2019-03-02

2019-03-02 06:20 pm

In my dreams I will see you again

QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Promtp: Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare. (Alessandro Baricco, Oceano mare)
Numero parole: 649
Fandom: Persona 3
Personaggi: Aigis
 
~
 
Aigis faceva spesso quel sogno.
Ogni volta che chiudeva gli occhi si ritrovava esattamente nello stesso punto di sempre, con indosso il solito vestito azzurro.
Ricordava quel vestito.
Era l’abito che le avevano messo al laboratorio, una volta che lei si era completamente spenta undici anni prima, e quello con cui era uscita da quello stesso posto quando lui si era trovato lì vicino, su quella spiaggia.
La stessa spiaggia che adesso le si mostrava davanti agli occhi.
La robot si guardò intorno, osservando la lunga distesa di sabbia che si trovava in quel luogo e che si espandeva a vista d’occhio tra il mare e le colline.
Sapeva che era strano il modo in cui la stava ricordando.
Nella realtà, la spiaggia dell’isola di Yakushima non era così enorme come lei la stava visualizzando in quel momento.
Anzi, non era neanche minimamente paragonabile a quell’immenso luogo che aveva davanti.
Ma questo ad Aigis non importava poi così tanto.
Aveva fatto quel sogno così tante volte in quell’ultimo anno che, oramai, si era smessa di domandarsi il perché di quel cambiamento.
L’unica cosa che poteva fare in quel momento era solo osservarsi intorno, aspettando.
Sapeva che presto sarebbe accaduto qualcosa.
Succedeva sempre-
«Aigis.»
Ed ecco ciò che stava attendendo.
La voce del ragazzo che la robot voleva vedere più in assoluto arrivò dalle sue spalle.
Ogni volta era così. Aigis conosceva quel sogno a memoria.
Nonostante questo, lei si voltò e puntò i suoi occhi sul ragazzo di fronte a lei.
Minato la stava guardando, così come era successo troppe volte per poterle contare in quell'ultimo anno in cui lei si era lasciata andare a quel sogno.
La robot non riuscì a reprimere il piccolo sorriso che si formò sul suo volto, iniziando a camminare e ad attraversare quell'immensa quantità di sabbia che li stava separando.
Sapeva che non era una buona idea.
Aigis poteva sentire ogni minimo centimetro del suo corpo cercare di avvertirla che quello che stava facendo era lo stesso identico errore che oramai stava ripetendo ogni volta.
Non aveva senso essere così felici ogni volta che lo vedeva.
Non aveva neanche senso il suo iniziare a correre verso di lui, come adesso stava facendo, alzando alle sue spalle una grossa nuvola di sabbia.
Non aveva assolutamente e categoricamente senso che lei continuasse a darla vinta in quel modo alle sue emozioni e si lasciasse trascinare da un sogno che, al suo risveglio, le avrebbe nuovamente distrutto tutto davanti agli occhi.
Perché era quello che era successo, ogni singola volta.
Nonostante sapesse che tutto quello era in realtà solo un’illusione, una visione distorta della sua mente, la robot non poteva fare a meno di sperare che, per una volta, fosse tutto vero.
Nonostante fosse un pensiero completamente irrazionale che male si addiceva ai suoi neuroni artificiali, Aigis non poteva far altro che credere che per quella volta sarebbe davvero riuscita a raggiungere il ragazzo di fronte a lei, che sarebbe riuscita ad attraversare quella landa di sabbia che mano mano che correva diventava sempre più simile ad un deserto invece che ad una semplice spiaggia.
Nonostante la robot fosse a conoscenza del fatto che, al suo risveglio, non avrebbe avuto nulla tra le sue fredde braccia di ferro, lei non poteva fare altro che tentare di abbracciare il corpo del ragazzo e di stringerlo a lei, sperando con tutta se stessa di riuscire a riportarlo con sé, nel mondo reale, fuori da quello onirico.
E ogni volta che si svegliava da sola, in quella stanza buia e triste che utilizzava come camera, Aigis non riusciva a non desiderare di chiudere nuovamente gli occhi e di tornare in quel luogo in cui loro si erano incontrati per la prima volta.
E, magari, rimanere per sempre insieme a lui, nascosti al resto del mondo, su quella spiaggia così immensa che si trovava tra il mare e le colline.
2019-03-02 06:25 pm

A day at the beach with you

QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Promtp: Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare. (Alessandro Baricco, Oceano mare)
Numero parole: 500
Fandom: Persona 4
Personaggi/Coppie: Kanji/Naoto
Note: raccolta di 5 drabble
 
~

Kanji non aveva mai amato la spiaggia.

Non riusciva davvero a capire perché le persone adorassero quel luogo tanto caldo e affollato che lui aveva invece da sempre evitato, fin da quando era bambino.

Non riusciva neanche a comprendere tutta quella storia delle “ragazze in bikini” che invece interessava tanto a Yosuke e di cui il suo senpai gli aveva fin troppo parlato nei giorni precedenti a quella gita.

Ma, quando vide che anche Naoto ne stava indossando uno, Kanji pensò che, in fondo, la spiaggia non fosse poi un posto così terribile dove passare i propri giorni di vacanza.

 

Naoto non aveva mai cercato conchiglie prima di allora.

Non riusciva bene a comprendere cosa ci fosse di così entusiasmante nel cercare qualcosa nella sabbia fangosa in riva al mare, arrivando addirittura a bagnarsi e a sporcarsi per un gioco tanto stupido.

Alla fine che senso aveva? La spiaggia era solo una distesa di sabbia e, proprio per questo, cercare qualcosa al suo interno non poteva certo essere così interessante come molti insinuavano.

Però, quando Kanji le offrì di cercarle insieme a lui, sottolineando che sarebbero andati da soli, alla ragazza non passò neanche per l’anticamera del cervello di rifiutare.

 

Dopo tre ore passate sotto l’ombrellone in compagnia di Naoto, Kanji stava trovando i granelli di sabbia intorno a loro particolarmente interessanti.

Aveva già cercato di distogliere la sua attenzione dalla ragazza che era seduta al suo fianco e le cose su cui concentrarsi iniziavano a scarseggiare: per questo aveva spostato il suo sguardo sulla sabbia, eliminando dalla sua testa qualsiasi pensiero che la riguardasse.

Ma, quando Naoto posò la testa sulla sua spalla, Kanji non poter far altro che notare che i granelli di sabbia che tanto lo stavano interessando si trovavano anche sopra alla pelle nuda di lei.

 

I castelli di sabbia non erano il suo forte.

Naoto era arrivata a quella conclusione quando notò come quello che lei aveva avuto il coraggio di chiamare “castello” non era altro che una piccola torre di sabbia bagnata, storta per di più.

Non sapeva neanche cosa l’avesse spinta a provarci.

Non era decisamente da lei fare un gioco del genere e, forse, avrebbe dovuto smetterla subito e tornare a leggere sotto l’ombra dell’ombrellone. Sì, quella era sicuramente la scelta migliore.

Però, quando Kanji si sedette accanto a lei, iniziando ad aiutarla, la ragazza pensò che poteva restare un altro po'.

 

Kanji non era mai stato un tipo romantico e, per questo, quella situazione lo stava mandando completamente nel panico.

Lui e Naoto si trovavano seduti sulla spiaggia, in riva al mare, completamente da soli. 

All'inizio tutto era andato bene, si erano messi lì ad osservare il tramonto.

Era stato quando la ragazza aveva lasciato scivolare la testa sulla sua spalla, avvicinandosi a lui, che le cose erano degenerate e il ragazzo era andato nel pallone.

Cosa avrebbe dovuto fare? Abbracciarla? Provare a baciarla…?

Perciò, quando Kanji notò che lei si era semplicemente addormentata, non potè far altro che sentirsi sollevato.


2019-03-02 06:30 pm

Tutti i bambini crescono, meno uno

 QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Prompt: Tutti i bambini crescono, meno uno. (J.M. Barrie, Peter Pan)
Numero parole: 643 (non contando la citazione)
Fandom: Persona 4
Personaggi: Nanako Dojima

~

"Tutti i bambini crescono, meno uno."
Nanako lesse quella frase per almeno la decima volta di seguito, osservando con attenzione il libro che teneva aperto sulle gambe.
Si trovava in camera sua, a sedere accanto alla finestra, il suo luogo preferito per leggere.
Ed era quello che aveva deciso di fare qualche minuto prima, quando aveva preso tra le mani quel libro che, oramai da anni, prendeva polvere sulla sua libreria.
Ricordava perfettamente dove lo aveva comprato.
Era il giorno del suo quarto compleanno quando lei e sua madre erano uscite di casa, per comprare il suo regalo.
Ricordava che sua madre le voleva comprare qualcosa di più adatto alla sua età: le aveva infatti chiesto più volte se volesse una delle bambole che avevano visto in televisione o uno dei tanti giocattoli che erano diventati famosi in quel periodo, ma non appena aveva visto il libro su quello scaffale a Nanako si erano illuminati gli occhi.
«Tu non sai ancora leggere, Nanako.» le aveva fatto notare sua madre, quando la bambina le aveva indicato il libro.
«Ma possiamo leggerlo insieme, no?» le aveva risposto lei, interdetta.
Nanako ricordava perfettamente il sorriso che si era dipinto sul volto di sua madre quando lei aveva pronunciato quelle parole.
All'inizio non aveva capito molto del perché di quel sorriso. Non riusciva a vedere cosa la rendesse così felice.
Ma non le importava.
A lei bastava passare del tempo con sua mamma, non voleva altro.
Il libro fu comprato ma, sfortunatamente, sua madre doveva lavorare pesantemente in quel periodo.
«Non importa, lo leggeremo domani.»
Quelle erano le parole che Nanako continuava a ripetere alla donna che, dispiaciuta, continuava a lavorare e a preparare documenti su documenti.
Non c'era fretta dopotutto.
Non è che quel libro sarebbe scomparso dalla faccia della terra se avessero aspettato un po'.
Né che lei avrebbe cambiato idea e non lo avrebbe più voluto leggere.
Ma si sbagliava.
Fu poche settimane dopo infatti che quell'incidente avvenne.
Nanako ricordava fin troppo bene le giornate passate a sedere nelle sale d'attesa dell'ospedale di Inaba, completamente inerme in compagnia di suo padre.
Non poteva fare altro che continuare a tenere lo sguardo basso e osservare quel fatidico libro che teneva sulle ginocchia, sperando che il dottore uscisse presto da quella stanza e le dicesse che finalmente sua madre si era svegliata e che avrebbe potuto vederla.
Ma quando il medico li avvertì che oramai era troppo tardi, la bambina perse anche quell'ultima speranza a cui si era attaccata con tutte le sue forze.
Tornò a casa e mise il libro sullo scaffale, nel posto in cui aveva aspettato per mesi.
Nonostante, in seguito, suo padre avesse proposto di leggerglielo più volte, la bambina non aveva mai accettato quella sua offerta.
Per quanto gli volesse bene, dopotutto, non era con lui che voleva leggerlo.
Ed è per questo che il libro era rimasto lì, su quella mensola, per anni.
Fino ad allora.
Nanako non sapeva nemmeno perché quella mattina lo aveva preso dal suo posto, e aveva iniziato a sfogliarlo.
Non sapeva neanche cosa l'avesse spinta ad aprirlo e ad iniziare a leggerlo.
Sapeva solo che ora si trovava su quella sedia, ad osservare quella prima pagina da un tempo oramai indefinito.
Prima ancora che se ne rendesse conto, una lacrima scivolò dai suoi occhi e cadde sul foglio di fronte a lei, dritta sulla frase che i suoi occhi non riuscivano ad abbandonare.
Lei era lì, che era cresciuta fin troppo in fretta, da quel suo quarto compleanno.
Lei era lì che aveva lasciato completamente andare quel suo essere infantile ormai da anni.
Lei era lì che aveva perso il suo essere bambina quando sua madre le era stata strappata via.
Lei era lì che, adesso rannicchiata su se stessa, il libro stretto al petto e i singhiozzi che le scuotevano le spalle, invidiava quell’unico bambino che non sarebbe mai cresciuto.