San Valentino
Mar. 8th, 2019 11:58 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
PROMPT: Piangere senza riuscire a fermarsi
Kanji non era minimamente convinto di aver preso la decisione giusta quando, appena un millisecondo prima, aveva abbassato la maniglia della porta di quello sgabuzzino, dopo che aveva sentito un piccolo lamento provenire dal suo interno.
Kanji non era minimamente convinto di aver preso la decisione giusta quando, appena un millisecondo prima, aveva abbassato la maniglia della porta di quello sgabuzzino, dopo che aveva sentito un piccolo lamento provenire dal suo interno.
Non era certo il suo forte consolare le persone.
Anzi, ad essere sinceri, non era il suo forte avere alcun rapporto umano con qualcuno.
Ma, mosso da una curiosità e un coraggio che non aveva mai sentito prima, aveva aperto quella porta, per osservare cosa stava succedendo.
Certo, si era aspettato fin dall'inizio di trovare qualcuno a piangere al suo interno.
Era San Valentino e non era certo raro che coloro che avevano il cuore spezzato si lasciassero andare in qualche modo, magari chiudendosi all'interno di un'aula vuota o nascondendosi nel bagno o, come era successo in quel caso, nello sgabuzzino di una delle ali della scuola meno frequentate.
Anzi, quello era forse il nascondiglio migliore che potesse capitare.
Erano in pochi a passare di lì e lui aveva scelto effettivamente quella strada per evitare una persona in particolare.
Persona che adesso si era ritrovato davanti.
Rannicchiata in quello sgabuzzino.
Con le ginocchia al petto e il viso nascosto tra di esse.
«Naoto...?»
La ragazza sussultò visivamente quando lui chiamò il suo nome, come se fosse stata così tanto concentrata a pensare a qualcosa fino a quel momento da non essersi neanche resa conto che qualcuno avesse aperto la porta e la stesse adesso osservando.
Ma fu quando lei alzò la testa che Kanji sentì il suo cuore avere un vero e proprio sussulto.
Gli occhi sempre decisi e duri della ragazza erano adesso umidi e tentennanti, carichi di una grossa quantità di lacrime che il ragazzo non aveva mai visto prima di allora.
Le sue palpebre erano gonfie e rosse, come se fosse ormai qualche ora che lei fosse rinchiusa là dentro, a piangere per qualcosa che Kanji non aveva idea di cosa fosse.
Ma la cosa che gli fece ancora più male fu lo scatto che lei fece non appena lo riconobbe, portandosi immediatamente in piedi e abbassando con forza la visiera del cappello, cercando di nascondergli il viso.
«K-Kanji-kun.– disse, con una voce che non sembrava neanche la sua da quanto era debole e roca –Cosa ci fai qui?»
"Dovrei essere io a porti questa domanda."
Kanji non pensava che dirle quelle parole fosse poi una grande idea.
Naoto era una ragazza molto riservata e terribilmente permalosa.
Chiederle il motivo per cui fosse rinchiusa in quello sgabuzzino a piangere avrebbe solo peggiorato le cose.
La conosceva. La conosceva fin troppo bene.
«Niente,– rispose lui, cercando con tutto se stesso di distogliere lo sguardo dalla ragazza di fronte a lui –stavo solo tornando a casa...»
Fu in quel momento che i suoi occhi incontrarono il piccolo sacchetto che Naoto teneva nella mano destra.
Sacchetto che, a giudicare dalla forma, doveva contenere una scatola di cioccolatini a forma di cuore.
Anche la ragazza doveva essersi resa conto del suo sguardo, perché con uno scatto fulmineo portò la busta dietro la schiena, cercando di nasconderla dietro al suo corpo tremante.
Kanji sentì il suo cuore vacillare nuovamente, quando capì che quei cioccolatini dovevano essere per qualcuno.
Qualcuno che non era lui.
Ma quello non era il momento di pensarci.
«A-Anche io stavo tornando a casa.– disse Naoto, cercando di trovare una scusa plausibile, evidentemente con scarso successo –Ci vediamo domani, Kanji-kun.»
Dopo aver detto questo, la ragazza iniziò a camminare, superandolo velocemente.
Kanji sapeva che sarebbe stata meglio finirla lì.
Sapeva che avrebbe fatto meglio a far finta di non aver visto niente.
Sapeva che Naoto avrebbe sicuramente preferito che lui non ne parlasse, che lui non facesse niente per cercare anche solo un minimo di consolarla.
Non erano affari suoi dopotutto.
Lui e quella ragazza non avevano poi niente che li legasse l’uno all’altra, se non il solo fatto che possedessero entrambi dei Persona.
Oltre al fatto che lui provasse chiaramente qualcosa per lei.
Ma quello non era importante al momento.
Quando, però, notò le lacrime che continuavano a scendere sotto la visiera del cappello, lungo le sue guance, il ragazzo non potè fare a meno di afferrare il braccio della detective, impedendole di allontanarsi troppo.
Lei emise un sussulto, chiaramente sorpresa da quel suo gesto.
E come poteva dargli torto?
Loro due non avevano neanche parlato poi così tanto.
Kanji aveva provato a legare con la ragazza, quando questa era entrata nel team, ma, quando aveva visto il modo in cui lei guardava il suo senpai, aveva deciso che forse era meglio non tentarci più di tanto.
Sapeva come sarebbe finita.
Sapeva fin troppo che ci sarebbe stato male, che avrebbe solo sofferto di fronte al fatto che a lei interessava qualcun altro.
Ma vederla in quelle condizioni era davvero la cosa più dolorosa che potesse capitargli.
«K-Kanj-»
«Naoto, sei sicura di stare bene?»
La ragazza non rispose.
Kanji sapeva che in quel momento Naoto stava valutando attentamente cosa rispondergli, per porre nuovamente tra di loro quel muro che lei aveva sempre innalzato di fronte a tutti.
«Naoto, dimmi la verità.– ribadì lui, prima che lei potesse aprire bocca –Stai bene?»
La detective continuò a mantenere la bocca chiusa, per un momento che a Kanji sembrò infinito.
Poi, lentamente, le sue spalle cominciarono a sussultare, mentre un singhiozzo usciva dalle sue labbra.
«N-No.»
Fu l'unica cosa che rispose, prima di cominciare a singhiozzare con più forza, tenendo il viso basso, in modo che lui non potesse vederlo.
Senza neanche pensarci due volte, Kanji tirò la ragazza verso di sé, stringendola tra le sue braccia e lasciando che il viso di lei affondasse nel suo petto, mentre entrava nello sgabuzzino e chiudeva la porta alle spalle.
Con sua grande sorpresa, Naoto non tentò neanche di resistere.
Anzi, portò lentamente le mani intorno al suo petto, cominciando a singhiozzare con più forza.
E fu così che restarono.
Nessuno dei due osava parlare.
Lui non le chiese cosa fosse successo, lei non glielo raccontò.
Lei non fece altro che piangere, lui non potè far altro che accarezzarle la testa, aspettando che quella crisi le passasse.
Restarono così, in silenzio, insieme fino a quando Naoto non finì tutte quelle lacrime che, fino a quel momento, aveva cercato di nascondere.