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QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T
PROMPT: Rivelazione
Brothers
Tsubaki entrò nel cortile scolastico, stando bene attento a non farsi vedere da nessuno.
Non era minimamente in vena di incontrare qualcuno che lo conoscesse in quel momento, anzi, in realtà non era proprio in vena di stare lì in quel momento.
Si stropicciò leggermente gli occhi, sperando che non fossero ancora gonfi e rossi a causa delle lacrime che la sera prima aveva versato e si guardò intorno, cercando di individuare l’unica persona per cui quel giorno aveva deciso di non rimanere a casa.
Mentre camminava lentamente nel cortile scolastico, riportò alla mente gli eventi della giornata precedente, cercando di dare una calmata alle emozioni che stavano perdendo il sopravvento.
Dopo aver parlato con suo padre, il ragazzo era entrato nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandosi scivolare sul pavimento freddo.
Sentiva il cuore battergli forte nel petto e il non riuscire a controllare le sue emozioni lo mandava completamente in paranoia.
Ma come poteva stare tranquillo in quel momento?
Certo, sapeva già della verità dietro ai suoi genitori e aveva avuto anche il tempo di assimilarla. Dopotutto, era poco più di un bambino quando aveva trovato quei documenti e, anche se allora lo avevano turbato molto, aveva superato quella fase, ricordandosi in ogni momento della giornata che, legami di sangue o no, coloro che lo avevano cresciuto facevano comunque parte della sua famiglia.
Quindi quando suo padre gli aveva detto di volergli parlare, Tsubaki aveva perfettamente chiaro cosa stava per dirgli.
Ma questo… no questo non lo aveva previsto.
Per quanto ci si fosse sforzato, non avrebbe mai potuto prevedere un risvolto simile.
Suo padre gli aveva detto che lui non era solo al mondo.
Che lui aveva un fratello.
Quella consapevolezza lo aveva colpito con una forza che mai Tsubaki aveva provato prima, lasciandolo completamente senza fiato.
Certo, non che la cosa gli dispiacesse, ma era come dire… inaspettato? Sì, anche troppo.
Insomma, non succede mica tutti i giorni di capire a poche ore dal proprio diciassettesimo compleanno che nel mondo c’era qualcun'altro che non solo era nato il tuo stesso giorno ma che aveva anche condiviso con te il ventre materno.
E scoprire che quel ragazzo è in realtà un tuo compagno di scuola… quello sì che è veramente utopico.
Una piccola goccia era caduta sulla sua gamba e Tsubaki si era portato una mano sul viso, ma quando si era reso conto che le lacrime stavano uscendo dai suoi occhi, era ormai troppo tardi per fermarle.
All’inizio ne era rimasto sorpreso, molto sorpreso.
Era ormai da due anni che non piangeva, da quando quel ragazzo così coraggioso lo aveva aiutato a difendersi da quei temibili bulli che lo avevano preso di mira sulla riva del fiume.
Eppure la rivelazione di quella sera lo aveva portato a sfogarsi completamente, a lasciarsi andare dopo tanto di quel tempo.
Era stato anche abbastanza stupido da parte sua non accorgersene prima.
Per quanto faticasse a negarlo, Fujisaki era fin troppo simile a lui per non poter notare che c’era qualcosa di strano.
Certo, lui era molto più forte e intelligente di quello stupido ragazzo che passava il suo tempo a non fare nulla in quello stupido club, ma dopotutto non erano poi così diversi.
Anche se con metodi differenti, entrambi stavano perseguendo lo stesso obbiettivo in fondo.
Eppure non c’era mai arrivato.
Il suo cervello, di cui lui andava anche abbastanza fiero, non era riuscito a capire che quel ragazzo che sempre lo irritava terribilmente era in realtà suo gemello, sangue del suo sangue.
Ma anche quello non era del tutto vero.
Quando suo padre gli aveva rivelato di non essere completamente solo al mondo, che qualcuno condivideva il suo stesso passato e destino, nella sua mente il primo ragazzo che era apparso non era altri che Fujisaki.
Quindi, forse, in cuor suo se n’era già accorto da molto più tempo di quel che potesse pensare.
Tsubaki aveva tentato di asciugarsi le lacrime che non accennavano a fermarsi e aveva passato il resto della notte immobile, sul suo letto, senza essere in grado di addormentarsi.
E ora, nonostante la notte passata in bianci, era lì, in quello stupido cortile, a cercare quello che doveva essere suo fratello gemello.
Chissà come aveva reagito Fujisaki quando suo padre era andato a dirglielo.
Chissà se lo aveva accettato come lui aveva fatto la sera prima o se invece aveva completamente rifiutato quella verità.
Già… in quel caso come si sarebbe dovuto comportare con lui?
Avrebbe dovuto smettere di parlargli? Avrebbe dovuto evitare di entrarci in contatto?
Quella paura si fece strada dentro di lui e Tsubaki si fermò sul posto, non sapendo davvero cosa fare.
Se le cose avessero potuto prendere una piega del genere… allora non sarebbe forse stato meglio tornarsene a casa?
Quell’idea gli sfiorò la mente e il ragazzo rimase leggermente interdetto, senza sapere bene cosa fare.
E poi, come un fulmine a ciel sereno, lo vide.
Fujisaki, Bossun, suo fratello.
Era lì e lo stava osservando.
Tsubaki deglutì, non potendo più tirarsi indietro.
Prese coraggio e iniziò a camminare verso di lui, mentre ogni passo lo rendeva sempre più insicuro, mentre ogni suo movimento gli faceva solo pensare cose come “torna indietro!”.
Ma quando Fujisaki lo osservò con attenzione, per poi commentare con un “Certo che somigliarmi, mi assomigli.” e mettersi a ridacchiare, tutte le sue paure svanirono.