QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Prompt: Parità (M1)
Fandom: Bravely Default
Personaggi/Coppie: Ringabel/Edea, Agnès, Tiz, Airy
Parole: 2307
Alternis non riusciva a muoversi.
Era completamente inerme, il corpo disteso sul pavimento di legno della nave, la testa che gli faceva così male che il ragazzo aveva paura potesse scoppiargli da un momento all’altro.
Un fischio continuo e acuto gli aveva così tanto intasato le orecchie che il ragazzo non riusciva a captare le parole che il gruppo che era venuto a catturare stava gridando, a poca distanza da lui.
Poteva sentire solo la voce della Vestale del vento sopra le altre che, tremante, cercava di bloccare gli incantesimi che quell’orribile mostro stava mandando contro di loro, erigendo quanti più scudi possibile di fronte a lei e ai suoi due compagni.
Alternis tentò di alzarsi da quel pavimento e di mettere a fuoco la scena che aveva davanti.
Tiz Arrior, un pastore che si era offerto di combattere al fianco della sacerdotessa, aveva una profonda ferita sul braccio ma, nonostante questo, continuava ad attaccare il mostro di fronte a lui, cercando con tutte le sue forze di proteggere la ragazza alle sue spalle.
Alternis cercò di avvertirli di andarsene, ma nessun suono uscì dalle sue labbra quando queste si schiusero.
Sapeva che non avevano nessuna chance di vittoria.
Pensavano di essere al sicuro, di aver finalmente combattuto e sconfitto tutti i loro nemici.
Non erano pronti per un'altra battaglia.
Soprattutto non una del genere.
La vestale urlò qualcosa che Alternis non riuscì a capire, poiché quel suono indistinto provocò un aumento del fischio che lo stava torturando da quando quel mostro lo aveva messo K.O., poco prima.
Si voltò per quanto le sue ferite gli permettevano, assottigliando lo sguardo per poter intravedere qualcosa attraverso la visiera crepata della sua maschera.
E fu in quel momento che sentì il sangue gelarsi nelle sue vene.
Tiz Arrior era adesso infilzato all’albero maestro della nave da una delle stalagmiti di giacchio che il mostro era in grado di lanciare, il sangue che fuoriusciva a fiotti dalla ferita che si era aperta sul suo ventre.
Alternis non aveva mai assistito ad una cosa simile.
Aveva visto tante di quelle guerre in vita sua che mai avrebbe pensato che esistesse qualcosa di così cruento da riuscire ancora a scioccarlo.
E invece si stava sbagliando.
Fu in quel momento che un lampo di luce lo accecò, un altro degli incantesimi che quell’essere era in grado di lanciare.
Alternis chiuse gli occhi, ma niente gli impedì di sentire l'urlo terrificante e altissimo della Vestale seguito poi da un tonfo sordo.
Doveva averla uccisa.
E quello sarebbe stato anche il suo destino.
Il cavaliere nero sapeva di doversi alzare, di dover iniziare a correre e cercare di salvarsi da quella morte che era oramai diventata certa.
Ma non poteva.
Non quando lei era ancora lì.
«Agnès!»
Una voce disperata che conosceva fin troppo bene lo raggiunse. Quella era la prima parola di senso compiuto che era riuscito a sentire da quando si trovava su quel pavimento.
Alternis aprì nuovamente gli occhi, facendo del suo meglio per mettere a fuoco la scena di fronte a lui.
E fu in quel momento che la vide.
Edea Lee era in piedi, i piedi ben saldi a terra e la sua fedele katana stretta nella mano destra.
Nonostante fosse completamente surreale, visto le condizioni pietose in cui si trovavano la sua vista e la sua visiera, era come se il ragazzo riuscisse a vedere qualsiasi particolare del suo volto.
Gli occhi celesti, fermi, impassibili della ragazza, che lui non aveva mai visto vacillare, erano adesso carichi di lacrime che male si addicevano a quello sguardo così severo che Edea stava puntando dritto di fronte a sé, verso il suo nemico.
Le sue labbra rosse e sempre piegate in uno stupendo sorriso, capace di illuminare anche i suoi giorni più bui, erano adesso macchiate di sangue ed erano serrate, come se la ragazza stesse cercando con tutte le sue forze di non iniziare ad urlare e piangere.
Le guance, che lui aveva spesso sognato di poter raggiungere con la propria mano e di poter accarezzare dolcemente, erano adesso piene di tagli da cui uscivano grosse gocce di sangue che si mischiavano alle poche lacrime che la ragazza non era riuscita a trattenere.
Alternis tentò di dire il suo nome.
Cercò con tutte le sue forze di far uscire qualcosa dalle sue labbra.
Ma era come se la gola gli stesse andando completamente in fiamme, impedendogli di parlare e di emettere qualunque suono che non fosse un rantolio, appena udibile.
Edea doveva assolutamente scappare di lì.
Edea doveva salvarsi.
Edea era il vero motivo per cui lui era salito su quella benedetta nave, nonostante tutti gli avessero detto che oramai era troppo tardi per fermare il piano di quel mostro.
Vide la ragazza mettersi in posizione d'attacco, nonostante le gambe non la sorreggessero quasi più.
No, doveva fuggire!
«E-E...–»
Alternis tentò di fare forza sui polsi, cercando di alzarsi.
«...de...»
Edea scattò in avanti, mentre un urlo di battaglia usciva dalle sue labbra.
Un urlo così diverso dal solito.
Un urlo carico di dolore per la perdita dei suoi compagni.
Un urlo che il ragazzo desiderò di non aver mai udito.
Alternis allungò un braccio, mentre sentiva il suo stesso respiro farsi più pesante.
«...a.»
Successe in un attimo.
Un altro letale lampo fulminò la sua visione e il ragazzo dovette assottigliare lo sguardo.
Quando la luce scomparve dal suo campo visivo, Alternis aprì nuovamente gli occhi, mettendo a fuoco ciò che aveva di fronte a sé.
E fu come se il tempo si fosse congelato.
Edea aveva lasciato andare la sua katana e stava adesso cadendo all'indietro, gli occhi ancora aperti, spalancati.
Le lacrime che avevano iniziato a rigarle quelle bellissime e candide guance si erano ormai fermate.
Il celeste luminoso e puro delle sue iridi era adesso tetro, spento, come se la vita le avesse completamente abbandonate.
Alternis si ricordò di tornare a respirare solo quando il corpo della ragazza toccò terra, con un rumore sordo, attutito, come se tutto fosse solo un sogno;un qualcosa di irreale;un incubo da cui lui sarebbe presto potuto scappare.
Ma, nonostante lui continuasse a negarlo con tutto se stesso, ciò che aveva di fronte era la realtà.
Edea era morta.
Edea, l'unica ragazza a cui lui avesse mai pensato in tutta la sua vita, era morta.
Edea, l'unica persona che lui avesse mai amato, era morta.
Con una forza che neanche sapeva di possedere, Alternis riuscì a trascinarsi fino al corpo inerme della ragazza.
Era incredibile modo in cui riuscisse a essere sempre bella, perfetta, nonostante il calore che a lui piaceva tanto sentire non veniva più emanato dal suo corpo o nonostante l’enorme ferita che adesso stava facendo sanguinare il suo ventre.
Era bellissima.
E lui non era riuscito a preservare quella bellezza.
Non era riuscito a proteggerla.
Lui era stato un codardo.
E solo in quel momento, Alternis si rese conto di quanto tutto quello fosse terribilmente ingiusto.
Perché?
Perché lui si era salvato e lei no?
Perché lui era scappato da quel destino e lei aveva combattuto fino alla morte?
Perché lui si era arreso e lei aveva continuato ad avanzare?
Perché questo aveva portato alla morte di lei e non alla sua?!
La risata del mostro gli arrivò alle orecchie e lui si voltò, puntando il suo sguardo su quell'orribile mostro.
E, prima di perdere i sensi, Alternis capì quale sarebbe stata la sua prossima missione.
Avrebbe seguito quell’essere e l’avrebbe ucciso.
Non importava ciò che il Ducato di Eternia poteva ordinargli.
Lui avrebbe fatto di tutto pur di vendicare Edea.
Anche sacrificare se stesso se necessario.
Poi, la sua armatura colpì il pavimento, e lui cadde in un sonno profondo.
Ringabel non poteva far altro che osservare quel piccolo angolo di cielo celeste sopra di lui, l’unico ancora visibile oltre la spessa coltre di fumo che lo circondava.
Era bloccato contro il pavimento di legno di quella nave, l’esatta copia della stessa su cui era stato inerme molto tempo prima nel suo mondo di provenienza.
Fin da quando aveva messo piede sulla nuova Luxendarc, il ragazzo aveva avuto la sensazione di avere una missione da portare avanti, nonostante la memoria gli fosse stata completamente cancellata.
Doveva salvarli.
Quella era stata la promessa che aveva fatto al se stesso di non sapeva quanto tempo prima.
Dopotutto, come poteva sapere quanti giorni, mesi o anni fossero passati?
Aveva viaggiato in così tante dimensioni che ora gli era praticamente impossibile misurare effettivamente il tempo trascorso.
Ma questo non importava.
Lui era lì, era riuscito a sopravvivere fino a quel momento solo per raggiungere quell'obbiettivo.
Quando Ringabel aveva ricordato chi fosse e qual era il suo scopo, aveva fatto di tutto per stare al fianco di colei che lui aveva da sempre desiderato proteggere più di qualsiasi altra cosa.
E quindi non poteva fallire.
Avrebbe fermato Airy.
Avrebbe strappato le ali a quella fata che era riuscita a prenderlo in giro anche una seconda volta, facendogli perdere la memoria e accogliendolo nel suo gruppo, come se non si fossero mai incontrati prima.
Avrebbe distrutto qualsiasi piano quel mostro gli avrebbe posto davanti.
E lo avrebbe fatto da solo se le cose si fossero messe male.
Per questo, poco prima, il ragazzo aveva portato gli altri ad una delle tante scialuppe di salvataggio, dando ordine a Tiz di portare le ragazze il più lontano possibile da lì.
Se chiudeva gli occhi, poteva ancora vedere l’espressione che si era dipinta sul volto del suo amico quando aveva capito che lui non sarebbe andato con loro.
Aveva provato a insistere, a dirgli che sarebbe rimasto lì con lui e l’avrebbe aiutato.
Ma non era quella la cosa giusta da fare.
Agnès era stata ferita e anche Edea non se la stava passando affatto bene.
Aveva quasi perso tutte le sue forze nel combattimento di poco prima, mentre cercava di proteggere la sua amica.
«Ringabel, ma cosa stai dicendo?!»
Nonostante questo comunque, niente gli aveva impedito di urlargli quelle parole, mentre, con le lacrime agli occhi, cercava di mettersi nuovamente in piedi e scendere dalla scialuppa su cui il ragazzo l’aveva trasportata.
«Edea, tu, Tiz e Agnès dovete scappare. Ci ucciderà tutti se rimaniamo qui.»
Ricordava perfettamente di aver mantenuto la calma mentre pronunciava quelle parole.
Non sapeva neanche lui come ci era riuscito.
«Non possiamo restare a combattere anche noi?– aveva provato a farlo ragionare Agnès, i singhiozzi che già le stavano scuotendo le spalle –Sono stata io ad essermi fidata di Airy; è colpa mia se...»
«No Agnès, non è colpa tua.»
Quando quelle parole che aveva pronunciato poco prima gli tornarono in mente, anche Ringabel si meravigliò.
Lo aveva detto sul serio?
E pensare che in realtà,
quando Ringabel era arrivato in quel mondo, il suo unico obiettivo era quello di salvare la ragazza che tanto amava, senza minimamente curarsi delle altre due persone che la seguivano.
Tiz Arrior e Agnès Oblige erano solo dei semplici traditori; dei sovversivi che erano andati contro al volere del Ducato di Eternia.
Non aveva alcuna motivazione per salvarli.
Anzi, erano stati loro a mettere la sua Edea in pericolo.
Ringabel ricordava bene l'odio che aveva provato per quei due ragazzini che gli avevano portato via l'unica persona che lui aveva mai amato.
Ricordava bene cosa pensava su di loro.
Ricordava bene perché fosse salito su quella nave, quel giorno.
Non gli sarebbe importato di ucciderli se necessario.
Ma l'importante era riportare indietro quella ragazza.
Quindi lasciarli combattere contro Airy era una cosa perfetta, no?
Il piano era sempre stato quello dopotutto.
Il piano era che loro combattessero contro quel mostro, distraendolo mentre lui portava Edea in salvo.
Non importava se le loro vite fossero finite.
Loro non erano nessuno per lui, solo due pedine da utilizzare per il suo scopo ultimo.
Però...
Oramai non era più così.
Non dopo tutto quel tempo che aveva passato con loro.
Solo in quel momento si rese conto che la sua missione era cambiata.
Tiz, Agnès, Edea.
Li avrebbe salvati tutti.
Anche a costo di perdere la sua ultima possibilità di vita.
E per questo adesso si trovava lì, il suo cuore che, piano piano, si avvicinava ai suoi ultimi battiti di vita.
Era riuscito a sconfiggere Airy.
Era riuscito a impedirle di scendere su quella nave e, anche se non era riuscito a ucciderla, l’aveva ferita in modo abbastanza grave da poterla bloccare al suolo, a pochi centimetri da lui.
Tanto non importava che fosse lui a mettere fine alla sua vita.
La nave aveva preso fuoco, le fiamme li stavano circondando e dovevano anche avergli bruciato parte dei vestiti, nonostante oramai lui non sentisse alcun tipo di dolore.
Presto sarebbero affondati, entrambi.
Airy sarebbe morta lì, con lui.
Era riuscito a compiere la sua missione.
Presto entrambi sarebbero scomparsi da quel mondo che non era il loro, mettendo fine a quell'assurda e terribile guerra.
Quando il fumo coprì anche il poco cielo che riusciva a vedere fino a quel momento, Ringabel chiuse gli occhi, cercando di pensare a come doveva stare la ragazza che tanto amava in quel momento.
Gli pareva quasi di vederla, esattamente come se la ricordava.
Gli occhi celesti, fermi e impassibili.
Il suo sguardo così severo con cui lei scrutava ogni nemico.
Le sue labbra rosse e sempre piegate in uno stupendo sorriso.
Le guance che lui aveva spesso sognato poter raggiungere con la propria mano e accarezzare dolcemente.
E, mentre una singola lacrima gli scivolava lungo la guancia, Ringabel pensò che finalmente erano alla pari.
Nell'altro mondo, lui si era salvato e lei no.
Nell'altro mondo, lui era scappato e lei aveva combattuto fino alla morte.
Nell'altro mondo, lui si era arreso e lei aveva continuato ad avanzare.
Adesso, in questo mondo, le cose si erano capovolte.
E questa era l'unica cosa che gli importava.
La sua missione si poteva considerare completa.