stanza, si formava sul suo volto.

 

«Sonia...»

Quando Gundham aveva sussurrato quel nome per la prima volta, la ragazza a pochi centimetri da lui era arrossita visibilmente, così tanto da risultare fin troppo visibile nell’oscurità che li stava circondando.

Si trovavano sempre lì, in quella solita aula.

Il ragazzo si trovava seduto a terra, le spalle contro il muro, la testa che quasi sfiorava il davanzale della loro solita finestra.

Accovacciata tra le sue gambe, a pochi centimetri dal suo volto, si trovava lei.

Sonia.

Neanche Gundham sapeva come erano finiti in quella posizione.

Un attimo prima erano seduti sul davanzale della finestra, come sempre, e un secondo dopo si erano ritrovati a terra.

Ma la dinamica degli eventi era l’ultima cosa che gli importava.

Sonia era così vicina a lui che il ragazzo stava per avere un infarto.

Ed era stato proprio in quel momento che aveva quel nome era uscito fuori dalle sue labbra, prima che potesse acquistare abbastanza lucidità da potersi fermare.

E ora la situazione si era fatta ancora più imbarazzante.

Sonia teneva i suoi occhi –i suoi bellissimi e brillanti occhi– a puntati a terra, le guance completamente in fiamme.

Se Gundham ascoltava attentamente, poteva benissimo riuscire a sentire il cuore della ragazza che, con forza, le batteva nel petto.

O forse era il suo a battere così forte?

Non lo sapeva e neanche voleva scoprirlo.

Era come se si trovasse sotto il controllo di un potentissimo incantesimo.

Mosso da un coraggio che mai prima di allora aveva avuto, il ragazzo aveva portato una mano al viso di lei, lasciando che il calore emanato dalla sua guancia si espandesse sul suo palmo.

«Sai, Gundham...»

Sonia aveva puntato i suoi occhi su di lui.

«...io continuo a trovarti carino.»

Quelle parole furono il colpo di grazia.

Prima che potesse fermarsi, il ragazzo si era sporto in avanti e aveva unito le sue labbra a quelle di lei.

Gundham chiuse gli occhi, lasciandosi andare a quella sensazione di libertà che non aveva mai sentito fino ad allora.

Una parte della sua testa, forse l’unica che era rimasta lucida, continuava ad urlargli di liberarsi da quel temibile incantesimo, prima che fosse troppo tardi.

E lui stava per ascoltarla, sul serio.

Ma, poi, Sonia ricambiò il bacio.

 

Il ragazzo aguzzò lo sguardo, cercando di mettere a fuoco la figura che si stagliava sopra di lui, nonostante la sua vista stesse ormai iniziando a venire meno.

Per un attimo, anche se solo per un attimo, gli parve quasi di vedere la Sonia Nevermind che aveva conosciuto e che aveva continuato a vivere nei suoi ricordi.

La Sonia che era rimasta con lui in quel giorno di pioggia.

«S-So...»

La Sonia che gli aveva detto che lo trovava carino, di fronte a quel passaggio innevato.

«...ni...»

La Sonia che aveva baciato nel buio di quella stessa aula.

«...a.»

La Sonia che aveva amato.

Ma, quando la spada si conficco nel suo petto e la risata della ragazza gli arrivò alle orecchie  anche quell’ultimo barlume di speranza si dissolse.

Gundham aprì la bocca, ma niente uscì da questa.

Non aveva neanche più le forze di urlare.

«Oh Gundham...»

Sonia sussurrò il suo nome e il suo volto si contorse in un’espressione di malsano piacere, mentre la forza sul manico della sua spada aumentava così da far affondare la lama sempre più a fondo.

«...sei sempre così carino.»

 

If you were a woman and I was a man

Would it be so hard to understand?

That a heart's a heart and we do what we can

If you were a woman and I was a man

 

«Dovresti dormire, Akihiko.»

Mitsuru non poté far a meno di sorridere quando vide il ragazzo sussultare leggermente e voltarsi verso la direzione da cui lei aveva parlato.

«Scusa, non volevo spaventarti.» aggiunse, uscendo dalla porta a vetro e chiudendosela alle spalle.

Per un attimo, il silenzio notturno calò nuovamente tra di loro.

Akihiko rivolse lo sguardo verso il cielo, contornato di così tante stelle che era pressoché impossibile riuscire ad osservarle tutte.

Ma Mitsuru sapeva che non erano le stelle ciò a cui Akihiko era interessato.

Gli occhi del ragazzo erano fissi sulla luna.

In effetti, chiunque in quella situazione l’avrebbe guardata: un enorme disco dorato che spiccava nel cielo notturno, nascondendo all’occhio umano tutte le stelle che gli stavano più vicine.

«Da quanto sei qui?»

Quando lui le pose quella domanda, la ragazza dovette pensarci un attimo prima di rispondere.

Da quanto era lì?

Da tanto, da quando lui era uscito dalla sua stanza a dire la verità.

E poteva dirglielo?

No, certo che non poteva.

Ammettere di essere stata ad osservarlo fino a quel momento era sicuramente una delle dichiarazioni che Mitsuru non avrebbe mai voluto rilasciare in vita sua.

«Non da molto. Sono appena arrivata.» mentì, mettendoci forse troppo tempo a rispondere.

Akihiko sembrò crederle o, se non lo fece, non ne dette alcun segno.

Poi, silenzio.

Mitsuru mise le braccia sulla ringhiera del terrazzo, portando anche lei gli occhi al cielo e osservando le numerose stelle che si trovavano sopra di loro.

O, almeno, questo era quello che avrebbe voluto fare.

Nonostante ogni singolo neurone nel suo cervello le stesse ordinando di volgere lo sguardo in alto, la ragazza era rimasta immobile, con gli occhi fissi sul ragazzo accanto a lei.

Dopotutto, cosa poteva farci?

Akihiko era bellissimo.

La sua pelle brillava sotto la luce della luna piena, .

I suoi capelli albini erano tirati indietro, facendo sì che la ragazza potesse osservare ogni minimo dettaglio del suo viso.

Le sue labbra rosee, già particolarmente invitanti durante il giorno, sembravano adesso più gonfie e carnose; così tanto che Mitsuru ebbe quasi l'impulso di sfiorarle con le proprie...

«Dovresti dormire anche tu, Mitsuru.»

La ragazza tornò con i piedi per terra non appena Akihiko le rivolse la parola, portando avanti una conversazione che lei, oramai, credeva fosse già finita.

Con uno scatto fulmineo, si voltò, sperando con tutta se stessa che il ragazzo non si fosse reso conto del modo in cui lo stava osservando fino a pochi secondi prima.

Torna sulla Terra, Kirijo.”

No, quello non era assolutamente il momento per lasciarsi andare.

Lei lo sapeva, lo sapeva fin troppo bene.

«Non riesco a dormire.» rispose, la voce diventata un sibilo.

A mezzanotte, la Dark Hour – la loro ultima Dark Hour – sarebbe giunta e loro sarebbero dovuti intervenire immediatamente per salvare il mondo da Nyx.

Salvare...”

Quella parola era così strana.

Era strana proprio perché lei sapeva che non avrebbero mai potuto salvare proprio un bel niente.

Sarebbero andati a morire.

«Questa sarà la nostra ultima battaglia.» disse poi, continuando a tenere lo sguardo fisso sulle stelle sopra di lei.

Anche se non lo stava guardando, Mitsuru sapeva che Akihiko stava annuendo.

Lo aveva osservato così tanto in quegli anni che poteva sempre immaginare cosa lui avrebbe fatto.

Per questo quella notte aveva aspettato che lui uscisse dalla sua stanza, per dirigersi sul terrazzo: perché era a conoscenza che lui lo avrebbe fatto. Ma questo non lo avrebbe mai ammesso.

Dopotutto, non avrebbe mai potuto.

«Questa sarà probabilmente anche la nostra ultima notte insieme, Mitsuru.»

La voce con cui Akihiko aveva pronunciato quelle parole era completamente diversa dal solito.

 

I look at you, you look away

Why do you say we're night and day?

 

Mitsuru abbassò lo sguardo, distogliendolo dalle stelle.

Aveva ragione.

Quella era sicuramente la loro ultima notte insieme.

La ragazza sussultò leggermente quando Akihiko fece scivolare delicatamente la sua mano su quella di lei.

«Mitsuru, guardami.»

No.”

 

I'd like to try another way

Oh, baby, for just one day!

 

Prima ancora che quel suo pensiero potesse propagarsi nella sua mente, però, Mitsuru aveva già alzato lo sguardo e lo aveva puntato sul ragazzo accanto a lei.

Akihiko era così diverso, in quel momento.

La luce nei suoi occhi, il sorriso triste sulle sue labbra, il modo in cui le stava stringendo la mano... lo rendevano quasi un'altra persona.

«Cosa vuoi fare, Mitsuru?»

Quella domanda l'aveva presa completamente alla sprovvista.

«Akihiko...»

«Mitsuru, cosa vorresti fare?– la interruppe lui, la voce che gli tremava leggermente –Lo sai che io farei come vuoi tu. Qualsiasi cosa tu decida.»

La ragazza serrò le labbra, lasciando andare ogni sua difesa e osservando Akihiko che, lentamente, aveva iniziato ad avvicinarsi.

Cosa voleva fare?

Aveva davvero il coraggio di chiederlo?

Lei avrebbe voluto baciarlo.

Avrebbe voluto che lui fosse il suo ragazzo.

Avrebbe voluto poterlo sbattere contro il muro e poter unire le loro labbra, senza che mai più si staccassero.

Avrebbe voluto sentire le sue mani accarezzarle le braccia, la schiena, la vita.

Avrebbe voluto che lui le baciasse il collo, mentre lei gemeva il suo nome.

Avrebbe voluto chiudersi in camera con lui.

Avrebbe voluto svegliarsi la mattina seguente, ancora abbracciati.

Avrebbe voluto potersi sposare con lui, avere una vita con lui.

Avrebbe voluto avere dei figli, magari due gemelli.

Avrebbe voluto poter stare con suo marito per il resto dei loro giorni.

Avrebbe voluto avere una famiglia felice.

Avrebbe voluto portare i bambini a scuola, aiutarli con i compiti, andare a lavoro.

Avrebbe voluto tornare a casa e trovare suo marito lì, ad aspettarla.

Avrebbe voluto invecchiare con lui.

Avrebbe voluto avere dei nipoti.

Avrebbe voluto avere una vita normale.

Avrebbe solo voluto essere una ragazza qualunque, senza nessun compito da portare a termine.

Avrebbe solo fottutamente voluto poter vivere una vita normale con il ragazzo che amava.

 

We're just two people trying to love

 

Ma lei sapeva...

Il cielo sopra di loro si schiarì di colpo e il nero di poco prima fu sostituito da un verde scuro.

...ma lei sapeva che questo non era possibile.

 

Oh, but how...

 

La luna divenne più grande e minacciosa.

La ringhiera su cui le loro mani erano poggiate si colorò di rosso.

La Dark Hour era arrivata.

Mitsuru distolse lo sguardo da Akihiko e lui si fermò ad un millimetro dal suo volto.

Per un attimo rimasero così, in completo silenzio, senza che nessuno dei due riuscisse a muovere neanche un muscolo.

Infine, Mitsuru fu la prima ad allontanarsi.

La ragazza face scivolare la sua mano sulla ringhiera, liberandola dalla presa dell’altro.

Akihiko non si mosse ma la ragazza sapeva cosa doveva star provando in quel momento.

Odio, rabbia, tristezza.

Tutti sentimenti che anche lei sentiva fin troppo bene.

«Andiamo, Nyx non ci aspetterà.» disse, prima di camminare verso la porta a vetri.

E, mentre si allontanava dal ragazzo che amava, Mitsuru non poté far a meno di notare che, in cielo, il numero delle stelle era sceso a zero.

Lo stesso numero delle possibilità che i suoi sogni si avverassero.

 

...how can we love?

QUESTE SHOT PARTECIPANO AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
PROMPT: Gemelli (Anime gemelle)



#1. Bodyswap
FANDOM: Persona 3
COPPIA: Mitsuru/Akihiko
PAROLE: 220
SOULMATES!AU: quando il primo della coppia compie 18 anni, le due anime gemelle si scambiano di corpo per un breve periodo di tempo.

 
Mitsuru era tesa.
Decisamente tesa.
Seduta sul bordo del suo letto, la ragazza non poteva far altro che osservare l'orologio sulla parete, mentre l’ansia si faceva sempre più strada dentro di lei.
Mancava così poco a mezzanotte...
«Mitsuru, calmati.»
Akihiko le posò una mano sulla spalla, così come faceva ogni volta che lei andava completamente nel panico.
«Sono calmissima.»
No, non era vero, per niente.
E lei sapeva che lui non ci avrebbe mai creduto.
Il ragazzo ridacchiò leggermente, scuotendo la testa e sedendosi accanto a lei.
«Se hai paura che la tua anima gemella faccia qualcosa che non vuoi col tuo corpo, tranquilla, la fermerò io.» le disse.
No, non era certo quella la sua paura.
La sua paura era che la sua anima gemella non fosse lui.
Mitsuru lanciò un altro sguardo all'orologio, vedendo che mancavano solo due minuti.
Doveva dirglielo.
Doveva dirgli che lo amava.
Ora o mai più.
«Akihiko, io-»
Prima che potesse finire la frase, una fortissima scarica elettrica la attraverso.
La mezzanotte era arrivata.
Ora lei avrebbe conosciuto la sua anima gemella e, così, avrebbe dovuto dimenticare Akihiko.
Non era pronta a questo.
Non lo era affatto.
Ma, quando riaprì gli occhi e vide di trovarsi ancora nella sua stanza, con di fronte a lei il suo stesso corpo, le sue paure scomparvero completamente.



#2. Music
FANDOM: Persona 5
COPPIA: Ann/Ryuji
PAROLE: 262
SOULMATES!AU: quando una persona ascolta della musica, la sua anima gemella sente la stessa canzone nella sua testa.

 
Ann non riusciva a dormire.
Non importava quante volte chiudesse gli occhi e cercasse di prendere sonno, era completamente impossibile per lei riuscire anche solo ad addormentarsi per più di dieci secondi.
Dopotutto, chi mai sarebbe riuscito a dormire se avesse avuto canzoni heavy metal che continuavano a risuonare nella propria testa?
Era invivibile.
Completamente invivibile.
La ragazza si rigirò nel proprio letto, portando le mani alle orecchie e sperando che in quel modo il suono venisse attutito, senza alcun successo.
Aveva un impegno importante l’indomani.
Possibile che Ryuji non riuscisse a capire che lei non poteva rimanere sveglia fino a tardi?
E, soprattutto, perché il ragazzo si ostinava ad ascoltare musica del genere a quell'ora della notte?!
Poi, lentamente, così come era iniziato, il suono cessò.
Ann lasciò andare un sospiro di sollievo, tornando ad accomodarsi tra le coperte.
Ryuji doveva essere andato a dormire.
E avrebbe potuto fare anche lei lo stesso.
Le sembrava quasi un sogno, quella pace che stava vivendo.
Non c'era niente nella sua testa.
Nessuna chitarra elettrica.
Nessuna batteria.
Nessuna voce che urlava parole a lei incomprensibili.
Poteva finalmente prendersi il suo ripos–
Quando un'altra canzone partì, la ragazza si alzò dal letto, afferrando con forza immediatamente il proprio telefono che risiedeva abbandonato sul cuscino.
Ora gliene avrebbe dette quattro.
Gli avrebbe fatto capire che doveva smetterla di tenerla sveglia a quel modo, tutte le notti.
Ma, quando vide che lui le aveva mandato un messaggio per dirle che l’amava, Ann decise che poteva sopportare quella canzone così fuori dalle sue corde ancora per un po'.



#3. Fingerprint
FANDOM: Persona 4
COPPIA: Naoto/Kanji
PAROLE: 280
SOULMATES!AU: due anime gemelle hanno la stessa impronta digitale.

 
“Eccesso di velocità alla guida di un motorino e aggressione ad un agente.”
Naoto lesse le cause dell'arresto del ragazzo che si stava facendo le foto segnaletiche, lanciandogli uno sguardo più che esaustivo attraverso il vetro
La detective ne aveva abbastanza di tipi come lui.
Era il decimo, forse l’undicesimo quella settimana.
Possibile che non esistessero più ragazzi capaci di non causare problemi?
«Non capisco perché mi stia facendo vedere questo fascicolo, Dojima-san.– disse lei, voltandosi verso il suo collega –Non mi pare ci siano prove da analizzare.»
L’uomo sospirò, passandosi una mano dietro il collo.
«Non è certo questo quello che volevo farti notare Shirogane.» rispose lui, leggermente imbarazzato.
Naoto alzò un sopracciglio, interdetta.
«Allora cosa? Io ho da lavorare, non ho tempo da perdere con un ragazzino.» gli fece notare, stizzita.
«Beh ha la tua stessa et-»
«Non mi interessa questo Dojima-san!»
Dojima era in chiara difficoltà.
«Allora?»
«Ecco, è che penso che dovresti parlarci.»
Ora sì che la situazione si stava facendo decisamente assurda.
«Dojima-san, senta, se sta cercando di farmi fare amicizia con qualcuno, questo non è né il momento adatto né il tipo di amicizie che voglio.» disse lei, abbastanza irritata, restituendogli il fascicolo.
Poi, si voltò, pronta a tornare alla sua postazione.
Le stava facendo solo perdere tempo.
«Shirogane.»
Quando Dojima la richiamò, la ragazza si voltò nuovamente verso di lui, esasperata.
«Cosa c-»
Le parole le morirono in gola, quando vide che l’uomo aveva aperto il fascicolo e stava indicando l’impronta digitale del ragazzo e, sotto essa, i nomi “Naoto Shirogane” e “Kanji Tatsumi”.
L’espressione sul volto di Naoto doveva essere particolarmente buffa, perché l’uomo ridacchiò.
«Io l’ho detto che ci dovresti parlare.»



#4. Counter
FANDOM: Nier:Automata
COPPIA: 2B/9S
PAROLE: 301
SOULMATES!AU: ogni persona ha un contatore sul polso che indica quanto tempo manca al primo incontro con la propria anima gemella.

 
2B non poteva andare avanti così.
L'androide puntò lo sguardo sul contatore che le era stato impiantato sul polso quando era stata creata, osservando con attenzione i diversi 0 che lo riempivano.
Quante volte lo aveva fatto in passato?
Tante, troppe a dire la verità.
E, in tutto questo tempo, non aveva ancora capito il perché di quella stranissima regola.
Quella le era da sempre sembrata un'idea folle.
Come poteva un androide, un robot, un oggetto senza cuore avere una vera e propria anima gemella?
Come poteva un qualcosa di così complicato e astratto come l'amore, colpire anche la sua specie?
Era strano, tanto strano.
Ma, evidentemente, questo non era quello che avevano pensato i suoi creatori, quando avevano inserito quel contatore all’interno degli YoRHa.
Che fosse un qualcosa che gli umani avevano sempre agognato e che mai erano riusciti a raggiungere?
Forse era quello il motivo per cui a loro, le loro creazioni, era stata data quella possibilità.
Ma questo rendeva le cose ancora più complesse.
Una lacrima cadde sul contatore e 2B si rese conto troppo tardi di stare piangendo.
Perché?
Perché se lo scopo era quello di farli vivere in armonia con la loro anima gemella, lei era costretta a uccidere la sua ogni volta?
Non aveva senso.
Non aveva assolutamente senso.
Un piccolo ronzio attirò la sua attenzione e l’androide sentì il cuore che non aveva sussultarle nel petto, quando vide che i numeri del contatore stavano aumentando.
Di nuovo.
Come accadeva ogni volta che 9S veniva resettato.
Quando il numero si bloccò, 2B si alzò dalla branda, asciugandosi le lacrime e aprendo il portello della sua stanza.
Non aveva tempo per i piagnistei.
Dopotutto, secondo il numero che aveva sul polso, aveva solo quattro ore prima di incontrare la sua anima gemella per la “prima volta”.
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Missione Shannen Week6
Fandom: Bravely Default
Coppia: Tiz/Agnès
Parole: 100 parole l'una



#Heart

Tiz era da sempre riuscito abbastanza facilmente a rubare il cuore delle persone che gli stavano intorno.
Non sapeva come, ma, come gli aveva fatto notare Ringabel, tutte le ragazze che lo incontravano finivano per trattarlo con interesse, facendo spesso anche ingelosire il suo amico.
Eppure, il ragazzo non riusciva a vedere il vantaggio di ciò.
Dopotutto, che senso aveva avere un potere del genere se non si poteva scegliere su chi usarlo?
Non gli interessavano gli interessavano le altre.
Era il cuore di Agnès che voleva.
E, per averlo, sarebbe anche arrivato a barattare tutti i cuori presenti nell'universo.



#Impossibile

Agnès sapeva quale fosse il significato della parole "impossibile", eppure, ogni volta che gliela ripetevano, la ragazza la ignorava.
Non era la prima volta che le succedeva di andare contro quella forte impossibilità di cui gli altri parlavano dopotutto.
Nonostante tutti le avessero detto che non ce l'avrebbe fatta, era riuscita a riportare la luce nei cristalli.
Anche se tutti glielo ripetevano, lei era riuscita a salvare il mondo e a cambiare la mentalità del ducato.
Per questo, mentre gli scienziati di Eternia continuavano a dirle che era impossibile salvare Tiz, la ragazza non aveva intenzione di perdere la speranza.



#Journey

Tiz non si era mai pentito di aver accettato di aiutare Agnès quel giorno.
A ripensarci adesso, forse quella decisione poteva essere stata avventata.
Dopotutto, lei era piombata nella sua vita all'improvviso e lo aveva portato via dalle sue terre, in giro per il mondo.
Eppure, lui non aveva mai pensato di aver fatto la scelta sbagliata.
Anzi, più continuavano a viaggiare insieme e più il ragazzo voleva stare al suo fianco.
Per questo, nonostante sapesse che in gioco c'era la salvezza dell'intero universo, Tiz non poteva far altro che pregare che il loro viaggio durasse più al lungo possibile.



#Night

«Non riesci a dormire?»
Quando Tiz sentì la voce di Agnès, si voltò.
«No, e tu?»
Lei scosse la testa, avvicinandosi alla ringhiera dell'aeronave e poggiando le sue braccia sulla ringhiera.
«Pensi che ce la faremo, Tiz?»
L'indomani avrebbero raggiunto il pilastro di luce e, con questo, anche la loro ultima battaglia.
«Sì, se saremo insieme.» le disse, tornando a guardare la distesa di nuvole.
Agnés non rispose.
L'unica cosa che fece fu poggiare la testa sulla sua spalla.
E fu così che rimasero: uno accanto all'altra, a darsi forza in quella che poteva essere la loro ultima notte insieme.
 



#Yo-yo

 
Nonostante Agnès sapesse di essere sempre più vicina a Tiz, era come se in realtà i suoi progressi fossero nulli.
Se avesse dovuto descrivere con una sola parola il suo rapporto con il ragazzo, lei sapeva che niente sarebbe stato più azzeccato di "yo-yo".
Non sapeva come spiegarlo ma, ogni volta che le sembrava di essere ad un soffio per poterlo afferrare, era come se lui le sfuggisse tra le dita.
Ma la ragazza non demordeva.
Per questo, ogni volta che il filo di quello yo-yo era abbastanza teso, lei allungava la mano, sperando che, un giorno, lui l'avrebbe afferrata.
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PROMPT: In fuga
Fandom: Mystic Messenger
Personaggi: Saeran
Numero parole: 580



Saeran sapeva che quella non era assolutamente una buona idea.
 
Correndo tra i cespugli del bosco della montagna in cui si trovava, il bambino non poteva far altro che cercare di arrivare il più lontano possibile, mentre ordinava alle sue gambe di non fermarsi, qualsiasi cosa potesse succedere.
 
Non era la prima volta che ci provava.
 
Oramai conosceva quella parte del bosco a memoria, tante erano state le fughe che aveva tentato.
 
Sapeva perfettamente cosa lo aspettasse in dopo ogni albero, oltre ogni rovo di spine e dietro a qualsiasi masso.
 
Sapeva esattamente quali erano i posti per nascondersi e quali strade prendere per guadagnare terreno sui suoi inseguitori.
 
Ma quello non era un vantaggio.
 
Lo sarebbe stato, certo.
 
Il problema era che anche gli uomini che lo stavano seguendo erano a conosceva della morfologia di quel terreno e, addirittura, sapevano più segreti di lui.
 
Saeran era a conoscenza del fatto che, se solo avessero voluto, avrebbero già potuto raggiungerlo e circondarlo, riportandolo immediatamente in quell'edificio nascosto tra le montagne da cui stava tentando di scappare.
 
Eppure non lo stavano facendo.
 
Non lo facevano mai.
 
Anche se il bambino cercava di ascoltare con più attenzione quello che stava accadendo intorno a lui, nessun rumore sospetto raggiungeva mai le sue orecchie.
 
Nessun frusciò di foglie, niente passi che lo stavano seguendo, niente di niente.
 
Certo, poteva sembrare strano.
 
Non era normale che degli uomini grandi e grossi si lasciassero sfuggire con così facilità un semplice bambino come lui.
 
Chiunque avrebbe pensato che ci fosse un errore, che in realtà la loro difesa non fosse poi così sviluppata come poteva sembrare e che in realtà era davvero possibile fuggire da quell'oscuro e soffocante bosco.
 
Ma Saeran non era così stupido.
 
Aveva imparato sulla sua pelle cosa facevano a chi disubbidiva agli ordini.
 
E lui sapeva che loro sapevano che lui era a conoscenza di ciò.
 
E per questo adesso si trovava lì, al limitare del bosco, la strada che conduceva alla città più vicina a pochi metri da lui.
 
Ma, nonostante la salvezza fosse così vicina da poterne quasi sentire il sapore, Saeran non si mosse.
 
Ricordava bene gli ordini.
 
Gli era stato vietato di uscire dal bosco, qualsiasi cosa accadesse.
 
Mettere un solo piede su quella strada di asfalto avrebbe decretato davvero la partenza degli uomini della sua Salvatrice che non ci avrebbero messo nulla a raggiungerlo e a riportarlo all'edificio che era stato la sua casa e la sua prigione fino a quel momento.
 
E questo fatto lo spaventava, lo terrorizzava così tanto da gelargli completamente il sangue.
 
Non era pronto.
 
Non era pronto a subire nuovamente quel trattamento così doloroso che la sua Salvatrice continuava ad attuare su tutti coloro che perdevano la "retta via".
 
Non era assolutamente pronto a soffrire.
 
...e quindi non era neanche pronto a scappare, così come non lo era mai stato tutte le volte precedenti in cui ci aveva provato.
 
Saeran lanciò un ultimo sguardo all'asfalto davanti a sé, mentre il sorriso che si era formato poco prima sul suo volto scompariva completamente.
 
Gli sembrava quasi di vederla quella libertà che tanto desiderava e che comunque non riusciva a raggiungere.
 
Gli sembrava quasi di poterla toccare, se solo avesse allungato una mano.
 
E desiderava farlo, certo che desiderava farlo.
 
Ma non lo fece.
 
E, dopo aver lanciato un ultimo sguardo malinconico a quella strada, Saeran si voltò, tornando a fronteggiare il bosco da cui poco prima stava fuggendo e cominciando, lentamente, a tornare indietro.
 QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
PROMPT: Scontro (M1)
NUMERO PAROLE: 10000
PERSONAGGI: Naoto Shirogane, Kanji Tatsumi, Tohru Adachi, Rise Kujikawa, Ryotaro Dojima, altri
COPPIE: NaotoxAdachi, NaotoxKanji
AVVERTIMENTI: Soulmate!AU dove non si vedono i colori prima di incontrare la propria anima gemella; UnderAge.



Silenzio.
Questa era l’unica cosa che c’era in quel momento.
Naoto si era completamente lasciata andare sul tavolo, le braccia incrociate sul legno e la testa poggiata su queste, diretta nella stessa direzione in cui Tohru se ne era andato qualche minuto prima.
Kanji continuava a guardarla, con un’espressione che lei non gli aveva mai visto prima in volto.
Che anche lui fosse preoccupato per la sua salute? Così come lo erano gli altri?
Ma lei stava benissimo.
Non aveva senso che avessero tutti così tanta ansia per lei.
Così come non aveva avuto minimamente senso la scenata che Rise aveva fatto poco prima.
Eppure… anche lei sentiva che qualcosa era cambiato.
La detective si era resa conto che ogni volta che Tohru le era accanto, lei non riusciva più a ragionare in maniera corretta.
Ma non era colpa dell’uomo.
Era lei che continuava ad aggrapparsi a lui, da quando Satonaka era morta.
Ma se questo era il caso… perché Rise si era accanita in quel modo?
Giusto, Rise. Forse avrebbe dovuto ringraziarla, prima; era venuta lì solo per lei, nonostante fosse molto pericoloso uscire quella sera. Invece la aveva solo ignorata…
Con la coda dell’occhio, la detective lanciò uno sguardo a Kanji.
Il ragazzo era seduto davanti a lei e si stava guardando intorno, esaminando con attenzione l’oscurità che li circondava. Beh, almeno lui poteva ringraziarlo.
«Grazie.» sussurrò, non appena quel pensiero attraversò la sua mente.
Kanji si riscosse, sussultando visivamente.
«D-di cosa?» le chiese, interdetto.
Naoto non si alzò.
Non si voltò nemmeno per guardarlo in volto.
Rimase lì, semi-distesa su quel tavolo, come un burattino a cui avevano tagliato i fili.
«Per aver accompagnato Rise e non averla mandata da sola.– disse, rannicchiandosi maggiormente quando una folata di vento le fece scorrere un brivido lungo la schiena –Se fosse stata da sola sarebbe stato un disastro. L’assassino l’avrebbe sicuramente presa di mira.»
Silenzio.
«Perché “sicuramente”?»
La ragazza si bloccò.
Cosa voleva dire…?
Non c’era un motivo per cui l’aveva detto.
«L’ho usato a caso.»
«Tu non fai mai niente a caso Naoto.»
Quando Kanji disse quelle parole con quella decisione, la ragazza sentì come un fortissimo calore sprigionarsi dal suo petto.
Aveva ragione.
Lei non faceva mai niente a caso.
Allora perché aveva risposto in quel modo…?
«Sai Naoto,– il ragazzo aveva continuato a parlare, le parole che erano un sussurro appena udibile nel fruscio della pioggia –mi vergogno un po’ a dirtelo, ma io ti ho osservato molto. Non fraintendermi, non sono un maniaco o qualcosa del genere; ma tu sei molto amica di Rise e quindi vi ho visto spesso insieme e, allo stesso tempo, lei mi ha parlato molto di te.»
La ragazza non si muoveva.
Continuava ad ascoltare le parole di quello che per lei era praticamente alla stregua di uno sconosciuto, ma che ora comunque stava riuscendo a darle una sicurezza che non sentiva da settimane.
«Tutte le volte che vi ho visto parlare, ho pensato che tu fossi davvero una tipa… tosta, ecco. Sicuramente non una ragazza che va in giro in minigonna e ascolta ciecamente ciò che qualcun altro le ordina di fare.»
Perché sentiva come se avesse ragione?
Perché non riusciva a ribattere?
«Solo che ultimamente sei cambiata; tanto. Non so come vanno le cose con Adachi e so che non sono fatti miei, ma mi sembra strano che tu ancora non abbia esposto una tua teoria su questo caso. Rise è molto preoccupata per te, l’altro giorno è anche venuta a parlarmi, ma non sono riuscito a capire molto visto che non faceva che piangere...»
L’altro giorno…
Che si riferisse a quando avevano litigato sul tetto?
Aspetta.
Avevano litigato? Perché se ne rendeva conto solo in quel momento? Fino ad allora non ci aveva neanche pensato…
«Sono convinto che hai le tue ragioni per comportarti così, solo vorrei vedere Rise sorridere nuovamente. E vedere anche il tuo di sorriso...»
Quando le ultime parole uscirono dalle labbra del ragazzo, Naoto sentì le sue guance arrossire leggermente.
Cosa vorrebbe dire che voleva vedere il suo di sorriso?!
E… perché lei si sentiva così felice per quelle parole?
«Questo sì che è un discorso da maniaco, però.» sussurrò la ragazza, trattenendo una risata.
Perché si sentiva così… tranquilla?
Tohru non era con lei.
Fino ad allora quando l’uomo la lasciava sola, sentiva sempre l’aria iniziare a mancarle...
«E-ehi!– esclamò Kanji e, dal modo in cui balbettava, Naoto capì che doveva essere arrossito –H-ho… ti ho detto all’inizio che non lo sono!»
La ragazza ridacchiò leggermente.
Perché si sentiva così bene quando sentiva la sua voce?
Non era strano?
Erano come due sconosciuti, non ci aveva mai parlato tanto fino ad allora.
Anzi, lo aveva sempre evitato.
Perché lo aveva fatto…? C’era un motivo particolare per cui si era comportata in quel modo?
«Scusami...»
Il ragazzo, che era nuovamente rimasto in silenzio fino a quel momento, sussultò quando la ragazza pronunciò quella parola.
«E-eh? Perché?»
Neanche Naoto sapeva perché lo stesse facendo.
Sentiva solo che non era giusto far finta di niente.
«Ti ho giudicato male.– disse, rimanendo sempre nella solita posizione, senza guardarlo –Ti  ho sempre evitato perché pensavo che fossi solo un teppista, soprattutto dopo averti visto discutere con Tohru. Invece sei una persona per bene. Mi dispiace, non avrei dovuto.»
Quelle parole erano scivolate fuori dalle sue labbra, come se fossero la cosa più normale da dire.
Naoto non ricordava che fosse così facile parlare con le persone.
Perché si era chiusa in quel modo per tutto quel tempo?
«F-Figurati, non è un problema.»
«Invece sì.– continuò lei, rannicchiandosi maggiormente –Mi sarebbe piaciuto diventare tua amica.»
...
Le guance le andarono a fuoco, quando si rese conto di ciò che aveva detto.
Ma cosa sta facendo?!
«B-beh...– le parole di Kanji erano un sussurro –Non è mica t-troppo tardi...»
Naoto sentì il suo cuore accelerare, mentre un sorriso si formava sulle sue labbra, dopo tanto tempo.
Perché?
Perché era così felice che quel ragazzo le stesse dando quella possibilità che lei stessa aveva distrutto per tutto quel tempo?
Perché continuava a sentire l’impulso di alzare lo sguardo e guardarlo negli occhi…?
«T-tornando al discorso di prima,– disse lui, cercando evidentemente di salvare la situazione in calcio d’angolo –c’è qualcosa che non ti convince in questo piano? Sembravi abbastanza seria quando hai detto che Rise sarebbe stata sicuramente presa di mira.»
Naoto deglutì, mentre il sorriso di poco prima svaniva lentamente.
«Tohru ha detto che questo piano era una buona idea.» disse, mentre la voce le si faceva più fievole.
«Mh… io ho chiesto a te. Non a lui.»
Lui voleva la sua opinione…?
«Io...– la ragazza fece un respiro profondo –io penso che sia strano che l’assassino cada in questa trappola tanto assurda, di conseguenza avrebbe rivolto la sua attenzione nei confronti di qualcun altro.– sussurrò, non muovendosi di un millimetro –E se avesse trovato Rise da sola, sarebbe stata la fine.»
E’ vero. Aveva pensato che quel piano era stupido fin dall’inizio.
Perché non lo aveva detto prima allora?
«E perché? A me sembra un buon piano invece.» commentò il ragazzo, incredulo.
Per la prima volta da quando erano lì, la ragazza si tirò su, incrociando il suo sguardo.
«Oh andiamo. Davvero pensi che vestirmi in questo modo– disse, indicando il vestitino attillato che stava indossando –e mettermi come un cartello a led in testa con su scritto “sono una preda facile” possa far cadere in trappola quell’uomo? Non penso che abbia così poco QI se è riuscito a uccidere ben sette persone sotto il nostro naso.»
Fu solo quando Naoto finì di parlare che si rese conto che Kanji non le stava mostrando più quell’espressione neutra che gli aveva sempre visto sul suo volto.
Adesso teneva il gomito sul tavolo e aveva poggiato il mento sulla mano.
E stava sorridendo.
Kanji Tatsumi le stava sorridendo.
La ragazza sentì le guance iniziare ad arrossire, senza capirne realmente la ragione.
«P-Perché mi guardi in quel modo?» domandò, distogliendo lo sguardo.
«Perché questa è la vera Naoto Shirogane. Non quella che si fa mettere i piedi in testa da qualcuno.»
Naoto non sapeva davvero come rispondere di fronte a quel commento.
Come faceva quel ragazzo a conoscerla così bene?
Possibile che l’avesse osservata davvero di nascosto per tutto quel tempo?
La ragazza sentì il suo cuore iniziare a battere con più forza nel suo petto.
Perché?
Perché provava sempre quella strana sensazione quando lo aveva intorno…?
«Questo comunque non ci aiuta.– disse, cercando di cambiare discorso –Anzi, ci complica le cose. Non riusciremo minimamente a capire chi è l’assassino stanotte e lui adesso è lì fuori, chissà dove, a cercare una persona da uccidere.»
Questa volta, Kanji non ebbe niente da ribattere.
Annuì solamente, distogliendo lo sguardo dalla ragazza e iniziando a guardarsi intorno.
Naoto lo aveva notato solo in quel momento, ma il ragazzo doveva averlo fatto spesso in quella mezzora che avevano passato a sedere a quel tavolo.
Nonostante le probabilità che l’assassino li colpisse erano molto basse, infatti, conveniva sempre stare all’erta.
«Non preoccuparti.– gli disse lei, iniziando a battere le dita sul tavolo –Abbiamo un poliziotto di guardia che ci sta osservando. Spara a vista se ce n’è bisogno.»
Kanji si voltò verso di lei, mostrandole uno sguardo leggermente sorpreso.
«Avete sparso poliziotti per tutta la città?»
«Aha.» rispose lei, continuando a tamburellare con le dita.
«E lo avete fatto anche le altre volte?» domandò ancora lui.
«Sì, certo.– rispose Naoto, sorridendogli debolmente –Ogni singola notte di pioggia da quando Satonaka è morta per un mio stupido errore; ma nonostante questo l’assassino ce l’ha sempre fatta sotto il naso. Capisci perché penso che sia impossibile che cada in questa pagliacciata?»
Da quanto è che non parlava così tanto?
La gola iniziava a farle quasi male.
Fu solo in quel momento che Naoto si rese conto che, da quando Satonaka era morta, aveva praticamente smesso di parlare.
Le parole erano come se le si fossero bloccate in gola fino a quel momento, nonostante Tohru avesse provato più volte a portare avanti delle conversazioni con lei.
Alla fine era evidentemente arrivata ad un punto tale da non volere neanche più pensare e si era affidata completamente al suo fidanzato.
Ma allora perché…?
Perché quel ragazzo era in grado di tirarle fuori tutte quelle parole che fino a poche ore prima le rimanevano bloccate in fondo alla gola?
«Certo però che deve avere un’auto davvero comune.»
Quando Kanji parlò, Naoto si riscosse dai suoi pensieri (oddio, quanto tempo era passato dall’ultima volte che le era successo?) e si voltò nuovamente verso di lui.
Non sapeva perché, ma quell’affermazione aveva come acceso una lampadina all’interno del suo cervello.
«Cosa?» domandò, mentre sentiva quel suo sesto senso che lei aveva segregato per settimane iniziare a tornare a scorrere in lei.
Il ragazzo arrossì, distogliendo lo sguardo.
«S-stavo solo pensando ad alta voce.» balbettò, a disagio.
«Kanji.– il ragazzo avvampò quando lei lo chiamò per nome –Ho bisogno che tu mi ripeta cosa hai appena detto.»
Lui si voltò a guardarla.
«Ho solo detto che deve avere una macchina molto comune.– ripetè, ancora rosso in viso –Cioè, è strano che con tutti i poliziotti che ci sono a giro la sua auto passi così inosserv-»
Il ragazzo sussultò quando Naoto si alzò in piedi e sbatté con forza le mani sul tavolo.
Gli ingranaggi nel suo cervello, che erano stati fermi fino a quel momento, ricominciarono a funzionare.
Come poteva essere stata così idiota?!
Aveva avuto la risposta davanti agli occhi fino a quel momento! 
Una persona che avrebbe potuto usare un mezzo senza essere ritenuta sospetta.
Una una persona di cui delle donne e ragazze si sarebbero potute fidare, nonostante i casi di omicidio che continuavano ad aumentare ogni volta che pioveva.
E persona che avrebbe potuto conoscere i piani della polizia.
Dannazione.
Il nemico era stato tra di loro per tutto quel tempo.
«E-ehm… N-Naoto?»
Naoto afferrò il cellulare, ignorando il ragazzo che adesso la guardava con occhi spaesati, pronta a chiamare Dojima, ma si fermò.
Cosa la rassicurava che non fosse proprio lui l'assassino? Cosa poteva garantirle che una volta chiamato l'uomo, lui non le avrebbe tagliato la gola?
Non poteva condividere con nessuno questa teoria.
Non era consigliabile neanche chiamare Tohru. Se il suo telefono fosse stato in qualche modo hackerato avrebbero potuto ascoltare la conversazione.
Doveva escogitare un piano...
«Naoto stai bene…?»
Gli occhi della ragazza si posarono immediatamente sul ragazzo di fronte a lei.
Fu in quel momento che il sangue le si gelò completamente nelle vene.
Rise.
Rise era stata portata in centrale da Tohru.
Lui l’avrebbe sicuramente lasciata lì, da sola, pensando che lei fosse al sicuro.
Ma se l’assassino poteva essere qualunque poliziotto...
«Kanji.– disse, tornando a sedere al suo posto e avvicinandosi a lui –Ora ascoltami, ho bisogno che tu faccia una cosa per me.»
Kanji la guardò interdetto, come se non comprendesse a pieno ciò che la ragazza gli stesse dicendo.
Ma Naoto non aveva tempo per pensarci.
Doveva muoversi in fretta e, forse, questa volta avrebbe catturato l’assassino e salvato Rise.
No. L’avrebbe catturato di sicuro.
Quanto era vero che il suo nome era Naoto Shirogane.
 
«Quindi… cosa è che dobbiamo fare?»
Naoto si passò una mano sul volto, esasperata.
Non sapeva quante volte aveva spiegato il piano.
Sicuramente troppe per contarle.
La ragazza indicò la mappa che aveva steso sul tavolo. Gliel’aveva data Tohru quando erano usciti di casa quella sera, per far sì che lei potesse osservare i luoghi coperti dalla polizia e non andare in luoghi troppo pericolosi.
«Come ti ho già detto,– iniziò la detective, indicando una delle x disegnate sulla mappa –Questi sono i punti in cui sono nascosti i poliziotti. Noi dobbiamo riuscire a raggiungere il telefono pubblico più vicino, quello all’entrata del distretto commerciale, e da lì dobbiamo avvertire Tohru.»
Kanji si grattò la testa, confuso.
«So che forse lo hai già detto, ma perché non usiamo un cellulare?»
«Perché il mio potrebbe essere controllato dalla polizia e il tuo da quel che mi hai detto è scarico.»
«Sì, ma non potremmo chiedere al poliziotto che ci sta sorvegliando?»
«Il nostro obiettivo è proprio quello di non farci trovare da nessun poliziotto.»
Il ragazzo non sembrava molto convinto.
«Ok, ma noi dove è che siamo?»
Naoto avrebbe voluto sbattere la testa contro il tavolo.
«Ascolta.– disse, maledicendo se stessa per aver tentato di spiegargli tutto fino a quel momento –Non abbiamo tempo per queste cose. Tu seguimi e basta, ok?»
Kanji sembrava avere anche altre domande da farle ma, dopo aver visto lo sguardo con cui la detective lo stava osservando, decise di tacere.
Naoto dette un’ultima occhiata alla mappa, per poi ripiegarla e nasconderla nuovamente nella cintura del vestito.
Poi, salì sul tavolo di legno.
Kanji avvampò, quando lei si sedette esattamente davanti a lui.
«C-che stai facend-»
«Su, attaccami.» disse lei, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Il ragazzo cercò un punto in cui guardare senza che sentisse ogni centimetro del suo corpo impazzire completamente e, non trovandolo, distolse lo sguardo.
«N-non capisco c-cosa tu stia facendo.»
Naoto non ne poteva più.
Ma almeno l’aveva ascoltata?
«Kanji,– spiegò, cercando di mantenere la voce calma –abbiamo un poliziotto vicino a noi al momento. Non sappiamo se è lui l’assassino e, allo stesso tempo, non possiamo lasciarlo parlare con i suoi colleghi. Di conseguenza non possiamo andarcene come se niente fosse. Dobbiamo metterlo k.o.»
Il ragazzo annuì.
Bene, la stava ascoltando.
«E-e quindi…?»
«Quindi ora faremo finta che tu voglia farmi del male e lui sarà costretto a intervenire.– continuò la ragazza, tenendo la voce bassa –La mia pistola nascosta nella cintura, afferrala e puntamela alla testa. Non preoccuparti, ho la sicura attivata. Poi urla al poliziotto di mettere giù la pistola e qualsiasi ricevitore abbia e di avvicinarsi lentamente per essere perquisito e essere sicuri non abbia qualcosa con lui e manda me a controllare.»
Kanji stette in silenzio, le guance in fiamme.
«Kanji, dobbiamo salvare Rise.– Naoto non sapeva più come fare a convincerlo –Per favore, iniziamo questa recit-»
Non riuscì neanche a finire la frase che un gridolino uscì dalle sue labbra quando il ragazzo la afferrò per le spalle e la fece sdraiare di colpo sul tavolo, dominandola.
Certo che avrebbe potuto avvertire.
Però, quando la ragazza sentì il poliziotto avvicinarsi, capì che quell’urlo che aveva appena lanciato era stato la mossa migliore che poteva fare per attirare la sua attenzione.
«Mani in alto!» urlò l’uomo, puntando la pistola.
Naoto rimase quasi stupita dalla forza e dalla velocità con cui Kanji la tirò su, le mise un braccio intorno alla gola e afferrò la sua pistola, puntandola alla sua testa.
Era bravo.
E forte.
Tanto forte.
«Metta giù la pistola o la ammazzo.»
La voce con cui aveva detto quelle parole era davvero terrificante.
Naoto portò le sue mani al braccio che la teneva bloccata al petto del ragazzo, per far finta di stare cercando di liberarsi e non riuscirci.
Non che dovesse fingere più di tanto.
Le sarebbe stato sicuramente impossibile liberarsi davvero da una stretta del genere.
L’uomo guardò verso di lei, come se aspettasse un suo ordine.
«F-fa come dice.» disse la ragazza, utilizzando la voce più spaventata che riuscisse.
Il poliziotto iniziò ad abbassarsi.
«Lentamente.» aggiunse Kanji, la stessa voce di prima.
Cavolo se era bravo.
Naoto poteva sentire il battito del suo cuore aumentare, mentre il ragazzo la stringeva di più contro il suo petto.
Si vergognava ad ammetterlo, ma sentire tutti quei muscoli a contatto con la sua schiena non era una sensazione per niente sgradevole. Anzi.
Senza contare quel braccio così forte che la stava tenendo-
«Metta giù anche il cellulare e la ricetrasmittente. Se chiama qualcuno uccido entrambi.»
Giusto, il piano.
Doveva pensare al piano.
L’uomo fece come richiesto, tremando leggermente.
«Ora si avvicini. Mani dietro la testa.» ordinò il ragazzo, con una voce ancora più minacciosa di prima.
Evidentemente ci stava prendendo gusto.
Quando l’uomo fu sotto il gazebo, Kanji lasciò andare Naoto, spingendola verso di lui.
La ragazza si voltò verso il “rapitore”.
«Perquisiscilo.– disse, puntandole la pistola contro e, nonostante la ragazza sapesse che fosse tutta una recita, non poté trattenere un brivido quando notò lo sguardo serio con cui la stava guardando –Un solo giochetto che non mi piace e ti faccio saltare la testa.»
La detective annuì, avvicinandosi al suo collega.
L’uomo era rimasto fermo, le mani sempre bloccate dietro la testa.
«Mi dispiace, Shirogane.– disse, abbassando lo sguardo –Non pensavo che potesse essere lui l’assassino.»
Naoto si sentì quasi in colpa di fronte a quel tono.
Il poliziotto doveva essere davvero spaventato e preoccupato per lei…
Ma non poteva farci niente.
Era per una buona causa.
«Dispiace anche a me.» rispose, mentre iniziava a “perquisirlo”.
«Sta tranquilla.– sussurrò lui, quando lei si avvicinò di più –Stanno arrivando i rinforzi.»
Cazzo.
Senza neanche ragionare più, Naoto colpì con forza il poliziotto dietro al collo.
L’uomo cadde in avanti e la ragazza lo afferrò, facendolo poi sedere sulla panchina del tavolo da picnic.
«Beh sono stato bravo, no?» 
La ragazza si voltò verso Kanji, riprendendo la sua pistola e afferrando il ragazzo per la mano.
«C-cosa?»
«Dobbiamo correre, ha chiamato gli altri prima di consegnare tutto quanto.– disse la ragazza, uscendo da sotto il gazebo e iniziando a correre sotto la pioggia, trascinando il ragazzo –Seguimi e non fiatare!»
Poi, i due scomparvero nel buio del sentiero, pochi secondi prima che le volanti della polizia si fermassero lì vicino.
 
Naoto non aveva idea di come fossero riusciti ad arrivare fino a lì.
La fortuna doveva necessariamente girare dalla loro parte.
La ragazza afferrò la cornetta del telefono pubblico, componendo velocemente il numero di Tohru.
«Naoto, fa veloce.»
Kanji era dietro di lei e continuava a guardarsi intorno, per individuare l’arrivo di qualsiasi poliziotto che avrebbe potuto trovarli.
Certo che avrebbe fatto alla svelta.
Non erano proprio nelle condizioni di perdere tempo visto che ora tutti credevano che Kanji fosse l’assassino e lei la prossima vittima. Se fossero stati catturati avrebbe dovuto spiegare tutto quanto, rischiando così di mettere davvero in pericolo Rise…
La ragazza ascoltò gli squilli del telefono.
Poteva sentire il suo intero corpo tremare dal freddo e Naoto dovette stringere la cornetta con due mani pur di non farla scivolare.
“Rispondi, rispondi, rispo-”
«Pronto?»
Quando la voce di Tohru arrivò dall’altro lato del telefono, la ragazza fece un sospiro di sollievo.
«Tohru!– esclamò, stringendo con più forza la cornetta –Ascoltami, ho capito una cosa importante.»
Per un attimo, l’uomo non rispose, come se non l’avesse riconosciuta.
«Naoto?– domandò poi, con un tono di voce che lei non aveva mai sentito prima –Perché stai chiamando da un telefono pubblico? Non ti avevo detto di aspettare sotto il gazebo?»
Per un attimo, la ragazza sentì un senso di colpa invaderla.
Aveva ragione.
Le aveva detto di aspettare sotto il gazebo.
Perché lei si era mossa da lì-
Kanji le posò una mano sulla spalla, facendola sussultare.
«Dobbiamo fare veloce.»
Giusto. Non aveva tempo da perdere.
«Tohru ascolta, non è il momento di parlare di questo adesso.– Naoto aveva riacquistato la fiducia che pochi secondi prima aveva perso –Ci sono arrivata. L’assassino è tra di noi, Tohru. È tra i poliziotti.»
L’uomo non rispose nuovamente.
Era come se stesse cercando di valutare la situazione.
«Lo so anche io Naoto.– disse poi, tornando a utilizzare il suo solito tono di sempre –Per questo avevo ideato questo piano stasera.»
Lo aveva capito…?
E allora perché non gliel’aveva detto…?
«Dov’è Rise?» chiese la ragazza, stringendo con più forza la cornetta.
C’era qualcosa che non le tornava.
«L’ho nascosta in un luogo sicuro, dove l’assassino non può trovarla.– disse l’uomo, con tranquillità –Non l’ho portata in centrale se è questo che ti preoccupava. Ora, per favore, torna al ga-»
«Dimmi dov’è.»
Qualcosa non andava.
Nonostante sapesse che Tohru aveva ragione e doveva tornare al gazebo, la ragazza non riusciva più a reprimere la vocina nella sua testa che le urlava di andare dalla sua amica.
L’uomo non rispose.
Per un attimo, Naoto ebbe quasi paura che avesse riagganciato.
«Va bene, va bene.– disse poi, ridacchiando –Se ci tieni tanto ad andare da lei vai, magari riesci a tranquillizzarla visto era abbastanza spaventata di restare lì da sola. È nel capanno in cima alla collina; quella dalla quale si vedono i fuochi d’artificio, presente?»
Sì.
Naoto sapeva qual era.
«Grazie Tohru.– disse –Ci vediamo più tardi.»
«A più tardi Naoto.»
L’uomo riattaccò.
«Allora? Dov’è Rise?»
Kanji le pose quella domanda non appena la ragazza mise la cornetta al suo posto.
«Fortunatamente non è in centrale. È nel capanno sulla collina.»
Nonostante avesse detto “fortunatamente”, Naoto non era poi così sicura che fosse il termine esatto da usare.
Qualcosa continuava a dirle che Rise era in pericolo.
In grave pericolo.
E che se voleva aiutarla avrebbe dovuto sbrigarsi.
«Ok ma,– la ragazza sentì un brivido correrle lungo la schiena quando Kanji stava per porle l’ennesima domanda quella sera –come ci arriviamo?»
Cavolo.
Aveva ragione.
Ci avrebbero messo almeno tre ore ad andare a piedi e, sotto quella pioggia, non era poi così consigliabile.
«Hai una moto, Kanji?» domandò lei, speranzosa.
Quale razza di teppista non avrebbe una moto dopotutto?
Il ragazzo arrossì leggermente.
«Sono troppo piccolo per averla.– rispose, grattandosi la testa –Ho solo quindici anni.»
Era più piccolo di lei?!
«Questo può essere un problema.– commentò la ragazza, passandosi una mano tra i capelli bagnati –Neanche io la ho, nonostante abbia sedici anni. L’unica cosa che so guidare è una bicicletta.»
Gli occhi di Kanji si illuminarono.
«Quella la ho.»
 
Non poteva stare succedendo davvero.
Naoto si trovava attaccata alla schiena di Kanji, che, pedalando ad una velocità quasi inumana, stava risalendo velocemente la collina.
«N-Non puoi andare un po’ più piano?!» gli chiese, stringendolo con più forza.
Era quasi impossibile tenere l’equilibrio in quelle condizioni.
Oltre alla pendenza estrema della collina si aggiungeva anche la pioggia che li aveva completamente inzuppati e rendeva ogni appiglio che Naoto trovava terribilmente scivoloso.
«Se vado più piano cadiamo di sicuro.– le rispose il ragazzo, lasciando il manubrio con una mano e afferrandole il braccio e spingendolo di più contro il suo petto –Stringi di più.»
Come se fosse facile.
La detective si aggrappò con più forza a Kanji che, senza battere ciglio, continuava a pedalare verso la cima della collina.
Quando il ragazzo aveva proposto di usare la sua bicicletta, Naoto aveva davvero creduto che fosse completamente impazzito.
Ora invece, mentre stavano raggiungendo la cima ad una velocità che neanche nei suoi sogni si sarebbe immaginata, pensava che fosse pazzo fin dall’inizio.
Una folata di vento la prese in pieno e la ragazza si rannicchiò maggiormente contro la schiena di lui, attratta dal calore che Kanji emanava nonostante i vestiti fradici.
Si sarebbero sicuramente ammalati entrambi, con tutta l’acqua che avevano preso quella sera.
Ma alla detective quello non importava.
L’unica cosa che le interessava al momento era trovare Rise e tenerla al sicuro.
Sperava con tutta se stessa che l’assassino non l’avesse trovata fino a quel momento, che non avesse in realtà idea di dove potesse trovarsi.
In lontananza, poteva sentire le sirene della polizia che continuavano a suonare.
La stavano cercando per tutta Inaba.
Forse, questo avrebbe reso le cose più difficili anche all’uomo.
Quando arrivò nello spiazzo poco sotto la cima, Kanji si fermò, accostando con la bicicletta alla ringhiera di legno.
Naoto scese immediatamente dalla bici, voltandosi verso il ragazzo.
«Non posso andare oltre con la bici, lì il terreno è troppo fangoso. Tu va da Rise, Naoto.– le disse, sorridendole leggermente –Io nascondo questa e controllo che nessuno sbirro ci abbia seguiti. Se succede qualcosa, urla.»
La ragazza annuì.
«Kanji, ti ringrazio.»
«Hm?»
«Nessuno ha mai fatto tanto per una mia teoria.– spiegò lei, le guance che le si tingevano di rosso –Fino ad ora nessuno le ha quasi mai prese sul serio, soprattutto dopo che scoprivano che ero una ragazza.»
Kanji le sorrise, posandole una mano sulla testa.
«Io mi fido di te, Naoto.– rispose, accarezzandole i capelli –Sono sicuro che troverai l’assassino. Adesso va.»
La ragazza sorrise, mentre sentiva un forte calore sprigionarsi dal suo petto.
Non sapeva perché si sentiva così.
Era completamente irrazionale che provasse quelle sensazioni in quel momento.
Nonostante avesse passato più di un mese con la sua anima gemella, non si era mai sentita così capita e apprezzata come invece si era sentita quella sera.
Certo, non sempre Kanji capiva le istruzioni alla prima volta che gli venivano spiegate (anzi, quasi mai), ma non per questo lei non aveva notato come lui l’ascoltasse e cercasse di capirla.
Si era sentita bene.
Libera, dopo tanto tempo.
E sperava che si sarebbe sentita così anche in futuro.
Dopo aver lanciato un ultimo sguardo al ragazzo, Naoto iniziò a correre verso il capanno, ben visibile dalla posizione in cui si trovava.
Il terreno era completamente fangoso e i tacchi che stava indossando non la stavano minimamente agevolando nella sua impresa.
Forse, Tohru non aveva sbagliato completamente a portare Rise in quel luogo.
L’assassino avrebbe dovuto essersi proprio accanito con lei per decidere di arrivare fino a lassù.
Eppure, c’era quel brutto presentimento che continuava a torturarla.
Dopo qualche minuto, Naoto era riuscita finalmente ad arrivare di fronte al capanno.
Riprese fiato, aprendo lentamente la porta e entrando all’interno.
«Rise?»
Nessuna risposta.
La ragazza chiuse la porta alle sue spalle, iniziando a camminare nel buio.
Gli unici rumore che riusciva a sentire erano i suoi passi, il suo respiro e il battito del suo cuore, che andava sempre più veloce, mano mano che continuava a camminare.
«Rise?» chiamò nuovamente, cercando di vedere qualcosa nel buio.
Era strano che la sua amica non le rispondesse.
Naoto non sapeva quante stanze ci fossero in quel capanno, ma non sembrava così grande da poterne contenere poi chissà quante.
Una luce.
Doveva trovare una luce.
La detective iniziò a tastare il muro, cercando quello che poteva essere un interruttore.
L’ansia stava prendendo quasi il sopravvento.
Perché Rise non le rispondeva?
Che se ne fosse andata?
Che avesse lasciato quel posto?
Oppure… l’assassino era lì con lei?
I movimenti di Naoto si bloccarono, quando quel pensiero le sfiorò la mente.
La ragazza drizzò le orecchie, pronta a captare qualunque suono potesse indicarle che c’era qualcuno.
E fu in quel momento che sentì un singhiozzo strozzato provenire da dietro di lei.
«Rise?!»
La ragazza si voltò, cercando di individuare la sua amica nel buio.
«Rise dimmi dove sei.»
«N-N...N-Na...»
La detective riprese a tastare il muro, in cerca di un benedetto interruttore.
Stava faticando a parlare.
Ma poteva sentirla, lei era lì.
La sua mano finalmente trovò quello che stava cercando e Naoto accese la luce, voltandosi poi di scatto.
Il sangue le si gelò nelle vene.
Rise era lì, a terra, sdraiata su quel gelido e bagnato pavimento di legno.
«Rise!»
La detective si precipitò al suo fianco, buttandosi in ginocchio con una tale forza da sentire male alle ginocchia.
Fu in quel momento che si rese conto che la sua amica non aveva niente addosso.
Tutti i suoi vestiti erano stati gettati poco lontano.
La sua pelle pallida era ricoperta di lividi e escoriazioni.
Naoto si tolse immediatamente il giubbotto zuppo, coprendo la sua amica.
«Rise, cosa è successo?!»
La detective poteva sentire tutto il suo corpo tremare.
Era arrivata tardi.
L’assassino aveva già…
«S-sc...»
Naoto stava andando completamente nel panico.
Sollevò delicatamente il corpo della ragazza da terra.
Era come un peso morto.
«S-sca...»
«Rise non sforzarti. Non parlare.»
La ragazza alzò lo sguardo, osservando la distanza che la separava dall’uscita del capanno.
Doveva assolutamente portarla via di lì.
Non sapeva perché l’assassino avesse lasciato quel luogo prima di ucciderla, ma non aveva il tempo per pensarci.
Doveva prendere Rise, chiamare un’ambulanza e andarsene.
Fu in quel momento che sentì la mano tremante della sua amica posarsi sul sul petto, stringendole il vestito.
La detective si voltò verso di lei.
«S-scappa...»
La porta del capanno si aprì, facendola sussultare.
L’assassino.
L’assassino era tornato.
Con uno scatto, Naoto afferrò la pistola con la mano sinistra e, sostenendo Rise con il braccio destro, si voltò verso l’entrata puntando l’arma che aveva verso l’uomo.
Un sospiro di sollievo lasciò le sue labbra.
«Tohru!» esclamò.
Tohru era appena entrato nel capanno e le stava osservando.
La detective abbassò la pistola.
Erano salve.
Erano salve!
«Dobbiamo assolutamente chiamare un’ambulanza, Rise è gravemente ferit-»
«Sei arrivata prima del previsto, Naoto.»
Tohru le lanciò uno sguardo annoiato.
Naoto sentì un fortissimo brivido correrle lungo la schiena.
«Cosa intendi dire…?» sussurrò, mentre il suo corpo iniziare a tremare.
Solo in quel momento si rese conto che l’uomo teneva una corda nella mano destra e un bastone nella sinistra.
«Esattamente quello che ho detto.– rispose lui con un tono che la ragazza non aveva mai sentito prima e mentre un sorrisetto si formava sul suo volto –Volevo farti trovare la tua amichetta appesa all’albero qua fuori. Non pensavo che facessi così in fretta.»
No.
No no no no!
Doveva essere un incubo.
Tohru non poteva…
«E poi, portarsi dietro quel Tatsumi… volevi tradirmi per caso, Naoto?»
L’uomo lasciò cadere il bastone al suolo.
Solo in quel momento la ragazza si accorse che era macchiato di sangue.
Poteva sentire Rise singhiozzare contro il suo petto, mentre cercava ancora di dirle di scappare.
«C-cosa stai dicendo, Tohru…?»
Non doveva piangere.
Sapeva che mettersi a piangere avrebbe solo peggiorato le cose.
«Sei così dura di comprendonio, Naoto?– disse, facendo un passo avanti –Perché non chiedi a Kujikawa? Sai, prima abbiamo avuto una bella chiacchierata.»
Quando Tohru la nominò, Rise strinse con più forza il vestito di Naoto, continuando a singhiozzare.
La detective era completamente nel pallone.
Sapeva di dover chiamare aiuto, di dover scappare con Rise, ma non aveva la forza di muoversi.
Poteva solo osservare l’uomo che si avvicinava.
«Sai Naoto, io neanche me la volevo fare quella lì.– continuò, indicando Rise con la testa –Ma tu mi hai disubbidito, e quindi dovevo sfogare la mia rabbia con qualcuno. Sbaglio o ti avevo detto di aspettarmi sotto al gazebo?»
Naoto poteva sentire l’aria mancarle.
Era colpa sua se Rise era in quelle condizioni.
Era stata lei a metterla in pericolo…
«La stessa cosa vale per Satonaka, sai?– Tohru era ormai a pochi passi da lei –Quella sera dovevi essere tu la fortunata, Naoto. Ma sei scappata proprio sul più bello.»
La tazza di cioccolata di quella sera le tornò alla mente.
Un fortissimo brivido le corse lungo la schiena quando capì che l’uomo aveva tentato di drogarla.
«T-Tohru, per favore,– la voce della ragazza era flebile –smettila di scherzare.»
L’uomo scoppiò a ridere.
«Ti pare che io stia scherzando, Naoto?»
Naoto aveva paura.
Aveva tanta paura.
«Non sai quanto è stato divertente vederti perdere il controllo, ogni volta che un’altra vittima veniva uccisa sotto il tuo naso.»
La stava terrorizzando.
La ragazza poteva sentire tutto il suo corpo tremare.
«Oh, ma non preoccuparti. Stavolta farò in modo che tu veda tutto quanto. Taglierò la gola alla tua amichetta proprio davanti ai tuoi occhi.»
Quando l’uomo fece un altro passo, la detective alzò nuovamente la pistola, puntandola contro di lui.
«Oh, vuoi spararmi Naoto?»
Tohru si era fermato e adesso la stava guardando divertito.
La ragazza non rispose.
«Fallo, ti sfido.»
Doveva sparare.
Doveva salvare Rise.
Ma allora perché non riusciva a premere il grilletto?
«Cosa aspetti? Te lo devo ordinare io? Come ho fatto per tutto questo tempo?»
La mano iniziò a tremarle con più forza, mentre la prima lacrima usciva dai suoi occhi.
«Sai è stato così divertente.– l’uomo aveva ripreso a camminare verso di lei –Bastava schioccare le dita e tu eri subito al mio servizio. Chi avrebbe mai pensato che bastava così poco per controllare la grande Naoto Shirogane, vero?»
Il suo campo visivo si era fatto appannato, mentre le lacrime avevano ormai iniziato a rigarle le guance.
Tohru la afferrò dal braccio con cui teneva la pistola, tirandola su, in piedi, e facendole perdere la presa su Rise.
«E adesso neanche lotti per la tua vita, sei patetica. Chi mai vorrebbe un’anima gemella come te?»
La pistola le cadde sul pavimento.
Era finita.
Non poteva continuare così.
«L-Lasc… l-lascial...»
Naoto vide che la sua amica, nuovamente distesa sul pavimento, cercava di alzarsi.
«Tu devi stare zitta.»
Tohru la colpi con forza con un calcio allo stomaco e Rise lasciò andare un rantolo, rannicchiandosi nuovamente a terra.
«No!»
La detective provò a colpire l’uomo, ma si ritrovò contro il pavimento, la mano di lui attorno al collo.
«Non essere gelosa,– le disse, tenendola bloccata a terra –ora penso a te.»
Perché?
Perché lui le stava facendo questo?
Perché l’uomo che le aveva detto di amarla le stava facendo del male?
Tohru continuò a tenerla ferma, con la mano intorno al suo collo.
«Facciamo vedere alla tua amica che non deve intromettersi nei fatti nostri, Naoto.– le disse, mettendo una gamba tra le sue e costringendola ad aprirle –Facciamole vedere quanto ti piace.»
Naoto portò le mani al collo, cercando di liberarsi da quella presa che la stava uccidendo.
Non riusciva a respirare.
Aveva la gola completamente bloccata.
Tohru continuava a guardarla, dominandola completamente.
La detective non poteva far altro che tentare di liberarsi, mentre l’uomo le strappava il sopra del vestito con una forza che Naoto non pensava potesse avere.
Non poteva crederci.
Non poteva credere che la sua anima gemella, l’uomo che lei amava, le stesse facendo questo.
Non poteva credere di essere stata così tanto stupida da non rendersi conto di quanto Tohru fosse pazzo.
L’aveva usata fino a quel momento e lei, come una stupida, era caduta in trappola.
E questo solo perché chissà quale dio, lassù, aveva scelto che loro due dovevano stare insieme.
La detective chiuse gli occhi, mentre Tohru continuava a stringerle con forza il collo e, con l’altra mano, le apriva il reggiseno.
Era finita.
Nessuno avrebbe potuto salvarl-
Un colpo secco, seguito da un lamento, le arrivò alle orecchie.
Il peso che aveva sopra di lei si tolse di colpo e la ragazza sentì l’aria tornare finalmente nei suoi polmoni.
Si portò una mano alla gola, rendendosi conto che quella dell’uomo non c’era più…
«Naoto, prendi Rise e scappa!»
La ragazza si voltò verso il punto da cui veniva la voce.
«K-Kanji...»
Alla sua destra, a pochi centimetri da lei, Kanji aveva atterrato Tohru e cercava di tenerlo fermo, mentre l’uomo, sotto di lui, cercava di liberarsi.
«Scappa!»
La detective non se lo fece ripetere due volte.
Si alzò, correndo verso la sua amica e caricandola come poteva in spalla, mentre afferrava la sua pistola, rimasta sul pavimento.
Nel frattempo poteva sentire i due lottare dietro di lei, anche se non aveva il coraggio di scoprire chi stesse avendo la meglio.
Doveva correre.
Doveva correre fuori da lì e chiamare Dojima.
«Naoto, attenta!»
La detective si abbassò di colpo e un proiettile passò esattamente sopra di lei, nel punto in cui poco prima c’era la sua testa.
Giusto.
Anche Tohru aveva una pistola.
Un altro colpo esplose, ma Kanji dovette riuscire a deviarlo perché questa volta Naoto fu solo colpita di striscio alla gamba.
«Metti giù quella cosa!»
La detective sentì il ragazzo urlare quelle parole e un rumore metallico arrivò dalle sue spalle, come se la pistola fosse caduta al suolo.
Ma non aveva tempo di voltarsi.
Era finalmente arrivata alla porta del capanno e ora stava correndo all’esterno, mentre la pioggia di poco prima tornava a bagnarle ciò che rimaneva dei suoi vestiti.
Naoto continuò a correre, stando attenta a non lasciare andare Rise che, rannicchiata contro la sua schiena, continuava a piangere e a tremare per il freddo che doveva starle congelando le ossa.
«K...K-Ka...K-Kanji...»
Il cuore della detective perse un colpo quando sentì la sua amica chiamare quel nome.
Era come se la stesse implorando di non lasciarlo lì, di tornare dentro, di aiutarlo contro Tohru.
«D-dobbiamo chiamare la polizia, Rise.– le disse Naoto, continuando a scendere lungo il pendio fangoso, stando attenta a non cadere –Non possiamo fare niente da sole. Kanji starà bene, te lo prometto.»
Non era minimamente sicura di quello che aveva appena detto.
Ma non poteva fare altro, doveva assolutamente chiamare Dojima e chiedergli aiuto.
La ragazza si maledì di non aver chiamato subito quell’uomo che era da sempre stato così tanto gentile e che lei non aveva avvertito per paura che fosse l’assassino…
No, non doveva pensarci in quel momento.
Sapeva che sulla collina non c’era campo, non c’era mai stato, e inoltre non aveva neanche idea di dove avesse lasciato il suo cellulare in quel momento.
Doveva assolutamente raggiungere il telefono pubblico che si trovava nello spiazzo dove si era lasciata con Kanji, pochi minuti prima-
Fu in quel momento che il tacco della sua scarpa si ruppe e Naoto scivolò, cadendo in avanti.
«Rise!»
Con uno scatto felino, afferrò il braccio di Rise e portò la ragazza davanti a sé, stringendola tra le sue braccia mentre lei cadeva al suolo.
Sentì la sua amica lasciare andare un gridolino strozzato quando le due toccarono terra e iniziarono a rotolare nel fango.
Naoto continuava a tenere stretta la sua amica, cercando di farle prendere meno colpi possibili, mentre lei sentiva ogni centimetro del suo corpo iniziare a farle male.
Rotolarono giù dal pendio, sbattendo ogni parte del loro corpo contro il suolo e i ciottoli che formavano il sentiero.
Quando finalmente si fermarono, la detective si rese conto che oramai si trovava nello spiazzo prima della cima della collina, il luogo in cui sarebbe dovuta arrivare.
Aprì le braccia, per controllare se Rise stesse bene.
«R-Rise, stai bene?!»
La sua amica non rispose.
«R-Rise…?»
Naoto sentì il sangue gelarsi nelle vene quando notò che la mano con cui le stava parando la testa era sporca di sangue.
Doveva assolutamente chiamare aiuto.
La detective strinse Rise a sé e si alzò, ignorando il dolore lancinante che le lanciavano le sue gambe e la sua schiena.
Il telefono era lì, poco lontano.
Doveva solo raggiungerlo e tutto sarebbe finito.
Naoto iniziò a camminare, incurante della pioggia che si era fatta più pesante su di lei e che stava quasi cercando di schiacciarla al suolo.
Quando sentì uno sparo in lontananza, la ragazza aumentò il passo.
Non poteva permettere che Tohru uccidesse Kanji.
Non poteva lasciare che quello accadesse…
Arrivò finalmente alla cabina e vi entrò, poggiando Rise a terra.
La ragazza afferrò la cornetta, digitando velocemente il numero del suo superiore.
«Pronto?»
Quando la voce di Dojima le arrivò dall’altro capo della linea, le gambe di Naoto cedettero e lei cadde al suolo.
«D-Dojima.»
«Shirogane! Sei ferita?! Mi hanno detto che Tatsumi-» la voce dell’uomo era chiaramente preoccupata.
«Tohru. È Tohru l’assassino.»
Quelle parole scivolarono fuori dalle sue labbra e la ragazza sentì tutta l’ansia che aveva accumulato fino a quel momento esplodere dentro di lei.
«Adachi? Cosa stai dicend-»
«L-la prego ci aiuti.– Naoto poteva sentire le lacrime iniziare a riempire nuovamente i suoi occhi, mentre continuava a parlare, non riuscendo a fermarsi –Rise è gravemente ferita, ha anche sbattuto la testa e non risponde. Kanji sta fermando Tohru, ma non so quanto a lungo ci riuscirà e non voglio ch-»
«Arriviamo subito, Shirogane.– la detective poteva sentire l’uomo mettere in moto la sua auto –Dimmi solo dove vi trovate.»
Naoto aprì la bocca, quando una fortissima fitta di dolore la colse completamente alla sprovvista.
Un fortissimo ronzio si propagò nelle sue orecchie e la ragazza lasciò andare la cornetta del telefono, portando le mani ai lati della testa e chiudendo gli occhi.
«Shirogane? Shirogane?!»
Quando la voce di Dojima arrivò dal telefono, la ragazza aprì nuovamente gli occhi e allungò la mano per recuperare la cornetta che ora penzolava nel vuoto.
I suoi movimenti si fermarono e il suo respiro si fece più pesante quando notò che il rosa pallido della sua pelle era adesso grigio.
«Shirogane, cosa sta succedendo?!»
La detective sbatté le palpebre e la scala di grigi, che un secondo prima aveva preso possesso del suo mondo, scomparve nuovamente.
Una strana sensazione la avvolse.
Se i colori stavano per andarsene, voleva dire che Tohru stava-
«Naoto?!»
La ragazza afferrò la cornetta del telefono, riportandola all’orecchio.
«S-Siamo al capanno sulla collina.» disse, mentre la voce le tremava.
«Arrivo.»
Poi, Dojima mise giù.
Naoto lasciò andare la cornetta, rilassandosi completamente contro la parete della cabina.
Afferrò Rise accanto a lei, stringendola a sé e cercando di riscaldarla per quanto fosse possibile.
Poteva sentire la sua amica respirare contro il suo petto.
Era viva.
Doveva solo mantenerla al caldo fino all’arrivo dei soccorsi.
La detective lanciò un ultimo sguardo al capanno, che si trovava poco più su rispetto al luogo in cui erano nascoste loro due.
Se quello che aveva visto poco prima non era un’allucinazione, la sua anima gemella aveva appena ricevuto un colpo al limite del fatale.
Tohru doveva essere ferito gravemente.
Naoto credeva che in una situazione del genere sarebbe corsa immediatamente sul posto, cercando in tutti i modi di salvare la vita all’uomo che amava.
E invece non fu così.
Anzi, poco prima, quando quella scala di grigi era tornata nel suo mondo, le sue lacrime si erano completamente fermate.
 
La polizia arrivò solo cinque minuti dopo.
Naoto non avrebbe mai pensato che ci fosse anche solo la possibilità che lei si potesse trovare un giorno dalla parte delle vittime e non di chi stava indagando.
Dojima era entrato personalmente nella cabina telefonica quando le aveva viste e aveva preso sia lei che Rise in braccio, portandole immediatamente dai paramedici che erano arrivati sul posto.
La sua amica era stata caricata in una delle ambulanze che avevano chiamato ed era stata portata via, all’ospedale più vicino, ma i paramedici avevano comunque rassicurato la detective e i poliziotti, dicendo che la idol non era fortunatamente in pericolo di vita.
Naoto sarebbe voluta andare con lei, stringerle la mano per tutto il tragitto e stare al suo fianco per tutto il tempo, ma, nonostante le proteste di Dojima, aveva deciso che era meglio restare.
Doveva assolutamente vedere come stava Kanji.
Per questo in quel momento si trovava lì, seduta dentro ad una delle macchine che si trovavano dietro al capanno, con la giacca del suo superiore addosso.
Non poteva far altro che osservare le sue gambe, completamente bendate, sbucare da quell’indumento così enorme per lei.
Era strano che ci mettessero tanto in realtà.
Lei era lì da già trenta minuti e i colori intorno a lei erano diventati così instabili che continuavano ad andare e venire, ogni volta che lei sbatteva le palpebre.
Tohru doveva essere ferito.
Gravemente ferito.
Allora perché ci mettevano tutto quel tempo per catturarlo?
Non aveva senso…
Un brivido le corse lungo la schiena.
Qualcosa non andava. C’era decisamente qualcosa che non andava.
Non sapeva perché, ma una fortissima sensazione di angoscia si era trasmessa dentro di lei dal momento in cui Dojima le aveva detto di aspettare lì.
Che Tohru fosse riuscito a ferire Kanji in qualche modo…?
Naoto uscì dall’auto, stringendosi nella giacca del suo superiore quando la pioggia tornò a colpirla.
Le facevano male i piedi. Le facevano incredibilmente male.
Abbassò lo sguardo, osservando come erano stati completamente fasciati dai paramedici e come ora non stesse indossando delle scarpe.
«Shirogane, cosa sta facendo?– un agente di polizia si era avvicinato a lei e l’aveva immediatamente coperta con il suo ombrello –Ha bisogno di qualcosa?»
Naoto scosse la testa.
«Voglio solo sapere cosa sta succedendo. Perché Dojima non ha ancora catturato Tohru?» domandò, alzando lo sguardo.
L’agente la guardò, leggermente a disagio.
«Adachi è comunque un poliziotto, è allenato.– le spiegò, grattandosi la testa –È normale che non si faccia catturare tanto facilmente.»
Sì, aveva ragione.
Era una cosa normale.
Se solo lei non continuasse a vedere i colori che non facevano che cambiare.
«Posso andare da loro?»
Doveva vedere la situazione con i suoi occhi.
Doveva assolutamente riuscire a capire cosa stesse succedendo.
L’agente non sembrava del tutto convinto.
«Potrebbe farsi male.» le disse, cercando di farla ragionare.
Naoto si guardò un attimo.
Tanto oramai, peggio di così.
«Sono la sua anima gemella. Posso provare a calmarlo.– tentò –Devo parlare con lui.»
Sapeva che in realtà non era quello il suo scopo.
L’unico motivo per cui Naoto voleva andare da Tohru, era per capire cosa stesse succedendo, e agire di conseguenza.
L’agente si guardò intorno.
Poi, sbuffò.
«Non sono nessuno per fermarla, Shirogane.– le disse, facendo un passo indietro –Vada pure, ma non dica a Dojima che sono stato io a lasciarla andare.»
Naoto annuì, riprendendo a camminare lungo la parete del capanno per raggiungere l’entrata dall’altro lato.
Fu solo quando era ormai a metà strada, che la ragazza li sentì.
«Adachi, ti ho detto di mettere giù la pistola!»
La voce di Dojima era più alta del solito.
Non l’aveva mai sentito così, come se ci fosse un pericolo imminente.
La detective accelerò il passo, nonostante tutto il suo corpo le lanciasse fitte di dolore.
Svoltò l’angolo e fu in quel momento che vide che il suo superiore si trovava davanti all’entrata del capanno, insieme ad altri agenti.
Tutti puntavano le pistole verso l’interno.
«Io ho detto che lo uccido se pensate di fare qualche gioco strano.»
Naoto sussultò leggermente, quando sentì Tohru pronunciare quelle parole dall’interno del capanno.
I suoi dubbi erano fondati.
Dalla voce non sembrava in pena, né che fosse particolarmente dolorante.
Allora perché la sua visione continuava a cambiare…?
«Libera l’ostaggio. Adesso.»
Dojima continuava ad urlare verso l’interno del capanno.
Un ostaggio?
Chi stava usando come ostaggio?
Come poteva star minacciando qualcuno se doveva essere ferito?
«Ho detto che voglio parlare con quella sgualdrina. Fatemela vedere.»
La detective sentì un brivido lungo la schiena.
Stava parlando di lei…?
Improvvisamente le sue gambe iniziarono a tremare.
Possibile che volesse ancora farle del male? Nonostante i poliziotti avessero ormai circondato il capanno…?
«Shirogane è ferita, la stiamo cur-»
Uno sparo esplose e la visione di Naoto si fece nuovamente grigia per un secondo.
«Adachi!»
«Questa volta l’ho mancato.– disse Tohru, la voce calma come al solito –Ma se non vedo Naoto entro 3 minuti nel punto in cui sei tu, a Tatsumi salta la testa.»
Fu come se una doccia d’acqua fredda la colpisse in pieno.
Kanji.
Kanji era ancora là dentro.
Kanji era l’ostaggio.
Una fortissima sensazione di rabbia la pervase.
Doveva aiutarlo. Doveva fare di tutto per salvarlo.
Le sue gambe iniziarono a muoversi senza che lei potesse farci niente.
«Vai a prenderla Dojim-.»
«Non ce n’è bisogno, sono già qui.»
Dojima si voltò immediatamente verso di lei quando la ragazza pronunciò quelle parole, raggiungendoli e piazzandosi davanti all’entrata del capanno.
«Shirogane!»
«Ecco vedi, Dojima? Lei a differenza tua sa che deve obbedire.»
Naoto non lo stava ascoltando.
Continuava ad esaminare la scena di fronte a lei, cercando di ottenere più informazioni possibili per capire come era meglio agire.
Tohru era in piedi, nel bel mezzo del capanno.
Era ferito, certo; ma niente di così grave in fondo.
Quello messo male era Kanji.
Il ragazzo era seduto contro il muro, aveva il respiro pesante e teneva il braccio intorno allo stomaco, come se fosse stato colpito con forza.
Una pozza di sangue si era espansa da sotto la sua gamba sinistra e la detective notò con orrore che Tohru doveva avergli sparato.
Due volte a giudicare dai due buchi ben visibili dal punto in cui lei si trovava.
Rischiava di morire dissanguato se non si sbrigava.
«Su Naoto, entra.»
Naoto riportò nuovamente lo sguardo all’uomo davanti a lei e vide solo in quel momento che Tohru teneva il braccio teso, la pistola puntata dritta alla testa di Kanji.
«Shirogane, non farlo.» Dojima le sussurrò quelle parole, visibilmente preoccupato.
Ma la ragazza non poteva stare ferma.
Doveva intervenire.
Doveva assolutamente mettere fine a quella storia.
«Naoto,– la voce di Tohru si era fatta più impaziente, il dito sul grilletto si stava muovendo –entra. Adesso.»
«N-Naoto, n-non farlo.»
Questa volta fu Kanji a parlare.
«Sbrigati o lo ammazzo.»
La ragazza si voltò verso Dojima.
«Mi dispiace.» disse, togliendosi la giacca che lui le aveva prestato e restituendola all’uomo.
Poi, sotto lo sguardo terrorizzato del suo supervisore, la ragazza entrò all’interno del capanno.
«Chiudi la porta.» le ordinò Tohru, sorridendo.
Naoto annuì.
In quel mese in cui erano stati insieme, la ragazza aveva notato quanto lui si sentisse appagato quando lei annuiva e basta, senza dire una parola.
Non sapeva perché le era sembrata una cosa normale fino a quel momento.
Non riusciva a spiegarselo.
«N-Naoto, s-scappa, p-per favore.»
Poteva sentire la voce di Kanji provenire dalla sua sinistra, ma la ragazza non si voltò.
Sapeva che, se lo avrebbe fatto, Tohru non avrebbe esitato a sparargli.
«La porta, Naoto. Senza voltarti.»
«Shirogane non farlo!»
La detective ignorò Dojima e portò una mano dietro la schiena, chiudendo la porta alle sue spalle.
Poteva sentire le urla del poliziotto dall’altro lato, ma sapeva che, se gli avrebbe risposto, la situazione avrebbe preso una piega ben peggiore.
«Vedo che sei obbediente come al solito.– le disse l’uomo, sorridendole –Eppure prima sei scappata. Non mi è piaciuto poi così tanto quel tuo comportamento, sai?»
Naoto non disse nulla.
Doveva assolutamente tirare fuori Kanji da quella situazione.
Doveva in tutti i costi salvare quel ragazzo.
«Su, adesso fa la brava e inizia a spogliarti.– le ordinò Tohru –Facciamo vedere a Kanji quanto ci amiamo, ti va?»
Naoto poteva sentire lo sguardo di Kanji posato su di lei.
Era come se cercasse di implorarla di scappare, di non fare niente di quello che l’uomo le stava chiedendo, di salvarsi e lasciarlo lì se necessario.
La ragazza portò una mano alla sua cintura, afferrando la sua pistola.
«Naoto, cosa stai facendo?»
«Mi dispiace, Tohru.»
No, non era vero. Non le dispiaceva affatto. 
Naoto puntò la pistola contro l'uomo di fronte a lei, il braccio fermo, mentre lo osservava con uno sguardo di ghiaccio.
Tohru scoppiò a ridere.
«Oh andiamo, Naoto.– disse, incredulo –Pensi davvero che io ci cada? Non prendermi in giro, sappiamo entrambi che tu non vuoi uccidermi.»
La detective non si mosse.
Era strano.
Era molto strano.
Ma era come se tutto in quel momento avesse riacquistato un senso.
«Perché non dovrei?» rispose lei, continuando a puntare la pistola contro l'uomo.
Tohru scosse la testa, con il suo solito fare teatrale.
«Perché siamo anime gemelle, no?– le disse, alzando le spalle –Vuoi davvero distruggere ciò che il destino ha creato, Naoto?»
Quante volte le aveva detto quella frase durante quel mese?
Tante, troppe per contarle.
Ogni volta che lei vacillava, lui le ricordava quel fatto, come se quello lo autorizzasse a farle fare tutto quello che lui voleva.
«Siamo fatti l'uno per l'altra,– Tohru aveva ancora quel sorriso stampato in volto –lo hai detto tu stessa, ricordi?»
Sì, ricordava; ricordava perfettamente.
E ora si sentiva anche fin troppo stupida per averlo anche solo pensato.
«Dai su, metti giù la pistola e inizia a fare la brava.»
«Scordatelo.»
Quella situazione le sembrava quasi irreale.
Normalmente si sarebbe aspettata di avere paura, di non riuscire neanche a parlare, come era successo solo un’ora prima, in quello stesso capanno.
Invece adesso non provava alcun tipo di terrore.
Non provava neanche rabbia, a dire la verità.
Solo puro odio.
«Ehi.– la voce di Tohru era dura, il sorriso era scomparso dal suo volto –Vedi di non farmi arrabbiare.»
La ragazza incrociò il suo sguardo.
E fu in quel momento che vide gli occhi di Tohr- Adachi spalancarsi.
Come se solo in quel momento avesse capito che lei non gli avrebbe più dato ascolto, che lei non era più il suo pupazzo; che non era più la sua “bambola”, così come aveva detto Rise quella sera.
«Naoto...? Cosa stai...?»
La ragazza ripensò a tutto quello che aveva subito in quel mese.
Ad ogni volta in cui l'aveva costretta a fare qualcosa che lei non voleva.
Ad ogni volta che lei aveva compiaciuto quell’uomo.
Ad ogni fottutissima volta in cui lei aveva nascosto la vera se stessa, in cui aveva rinchiuso il suo istinto da detective in un angolino del suo cervello, in cui si era lasciata comandare da quello sporco assassino.
«Va' al diavolo.» sussurrò, mentre tutte le emozioni che aveva tenuto rinchiuse dentro di lei fino a quel momento esplodevano.
Adachi portò immediatamente il dito al grilletto, pronto ad uccidere il ragazzo.
Ma Naoto si mosse per prima.
L'uomo urlò dal dolore quando il colpo della detective arrivò alla sua spalla, facendogli perdere l'equilibrio.
Sparò anche lui, ma il proiettile non raggiunse Kanji: si conficcò nel pavimento, almeno a 20 cm dalla gamba del ragazzo.
«N-Naoto...»
La voce che Adachi aveva usato in quel momento era un sibilo.
La ragazza  si preparò a esplodere il colpo successivo, puntando stavolta la pistola alla sua testa.
«Questa volta è il tuo braccio.– disse, ripetendo le stesse parole che l'uomo aveva detto poco prima, modificandole leggermente –Ma se non metti giù la pistola entro 3 secondi, la tua testa salta.»
L’uomo la guardò, incredulo.
«Shirogane!»
Quando Dojima entrò nel capanno, urlando il suo nome, Adachi aveva già lasciato cadere l’arma e si era messo in ginocchio.
La ragazza non si voltò verso il suo superiore.
Tenendo sempre la pistola ferma verso il suo obiettivo, corse verso Kanji, inginocchiandosi accanto a lui e abbassando l’arma solo quando vide Dojima e gli altri poliziotti andare a catturare l’uomo che era ormai a terra.
«N-Naoto…»
La sua voce era dolorante.
Doveva star provando dolore.
«Non parlare.– gli disse lei, strappando il bordo inferiore del suo vestito e fasciandogli la gamba come meglio poteva –Adesso andrà tutto bene. È tutto finito.»
Kanji la guardava, preoccupato.
«S-sicura di stare bene?» le chiese, mentre i poliziotti portavano via Adachi e chiamavano i paramedici.
Naoto lo guardò, sentendo una sensazione che mai aveva sentito prima invaderle il petto.
Non era lei quella che era gravemente ferita.
Non era lei quella che aveva rischiato di morire.
Non era lei quella che aveva fatto a pugni e si era presa due proiettili nella gamba.
Eppure lui si preoccupava per lei.
«Sì, sto bene.– rispose, quando notò che lo sguardo del ragazzo si era fatto più preoccupato, vedendo che lei non accennava a rispondere  –Sei tu quello che è messo male adesso, non io. Dobbiamo pensare a te.»
Fortunatamente la ferita che gli era stata inflitta non era mortale e non era neanche poi così tanto grave come le era sembrata alla prima occhiata.
Fu in quel momento che Kanji le mise un braccio intorno alla schiena e la tirò a sé, stringendola contro il suo petto.
Naoto sapeva fin troppo che, normalmente, se quella fosse stata una qualsiasi altra persona, si sarebbe immediatamente staccata da quell’abbraccio.
Ma quella sensazione di sicurezza, che mai aveva provato prima di allora, la travolse, la detective eliminò immediatamente qualsiasi minimo tentativo di resistenza.
Si lasciò abbracciare, mentre sentiva un calore che mai aveva sentito prima invaderla completamente.
Poi, lentamente, portò anche lei le braccia intorno al suo busto, stringendolo con più forza, mentre il suo corpo iniziava a tremare.
Fu in quel momento che lo notò.
Gli occhi di Naoto si spalancarono quando quel piccolo dettaglio, che fino a quel momento le era sfuggito, si faceva così evidente davanti ai suoi occhi. 
Il sangue.
Il colore del sangue che era a terra era adesso molto più vivido di prima, come se stesse brillando.
La ragazza alzò immediatamente lo sguardo, guardandosi intorno.
E rimase senza fiato.
Tutti i colori della stanza erano come se fossero molto più intensi del solito.
Erano così brillanti e luminosi che Naoto pensò che fosse come se in realtà, fino a quel momento, ne avesse visto solo una versione spenta e smorta di quelle stesse sfumature, come se il mondo fosse ancora più bello di come lei lo avesse visto fino ad allora, come se…
...come se stesse venendo i colori per la prima, vera, volta.
E fu in quel momento che tutti i pezzi andarono al suo posto.
Ricordò come i colori continuassero a sparire dalla sua visione e venissero soppiantati da quell’odiosa scala di grigi, nonostante Adachi non fosse ferito.
Ricordò cosa aveva passato quella sera.
Ricordò come Kanji era riuscito a farla sentire viva dopo tanto, troppo tempo.
Ricordò come le sue sole parole fossero state in grado di riattivare il suo cervello, completamente spento a causa di Adachi e il modo in cui quell’uomo la aveva manipolata.
Ricordò il giorno in cui aveva incontrato il ragazzo a scuola, il modo in cui il suo cuore aveva reagito quando aveva incrociato il suo sguardo, ciò che lei aveva provato quando lo aveva visto seduto al banco dietro al suo, a pochi centimetri da sé.
Ricordò l’espressione sconvolta e triste che Rise aveva fatto sul tetto della scuola, mentre osservava la reazione del ragazzo quando lui aveva sentito che lei pensava fosse Adachi la sua anima gemella.
Ricordò il momento in cui lui era uscito dall’ufficio di Adachi e lo sguardo triste che le aveva lanciato, prima di tornare a osservarla con quella sua solita freddezza e inespressività.
Ricordò il suo primo giorno ad Inaba.
Ricordò quando aveva visto lui e Adachi per la strada.
E, soprattutto, ricordò il mondo che si era colorato intorno a lei, quando aveva incrociato il suo sguardo.
Per la prima volta da quando era entrata in quel capanno, Naoto sentì tutta la paura che aveva provato sparire completamente e venire sostituita da una forte sensazione di calma e di tranquillità.
Una prima lacrima le rigò il viso e lei nascose il volto nell’incavo del collo del ragazzo, mentre le sue spalle iniziavano ad essere scosse dai singhiozzi.
Kanji la strinse di più a sé, posandole il mento sulla testa.
E anche dopo l’arrivo dei paramedici loro restarono così, in silenzio, fino a quando Naoto non verso tutte le lacrime accumulate in quell’inferno che era, finalmente, finito.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Prompt: Piangere senza riuscire a fermarsi
Parole: 663
Fandom: Persona 5
Personaggi: Ann


Ann non avrebbe mai pensato di potersi trovare in una situazione del genere.
Seduta su una delle sedie della sala d'attesa di uno dei più grandi ospedali di Tokyo, la ragazza non poteva far altro che stringere con forza il suo portachiavi rosa a forma di pinguino, aspettando con ansia che uno dei dottori uscisse da quella maledetta stanza di fronte a lei.
Erano ormai passate ore da quando era in quell’ospedale.
Fuori era diventato buio, le persone in quel corridoio avevano iniziato a diminuire, mano mano.
Ma lei era rimasta lì, gli occhi puntati sulle sue mani.
Si era anche addormentata un paio di volte e, ad ogni risveglio, pensava che quello che aveva vissuto quella stessa mattina era stato solo un incubo.
Ma poi, con suo enorme dolore, ricordava che non lo era stato.
Quella mattina, a scuola, Shiho si era buttata dal tetto, proprio davanti ai suoi occhi.
La scena di molte ore prima continuava a ripetersi nella sua testa, come se non potesse pensare ad altro.
Non sapeva perché, ma, ogni volta che chiudeva gli occhi, se la ricordava diversa da come era realmente accaduta.
Nei suoi ricordi (e nei suoi sogni nel momento in cui si era addormentata) Ann era lì, su quello stesso tetto, e le sarebbe bastato in realtà allungare solo una mano per potere fermare la sua amica e salvarla.
Beh, dopotutto, quella era la verità, anche se solo in parte.
Anche se lei non era stata su quello stesso tetto, infatti, non si poteva dire che lei non avesse mai avuto il modo di prevenire quello che era accaduto.
Sapeva che tipo era Kamoshida.
Sapeva che se lei non avesse fatto quello che lui voleva, Shiho sarebbe stata in pericolo.
Sapeva che lei non poteva essere l'unica ad essere abusata da quell'uomo.
Sapeva che Shiho stava passando un brutto periodo...
Ma non aveva fatto niente per salvarla.
Anzi, l'aveva lasciata completamente in balia di quell'uomo.
E adesso...
La vista di Ann si offuscò e una delle tante lacrime che stava trattenendo fino a quel momento cadde di fronte a lei, colpendo il piccolo pinguino che la ragazza continuava ad osservare da un tempo che le sembrava infinito.
Ricordava perfettamente quando lo aveva comprato.
Era stato ben sei anni prima, quando era uscita per la prima volta con quella che sarebbe diventata la sua migliore amica.
Non avrebbe mai potuto dimenticare la gioia che l’aveva pervasa mentre compravano i due pinguini che facevano una coppia perfetta, quello di Ann rosa e quello dell’altra ragazza di un celeste pastello.
Avevano giurato che il avrebbero tenuti per sempre con loro, in segno della loro amicizia.
Ed era proprio quello che avevano fatto.
O, almeno, quello che Ann aveva fatto.
Non sapeva se anche Shiho avesse davvero mantenuto quella stupida promessa per tutti quegli anni.
In realtà, non aveva neanche avuto modo di chiederglielo.
Forse perché fino a quel momento non le era neanche passato per la testa di farlo.
Aveva sempre pensato che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per farle quella domanda, o per vedere lei stessa con i suoi occhi se Shiho continuava ad avere quel piccolo portachiavi.
E invece ora non poteva più farlo.
Come avrebbe potuto?
Non sapeva neanche se la ragazza sarebbe riuscita a sopravvivere, dopo la caduta che aveva subito.
Ann si rannicchiò maggiormente sulla sedia e singhiozzò con più forza, piegandosi in avanti e portando il suo pinguino al petto.
Dopotutto in quel momento, non poteva far altro che quello.
Non poteva far altro che lasciare che le lacrime, che fino a poco prima non avevano neanche la forza di uscire dai suoi occhi, rigassero adesso le sue guance, senza che lei riuscisse più a fermarle.
E resto così, tutta la notte, su quella scomoda sedia della sala di attesa di quell’ospedale, aspettando che qualcuno finalmente venisse a darle buone notizie, mentre stringeva con forza quel piccolo e rovinato dal tempo pinguino; l’unica cosa che Shiho le aveva lasciato.
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Prompt: Tutti i bambini crescono, meno uno. (J.M. Barrie, Peter Pan)
Numero parole: 643 (non contando la citazione)
Fandom: Persona 4
Personaggi: Nanako Dojima

~

"Tutti i bambini crescono, meno uno."
Nanako lesse quella frase per almeno la decima volta di seguito, osservando con attenzione il libro che teneva aperto sulle gambe.
Si trovava in camera sua, a sedere accanto alla finestra, il suo luogo preferito per leggere.
Ed era quello che aveva deciso di fare qualche minuto prima, quando aveva preso tra le mani quel libro che, oramai da anni, prendeva polvere sulla sua libreria.
Ricordava perfettamente dove lo aveva comprato.
Era il giorno del suo quarto compleanno quando lei e sua madre erano uscite di casa, per comprare il suo regalo.
Ricordava che sua madre le voleva comprare qualcosa di più adatto alla sua età: le aveva infatti chiesto più volte se volesse una delle bambole che avevano visto in televisione o uno dei tanti giocattoli che erano diventati famosi in quel periodo, ma non appena aveva visto il libro su quello scaffale a Nanako si erano illuminati gli occhi.
«Tu non sai ancora leggere, Nanako.» le aveva fatto notare sua madre, quando la bambina le aveva indicato il libro.
«Ma possiamo leggerlo insieme, no?» le aveva risposto lei, interdetta.
Nanako ricordava perfettamente il sorriso che si era dipinto sul volto di sua madre quando lei aveva pronunciato quelle parole.
All'inizio non aveva capito molto del perché di quel sorriso. Non riusciva a vedere cosa la rendesse così felice.
Ma non le importava.
A lei bastava passare del tempo con sua mamma, non voleva altro.
Il libro fu comprato ma, sfortunatamente, sua madre doveva lavorare pesantemente in quel periodo.
«Non importa, lo leggeremo domani.»
Quelle erano le parole che Nanako continuava a ripetere alla donna che, dispiaciuta, continuava a lavorare e a preparare documenti su documenti.
Non c'era fretta dopotutto.
Non è che quel libro sarebbe scomparso dalla faccia della terra se avessero aspettato un po'.
Né che lei avrebbe cambiato idea e non lo avrebbe più voluto leggere.
Ma si sbagliava.
Fu poche settimane dopo infatti che quell'incidente avvenne.
Nanako ricordava fin troppo bene le giornate passate a sedere nelle sale d'attesa dell'ospedale di Inaba, completamente inerme in compagnia di suo padre.
Non poteva fare altro che continuare a tenere lo sguardo basso e osservare quel fatidico libro che teneva sulle ginocchia, sperando che il dottore uscisse presto da quella stanza e le dicesse che finalmente sua madre si era svegliata e che avrebbe potuto vederla.
Ma quando il medico li avvertì che oramai era troppo tardi, la bambina perse anche quell'ultima speranza a cui si era attaccata con tutte le sue forze.
Tornò a casa e mise il libro sullo scaffale, nel posto in cui aveva aspettato per mesi.
Nonostante, in seguito, suo padre avesse proposto di leggerglielo più volte, la bambina non aveva mai accettato quella sua offerta.
Per quanto gli volesse bene, dopotutto, non era con lui che voleva leggerlo.
Ed è per questo che il libro era rimasto lì, su quella mensola, per anni.
Fino ad allora.
Nanako non sapeva nemmeno perché quella mattina lo aveva preso dal suo posto, e aveva iniziato a sfogliarlo.
Non sapeva neanche cosa l'avesse spinta ad aprirlo e ad iniziare a leggerlo.
Sapeva solo che ora si trovava su quella sedia, ad osservare quella prima pagina da un tempo oramai indefinito.
Prima ancora che se ne rendesse conto, una lacrima scivolò dai suoi occhi e cadde sul foglio di fronte a lei, dritta sulla frase che i suoi occhi non riuscivano ad abbandonare.
Lei era lì, che era cresciuta fin troppo in fretta, da quel suo quarto compleanno.
Lei era lì che aveva lasciato completamente andare quel suo essere infantile ormai da anni.
Lei era lì che aveva perso il suo essere bambina quando sua madre le era stata strappata via.
Lei era lì che, adesso rannicchiata su se stessa, il libro stretto al petto e i singhiozzi che le scuotevano le spalle, invidiava quell’unico bambino che non sarebbe mai cresciuto.
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Promtp: Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare. (Alessandro Baricco, Oceano mare)
Numero parole: 649
Fandom: Persona 3
Personaggi: Aigis
 
~
 
Aigis faceva spesso quel sogno.
Ogni volta che chiudeva gli occhi si ritrovava esattamente nello stesso punto di sempre, con indosso il solito vestito azzurro.
Ricordava quel vestito.
Era l’abito che le avevano messo al laboratorio, una volta che lei si era completamente spenta undici anni prima, e quello con cui era uscita da quello stesso posto quando lui si era trovato lì vicino, su quella spiaggia.
La stessa spiaggia che adesso le si mostrava davanti agli occhi.
La robot si guardò intorno, osservando la lunga distesa di sabbia che si trovava in quel luogo e che si espandeva a vista d’occhio tra il mare e le colline.
Sapeva che era strano il modo in cui la stava ricordando.
Nella realtà, la spiaggia dell’isola di Yakushima non era così enorme come lei la stava visualizzando in quel momento.
Anzi, non era neanche minimamente paragonabile a quell’immenso luogo che aveva davanti.
Ma questo ad Aigis non importava poi così tanto.
Aveva fatto quel sogno così tante volte in quell’ultimo anno che, oramai, si era smessa di domandarsi il perché di quel cambiamento.
L’unica cosa che poteva fare in quel momento era solo osservarsi intorno, aspettando.
Sapeva che presto sarebbe accaduto qualcosa.
Succedeva sempre-
«Aigis.»
Ed ecco ciò che stava attendendo.
La voce del ragazzo che la robot voleva vedere più in assoluto arrivò dalle sue spalle.
Ogni volta era così. Aigis conosceva quel sogno a memoria.
Nonostante questo, lei si voltò e puntò i suoi occhi sul ragazzo di fronte a lei.
Minato la stava guardando, così come era successo troppe volte per poterle contare in quell'ultimo anno in cui lei si era lasciata andare a quel sogno.
La robot non riuscì a reprimere il piccolo sorriso che si formò sul suo volto, iniziando a camminare e ad attraversare quell'immensa quantità di sabbia che li stava separando.
Sapeva che non era una buona idea.
Aigis poteva sentire ogni minimo centimetro del suo corpo cercare di avvertirla che quello che stava facendo era lo stesso identico errore che oramai stava ripetendo ogni volta.
Non aveva senso essere così felici ogni volta che lo vedeva.
Non aveva neanche senso il suo iniziare a correre verso di lui, come adesso stava facendo, alzando alle sue spalle una grossa nuvola di sabbia.
Non aveva assolutamente e categoricamente senso che lei continuasse a darla vinta in quel modo alle sue emozioni e si lasciasse trascinare da un sogno che, al suo risveglio, le avrebbe nuovamente distrutto tutto davanti agli occhi.
Perché era quello che era successo, ogni singola volta.
Nonostante sapesse che tutto quello era in realtà solo un’illusione, una visione distorta della sua mente, la robot non poteva fare a meno di sperare che, per una volta, fosse tutto vero.
Nonostante fosse un pensiero completamente irrazionale che male si addiceva ai suoi neuroni artificiali, Aigis non poteva far altro che credere che per quella volta sarebbe davvero riuscita a raggiungere il ragazzo di fronte a lei, che sarebbe riuscita ad attraversare quella landa di sabbia che mano mano che correva diventava sempre più simile ad un deserto invece che ad una semplice spiaggia.
Nonostante la robot fosse a conoscenza del fatto che, al suo risveglio, non avrebbe avuto nulla tra le sue fredde braccia di ferro, lei non poteva fare altro che tentare di abbracciare il corpo del ragazzo e di stringerlo a lei, sperando con tutta se stessa di riuscire a riportarlo con sé, nel mondo reale, fuori da quello onirico.
E ogni volta che si svegliava da sola, in quella stanza buia e triste che utilizzava come camera, Aigis non riusciva a non desiderare di chiudere nuovamente gli occhi e di tornare in quel luogo in cui loro si erano incontrati per la prima volta.
E, magari, rimanere per sempre insieme a lui, nascosti al resto del mondo, su quella spiaggia così immensa che si trovava tra il mare e le colline.

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