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QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
PROMPT: Protectiveness, physically or verbally defending someone
NUMERO PAROLE: 4180
PERSONAGGI: Naoto Shirogane, Kanji Tatsumi, Tohru Adachi, Rise Kujikawa, Ryotaro Dojima, altri
COPPIE: NaotoxAdachi, NaotoxKanji
AVVERTIMENTI: Soulmate!AU dove non si vedono i colori prima di incontrare la propria anima gemella; UnderAge.
PROMPT: Protectiveness, physically or verbally defending someone
NUMERO PAROLE: 4180
PERSONAGGI: Naoto Shirogane, Kanji Tatsumi, Tohru Adachi, Rise Kujikawa, Ryotaro Dojima, altri
COPPIE: NaotoxAdachi, NaotoxKanji
AVVERTIMENTI: Soulmate!AU dove non si vedono i colori prima di incontrare la propria anima gemella; UnderAge.
Era ormai passato un mese da quando il corpo di Chie Satonaka era stata ritrovato appeso al cancello del cimitero.
Da allora ci furono altre tre notti piovose ad Inaba e, in tutti e tre i casi, gli agenti di polizia che venivano comunque mandati ad ispezionare le strade non riuscivano mai a fermare l'assassino.
Seduta al tavolo della cucina, Naoto osservava uno dei sette fascicoli che aveva sul tavolo di fronte a lei, uno per ogni vittima che, in quell'arco di tempo, aumentava il numero di uccisioni avvenute.
Dopo Chie Satonaka, ad essere stata presa di mira fu la professoressa Kashiwagi, la coordinatrice di classe di Naoto.
Quello fu un segno allarmante per la polizia.
Kashiwagi non era infatti minimamente legata a Yamano o alle altre vittime: l'unica cosa che la collegava a Konishi, Amagi e Satonaka era il fatto che si trovassero nello stesso istituto.
Le due vittime successive a Kashiwagi erano state altre due ragazze della Yasogami High School: Ayane Matsunaga e Ai Ebihara, una coetanea e una senpai di Naoto.
Con i loro omicidi, il loro presentimento era diventato completamente realtà.
Neanche queste due ragazze avevano infatti alcun legame con la prima vittima e, l'unica cosa che le collegava tra di loro e con l'omicidio di Kashiwagi, era che tutte e tre lavoravano o frequentavano la Yasogami High School, la stessa scuola anche delle altre vittime se non si considerava Yamano.
Possibile che l'assassino ci avesse preso così tanto gusto da uccidere qualunque ragazza le capitasse adesso sotto tiro?
«Cosa ci fai già sveglia?»
Quando la voce di Tohru le arrivò dalle sue spalle, Naoto si voltò, osservando quello che in quel periodo di tempo era diventato ufficialmente il suo fidanzato.
L'uomo era appoggiato allo stipite della porta della cucina e teneva le braccia incrociate, osservandola con curiosità.
Naoto sorrise.
«Sto provando ad esaminare il caso.» gli disse, alzando poi leggermente le spalle per arrivare all'altezza giusta per dare un bacio all'uomo quando lui si abbassò per venire incontro.
Tohru le mostrò la sua espressione preoccupata.
Gliela mostrava spesso in quel periodo in realtà.
«Sì, ma sono le cinque del mattino.– rispose, mentre portava una mano alla bocca per coprire lo sbadiglio che stava lasciando le sue labbra –E mi piacerebbe svegliarmi e trovare la mia ragazza accanto piuttosto che dover venire fino alla cucina per darti il buon giorno.»
Naoto abbassò lo sguardo.
Tohru aveva ragione.
Gli aveva promesso più volte che sarebbe stata a letto con lui e non avrebbe continuato a osservare quei fascicoli invano…
«Ehi ehi,– l’uomo le alzò il viso, posandole un bacio sulla fronte –non c’è bisogno di essere così tristi adesso. Non ti preoccupare, non è successo niente.»
Naoto annuì.
Da quando era morta Satonaka, la ragazza aveva quasi del tutto abbandonato le indagini sul caso e lasciava che fossero gli altri a portarle a termine, anche se, ogni tanto come quella mattina, sentiva il bisogno di tornare sul campo e di provare nuovamente a cercare l’assassino.
Era stato Tohru a consigliarle di riposarsi un po’.
E, anche se Naoto non era stata del tutto convinta all’inizio, aveva seguito il suo consiglio.
Ma alla fine era ovvio che lui sapesse cosa fosse meglio per lei, no?
Lui era la sua anima gemella.
Lui sapeva tutto di lei. Lei sapeva tutto di lui.
Almeno questo era ciò che lui le aveva ripetuto più volte in quel periodo e ciò in cui Naoto aveva riposto più fiducia.
Non riusciva neanche a ricordare come fosse la sua vita di appena un mese prima, senza l’uomo con lei.
E neanche voleva farlo.
«Vuoi un caffè?» le domandò l'uomo, avvicinandosi alla macchinetta.
«Sì, grazie.» rispose lei, chiudendo il fascicolo e riponendolo sopra agli altri.
Tanto sarebbe stato completamente inutile continuare ad esaminarlo.
Oramai, era come se l’assassino l’avesse in pugno e stesse solo giocando con lei.
Questo era il modo in cui la ragazza si sentiva ogni volta che leggeva uno di quei fascicoli o osservava le varie foto.
Quelli che fino ad un mese prima gli sarebbero sembrati indizi fondamentali per la riuscita del caso erano adesso, ai suoi occhi, solo degli inutili pezzi di carta.
E ogni giorno questa sensazione aumentava.
«Naoto.»
La ragazza alzò lo sguardo, puntandolo su Tohru.
«Sì?»
«Tra tre notti pioverà.»
Questa fu l'unica cosa che le disse.
Lui era colui che, tra i due, si era preso l'incarico di osservare il meteo ogni giorno e riferire all'altra quando l'assassino avrebbe potuto colpire.
Naoto sapeva che era una cosa senza senso.
Avrebbe potuto benissimo vedere quelle informazioni da sola, senza aver bisogno di qualcuno che le dicesse quando agire.
Ma così aveva deciso Tohru.
E lei faceva sempre quello che Tohru le diceva di fare.
«Sta volta lo prenderemo, ne sono sicura.» commentò la ragazza, incrociando le braccia sul tavolo e posando la testa su queste.
Sapeva che non era vero.
L’assassino le sarebbe di nuovo passato davanti agli occhi, come era successo già altre tre volte dopo la morte di Satonaka.
E quella sensazione terribile sarebbe aumentata, lasciandola completamente senza fiato.
«Non ne ho dubbi, Naoto.» le rispose Tohru, poggiando la tazza di caffè sul tavolo e abbassandosi a darle un bacio sulla nuca.
...Ma andava bene anche così.
Tohru era con lei.
E lui sarebbe riuscito a tirarle su il morale.
«Sei proprio sicura di volerlo fare, Shirogane?»
Naoto annuì.
«Sì, Dojima. Se io faccio da esca è possibile che riusciamo a catturarlo. È stata un’idea di Tohru.»
L'uomo la guardò, leggermente incredulo.
«Certo però che avresti potuto dirlo prima che eri una ragazza,– commentò –è più di un mese che lavoriamo insieme.»
La detective sorrise debolmente a sua volta.
Anche quella di rivelare al mondo il suo vero sesso era stata un’idea di Tohru.
Da circa una settimana, infatti, la ragazza aveva gettato le bende che il suo fidanzato tanto odiava e aveva iniziato a vestirsi esattamente come lui preferiva.
In quel momento, infatti, stava indossando la gonna e la camicetta che avevano comprato insieme qualche giorno prima, quando erano usciti a fare compere.
«Il fatto che lei non lo abbia capito per un mese intero mi fa mettere in dubbio le sue capacità.»
L'uomo ridacchiò.
«E pensare che tu e Adachi siete anime gemelle… anche questa è stata una sorpresa.» disse poi.
Naoto annuì, continuando a sorridere.
Per un attimo, rimasero in silenzio a guardarsi l’un l’altra.
Era una cosa strana quella.
Da quello che la detective ricordava non c’erano mai stati così tanti momenti di silenzio tra loro due.
«Allora io vado Dojima.» Naoto si alzò, afferrando la sua borsa.
Poi, senza dire altro, si avviò verso l’uscita.
«Shirogane.»
Prima che potesse abbassare la maniglia, l’uomo la chiamò.
La ragazza si voltò.
«Sì, Dojima?»
«Sei sicura di stare bene?»
Quella domanda la colse completamente alla sprovvista.
Certo che stava bene. Perché non avrebbe dovuto?
«Di cosa sta parlando, Dojima?» domandò, mentre il sorriso di poco prima scompariva dalle sue labbra.
L'uomo la guardò e quando Naoto incrociò il suo sguardo sentì il suo cuore avere un sussulto.
Era lo stesso identico sguardo che Dojima le aveva mostrato un mese prima, dopo la morte di Amagi.
Quello sguardo di compassione che tanto le ricordava quello con cui la guardava sempre suo nonno...
«Sei diversa, Naoto.– disse, chiamandola per nome e facendola sussultare leggermente –Non sei venuta in centrale da almeno due settimane, quando prima non vedevi l'ora di tornare qua dopo essere andata a scuola. Poi compari nuovamente e sei vestita da ragazza, mentre prima non uscivi se non con qualcosa che doveva a tutti i costi coprire il tuo seno. Non mi chiami più nel bel mezzo della notte perché ti è venuta un'idea su chi possa essere il colpevole o su un modo in cui questo può avere agito. Dove è la Naoto Shirogane che ho conosciuto? Dove è la detective che è si è fatta quasi 10 km a corsa sotto l'acqua per salvare Satonaka?»
Naoto era rimasta ad ascoltare quel discorso, senza battere ciglio.
In fondo al suo cuore, sapeva che quell'uomo aveva ragione.
Sapeva che qualcosa in lei era cambiato, che c'erano tante cose che erano cambiare, che tutto il suo mondo si era completamente cambiato.
Ma Tohru era felice quando la trovava a casa una volta che era tornato dal lavoro.
Era felice quando lei non restava sveglia fino a tardi a pensare a chi potesse essere l'assassino.
Era felice quando lei non pensava troppo.
E a lei andava bene così.
«Arrivederci, Dojima.»
Quelle furono le uniche parole che la detective disse prima di uscire dalla stanza.
«Naoto, come va il caso?»
Quando Rise le aveva posto quella domanda le due si trovavano sul tetto della scuola, durante la pausa pranzo.
Era una domanda che la sua amica le faceva spesso in quel periodo.
Anche se Naoto non capiva perché le interessasse tanto.
«Non lo so.» rispose la detective, continuando a mangiare il suo panino.
La idol la guardò per un po’, come se continuasse ad aspettare che la ragazza continuasse a parlare.
Poi, sospirò.
«Naoto, sei sicura di stare bene?– le domandò, posando una mano sulla spalla dell’amica –Ti comporti in modo strano.»
La detective non disse niente, annuì semplicemente.
Era ovvio che stesse bene, Tohru era con lei.
Perché tutti le ripetevano la stessa domanda?
«Naoto, rispondimi.»
Naoto alzò lo sguardo.
«Ho risposto. Sto bene.» disse, guardando confusa l’altra.
Rise stava tremando.
«Naoto, ti prego, parliamone.– insistette lei, cercando chiaramente di mantenere la calma –Ti comporti come se qualcuno ti stesse controllando. Non parli più tanto come prima, non rimani più incantata ogni volta che il tuo cervello inizia a ragionare, non passi più le lezioni a guardare i fascicoli di nascosto sotto al banco! Mi spieghi cosa ti sta succedendo?!»
La detective la guardò, confusa.
Cosa c’era di strano nel suo comportamento?
Si stava solo comportando come sempre.
«Rise,– disse, mantenendo il suo tono di voce neutro –non urlare.»
Quando Naoto pronunciò quelle parole, la idol si trattenne chiaramente dallo scoppiare a piangere.
Rise era sempre stata così.
Si metteva a piangere anche se in realtà non c’era un vero e proprio motivo.
«Almeno avrai un piano, no?! Come agirai quando pioverà, tra due notti?!»
Naoto annuì.
«Farò da esca e lo cattureremo.»
Non sapeva neanche perché aveva parlato.
La Naoto Shirogane di un mese prima non avrebbe mai rivelato una tale informazione ad un civile.
«...E di chi è stata quest’idea?»
Rise non sembrava poi così convinta.
Naoto non capiva cosa avesse.
«Di Tohru.»
«Non voglio l’idea di Tohru, voglio la tua!»
Adesso la idol si era alzata in piedi e aveva urlato quelle parole, lasciando cadere il panino che, quasi finito, aveva poggiato sul suo grembo.
«Dove sono le tue idee, Naoto? Dove sono i tuoi piani geniali? Dove è la Naoto Shirogane che tutti noi conosciamo?!– la idol aveva adesso iniziato a urlare così forte che anche altre persone si erano voltate verso di loro –Dove è la Naoto che indossava abiti maschili e parlava con quella voce mascolina? Dove è la mia amica?!»
Naoto non poteva fare altro che guardare la idol urlare contro, mentre sentiva le spalle tremarle leggermente.
Rise aveva ragione.
Lei era cambiata in quel periodo.
«Rise,– la detective uso il tono neutro di poco prima –ti ho chiesto di non urlare.»
Le braccia, che la idol aveva tenuto alte fino a quel momento, ricaddero lungo il suo corpo, come se avessero perso completamente la forza di poter stare su.
«Fa’ come ti pare.» disse poi, dirigendosi verso la porta e tornando all’interno dell’edificio scolastico.
Naoto la guardò allontanarsi, mentre sentiva l’impulso di allungare una mano e chiamarla, di trattenerla lì con lei.
Ma non lo fece.
Dopotutto, le andava bene così.
«Ci sono io con te, Naoto. Non permetterò a nessuno di farti del male.» Naoto annuì quando Tohru le disse quelle parole.
Erano in macchina in quel momento, fuori stava piovendo e la ragazza stava indossando un semplice vestito che metteva in mostra le sue gambe e il seno prosperoso.
«Cosa devo fare?» chiese, voltandosi verso l'uomo alla sua destra.
Tohru le sorrise, accarezzandole la guancia.
«Devi solo camminare per un po' a giro. Ovviamente usa un ombrello, o ti prenderai un malanno, e io non voglio che tu ti ammali.– le spiegò lui, posandole poi un bacio sulla guancia –Io ti seguirò, starò a qualche metro da te, così in caso sarò sempre pronto per prendere l'assassino.»
La ragazza annuì, afferrando poi l'ombrello che l'uomo le tendeva.
Non aveva poi così tanta paura.
Aveva affrontato situazioni ben più critiche di quella.
Certo; fare da esca ad un pazzo stupratore omicida non era ciò che lei aveva sempre desiderato, ma allo stesso tempo la consapevolezza che Tohru e gli altri poliziotti la tenessero d'occhio rendeva la missione molto più facile e meno pericolosa.
In più lei era pur sempre una detective.
Non si sarebbe fatta mettere K.O. tanto facilmente.
Soprattutto perché altrimenti questo avrebbe potuto farla sfigurare di fronte agli occhi di Tohru.
«Ok, se sei pronta possiamo andare.»
Naoto annuì.
Poi, dopo aver posato un bacio sulle labbra dell'uomo, aprì la portiera della macchina.
La notte gelida di Inaba la salutò immediatamente e, quando una folata di vento la colse alla sprovvista, la ragazza portò automaticamente la mano alla sua testa, rendendosi conto solo dopo che non stava indossando il suo cappello.
In effetti, erano giorni che non lo portava.
Quel gesto che aveva appena compiuto aveva un che di irrazionale da quel punto di vista.
Stringendosi nel leggero cappotto (l'assassino doveva vedere che era vestita in modo succinto, dopotutto) la ragazza iniziò a camminare, stando attenta il più possibile a non farsi inzuppare dalla pioggia che continuava a infilarsi sotto il suo ombrello.
Inaba era completamente deserta.
La città, completamente avvolta nell’ombra e sommersa da quella pioggia così insistente, era particolarmente affascinante agli occhi della ragazza.
Quando aveva mosso ormai qualche passo, aveva sentito la portiera della macchina chiudersi dietro di lei.
Tohru doveva essere sceso.
Senza voltarsi, Naoto continuò a camminare per le strade di Inaba, evitando le grosse pozzanghere d'acqua che si erano formate al suolo.
Il vento freddo le passava attraverso i vestiti bagnati e la ragazza si strinse nelle spalle, per cercare riscaldarsi il più possibile.
Ombrello o no, si sarebbe sicuramente presa la febbre.
Ma quello non importava.
Dopo qualche minuto che stava camminando (forse un quarto d’ora? Venti minuti?) la detective aveva lasciato il quartiere commerciale di Inaba e stava adesso percorrendo il sentiero lungo il fiume.
Non era per niente facile camminare su quei tacchi, soprattutto su un terreno tanto scosceso.
La ragazza si guardò intorno, osservando con curiosità il fiume Samegawa, che si stava innalzando in modo quasi preoccupante al livello della strada.
Fu in quel momento che un rumore insolito attirò la sua attenzione.
Era come se qualcuno avesse pestato uno dei tanti legnetti che si trovavano in quell’area.
Come se il suo corpo si muovesse in automatico, la ragazza si mise in allerta, cercando di individuare il luogo da dove l'aveva sentito.
Passi.
Qualcuno la stava seguendo.
Che il piano stesse davvero funzionando...?
Incredula, Naoto iniziò a camminare più velocemente, così come Tohru le aveva detto di comportarsi se avesse sentito dei passi che non erano i suoi.
Doveva trovare un luogo riparato che le permettesse di tirare fuori la sua pistola, che era nascosta nella cintura del vestito che aveva legata in vita, e potesse così mirare bene all’assassino, senza che l'acqua entrasse nel suo campo visivo.
In realtà lei era completamente in grado di colpire i bersagli sotto la pioggia.
Ricordava bene tutti gli allenamenti fatti con suo nonno, quando era più piccola.
Ma se Tohru aveva detto di fare in quel modo, chi era lei per ribattere?
Individuò uno dei tanti gazebo illuminati che popolavano le rive del fiume e lei iniziò a muoversi più velocemente.
Poteva sentire i passi dietro di lei aumentare di velocità.
Ma c’era qualcosa di strano.
Un brivido le corse lungo la schiena quando Naoto si rese conto che dovevano essere due persone.
Loro avevano sempre dato per scontato che l’assassino agisse da solo, non avevano mai preso in considerazione che potesse avere un complice.
Si stavano avvicinando.
E anche velocemente...!
Quando Naoto mise piede sotto al gazebo, si voltò, afferrando la pistola nascosta nella cintura con uno scatto che non pensava di essere in grado di fare.
Eppure era strano che lo pensasse.
Si era allenata più volte nel prendere di sorpresa i nemici... perché proprio ora non doveva funzionare?
L'ombrello le cadde dalle mani e la ragazza puntò la pistola dritta davanti a sé, mentre sentiva una forza che da tempo aveva perso impadronirsi nuovamente di lei.
Mise il dito sul grilletto.
Li aveva catturati...
«Aspett- Naoto non sparare!»
Quando quella voce così familiare le rispose, la detective rimase interdetta.
Ma lo fu ancora di più quando riconobbe una delle due figure che aveva adesso davanti a lei.
Rise teneva le mani in alto, mentre le sue gambe tremavano visibilmente, l'ombrello rosa che era caduto ai suoi piedi.
«Rise...?!»
«Sì... p-puoi mettere giù la pistola?» le chiese lei, continuando a tremare, gli occhi puntati sull'arma che la detective teneva tra le mani.
Naoto abbassò la pistola, continuando a guardare la sua amica che, sotto la pioggia, stava continuando a tremare dalla paura e dal freddo.
«Vedi, Rise? Te l’avevo detto che era in grado di difendersi.»
La detective sentì il suo cuore emettere un sussulto quando quella voce attirò la sua attenzione.
Lì, accanto a Rise, si trovava Kanji, l’amico della idol.
Il ragazzo teneva l'ombrello in avanti, coprendo la testa dell’amica, incurante dell'acqua che continuava a bagnarlo.
Per un attimo, a Naoto sfiorò l'idea assurda che lui fosse l'assassino e che avesse catturato Rise per usarla come ostaggio.
Poi, si rese conto da sola della stupidità di quell'ipotesi.
«Cosa ci fate qui voi due?»
La detective continuava a osservarli, passando da uno all'altro, senza comprendere il perché quei due l'avessero seguita, di notte, quando stava piovendo a quel modo.
Rise aveva le lacrime agli occhi.
«A-avevo paura che ti succedesse qualcosa, Naoto.– disse, provando, invano, a trattenere un piccolo singhiozzo che stava per scuoterle le spalle –Questa idea è una follia. Rischi di farti male! Q-quindi ho chiesto a Kanji se poteva accompagnarmi e aiutarti...»
Naoto osservò la sua amica che, con le spalle scosse dai singhiozzi, teneva lo sguardo puntato in basso.
Non riusciva a capire perché la ragazza fosse così in pensiero.
Con lei c'era Tohru, nessuno avrebbe potuto farle del male.
«Ok,– la voce dell'uomo arrivò dalle spalle di Rise e la ragazza sussultò visivamente –cosa sta succedendo qui...? Siete nel bel mezzo di un'operazione abbastanza pericolosa, ragazzini.»
Per un attimo, il tono di voce con cui Tohru pronunciò l'ultima parola, fece preoccupare la detective.
Era un tono fortemente infastidito, come se la loro presenza stesse rovinando tutto.
E Naoto non voleva che lui si sentisse così.
«Dovreste tornare a casa. Entrambi. State rovinando la missione.» disse automaticamente, cercando di rimediare a ciò che quei due avevano combinato.
Rise si voltò nuovamente verso Naoto, mostrandole uno sguardo completamente spaesato.
Kanji, invece, la stava guardando in un modo che era nuovo agli occhi della detective.
Era come se la sua espressione solitamente neutra e impassibile, avesse lasciato il posto ad uno sguardo preoccupato, quasi… dispiaciuto?
«Andiamo Rise, ti riaccompagno.»
Il ragazzo si voltò, afferrando il braccio della idol.
«No.»
Questa volta fu Tohru a parlare e Naoto si voltò verso di lui, confusa.
«Cosa c'è?– chiese Kanji, mantenendo il suo tono inespressivo –Dovevamo tornare a casa, no?»
Già, è quello che avrebbero dovuto fare.
Ma quelle parole non uscirono dalla bocca della detective.
Lei era lì, che continuava a guardare l'uomo che adesso aveva raggiunto il suo fianco, aspettando che quest'ultimo desse la sua decisione.
«Riaccompagno io Kujikawa.– disse, passandosi una mano dietro al collo –Non conviene portarla a casa. Se l'assassino ha visto che è uscita la starà aspettando. La porto in centrale.»
Nonostante le sembrasse strano, Naoto sentì il mondo crollarle addosso.
Prima ancora di potersi fermare, la ragazza afferrò il braccio del suo fidanzato, aggrappandosi a questo come se fosse la sua unica ancora di salvezza.
«Naoto...?»
«E io come faccio se non ci sei tu?»
Neanche lei sapeva cosa le stava succedendo.
Una fortissima ansia si era sprigionata da dentro di lei ed era come se adesso l'avesse presa per la gola e la stesse stringendo con una tale forza da farle mancare il respiro.
Solo di una cosa era certa.
Non poteva portare avanti quella missione da sola.
Non poteva fare niente se non aveva Tohru al suo fianco...!
Quando la mano dell'uomo si posò sulla sua testa, il tremore che aveva colto il suo corpo fino a quel momento cessò, seppure lentamente.
«Torno subito, devo solo portare Kujikawa al sicuro. Non è questo quello che vuoi?»
Quello che voleva...?
Naoto non aveva minimamente idea di cosa volesse in quel momento.
Ma se Tohru diceva che era così, allora andava bene.
Fu in quel momento che successe qualcosa di inaspettato.
Rise afferrò la detective per un braccio, tirandola verso di sé e separandola dall'uomo.
«Rise...?» Naoto guardò incredula l'amica che adesso le stava stringendo il braccio con una forza tale da farle quasi male.
«Qualsiasi cosa tu le stia facendo, vedi di piantarla.» disse, con voce ferma nonostante le lacrime che continuavano a scivolarle lungo le guance.
Chi stava facendo cosa a chi...?
«Scusami?»
La voce con cui Tohru aveva pronunciato quella parola era una che Naoto non aveva mai sentito prima.
La ragazza si voltò verso di lui, osservando come sul volto dell'uomo si fosse adesso formato un sorrisino che la detective aveva visto veramente poche volte sul suo volto, e come stesse guardando Rise con uno sguardo divertito.
«Hai sentito benissimo quello che ho detto.– continuò la idol, stringendo con più forza la sua amica –È diventata un robot da quando esce con te! Non ragiona più, è come parlare con una bambola!»
In tutto quello, Naoto non poteva far altro che guardare la sua amica che, singhiozzante, stava affrontando l’uomo a pochi centimetri da lei, per aiutarla.
Ma… lei aveva davvero bisogno di aiuto?
«Naoto non è una bambola.– disse Tohru, sottolineando con un tono dispregiativo l’ultima parola –E io non le sto facendo niente, è lei che si sta comportando così di sua spontanea volontà. Non è vero, Naoto?»
La detective deglutì.
Tohru aveva ragione, no?
Lei faceva sempre come lui le diceva.
Erano anime gemelle, era normale che lui sapesse quello che lei voleva.
E allora perché quel “sì” non riusciva ad uscirle dalla gola?
Era come se una piccola parte del suo cervello, che aveva smesso di funzionare fino a quel momento, avesse ripreso a ragionare e le stesse gridando che c’era qualcosa di sbagliato.
Ma cosa poteva esserci di sbagliato in quello?
«Non è vero, Naoto?»
Tohru aveva ripetuto la domanda e ora la ragazza poteva sentire il suo sguardo puntato su di lei.
Seppur quella parte di lei continuasse a gridare, Naoto la rinchiuse nuovamente in un angolino, così come faceva ogni volta che capiva che non serviva a nulla.
Poi, annuì.
«Naoto...»
La detective era sicura che non si sarebbe mai dimenticata lo sguardo che Rise le mostrò in quel momento.
Era come se tutte le sue ultime speranze fossero completamente crollate, come se tutto quello che si aspettava che la sua amica dicesse fosse scomparso nel nulla.
«Rise,– disse, con una voce che non immaginava fosse così roca –vai con Tohru. Ti porterà al sicuro.»
La idol rimase per un attimo aggrappata a quel braccio, come se questo fosse la sua ultima ancora di salvezza.
O come se lo fosse stato per Naoto.
La detective non riusciva a capirlo.
Poi, lentamente, si allontanò, non smettendo però di osservare la sua amica.
«Ecco, vedi Kujikawa? Avevo ragione.– disse Tohru, raccogliendole l’ombrello da terra e porgendoglielo –Tatsumi, posso chiederti di rimanere con Naoto?»
Solo allora la ragazza notò che Kanji fino a quel momento era stato in silenzio, un’espressione quasi dolorante sul volto.
Naoto vide anche che stava stringendo con così tanta forza i pugni da rischiare di farsi male.
Quando Tohru lo chiamò, però, si riscosse.
«Cosa…?»
«So che la proteggerai.– continuò l’uomo, sorridendo –Ne sono certo.»
Naoto non sapeva da dove quella convinzione fosse venuta fuori.
Il suo istinto da detective le diceva che quella sembrava più una minaccia che una richiesta, ma lei cacciò quella sensazione.
Non vedeva perché Tohru avrebbe dovuto minacciare a quel modo il ragazzo.
«Naoto.» l’uomo la chiamò.
«Sì?» rispose lei, immediatamente.
«Aspettami qui, ok?– le disse, indicando il tavolo da picnic sotto al gazebo –Non muoverti finché non torno.»
La ragazza annuì, mettendosi a sedere.
Kanji le lanciò un’altro sguardo che Naoto non potè che definire enigmatico, prima di sedersi anche lui all’altro lato del tavolo.
Tohru le sorrise e si abbassò, posandole un bacio sulla nuca.
«Torno subito, tesoro.» disse.
Poi, se ne andò, portando con sé Rise che lanciò un’ultimo sguardo alla sua amica, prima di seguire l’uomo.