Titolo: Alea iacta est
Fandom: Persona 4
Personaggi: Yosuke, Chie
Missione: M5 – Alea iacta est
Tipo: pure drabble
Note: demenziale
 
Yosuke era nei guai.
I suoi nemici lo avevano messo alle strette, facendolo oramai rintanare in un minuscolo angolino, senza alcuna via di fuga.
E, questo, avrebbe davvero potuto segnare la sua fine.
Il ragazzo fece un respiro profondo.
Doveva attaccare. Non aveva altra scelta.
«5, 5, 4!» esclamò, vedendo il dado rosso sul tavolo.
Chie alzò lo sguardo al cielo, tirando anche lei il suo dado.
«6, 6, 5.»
«Ok, il tiro non valeva!» si lamentò allora il ragazzo.
«Eh no, ormai il dado è tratto. Togli quei tre carri armati, su.»
A malincuore, Yosuke passò il suo turno.
Titolo: Don’t push that button
Fandom: Persona 4
Personaggi: Tutto l’Investigation Team
Prompt: M1
Avvertimenti: Soulmate!AU
Parole: 1900
 
Yu lanciò uno sguardo all'inattivo che si trovava incastonato nel suo braccio, passando lentamente e delicatamente le dita sul piccolo bottoncino che si trovava al suo fianco.
Finalmente lo avrebbe premuto.
Dopo ben 17 anni di paure e di ripensamenti, quello sarebbe stato il giorno in cui avrebbe compiuto il passo più importante della sua vita: avrebbe finalmente iniziato la ricerca della sua anima gemella.
Bastava poco, infatti, molto poco.
Una volta premuto quel bottone rosso, il contatore si sarebbe attivato e avrebbe iniziato a contare alla rovescia, fino al momento in cui non sarebbe avvenuto il fatidico incontro.
Niente di più semplice... ed era qua che veniva la fregatura.
C'era una regola ben specifica che faceva tentennare tutte le persone dall'usarlo il prima possibile, senza neanche pensarci due volte.
Il numero di volte che potevi provare a utilizzarlo.
Per quanto quel contatore fosse potente era, allo stesso tempo, limitato.
Al massimo potevi avere tre possibilità.
Gli scenari possibili erano due e gli erano stati spiegati fin da bambino: anche la tua anima gemella aveva attivato il counter e quindi, una volta incontrati, i due si azzeravano insieme, emettendo un suono acuto per indicare il buon esito della tua ricerca; oppure esaurivi i tre tentativi possibili, rimanendo senza la certezza di chi fosse la tua anima gemella.
In entrambi i casi, il counter si sarebbe spento per sempre.
«Sei arrivato in anticipo, Yu-kun.»
Quando la voce di Yukiko arrivò alle sue orecchie, Yu distolse lo sguardo dal suo braccio e si voltò verso di lei.
«Ciao, Yukiko.– la salutò, cercando di non mostrare il nervosismo che aveva iniziato a diffondersi nel suo corpo –Chie? Non è con te?»
La ragazza dai capelli neri si sedette di fronte a lui, al suo posto al loro solito tavolo del Junes.
«Sta arrivando, è andata a recuperare Yosuke.» rispose.
Neanche un secondo dopo, le voci dei due suoi compagni attirarono l'attenzione di Yu.
«Che c'è? Volevi scappare?– Yu poteva vedere Chie che, furiosa, aveva afferrato Yosuke per un braccio e lo stava trascinando verso di loro –Avevamo detto di partecipare tutti quanti una volta che il caso sarebbe stato risolto. Non puoi tirarti indietro adesso!»
«Ti ho già detto che non stavo scappando!– ribatté il ragazzo, dimenandosi –Mi stavo solo andando a cambiare. Cosa succederà se poi verrà fuori che la mia anima gemella è qui vicino e mi vedrà con questi vestiti?!»
“Bugiardo.” pensò Yu.
Sapeva benissimo quanto Yosuke fosse preoccupato per quello che poteva accadere dopo l'attivazione del counter.
Dopotutto, lui era proprio una di quelle persone che, inconsciamente, aveva già provato ad attivare il suo timer.
Due volte.
Yosuke gli aveva confidato quel segreto pochi giorni prima, quando avevano deciso il giorno in cui avrebbero provato a cambiare il loro futuro, tutti insieme.
Quella per lui sarebbe stata la sua ultima possibilità. Era normale che fosse spaventato a morte.
«Oh, Yu.– non appena lo vide, Chie lo salutò con un gesto della mano –Non credevo fossi già qui. Sei il nostro leader fino alla fine, eh?– aggiunse poi, facendo sedere con forza Yosuke al suo solito posto –Scusate il ritardo, ma qualcuno stava cercando di scappare.»
Yosuke si voltò verso di lei. 
«Ti ho già detto che non volevo sca...»
«Senpai! Ci siamo anche noi!»
Qualsiasi cosa Yosuke volesse dire fu immediatamente bloccata dalla voce squillante di Rise che, poco lontano dal tavolo, aveva iniziato a sventolare la sua mano.
Lei sì che era su di giri.
Yu poteva percepirlo benissimo. E questa cosa lo terrorizzava.
Almeno da quanto aveva potuto constatare dal comportamento della ragazza nei suoi confronti, lei aveva un solo desiderio: essere la sua anima gemella. Ma, per quanto non gli dispiacesse l'idea, Yu non era completamente convinto che quello sarebbe accaduto.
Insomma, il loro gruppo stava insieme da più di un anno.
Se al suo interno ci fossero state delle anime gemelle, sarebbe venuto fuori molto prima oramai.
Lui stesso aveva provato ad attivare il suo timer, una volta, durante quell'anno.
E sapeva per certo che almeno un'altra persona ci avevano provato.
E quelle due erano...
«Ehi, Senpai. Scusate il ritardo, Ted insisteva per prendere il gelato.»
Kanji Tatsumi.
Yu aveva visto il suo kohai a guardare con trepidazione il suo counter un giorno, con chiaro nervosismo.
Tutti sapevano della sua cotta, dopotutto.
Era ovvio che lui provasse almeno una volta a vedere se quel qualcosa poteva davvero scoppiare.
Peccato che l'altra persona era chiaramente qualcuno che non aveva mai toccato il bottone del suo counter.
«Scusate il ritardo.– Naoto si sedette al suo solito posto, il capello blu tirato in giù sul viso, come se la ragazza volesse nascondere la sua espressione –Come ha detto Kanji-kun, Teddie era particolarmente insistente.»
«Sensei! Nao-chan e Kanji-chan mi trattano male!– come Yu si aspettava, Teddie si lanciò in braccio a lui, cercando protezione –Io volevo solo provare il nuovo gelato “Everyday is great at your Junes” del Junes. E' una super, mega, iper edizione limitata, dopotutto!»
«Ted. Smettila di dare fastidio!»
Yosuke afferrò il ragazzo per il colletto e lo fece sedere nel posto accanto al suo.
Yu non riuscì a trattenere il piccolo sorriso che si formò sulle sue labbra di fronte a quella scena.
Il rapporto tra Yosuke e Teddie era decisamente maturato in quell'anno che avevano trascorso insieme.
Ora sembravano quasi due fratelli.
«Yosuke, sei cattivo anche tu!»
«Smettila, ho detto.– ripetè il ragazzo, lanciandogli un'occhiataccia –Più che altro, come era quel gelato? Era buono almeno? Lo hanno stampato su tutti i volantini del supermercato, ma io ho paura che ci faccia più pubblicità negativa che altro.»
Teddie mostrò il suo solito, indecifrabile, sorriso.
«Faceva schifo.» esclamò, con un tono inspiegabilmente felice.
Yosuke sospirò pesantemente, chiaramente non sorpreso dal risultato.
«Certo che potrebbero pensarci due volte prima di creare queste trovate pubblicitarie...» disse tra sé e sé.
Fu in quel momento che Chie prese la parola, iniziando il discorso che tutti, fino a quel momento, avevano cercato chiaramente di evitare.
«Ora che ci siamo tutti,– disse, lanciando un'occhiata veloce al suo polso –dobbiamo solo premere il pulsante... no?»
Silenzio.
Il chiacchiericcio che fino a poco prima si poteva udire intorno al loro tavolo si spense completamente e gli otto ragazzi – o meglio, i sette ragazzi e la Shadow dalla forma umana – iniziarono a lanciarsi sguardi a vicenda e ai loro polsi.
La tensione poteva essere tagliata con un coltello.
«S-Sentite,– questa volta era stata a Naoto a parlare, la voce chiaramente più femminile e tremante del solito –non siamo costretti a farlo. Eravamo tutti su di giri quando abbiamo deciso che lo avremmo fatto, ma possiamo sempre tirarci indietro. Se abbiamo bisogno di tempo possiamo prendercelo.»
Anche se non lo fece notare, Yu notò lo sguardo di Kanji incupirsi ancora di più.
«Naoto-kun non ha tutti i torti.– disse Yukiko –Siamo davvero sicuri di volerlo fare?»
Silenzio, di nuovo.
Nessuno osava rispondere a quella domanda.
Il problema era che, per quanto tutti loro – o, meglio, quasi tutti loro – ci tenessero a scoprire la loro anima gemella, il rischio di non trovarla e di perdere una possibilità, se non l'ultima, di riuscirci era alto.
Poi, improvvisamente, un tonfo arrivò dalla sua destra e Yu si voltò, trovandosi davanti Rise, con le mani sbattute sul tavolo.
«Naoto-kun! Yukiko-senpai!– le sgridò –Abbiamo deciso di non tirarci indietro. Scappare dalla verità è una cosa che l'Investigation Team ha deciso di non fare più, no?»
...
Beh, la idol aveva ragione.
Se solo il tutto non fosse stato chiaramente mosso dalla speranza di avere lui come anima gemella, Yu avrebbe concordato con lei.
«E poi io devo sbrigarmi!– Teddie esclamò, con la sua solita voce fin troppo elevata per la situazione –Non posso lasciare aspettare la mia donzella a lungo!»
«Ted,– Kanji si intromise –chi ti dice che sia una ragazza?»
Il più giovane si voltò verso di lui.
«Oh, Kanji-chan.– rispose, con un tono alquanto molesto –Vuoi essere tu la mia anima gemella? Io non mi tiro indie...»
«Cazzo, no! Certo che no!– urlò l'altro, guardandolo malissimo –Vuoi che ti uccida?!»
«Sensei! Kanji-chan è cattivo con me!»
Yu guardò i due, non sapendo bene cosa rispondere.
Fortunatamente, Yosuke prese la parola.
«Perché non lasciamo decidere a Yu?– disse, lanciandogli un'occhiata –E' il nostro leader, sono sicuro che lui saprà fare la scelta giusta. Vero, partner?»
...Forse era meglio rimangiarsi quel “fortunatamente”.
“Perché devo finirci sempre io in queste situazioni?”
Il cervello di Yu iniziò immediatamente a pensare ad un piano di fuga ma, quando vide che l'intero gruppo stava aspettando un suo verdetto, il ragazzo capì che scappare non era una soluzione.
Doveva prendere una decisione.
E doveva farlo in fretta.
«Io credo che potremmo provare.– disse poi, guardandoli uno ad uno –Alla fine siamo qui per farci supporto a vicenda, giusto? Siamo una squadra. Ci aiuteremo l'un l'altro. Ce la faremo sicuramente.»
Nonostante qualcuno (cioè Naoto) non fosse ancora del tutto convinto, nessuno osò andare contro la parola del loro leader.
L'intero gruppo annuì solamente, per poi portare uno ad uno il dito sul proprio bottone, aspettando indicazioni.
«Al mio tre.» annunciò Yu, sentendo su di lui lo sguardo di tutti i suoi compagni.
Poteva percepire Yosuke tremare al suo fianco, mentre Rise e Teddie non stavano chiaramente più nella pelle.
«Uno.»
Chie e Yukiko deglutirono, quasi simultaneamente.
«Due.»
Naoto chiuse gli occhi, come per non osservare più ciò che stava per fare e Yu vide invece che Kanji aveva spostato il suo sguardo su di lei.
«Tre.»
Click.
Gli otto bottoni furono premuti contemporaneamente, ognuno dal suo proprietario.
Yu osservò il piccolo schermo del suo contatore illuminarsi per iniziare il conto alla rovescia.
E fu allora che accadde.
Biiiiiiiiiiiip!
Un suono acuto arrivò dagli otto contatori, facendo trasalire i ragazzi.
Yu sentì il suo sangue gelarsi nelle vene, quando notò cosa era apparso sul suo contatore.
"0 s".
Il ragazzo alzò immediatamente lo sguardo e vide riflesso negli occhi dei suoi compagni lo stesso terrore che stava provando lui in quel momento.
Tutti rimasero in silenzio, continuando a guardarsi uno ad uno, cercando di capire chi di loro fosse la loro anima gemella e chi no.
Poi...
«Pffft.»
La prima a partire fu Yukiko.
Una fortissima risata uscì dalle sue labbra e la ragazza si trovò presto piegata in due, le lacrime agli occhi da quanto quella situazione assurda la stava facendo ridere.
«Senpai, lo sapevo che eravamo destinati a stare insieme!»
«Senseiiiii! Sono così felice che tu sia la mia anima gemella!»
«Partner, cosa vuol dire questo?!»
Yu si voltò immediatamente verso Rise, Teddie e Yosuke che, contemporaneamente, avevano preso la parola e si erano rivolti a lui.
Il ragazzo non fece neanche in tempo a rispondere che un botto arrivò dalla sua sinistra e il leader si voltò, solo per vedere Kanji che aveva colpito con forza il tavolo.
«Cosa cazzo significa?!» urlò.
«Kanji-kun!– Chie, che stava cercando di calmare Yukiko, si voltò verso il suo compagno più giovane –Non perdere la calma, adesso troveremo sicuramente una soluzione.»
«Non c'è nessuna soluzione. Adesso non scopriremo mai chi è l'anima gemella di chi.»
La voce lapidaria di Naoto li bloccò e il silenzio – a parte per le continue risate di Yukiko – calò nel gruppo.
E, mentre tutti gli sguardi si posavano su di lui, Yu si chiese perché aveva anche solo pensato che le cose potessero andare nel verso giusto.
 

Albero di Etemon, Isola di File

1° avvio del primo periodo della tigre sacra, ciclo 2880

Quando un raggio di luce colpì le sue palpebre, Teddie Hanamura mugolò nel sonno, portando una mano al viso per coprirsi gli occhi.

Il ragazzo si sistemò nel suo letto, cercando una posizione più comoda per continuare a dormire.

Nel momento in cui provò a rigirarsi, la sua mano si posò sul suo materasso e lui non potè fare a meno di notare come quel contatto fosse estremamente diverso dal solito.

Le pieghe del lenzuolo, che spesso poteva sentire tra le sue dita, erano adesso state sostituite da qualcosa di filoso e morbido, che gli accarezzava dolcemente il palmo.

Anche la morbidezza era strana. Non importava quanto Teddie si muovesse, ogni posizione che trovava risultava estremamente scomoda in quanto il suo morbido e soffice letto sembrava adesso essere diventato duro come il marmo.

Ma fu solo quando un rumore ignoto gli arrivò alle orecchie che il ragazzo si svegliò del tutto.

Teddie aprì gli occhi e sbatté più volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco il paesaggio di fronte a sé.

L'erba su cui era sdraiato risplendeva di un verde smeraldo nei diversi punti in cui i raggi di sole raggiungevano il terreno, su cui si trovavano adagiate delle foglie di enormi dimensioni.

Il piccolo promontorio su cui si trovava si estendeva per poco: alla distanza di solo qualche metro il prato si interrompeva bruscamente e andava a creare quello che sembrava uno strapiombo.

Oltre la punta più lontana del promontorio, all'orizzonte, era visibile l'oceano.

Il ragazzo si mise lentamente a sedere, notando solo in quell’istante che alcune delle foglie che si trovavano al suolo erano state adagiate su di lui, come per creare una coperta.

No, quella non era decisamente la sua camera da letto.

Ma se non si trovava nella sua stanza... dove era di preciso in quel momento?

I raggi di luce cambiarono la loro traiettoria e Teddie alzò lo sguardo, rimanendo completamente senza fiato.

Si trovava sotto un... un...

...un albero gigante.”

Le fronde dell'albero sotto il quale il ragazzo era seduto erano così grandi da fare invidia al reparto più grande del Junes, se non all'intero supermercato.

Le foglie, le stesse che lo stavano coprendo e che erano grandi quanto il suo braccio, danzavano a causa del vento, filtrando la luce solare.

Era sicuramente uno spettacolo magnifico.

Prima ancora che se ne rendesse conto, Teddie aveva alzato una mano verso il cielo, come a voler accarezzare quei rami che si trovavano a diversi metri di altezza rispetto a lui, ma il rumore ignoto che poco prima lo aveva svegliato attirò nuovamente la sua attenzione, facendolo tornare con i piedi per terra.

Era un suono metallico, come quello che una spada emetteva quando la sua traiettoria veniva intercettata da uno scudo.

Che ci fosse qualcuno?

Il ragazzo si alzò lentamente e fece un passo in avanti ma le sue gambe si congelarono nuovamente quando un altro rumore, completamente diverso dal primo, riecheggiò nell'aria.

Un ruggito.

Quello che aveva appena sentito era un ruggito.

Teddie poteva sentire il suo intero corpo tremare, mentre quella convinzione si faceva strada dentro di lui.

Possibile che ci fosse un animale selvatico nei dintorni?

E, anche se era così, che animale poteva essere?

Non aveva mai sentito un verso simile!

Se solo Yosuke fosse qui...”

Quel pensiero fu come una doccia d'acqua fredda.

Yosuke!

Dove si trovava suo fratello?

Erano nella stessa stanza la notte prima!

Possibile che fosse anche lui stato teletrasportato in quel luogo a loro sconosciuto?

E se...

E se il ruggito di quell'animale fosse stato rivolto a lui?

Un altro spaventoso ruggito gli arrivò alle orecchie e Teddie non perse più tempo.

Afferrò un pezzo di legno che si trovava sul suolo a pochi centimetri da lui e si diresse verso la fine del promontorio, pronto a combattere contro qualsiasi essere che gli si parasse davanti, così come avrebbe fatto qualunque orso degno di tale nome.

Ma, quando il ragazzo si trovò di fronte al precipizio, tutto il suo coraggio svanì completamente.

Lì, sotto di lui, vi era una piccola area balneare.

La sabbia era lucente e chiara, mentre il mare a cui portava era così limpido che permetteva di osservare il fondale marino anche dall’altezza a cui lui si trovava.

Ma non era certo questo che lo aveva fermato: ciò che l'aveva spaventato erano le due aragoste che stavano lottando, proprio nel punto in cui la spiaggia si congiungeva col mare.

Sempre se quegli esseri potevano essere chiamate con un nome tanto comune.

I due “animali” che Teddie stava osservando erano, infatti, più grandi di un normale crostaceo; molto più grandi.

I loro corpi, ricoperti da una pesante corazza che emetteva bagliori cremisi quando la luce del sole si rifletteva su di essa, erano lunghi almeno 4 metri.

Le loro chele erano così grandi da poter afferrare il ragazzo e spezzarlo in due, come se fosse un semplice stecchino, ed erano così affilate da poter tagliare anche la roccia.

Le gambe di Teddie cedettero e il ragazzo cadde in ginocchio, gli occhi puntati su quei due mostri che, fortunatamente, non sembravano in alcun modo interessati a lui.

Le due “aragoste” stavano infatti lottando tra di loro, incuranti di ciò che le circondava, e ogni volta che le chele di una colpivano la corazza dell'altra il rumore metallico di poco prima riecheggiava nuovamente nell'aria, così come il ruggito territoriale che l'attaccante emetteva per prevalere sull'attaccato.

Non mangerò mai più un'aragosta in vita mia.” pensò il ragazzo, facendo un passo indietro e allontanandosi lentamente dal precipizio, per essere sicuro di non essere visto dai due predatori.

Quando fu abbastanza sicuro di non essere più a portata d’occhio, Teddie sbuffò leggermente e si sedette a terra, deciso a fare il punto della sua situazione. Situazione che, a essere sinceri, non era certo una delle migliori.

Si trovava completamente da solo, in un luogo a lui sconosciuto dove tutto sembrava incredibilmente ingigantito e feroce.

Di suo fratello (che fortunatamente non era la preda di quelle due aragoste) non vi era neanche l'ombra.

Perché si trovava lì?

Come ci era finito?

E cosa doveva fare per tornare indietro?

Il ragazzo sospirò, cercando di calmare se stesso.

Non doveva farsi prendere dal panico. Dopotutto lui era un orso, no?

Avrebbe trovato sicuramente le risposte che stava cercando e, con loro, un modo per tornare a casa.

«Oh, ti sei svegliato.»

Una voce che Teddie non aveva mai sentito prima arrivò dalle sue spalle e lui sussultò, stringendo con più forza il pezzo di legno che teneva nella mano destra.

Con uno scatto fulmineo, il ragazzo si alzò e si voltò, pronto a scontrarsi con l’essere malvagio che poteva essere sopraggiunto (sperando che non fosse un altro esemplare di quelle strane aragoste) ma, non appena vide chi si trovava di fronte a lui, il pezzo di legno gli scivolò dalla mano.

Un orso.

O, meglio, un bambino dentro un costume da orso.

Quello che Teddie aveva davanti agli occhi era indubbiamente il costume da mascotte più piccolo e meglio realizzato che lui avesse mai visto in tutti i suoi anni di carriera.

«Meno male, avevo paura che avessi sbattuto la testa.» continuò il bambino.

Ma il ragazzo non lo stava neanche ascoltando.

Era rimasto completamente rapito dal modo in cui quel costume era stato cucito: un lavoro sicuramente perfetto dato che non era visibile alcuna cucitura.

«Ti ho anche portato da mangiare.»

E volevamo parlare del viso?

La bocca del costume si apriva e si chiudeva come se fosse stata reale, mentre gli occhi celesti si muovevano da una parte all'altra, riuscendo addirittura a chiudersi per simulare la chiusura delle palpebre.

«Spero ti piaccia la frutta, non so sinceramente cosa mangiate voi umani.»

Ma fu solo in quel momento che Teddie notò quanto il suo pelo sembrasse vero e soffice.

Neanche il pelo del suo costume era a quei livelli, nonostante Yosuke lo lavasse con i migliori saponi in commercio per mantenerlo il più lucente possibile.

«Ehi, capisci la mia lingu-»

«Chi ti ha fatto questo costume?!» esclamò il ragazzo, avvicinandosi a lui per osservarlo più da vicino.

«Eh?» rispose spaesato il bambino.

Teddie gli afferrò una zampa, osservandola più da vicino.

«Le cuciture sono nascoste sotto queste cinture?– domandò, passando una mano sulle cinture blu che avvolgevano le due mani del bambino –Molto ingegnoso. E questo pelo? Cosa è stato usato per renderlo così orso-oso? E' così ingiusto! Yosuke aveva detto che il pelo del mio costume era il migliore!»

Vedendo che la persona nel costume non gli rispondeva, il ragazzo alzò lo sguardo, puntandolo sul suo volto.

E fu in quel momento che rimase completamente folgorato.

La sua espressione.

La sua espressione era così... viva.

I suoi occhi erano assottigliati e lo stavano scrutando in maniera confusa, così come suggeriva anche il modo in cui le sue labbra erano serrate e piegate in un sorriso enigmatico.

«Come ci riesci?!– esclamò Teddie, prendendogli il viso tra le mani –Io non sono mai riuscito a rendere il mio costume così espressivo!»

Il bambino continuò a guardarlo con la stessa espressione confusa, nonostante adesso si intravedesse anche un minimo accenno di paura nei suoi occhi.

«Dove è la cerniera del costume? Voglio vedere come è all'interno!»

Il bambino mise le sue zampe sulle mani del ragazzo, allontanandole dal suo volto.

«Non è un costume.– rispose poi –Non so nemmeno di cosa tu stia parlando.»

Teddie fece per ribattere, ma qualcos'altro attirò la sua attenzione.

Calore.

Le zampe del costume con cui il bambino lo stava toccando emanavano calore, come se il sangue scorresse sotto quel pelo così curato.

Come poteva un costume essere così accurato?

Il ragazzo spalancò gli occhi.

E se...

...e se non ci fosse alcun bambino dentro questo costume?”

L'orso” di fronte a lui ridacchiò leggermente, vedendo la reazione confusa che lui aveva appena avuto.

«Tranquillo, adesso ti spiego tutto.– gli disse poi –Ma per prima cosa lascia che mi presenti. Io mi chiamo Bearmon.– continuò, sorridendogli –Benvenuto a Digiworld.»

 

«Quindi non ci troviamo sulla Terra?» domandò Teddie, addentando il frutto viola che aveva tra le mani.

Bearmon annuì leggermente.

«Esattamente. Questo è un mondo parallelo a quello che tu conosci.– gli spiegò, continuando ad osservarlo –Al momento ci troviamo nella parte sud dell'Isola di File, meno male che sei spawnato qui.– disse poi, ridacchiando leggermente –Se fossi apparso sulla spiaggia ti saresti ritrovato in mezzo al flame di quei due Ebidramon.»

Il ragazzo tornò a guardare le due aragoste (che adesso sapeva essere una specie di Digimon, gli esseri che abitavano quel luogo) che lottavano sotto di loro.

Ebidramon. Quello doveva essere il nome della loro specie.

«Certo che sei parecchio tranquillo per essere un noob.– continuò Bearmon –Ti avevo sottovalutato.»

Teddie ridacchiò leggermente quando sentì il Digimon usare quel termine.

Più parlava e più usava termini che il ragazzo conosceva grazie ai numerosi videogiochi online che aveva fregato a suo fratello.

«Non vedo perché dovrei agitarmi.» rispose, continuando a mangiare lo strano frutto che Bearmon gli aveva offerto.

In realtà sì, i motivi per agitarsi c'erano eccome.

Lui, un ragazzino di soli 15 anni, era stato spedito in un mondo a lui sconosciuto, senza niente per sopravvivere e senza avere modo di tornare a casa.

Qui aveva incontrato un essere strano, un Digimon, che gli aveva detto di essere il suo partner e che sarebbe stato al suo fianco nel salvare quel mondo da un destino nefasto.

Chiunque sarebbe andato nel panico di fronte ad uno scenario simile.

Ma, allo stesso tempo...

«Questa storia è così simile ad un videogioco!» esclamò poi, voltandosi verso il Digimon.

Bearmon rimase per un attimo in silenzio. Poi, scoppiò a ridere.

«Questo è vero, dovremo solo livellare.– gli disse, alzandosi in piedi e sistemandosi il berretto che aveva sulla testa –Quando hai finito di mangiare dovremmo metterci in viaggio. La nostra main-quest è quella di trovare gli altri Digiprescelti e formare un party con loro.»

Teddie finì il suo frutto, per poi alzarsi anche lui.

«Hai detto che siamo su un'isola, giusto? Gli altri dove dovrebbero essere?» domandò poi, tornando ad osservare l'enorme albero che continuava a fargli ombra da quando era arrivato.

«Noi ci troviamo a sud, sul promontorio sopra a Punta Coela.– rispose Bearmon, indicando la spiaggia sotto di loro –Questo viene chiamato l'Albero di Etemon. I tuoi compagni dovrebbero essere spawnati in altri luoghi dell'isola, ma non so precisamente dove.– continuò, iniziando ad armeggiare con la cintura che gli girava intorno al busto e prendendo un oggetto legato ad essa –Questo ti aiuterà.»

Teddie guardò ciò che il Digimon gli stava tendendo, senza avere la certezza di capire cosa fosse.

A prima vista poteva sembrare un vecchio telefono cellulare, anche se non ne aveva mai visti di una forma simile.

L'apparecchio che Bearmon aveva nella zampa era di forma ottagonale e di colore bianco, con i lati obliqui leggermente ricurvi verso l'interno.

Uno schermo quadrato si trovava al centro, all'interno di un cerchio nero, mentre alla sua destra si trovavano due piccoli tasti ovali e uno circolare era invece a sinistra.

Delle strane incisioni percorrevano l'intero oggetto, mostrando scritte in una lingua che Teddie non aveva mai visto prima.

«Cosa è?» domandò, allungando una mano per prenderlo.

«Un Digivice. Dovrebbe aiutarci a trovare gli altri e, allo stesso tempo, dovrebbe fornirci dei power-up in battag–»

Qualsiasi cosa Bearmon volesse dire rimase completamente in sospeso quando le dita del ragazzo toccarono l'apparecchio.

Il Digivice iniziò a tremare e il Digimon lasciò andare la presa, facendolo cadere a terra.

Le incisioni presenti nella sua scocca si illuminarono, e le scritte iniziarono a emettere bagliori a intermittenza. Lo schermo lanciò un potentissimo raggio di luce che si mosse verso il cielo, come un vero e proprio razzo segnaletico.

Teddie alzò lo sguardo, seguendo la luce che continuava ad alzarsi e superava le fronde dell'albero prima di esplodere in cielo e poi esplodere, come un fuoco d'artificio, per disegnare nell'aria un simbolo a lui sconosciuto, formato da tre cerchi uno dentro l'altro.

Non appena quel simbolo si stampò nella cornea dei suoi occhi, il ragazzo avvertì una fortissima fitta alla testa che lo costrinse a portarsi una mano alla fronte.

Il canto della bambina che aveva visto la sera prima gli riecheggiò nuovamente nella mente.

Poi, come tutto era iniziato, finì.

La voce angelica scomparve, il Digivice smise di tremare e le sue incisioni tornarono al colore scuro di prima.

Lo schermo emise un ultimo piccolo bagliore per poi spegnersi.

«Tutto ok?» gli domandò Bearmon, vedendo che lui non accennava a parlare.

Teddie allontanò la mano dalla testa, abbassandola e voltandosi verso il Digimon.

«Sì, sto bene.– rispose, ancora leggermente stordito –Cosa era quello...?»

Il Digimon abbassò lo sguardo, imbarazzato.

«Mi avevano detto che il Digivice avrebbe reagito al tocco del suo Digiprescelto, segnalando così che lui fosse il player giusto...– disse –Ma non credevo certo che avrebbe avuto una reazione del genere. Per un attimo ho avuto paura che per noi fosse Game Over

Il ragazzo annuì, tornando anche lui ad osservare l'apparecchio che, adesso, giaceva inerme sul suolo.

Facendosi coraggio, si abbassò e avvicinò la mano a esso, per poi toccarlo velocemente con un colpo secco, in attesa di un'altra strana reazione.

Poiché il Digivice non reagì nuovamente al suo tocco, Teddie lo afferrò tra le mani, per poi rialzarsi.

A vederlo bene il suo aspetto era adesso leggermente cambiato.

Il colore della sua scocca non era più il bianco di poco prima, ma era adesso di un giallo canarino e, mentre le scritte e le incisioni erano di un giallo scuro.

Oltre a questo non vi erano però stati altri cambiamenti significativi.

«Dovremmo trovare gli altri con questo key-item? E come dovremmo far–»

Per la seconda volta, Bearmon non riuscì a finire la frase.

Un suono arrivò dal Digivice e Teddie osservò immediatamente il suo schermo.

Dei puntini.

C'erano dei puntini di diversi colori sullo schermo.

«Cosa? Cosa c'è?» domandò il Digimon, sporgendosi per vedere lo schermo.

«Credo che se seguiamo il percorso da lui indicato dovremmo trovare gli altri...» disse Teddie, alzando lo sguardo e osservando la foresta alle spalle dell'Albero di Etemon.

Bearmon annuì, convinto.

«Allora ci mettiamo in cammino?» domandò poi.

Il ragazzo lanciò un ultimo sguardo al Digivice, prima di rispondere.

«Va bene, andiamo.»

 

La Radura di File era uno dei luoghi più sicuri dell'intera isola.

Quella era stata la prima informazione che Bearmon aveva dato a Teddie, mentre i due iniziavano a camminare in quel luogo, lungo le sponde del Fiume File.

In effetti, il Digimon non poteva fare a meno di pensare quanta fortuna lui e il suo partner umano stavano avendo.

Nella parte a sud dell'Isola di File, escluso il Lago dell'Occhio di Drago, risiedevano per la maggior parte Digimon pacifici o, almeno, non ostili nei confronti di altre specie.

Di tutti i luoghi in cui Teddie poteva spawnare, quindi, quello era sicuramente il migliore.

Bearmon si guardò intorno, osservando i tanti, piccoli occhi che spuntavano dalle fronde dei pochi alberi presenti e che erano puntati dritti su di loro.

Nonostante il ragazzo non se ne fosse reso conto e continuasse a camminare come niente fosse lungo il fiume, moltissimi Digimon li stavano osservando in quel momento, probabilmente troppo intimoriti per farsi avanti e presentarsi all'umano ma, allo stesso tempo, troppo curiosi per non cercare di ottenere informazioni.

«Quella cosa è, insalata?»

Bearmon alzò lo sguardo, puntandolo nuovamente verso Teddie.

«Insalata?» domandò, non capendo la domanda.

Il ragazzo si era fermato poco più avanti, e stava osservando due piccole foglie che uscivano dal terreno.

«Sì, tutte le piante che ho visto fino ad ora sono molto diverse da quelle che ci sono sulla terra.– spiegò lui, accovacciandosi di fronte alle due foglie –Ma questa mi ricorda l'insalata che Yosuke ha provato a coltivare nel nostro giardino. Ovviamente senza alcun risultato visto che due foglie sole non sono un buon segno...»

Bearmon sorrise leggermente, osservando le stesse foglie che Teddie aveva puntato.

Non sapeva se fossero commestibili o meno.

Non aveva una conoscenza chissà quanto ampia delle piante di quel territorio e i frutti che aveva raccolto poco prima erano l'unica cosa che conosceva davvero.

Ma fargliela raccogliere non era poi un problema se gli ricordava di qualcuno, no?

«Chi è Yosuke?» domandò poi, mentre il ragazzo afferrava la base delle due foglie e iniziava a tirare.

Il viso di Teddie si illuminò.

«Mio fratello.– rispose –Litighiamo spesso in realtà, ma è una brava persona.»

Il Digimon non sapeva bene come rispondere a quelle parole.

Evidentemente, anche se non dava a vederlo, quel ragazzo doveva provare nostalgia per il mondo che era stato costretto a lasciare per chissà quanto tempo.

All'inizio aveva pensato che fosse strano il suo modo di comportarsi.

A vederlo da fuori, non sembrava minimamente una persona matura.

La totale assenza di paura lo aveva completamente spaesato ma adesso cominciava a capire come stavano realmente le cose.

Lui era solo un ragazzino che, per non andare nel panico, cercava il lato positivo di ogni vicenda arrivando a paragonare quella strana situazione ad un videogioco.

Ti riporterò da tuo fratello, Teddie. Te lo prometto.” pensò Bearmon, osservando come il ragazzo continuasse a tirare la piccola pianta per poi cadere all'indietro quando riuscì a estrarla.

«Guarda Bearmon! Ce l'ho fatta!» esclamò, tirando su il suo trofeo.

...

No, quella non era sicuramente “insalata”.

«Teddie quello è un Tanemon, meglio se lo metti giù.»

Il povero Digimon si stava dimenando in aria, cercando di liberarsi dalla presa del ragazzo.

Lo sguardo che continuava a lanciare verso il suo “predatore” mostrava quanto fosse spaventato.

Teddie lo guardò per un attimo, confuso.

«L'insalata di Digiworld è viva?» chiese poi, voltandosi verso Bearmon.

«No che non lo è. Quello è un Digimon.» gli rispose lui, sospirando.

Il ragazzo non sembrò del tutto convinto e tornò a osservare Tanemon che, terrorizzato, continuava a muovere le sue piccole zampe.

Quando però si era quasi deciso a riporlo a terra, il Digivice emise lo stesso suono di poco prima e Teddie spostò l'attenzione sull'apparecchio che aveva nella mano destra, continuando a sorreggere il Digimon con la mano sinistra.

Poi, aggrottò le sopracciglia.

«Cosa c'è?» domandò Bearmon, avvicinandosi al suo umano e ignorando i continui lamenti del Tanemon.

«Non capisco, qualcuno dovrebbe trovarsi qui.» rispose Teddie, guardandosi intorno.

«Teddie!»

Una voce che Bearmon non aveva mai sentito prima arrivò dalle loro spalle.

I due si voltarono, puntando lo sguardo sull'altra sponda del fiume.

Lì, si trovava un altro umano.

I suoi capelli erano arancioni e portava qualcosa di strano intorno al collo.

«Yosuke! Cosa ci fai qui?» esclamò Teddie.

Bearmon rimase completamente spaesato.

Yosuke?

Voleva dire che suo fratello era un Digiprescelto come lui?

«Semmai cosa ci fai tu qui! E' pericoloso!» urlò di rimando Yosuke.

«Guarda Yosuke, ho trovato un'insalata simile a quella che coltivavi tu!» gli rispose Teddie, alzando in alto Tanemon.

«Cos– Teddie! Dammi ascolto! E poi come fa quel coso a essere insalata?!»

Bearmon non poté far altro che rimanere in silenzio, mentre i due continuavano a urlarsi a vicenda, senza che nessun discorso vero e proprio uscisse dalle loro labbra.

Era come se Teddie si fosse completamente trasformato, nascondendo la parte più matura e razionale che gli aveva mostrato fino a quel momento e tirando fuori invece il suo comportamento da fratellino pestifero.

«Teddie!– Yosuke riuscì finalmente a prendere la parola –Aspettami lì ok? Trovo un modo per attraversare e vengo da te.»

Dopo di che iniziò a scendere verso il fiume.

«A-Aspetta Yosuke!»

Una voce che fino a quel momento non aveva parlato risuonò nell'aria e un piccolo Digimon apparve dietro l'umano.

Ludomon.

Così era lui il partner del fratello di Teddie?

«Cosa c'è Ludomon?» gli domandò il ragazzo, voltandosi.

Lui e il suo Digimon parlarono per un po', ma Bearmon non riuscì a sentire cosa si stessero dicendo in quanto Ludomon teneva il tono di voce basso.

«Dannazione!– esclamò poi Yosuke, prima di voltarsi nuovamente verso di loro –Ted! Ludomon dice che qui è troppo pericoloso per attraversare. A nord c'è un ponte, prenderò quello. Tu trova un posto sicuro dove nasconderti!»

«Ma io non voglio nascondermi.– gli rispose Teddie, confuso, il Tanemon ancora bloccano nella sua mano sinistra –Devo trovare gli altri!»

«Li troveremo insieme.– urlò l'altro, chiaramente sul punto di perdere le staffe –Tu trova un posto sicuro.»

Teddie fece per ribattere nuovamente quando Bearmon lo interruppe, rivolgendosi a Yosuke.

«C'è un luogo sicuro a nord.– disse, urlando per farsi sentire –E' lo stesso luogo dove arriva il ponte che stai cercando. Accompagnerò Teddie lì.»

Il ragazzo dai capelli arancioni rimase in silenzio per un attimo, come se non fosse sicuro di potersi fidare.

Poi, annuì.

«Ti ringrazio.– rispose, per poi rivolgersi di nuovo a Teddie –Tu fai come il tuo Digimon ti dice. Capito? Ci vediamo dopo!»

E, prima che l'altro potesse ribattere, Yosuke era già sparito nuovamente tra le fronde degli alberi insieme a Ludomon.

QUESTE DRABBLE PARTECIPANO AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
MISSIONE M12 (Zodiaco)
NOTE IMPORTANTI: Ogni drabble è legata ad una particolare caratteristica/sarà ispirata al nome di uno dei segni dello zodiaco, così come sarà indicato nel titolo di ognuna.

FANDOM: Persona 3, Nier Automata, Persona 4
PERSONAGGI/COPPIE: Mitsuru/Akihiko, 2B/9S, Yu/Yosuke
TIPOLOGIA: drabble da 100 parole



#1. Dominance [Toro]
Mitsuru non sapeva neanche cosa l'avesse portata a innamorarsi di un tipo come Akihiko.
Anzi, ogni volta che cercava di trovare una logica dietro a ciò, la ragazza si ritrovava a mani vuote.
Dopotutto, lui era completamente l'opposto del suo tipo ideale.
Lei aveva sempre sognato un ragazzo che le obbedisse e che seguisse le sue regole, qualsiasi esse fossero.
Akihiko invece non ascoltava minimamente i suoi comandi, agendo di testa sua.
Eppure, ogni volta che il ragazzo faceva qualcosa che andava contro ogni suo ordine, invece di sentire la voglia di sgridarlo, Mitsuru non poteva che trovarlo terribilmente affascinante.
 


#2. Tenacity [Scorpione]
In tutta la sua vita, Akihiko non aveva mai conosciuto qualcuno più nobile e tenace di Mitsuru.
Nonostante il ragazzo avesse visto anche i lati più oscuri e deboli di lei, infatti, ogni volta che pensava che la ragazza si fosse ormai arresa, lei si rialzava in piedi, puntando il suo fioretto contro il nemico.
E, allo stesso tempo, riusciva a far alzare anche tutti i suoi compagni che, sotto la sua guida, raggiungevano la vittoria.
Per questo, nei momenti più bui, a lui bastava un suo solo sguardo per trovare la forza di tornare a combattere al suo fianco.


#3. Aquarium [Acquario]
2B non era mai stata ad un acquario.
A dire la verità, non capiva neanche cosa ci potesse essere di divertente nel visitarne uno.
Perché mai doveva divertirsi a osservare delle specie marine, di cui non le importava neanche l'esistenza, nuotare oltre un vetro?
Non sarebbe stato molto più comodo andare direttamente a vederle di persona, nel loro ambiente naturale?
Gli umani erano veramente strani per avere dei passatempi del genere, fin troppo.
Ma, quando 9S le propose di visitarne uno insieme, quando la battaglia fosse finita e l'umanità fosse tornata sulla Terra, 2B non riuscì a dirgli di no.


#4. Soulmates [Gemelli]
"Anime gemelle."
Nonostante 2B sapesse benissimo cosa quell'espressione significasse, non poteva che provare confusione ogni volta che ci ripensava.
Come poteva esistere un qualcosa che legava così strettamente due persone che, idealmente, potevano anche non incontrarsi mai nella loro vita?
Non aveva senso.
Se la definizione che aveva di amore era corretta, due persone dovevano interagire per innamorarsi; dovevano avere ricordi insieme; dovevano ridere, scherzare, parlare.
Non potevano essere semplicemente "legate dal destino".
Ma, ogni volta che il suo cammino si incrociava con quello di 9S, l’androide non poteva far a meno di pensare che loro ne fossero l’esempio perfetto.


#5. Kiss [Scorpione (schiettezza)]
«Yosuke.»
«Sì, partner?»
«Baciami.»
Quando Yu gli disse quelle parole, a Yosuke per poco non andò di traverso il drink che stava bevendo.
Si voltò verso il suo amico, completamente sotto shock.
«Yu ma cosa stai dicend-»
«Hai sentito benissimo.»
Il ragazzo poteva sentire le sue guance avvampare.
Come poteva uscirsene in quel modo?
«Senti se è uno scherzo non è divertent-»
«Yosuke, zitto e baciami.»
«Partner, io non capisc-»
Qualsiasi cosa Yosuke volesse dire, sparì immediatamente quando le labbra di Yu si posarono sulle sue.
Ma, nonostante la sua mente gli urlasse di allontanarsi, il ragazzo ricambiò il bacio.
QUESTO CAPITOLO PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
PROMPT: Tensione (M1)

Yosuke osservò le gocce d'acqua che scivolavano sul vetro della finestra, illuminate dalle luci soffuse dei lampioni.
Era quasi mezzanotte, fuori stava piovendo.
Si passò una mano sul viso, maledicendo se stesso per quella stupida abitudine che continuava a non abbandonarlo.
Erano ormai cinque anni da quando il Midnight Channel era stato trasmesso per l'ultima volta.
Era ormai mezza decade che nessuno appariva sullo schermo della sua TV in quelle notti di pioggia.
Era orami altrettanto tempo che lui continuava ad aspettarsi di vedere qualcosa su quello schermo nero.
Si portò la lattina alle labbra, sentendo la birra scivolargli giù per la gola.
Chissà cosa stavano facendo gli altri in quel momento?
Per quanto odiasse pensarci, non poteva farne a meno.
Ogni volta che si trovava in quella situazione, ad osservare la sua stupida TV nella sua piccola stanza, non riusciva a non ripensare agli altri.
Che stessero anche loro osservando quello schermo nero?
Poco probabile, anzi, quasi impossibile.
Le cose erano cambiate da allora, il loro gruppo si era perso di vista e non riceveva notizie dagli altri da mesi.
Sempre se qualche telefonata sporadica di Chie poteva essere considerata un'interazione sufficiente.
Beh, ma alla fine era colpa sua se le cose erano andate a finire così, no?
Yosuke posò la lattina vuota sul tavolino, afferrandone un'altra dal mini-frigo lì accanto.
Era stato lui a chiudere i rapporti, a lasciare Inaba, a scappare da quella realtà.
Quella realtà che era diventata così vuota e fredda da quando lui si era allontanato, lasciandoli soli, lasciandolo solo.
«Sei ancora sveglio?»
Yosuke sussultò leggermente e rischiò di far cadere la lattina dalle sue mani.
Si voltò verso la porta, incontrando quegli occhi luminosi che conosceva bene e che mai lo avevano abbandonato in quegli anni, gli unici che avevano continuato a seguirlo lontano da Inaba e da tutto il resto.
Teddie era lì, appoggiato allo stipite della porta, lo sguardo leggermente assonnato.
«Anche tu sei ancora in piedi.» commentò Yosuke per poi bere un sorso dalla lattina.
L'altro si avvicinò a lui, alzando gli occhi al cielo.
«Quante ne hai bevute?»
«Questa è la terza.»
«Io credo sia la quarta.»
«Una più una meno.»
Teddie sbuffò.
«Forse dovresti iniziare a darti una controllata.»
«E tu dovresti andare a dormire.»
Anche se Yosuke non lo stava guardando, sapeva che l'altro si era seduto accanto a lui e lo stava osservando con il suo solito sguardo arrabbiato, così come faceva ogni volta che lo trovava in quella situazione.
Si era già preparato alla solita predica, quando Teddie parlò.
«Yosuke... forse dovresti smetterla.– il tono nella sua voce era preoccupato. –Questa cosa ti sta distruggendo.»
«E' solo birra Ted, non veleno.»
«Non mi riferivo a quello.»
I movimenti di Yosuke si bloccarono, mentre elaborava ciò che il suo amico cercava di dirgli.
Era quasi mezzanotte, fuori stava piovendo.
E lui era di nuovo lì, di fronte a quella TV.
«Non è come sembra.» farfugliò, mettendo via la lattina e passandosi una mano tra i capelli.
«E allora cosa stai facendo?»
Il ragazzo non rispose.
Sapeva di stare sbagliando, sapeva che quel suo comportamento non era minimamente corretto nei confronti del suo unico compagno rimasto. Ma non poteva farci niente.
Aveva provato a dormire, aveva tentato di non pensarci, aveva fatto di tutto per togliersi quel pensiero dalla testa; ma non ci era riuscito.
«Nessuno apparirà stanotte, e tu lo sai meglio di me.» 
«Va a dormire Ted.»
«Solo se vai anche tu.»
Yosuke stava per rispondere, quando l'orologio alla parete scoccò la mezzanotte.
Si voltò nuovamente verso la TV, aspettando quel segno che oramai da anni lo perseguitava.
Per un attimo gli parve quasi di vederlo; quel canale che tanto lo aveva ossessionato gli sembrò così vicino da poterlo raggiungere...
Ma niente comparve sullo schermo.
Yosuke si lasciò andare sul divano, le forze che lo avevano completamente abbandonato.
«Yosuke...»
Teddie gli posò una mano sulla spalla, ma il ragazzo gli sorrise leggermente, cercando di nascondere tutta la stanchezza che provava in quel momento.
«Andiamo a dormire Ted. E' molto tardi.»
L'altro lo guardò per qualche secondo, incerto su come comportarsi.
Poi, con un solo gesto, annuì.
Si alzò dal divano e iniziò a raccogliere le varie lattine sparse per la stanza.
«Non c'è bisogno che ci pensi tu...»
«Non preoccuparti, voglio darti una mano.– disse, sorridendogli –Non sarei un brav-orso sennò.»
Yosuke si passò una mano sul volto, ridacchiando leggermente.
«Sai che odio queste battute.»
Teddie rise, avviandosi verso la porta.
«Buona notte allora.»
«'Notte.»
La porta si chiuse e Yosuke si ritrovò nuovamente solo.
Il falso sorriso di poco prima scomparve dal suo volto, mentre si alzava anche lui, avvicinandosi al letto poco distante e buttandosi sopra di esso con ancora i suoi vestiti addosso.
Non aveva alcuna voglia di cambiarsi.
Non aveva voglia di fare niente.
Afferrò le cuffie che aveva sul comodino, portandosele alle orecchie e facendo partire la musica che ascoltava ogni volta che si trovava in quelle terribili condizioni.
L'unica luce nella stanza era quella dei lampioni che filtrava dalla finestra alle sue spalle.
Poi qualcosa illuminò la parete che stava osservando.
Yosuke si voltò di scatto, togliendosi con un gesto veloce le cuffie sulla sua testa e subito quel famigliare rumore attirò la sua attenzione.
Non era possibile.
Non poteva essere vero.
Era ormai mezzanotte, fuori stava piovendo.
Il Midnight Channel era in funzione.
Ma la cosa più scioccante non era questa, ma la silhouette che era apparsa sulla TV.
La persona che lui non vedeva da chissà quanto tempo ma che sempre aveva occupato i suoi pensieri.
La persona che aveva dato un senso alla sua vita cinque anni prima, per poi eliminarlo non appena se ne era andata.
Non importava il fatto che fosse cresciuto, che i suoi capelli fossero leggermente più lunghi di prima, che le sue spalle fossero più larghe. Lo avrebbe riconosciuto ovunque.
«Y-Yu...»

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