Fandom: Bravely Default
Pairing: Edea x Ringabel
Prompt: M3 – Cioccolateria Dieta
Avvertimenti: fluff
Parole: 271
 
 
«Ringabel! Ringabel entriamo!»
Ringabel si fermò non appena sentì Edea afferrargli il braccio e esclamare il suo nome, neanche fosse una bambina di fronte al più grande parco giochi del mondo.
Il ragazzo guardò alla sua destra, posando lo sguardo sul punto che la guerriera continuava a indicare.
E fu in quel momento che sentì il sangue gelarglisi nelle vene.
Una cioccolateria.
Quella che si trovava di fronte a lui era sicuramente il negozio di cioccolata più grande che lui avesse mai visto.
Il ragazzo si fermò immediatamente a fare mente locale, cercando di capire dove avesse sbagliato.
Sapeva che Edea era a dieta e, per questo, aveva passato l'intera mattinata a scegliere un percorso "sicuro": delle strade, cioè, che non presentassero alcun tipo di golosità che potessero in qualche modo stuzzicare l'appetito della sua ragazza.
Come aveva potuto quel negozio passargli sotto il naso in quel modo, senza che lui se ne accorgesse?
«Edea...»
Ringabel si voltò nuovamente verso di lei.
No, non potevano entrare.
Ne andava della sua incolumità.
Anche se il ragazzo non comprendeva come fosse possibile, ogni volta che Edea mangiava più del dovuto la colpa era sempre di lui. Non poteva lasciare che anche questa volta la ragazza lo accusasse di non averla fermata e di averle lasciato compiere (l'ennesimo) sgarro alla sua dieta.
Ma, quando vide il modo in cui gli occhi di lei stavano brillando alla vista di tutto quel cioccolato, Ringabel non trovò il coraggio di rifiutare.
Così, entrò nel negozio, seguendo una Edea decisamente più su di giri del solito e preparandosi mentalmente a quello che sarebbe stato poi il suo destino.
Titolo: Flying Fairy
Fandom: Bravely Default
Personaggi: Tiz Arrior, Edea Lee, Agnès Oblige, Airy
Avvertimenti: SPOILER, Missing Moment
Note: Il trio di personaggi (Tiz, Agnès e Edea) appartiene all’universo precedente a quello in cui iniziano gli eventi del gioco.
Missione: M2 – Mitologia celtica e irlandese (elemento ripreso: fate maligne della mitologia celtica)
Numero di parole: 575
 
Airy li aveva presi in giro.
Quando quella convinzione si fece strada nella sua mente, Tiz Arrior si trovava disteso sul ponte della nave che li aveva accompagnati durante il loro viaggio, senza che il suo corpo riuscisse a muoversi di un singolo millimetro, la ferita allo stomaco così profonda da impedirgli addirittura di respirare.
Accanto a lui, il ragazzo sapeva che si trovavano le altre sue due compagne.
Avrebbe voluto voltarsi verso di loro, accertarsi che stessero bene, correre ad aiutarle...
...Ma non aveva il coraggio di voltarsi verso di loro. Perché? Perché oramai sapeva che era troppo tardi.
Aveva visto il momento in cui la fatina si era trasformata in quella belva e le aveva colpite con i suoi stessi occhi.
Era successo proprio lì, davanti a lui.
Gli bastava chiudere le palpebre, anche sol sbatterle, per far sì che la scena di poco prima si dipingesse nella sua mente, così vivida da spaventarlo ogni volta.
Quando Airy aveva rivelato il suo doppio gioco, Edea Lee si era frapposta tra Agnès Oblige e la fata dei cristalli e aveva sguainato la sua spada, pronta a difendere la sua amica.
Il loro nemico aveva riso di quel gesto, con la sua solita dolce voce che, adesso, aveva al suo interno una punta di malignità che Tiz non aveva mai captato prima.
Ed era stato in quel momento che il ragazzo aveva capito cosa stava per succedere.
Di fronte a ciò, Tiz aveva afferrato l'ascia che si trovava sulla sua schiena, pronto a lanciarsi contro il mostro che si trovava a pochi centimetri da lui.
Ma, quando si era lanciato in avanti, con l'arma alzata sopra la sua testa, era già troppo tardi per agire.
Un urlo di dolore uscì dalle labbra di Edea e il ragazzo non potè far altro che guardare la sua compagna venire scaraventata per aria, per poi sbattere con forza contro il parapetto della nave e cadere al suolo, sul pavimento di legno.
Il sangue di Tiz era gelato nelle sue vene quando aveva visto l'enorme ferita che si trovava sul ventre della ragazza.
Non c'erano dubbi. La figlia del Templare era morta sul colpo.
Nonostante ciò, Agnès aveva gridato il suo nome e si era diretta verso di lei, ma, esattamente come era successo solo un secondo prima, Airy aveva attaccato nuovamente, e anche la vestale era caduta al suolo, inerme.
I ricordi di Tiz, da quel punto in poi, erano troppo confusi.
La paura e il dolore avevano ormai preso il sopravvento.
Ricordava di aver attaccato la fata, di aver fatto roteare l'ascia sopra la sua testa e di essersi lanciato contro il corpo del suo nemico...
Poi, il buio.
Quando si era risvegliato, si era ritrovato lì, disteso a terra sul ponte della nave che li aveva accompagnati nella loro avventura.
E da lì non si era mosso.
L'unica cosa che aveva fatto in quei suoi ultimi momenti di vita – che sembravano durare un'eternità – era stata osservare il cielo azzurro sopra di lui, senza osare chiudere gli occhi.
Non voleva rivivere quei momenti.
Non voleva rivedere le sue compagne venire uccise.
Non voleva accettare di essere stato tradito da qualcuno che, fino a poche ore prima, aveva considerato parte del suo gruppo.
E per questo rimase lì, attendendo che la morte arrivasse e lo portasse via, mentre la dolce risata della fatina risuonava, ancora, nelle sue orecchie, quasi come se volesse tormentarlo fino alla fine.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Prompt: Parità (M1)
Fandom: Bravely Default
Personaggi/Coppie: Ringabel/Edea, Agnès, Tiz, Airy
Parole: 2307

Alternis non riusciva a muoversi.
Era completamente inerme, il corpo disteso sul pavimento di legno della nave, la testa che gli faceva così male che il ragazzo aveva paura potesse scoppiargli da un momento all’altro.
Un fischio continuo e acuto gli aveva così tanto intasato le orecchie che il ragazzo non riusciva a captare le parole che il gruppo che era venuto a catturare stava gridando, a poca distanza da lui.
Poteva sentire solo la voce della Vestale del vento sopra le altre che, tremante, cercava di bloccare gli incantesimi che quell’orribile mostro stava mandando contro di loro, erigendo quanti più scudi possibile di fronte a lei e ai suoi due compagni.
Alternis tentò di alzarsi da quel pavimento e di mettere a fuoco la scena che aveva davanti.
Tiz Arrior, un pastore che si era offerto di combattere al fianco della sacerdotessa, aveva una profonda ferita sul braccio ma, nonostante questo, continuava ad attaccare il mostro di fronte a lui, cercando con tutte le sue forze di proteggere la ragazza alle sue spalle.
Alternis cercò di avvertirli di andarsene, ma nessun suono uscì dalle sue labbra quando queste si schiusero.
Sapeva che non avevano nessuna chance di vittoria.
Pensavano di essere al sicuro, di aver finalmente combattuto e sconfitto tutti i loro nemici.
Non erano pronti per un'altra battaglia.
Soprattutto non una del genere.
La vestale urlò qualcosa che Alternis non riuscì a capire, poiché quel suono indistinto provocò un aumento del fischio che lo stava torturando da quando quel mostro lo aveva messo K.O., poco prima.
Si voltò per quanto le sue ferite gli permettevano, assottigliando lo sguardo per poter intravedere qualcosa attraverso la visiera crepata della sua maschera.
E fu in quel momento che sentì il sangue gelarsi nelle sue vene.
Tiz Arrior era adesso infilzato all’albero maestro della nave da una delle stalagmiti di giacchio che il mostro era in grado di lanciare, il sangue che fuoriusciva a fiotti dalla ferita che si era aperta sul suo ventre.
Alternis non aveva mai assistito ad una cosa simile.
Aveva visto tante di quelle guerre in vita sua che mai avrebbe pensato che esistesse qualcosa di così cruento da riuscire ancora a scioccarlo.
E invece si stava sbagliando.
Fu in quel momento che un lampo di luce lo accecò, un altro degli incantesimi che quell’essere era in grado di lanciare.
Alternis chiuse gli occhi, ma niente gli impedì di sentire l'urlo terrificante e altissimo della Vestale seguito poi da un tonfo sordo.
Doveva averla uccisa.
E quello sarebbe stato anche il suo destino.
Il cavaliere nero sapeva di doversi alzare, di dover iniziare a correre e cercare di salvarsi da quella morte che era oramai diventata certa.
Ma non poteva.
Non quando lei era ancora lì.
«Agnès!»
Una voce disperata che conosceva fin troppo bene lo raggiunse. Quella era la prima parola di senso compiuto che era riuscito a sentire da quando si trovava su quel pavimento.
Alternis aprì nuovamente gli occhi, facendo del suo meglio per mettere a fuoco la scena di fronte a lui.
E fu in quel momento che la vide.
Edea Lee era in piedi, i piedi ben saldi a terra e la sua fedele katana stretta nella mano destra.
Nonostante fosse completamente surreale, visto le condizioni pietose in cui si trovavano la sua vista e la sua visiera, era come se il ragazzo riuscisse a vedere qualsiasi particolare del suo volto.
Gli occhi celesti, fermi, impassibili della ragazza, che lui non aveva mai visto vacillare, erano adesso carichi di lacrime che male si addicevano a quello sguardo così severo che Edea stava puntando dritto di fronte a sé, verso il suo nemico.
Le sue labbra rosse e sempre piegate in uno stupendo sorriso, capace di illuminare anche i suoi giorni più bui, erano adesso macchiate di sangue ed erano serrate, come se la ragazza stesse cercando con tutte le sue forze di non iniziare ad urlare e piangere.
Le guance, che lui aveva spesso sognato di poter raggiungere con la propria mano e di poter accarezzare dolcemente, erano adesso piene di tagli da cui uscivano grosse gocce di sangue che si mischiavano alle poche lacrime che la ragazza non era riuscita a trattenere.
Alternis tentò di dire il suo nome.
Cercò con tutte le sue forze di far uscire qualcosa dalle sue labbra.
Ma era come se la gola gli stesse andando completamente in fiamme, impedendogli di parlare e di emettere qualunque suono che non fosse un rantolio, appena udibile.
Edea doveva assolutamente scappare di lì.
Edea doveva salvarsi.
Edea era il vero motivo per cui lui era salito su quella benedetta nave, nonostante tutti gli avessero detto che oramai era troppo tardi per fermare il piano di quel mostro.
Vide la ragazza mettersi in posizione d'attacco, nonostante le gambe non la sorreggessero quasi più.
No, doveva fuggire!
«E-E...–»
Alternis tentò di fare forza sui polsi, cercando di alzarsi.
«...de...»
Edea scattò in avanti, mentre un urlo di battaglia usciva dalle sue labbra.
Un urlo così diverso dal solito.
Un urlo carico di dolore per la perdita dei suoi compagni.
Un urlo che il ragazzo desiderò di non aver mai udito.
Alternis allungò un braccio, mentre sentiva il suo stesso respiro farsi più pesante.
«...a.»
Successe in un attimo.
Un altro letale lampo fulminò la sua visione e il ragazzo dovette assottigliare lo sguardo.
Quando la luce scomparve dal suo campo visivo, Alternis aprì nuovamente gli occhi, mettendo a fuoco ciò che aveva di fronte a sé.
E fu come se il tempo si fosse congelato.
Edea aveva lasciato andare la sua katana e stava adesso cadendo all'indietro, gli occhi ancora aperti, spalancati.
Le lacrime che avevano iniziato a rigarle quelle bellissime e candide guance si erano ormai fermate.
Il celeste luminoso e puro delle sue iridi era adesso tetro, spento, come se la vita le avesse completamente abbandonate.
Alternis si ricordò di tornare a respirare solo quando il corpo della ragazza toccò terra, con un rumore sordo, attutito, come se tutto fosse solo un sogno;un qualcosa di irreale;un incubo da cui lui sarebbe presto potuto scappare.
Ma, nonostante lui continuasse a negarlo con tutto se stesso, ciò che aveva di fronte era la realtà.
Edea era morta.
Edea, l'unica ragazza a cui lui avesse mai pensato in tutta la sua vita, era morta.
Edea, l'unica persona che lui avesse mai amato, era morta.
Con una forza che neanche sapeva di possedere, Alternis riuscì a trascinarsi fino al corpo inerme della ragazza.
Era incredibile modo in cui riuscisse a essere sempre bella, perfetta, nonostante il calore che a lui piaceva tanto sentire non veniva più emanato dal suo corpo o nonostante l’enorme ferita che adesso stava facendo sanguinare il suo ventre.
Era bellissima.
E lui non era riuscito a preservare quella bellezza.
Non era riuscito a proteggerla.
Lui era stato un codardo.
E solo in quel momento, Alternis si rese conto di quanto tutto quello fosse terribilmente ingiusto.
Perché?
Perché lui si era salvato e lei no?
Perché lui era scappato da quel destino e lei aveva combattuto fino alla morte?
Perché lui si era arreso e lei aveva continuato ad avanzare?
Perché questo aveva portato alla morte di lei e non alla sua?!
La risata del mostro gli arrivò alle orecchie e lui si voltò, puntando il suo sguardo su quell'orribile mostro.
E, prima di perdere i sensi, Alternis capì quale sarebbe stata la sua prossima missione.
Avrebbe seguito quell’essere e l’avrebbe ucciso.
Non importava ciò che il Ducato di Eternia poteva ordinargli.
Lui avrebbe fatto di tutto pur di vendicare Edea.
Anche sacrificare se stesso se necessario.
Poi, la sua armatura colpì il pavimento, e lui cadde in un sonno profondo.
 
Ringabel non poteva far altro che osservare quel piccolo angolo di cielo celeste sopra di lui, l’unico ancora visibile oltre la spessa coltre di fumo che lo circondava.
Era bloccato contro il pavimento di legno di quella nave, l’esatta copia della stessa su cui era stato inerme molto tempo prima nel suo mondo di provenienza.
Fin da quando aveva messo piede sulla nuova Luxendarc, il ragazzo aveva avuto la sensazione di avere una missione da portare avanti, nonostante la memoria gli fosse stata completamente cancellata.
Doveva salvarli. 
Quella era stata la promessa che aveva fatto al se stesso di non sapeva quanto tempo prima. 
Dopotutto, come poteva sapere quanti giorni, mesi o anni fossero passati? 
Aveva viaggiato in così tante dimensioni che ora gli era praticamente impossibile misurare effettivamente il tempo trascorso.
Ma questo non importava.
Lui era lì, era riuscito a sopravvivere fino a quel momento solo per raggiungere quell'obbiettivo.
Quando Ringabel aveva ricordato chi fosse e qual era il suo scopo, aveva fatto di tutto per stare al fianco di colei che lui aveva da sempre desiderato proteggere più di qualsiasi altra cosa.
E quindi non poteva fallire.
Avrebbe fermato Airy.
Avrebbe strappato le ali a quella fata che era riuscita a prenderlo in giro anche una seconda volta, facendogli perdere la memoria e accogliendolo nel suo gruppo, come se non si fossero mai incontrati prima.
Avrebbe distrutto qualsiasi piano quel mostro gli avrebbe posto davanti.
E lo avrebbe fatto da solo se le cose si fossero messe male.
Per questo, poco prima, il ragazzo aveva portato gli altri ad una delle tante scialuppe di salvataggio, dando ordine a Tiz di portare le ragazze il più lontano possibile da lì. 
Se chiudeva gli occhi, poteva ancora vedere l’espressione che si era dipinta sul volto del suo amico quando aveva capito che lui non sarebbe andato con loro.
Aveva provato a insistere, a dirgli che sarebbe rimasto lì con lui e l’avrebbe aiutato.
Ma non era quella la cosa giusta da fare.
Agnès era stata ferita e anche Edea non se la stava passando affatto bene.
Aveva quasi perso tutte le sue forze nel combattimento di poco prima, mentre cercava di proteggere la sua amica.
«Ringabel, ma cosa stai dicendo?!»
Nonostante questo comunque, niente gli aveva impedito di urlargli quelle parole, mentre, con le lacrime agli occhi, cercava di mettersi nuovamente in piedi e scendere dalla scialuppa su cui il ragazzo l’aveva trasportata.
«Edea, tu, Tiz e Agnès dovete scappare. Ci ucciderà tutti se rimaniamo qui.»
Ricordava perfettamente di aver mantenuto la calma mentre pronunciava quelle parole.
Non sapeva neanche lui come ci era riuscito.
«Non possiamo restare a combattere anche noi?– aveva provato a farlo ragionare Agnès, i singhiozzi che già le stavano scuotendo le spalle –Sono stata io ad essermi fidata di Airy; è colpa mia se...»
«No Agnès, non è colpa tua.»
Quando quelle parole che aveva pronunciato poco prima gli tornarono in mente, anche Ringabel si meravigliò.
Lo aveva detto sul serio?
E pensare che in realtà,
quando Ringabel era arrivato in quel mondo, il suo unico obiettivo era quello di salvare la ragazza che tanto amava, senza minimamente curarsi delle altre due persone che la seguivano.
Tiz Arrior e Agnès Oblige erano solo dei semplici traditori; dei sovversivi che erano andati contro al volere del Ducato di Eternia.
Non aveva alcuna motivazione per salvarli.
Anzi, erano stati loro a mettere la sua Edea in pericolo.
Ringabel ricordava bene l'odio che aveva provato per quei due ragazzini che gli avevano portato via l'unica persona che lui aveva mai amato.
Ricordava bene cosa pensava su di loro.
Ricordava bene perché fosse salito su quella nave, quel giorno.
Non gli sarebbe importato di ucciderli se necessario.
Ma l'importante era riportare indietro quella ragazza.
Quindi lasciarli combattere contro Airy era una cosa perfetta, no?
Il piano era sempre stato quello dopotutto.
Il piano era che loro combattessero contro quel mostro, distraendolo mentre lui portava Edea in salvo.
Non importava se le loro vite fossero finite.
Loro non erano nessuno per lui, solo due pedine da utilizzare per il suo scopo ultimo.
Però...
Oramai non era più così.
Non dopo tutto quel tempo che aveva passato con loro.
Solo in quel momento si rese conto che la sua missione era cambiata.
Tiz, Agnès, Edea.
 Li avrebbe salvati tutti.
Anche a costo di perdere la sua ultima possibilità di vita.
E per questo adesso si trovava lì, il suo cuore che, piano piano, si avvicinava ai suoi ultimi battiti di vita.
Era riuscito a sconfiggere Airy.
Era riuscito a impedirle di scendere su quella nave e, anche se non era riuscito a ucciderla, l’aveva ferita in modo abbastanza grave da poterla bloccare al suolo, a pochi centimetri da lui.
Tanto non importava che fosse lui a mettere fine alla sua vita.
La nave aveva preso fuoco, le fiamme li stavano circondando e dovevano anche avergli bruciato parte dei vestiti, nonostante oramai lui non sentisse alcun tipo di dolore.
Presto sarebbero affondati, entrambi.
Airy sarebbe morta lì, con lui.
Era riuscito a compiere la sua missione.
Presto entrambi sarebbero scomparsi da quel mondo che non era il loro, mettendo fine a quell'assurda e terribile guerra.
Quando il fumo coprì anche il poco cielo che riusciva a vedere fino a quel momento, Ringabel chiuse gli occhi, cercando di pensare a come doveva stare la ragazza che tanto amava in quel momento.
Gli pareva quasi di vederla, esattamente come se la ricordava.
Gli occhi celesti, fermi e impassibili.
Il suo sguardo così severo con cui lei scrutava ogni nemico.
Le sue labbra rosse e sempre piegate in uno stupendo sorriso.
Le guance che lui aveva spesso sognato poter raggiungere con la propria mano e accarezzare dolcemente.
E, mentre una singola lacrima gli scivolava lungo la guancia, Ringabel pensò che finalmente erano alla pari.
Nell'altro mondo, lui si era salvato e lei no.
Nell'altro mondo, lui era scappato e lei aveva combattuto fino alla morte.
Nell'altro mondo, lui si era arreso e lei aveva continuato ad avanzare.
Adesso, in questo mondo, le cose si erano capovolte.
E questa era l'unica cosa che gli importava.
La sua missione si poteva considerare completa.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Prompt: In fuga (M1)
Parole: 921
Fandom: Bravely Default
Coppia: RingabelxEdea


Ringabel sapeva che c'erano molte cose che dei comuni mortali non erano in grado di fare.
Ad esempio, quasi nessuno era in grado di essere perfettamente equilibrato nel suo animo, bilanciando perfettamente modestia e narcisismo, difetti e qualità; quasi nessuno era in grado di essere così tanto sicuro di sé da non avere neanche un punto debole; quasi nessuno era così perfetto da riuscire a rimorchiare qualsiasi ragazza su cui mettesse gli occhi.
E, nonostante il ragazzo fosse fermamente convinto di far parte della categoria dei pochi eletti che aveva tutte le caratteristiche sopra elencate, lui era a conoscenza del fatto che, anche per persone così elevate e superiori come lui, c'erano ostacoli impossibili da superare.
«Ringabel, vieni fuori se ne hai il coraggio!»
... E una di quelle cose era sicuramente riuscire a sopravvivere ai una Edea Lee alquanto arrabbiata.
Il ragazzo lanciò un'occhiata veloce alla strada principale di Florem, rimanendo il più nascosto possibile dietro ad uno dei grandi edifici che la incorniciava ai lati.
Ed eccola lì.
Non che fosse difficile identificarla in quel momento.
Nonostante si trovasse in mezzo alla folla di turisti e abitanti del luogo che riempiva completamente la strada principale, era impossibile che anche una sola persona non potesse essere in grado di identificare Edea in quel momento.
Era così tanto furiosa che, anche se Ringabel si chiedesse come fosse possibile, era come se fossero ben visibili le nuvole di fumo che uscivano dalla sua testa.
I suoi capelli – biondi, luminosi e stupendi come sempre – erano sicuramente più elettrizzati del solito, soprattutto il suo ciuffo biondo che ritto, sull'attenti, era paragonabile quasi ad una temibile antenna pronta a localizzarlo ovunque lui si fosse nascosto.
Senza considerare il suo sguardo.
Quello sì che la rendeva fin troppo visibile in mezzo a quella folla.
Gli occhi azzurri di Edea erano adesso freddi, ghiacciati, e la ragazza non faceva che muoverli a destra e a sinistra, in alto e in basso, lanciando occhiatacce alle persone che passavano, cercando di localizzare il suo obiettivo.
Ringabel sentì un fortissimo brivido corrergli lungo la schiena quando notò che, anche se solo per un momento, lo sguardo della ragazza fu puntato nella sua direzione.
Odiava quello sguardo.
Cioè, ovviamente lo amava, così come amava tutto di quella ragazza.
Ma, allo stesso tempo, non poteva far altro che sentire il suo sangue gelarsi completamente nelle sue vene ogni volta che lei gli lanciava una di quelle occhiate che tanto la contraddistinguevano dalle altre ragazze con cui lui era uscito.
Non sapeva come fosse possibile una cosa del genere, ma Ringabel era convinto che, quando lei utilizzava quello sguardo così tanto letale e assassino, Edea riusciva perfettamente a localizzare la sua preda, ovunque essa fosse.
Niente poteva fermarla. Persone, mura, case, colline, montagne, oceani. Qualsiasi nascondiglio era vano.
Eppure, nonostante tutta la pericolosità che la ragazza trasmetteva in quel momento, Ringabel non poteva fare a meno che trovarla bellissima.
Avrebbe potuto passare ore ad osservarla in quello stato.
La smorfia arrabbiata che si era formata sul suo volto; le guance leggermente rosse; le spalle che le tremavano leggermente; i pugni che teneva così stretti da conficcare le sue unghie nella sua stessa carne; le gambe piantate al suolo, pronte a scattare non appena avrebbe avvistato la sua preda–
«Ringabel!»
Cazzo.
Quando vide che Edea si stava avvicinando ad una velocità quasi sovrumana, il ragazzo riprese a correre, cercando in tutti i modi una via di fuga che gli permettesse di seminare il mostro che continuava a inseguirlo.
Sapeva che lei era dietro di lui.
Sapeva fin troppo bene che oramai era stato agganciato.
E, soprattutto, sapeva che se lo avesse raggiunto, sarebbe stato davvero difficile sopravvivere.
Con quel pensiero in testa, il ragazzo continuò a correre lungo le vie di Florem, scansando qualsiasi persona gli capitasse sulla sua strada e cercando di confondere il suo inseguitore, cambiando continuamente la via che stava prendendo.
Poteva sentire i passi della ragazza dietro di lui farsi sempre più lontani.
Che la stesse seminando...?
Preso da un coraggio che neanche lui sapeva di avere, Ringabel lanciò uno sguardo alle sue spalle.
Un sospiro di sollievo lasciò le sue labbra. Edea non c'era più. Era riuscito a scappare.
Beh, questo lo rivalutava ulteriormente, no?
Se era riuscito a fuggire ad una bestia del genere, doveva assolutamente appartenere ad un'élite ancora più elevata e superiore di quella che credeva–
Il ragazzo andò a sbattere contro qualcuno e perse l'equilibrio, cadendo a terra all'indietro e ritrovandosi a sedere sul freddo pavimento in pietra.
Merda.
Sarebbe dovuto tornare a guardare davanti a sé.
«Mi scusi, non l'ho vista...» si scusò, alzando lo sguardo.
E fu in quel momento che il sangue gli si gelò nelle vene.
Edea Lee era lì, davanti a lui, le braccia incrociate al petto.
«Ringabel.»
«E-Edea.– il ragazzo poteva sentire il sudore scivolargli lungo la fronte –C-Che coincidenza, t-ti stavo giusto cercando.»
Prima che potesse aggiungere altro, lei si abbassò e lo afferrò per il colletto della camicia, portandolo a due centimetri dal suo viso.
«Questa me la paghi cara. Hai anche cercato di scappare.»
Ringabel deglutì.
Era spacciato.
«E-Edea ti posso spiegare!» cercò di salvarsi, invano.
«Risparmiati le tue scuse, so che sei stato tu a mangiare tutta la scorta di biscotti che mi ero portata da Eternia. Ripeto: questa me la paghi cara.»
Così, mentre Edea lo trascinava via, il ragazzo si rese conto che nessuno, ma proprio nessuno, sarebbe potuto appartenere a quell'élite tanto elevata da riuscire a fuggire da quella ragazza.

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