Mar. 9th, 2019

Rainy day

Mar. 9th, 2019 06:48 pm
QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Prompt: Dimenticarsi di qualcosa/qualcuno
Numero parole: 1124
Fandom: Persona 4
Personaggi/Coppie: Kanji/Naoto

Naoto non aveva mai dimenticato qualcosa prima di allora.
Aveva sempre avuto tutto sotto controllo, fin da quando era piccola.
Era una delle sue qualità dopotutto, così come le aveva sempre ricordato suo nonno.
Eppure adesso era veramente in una situazione critica.
La ragazza sospirò, seguendo con lo sguardo la pioggia che continuava a scendere con grande velocità oltre l'ingresso aperto della scuola.
Possibile che tra tutto quello che si potesse dimenticare quel giorno, doveva aver lasciato a casa proprio il suo ombrello?
Naoto aveva passato l’ultima a mezzora a valutare cosa avrebbe potuto fare.
Opzione numero uno: correre sotto la pioggia, incurante del fatto che ci fosse in atto un vero e proprio acquazzone, potente anche per essere la città di Inaba.
Dopo aver visto il modo in cui un'altra ragazza era stata immediatamente bagnata da capo a piedi non appena aveva messo piede fuori dalla scuola e avendo notato che l'acqua avrebbe reso fin troppo trasparente la camicia bianca che stava indossando, quella prima opzione fu depennata dalla lista.
Opzione numero due: rubare uno degli ombrelli che si trovavano all'ingresso o chiedere a qualcuno di prestargliene uno.
Anche quest'idea fu immediatamente cancellata dalla sua testa non appena le era venuta in mente; in primis, Naoto non era una ladra e, in secondo luogo, non era rimasto più nessuno nel luogo in cui si trovava al momento quindi, anche volendo, non avrebbe potuto chiedere a qualcuno di dividere il suo ombrello con lei.
Opzione numero tre: aspettare che l'acquazzone finisse.
Nonostante quella fosse l'opzione più noiosa delle tre, Naoto aveva pensato che era anche la migliore.
Per questo la detective si trovava adesso all'entrata della scuola, la schiena poggiata contro il lato degli armadietti che vi erano all'ingresso e gli occhi puntati verso l'esterno, nella minima speranza che la pioggia smettesse da un momento all'altro.
Non che ci fossero poi tante probabilità che quello avvenisse.
La ragazza aveva passato abbastanza tempo a Inaba per rendersi conto che quando in quel luogo iniziava a piovere, era raro che smettesse prima di qualche ora.
Naoto sospirò, pentendosi amaramente di non aver accettato l'invito di Rise, quando questa le aveva proposto di uscire con lei quel pomeriggio, e invece aveva deciso di rimanere a scuola, per poter parlare con il suo coordinatore di classe.
Probabilmente in quel momento si sarebbe trovata in una delle caffetterie che da sempre aveva cercato di evitare, insieme a una delle ragazze più insistenti che conosceva e che le avrebbe posto le domande più strane e imbarazzanti che potesse ricevere in tutta la sua vita, così come faceva sempre ogni volta che rimanevano da sole...
No, forse, non si pentiva così tanto di aver declinato quell'invito.
La ragazza lanciò uno sguardo all'orologio.
Le 6.
Erano ormai due ore che aspettava che la pioggia cessasse.
Forse avrebbe dovuto rivalutare la prima opzione...
«Naoto?»
La ragazza sussultò quando una voce a lei familiare le arrivò dalle spalle.
Si voltò di scatto, incontrando lo sguardo di un ragazzo che conosceva fin troppo bene.
«Kanji-kun?»
Kanji le mostrò un'espressione interdetta.
«Cosa ci fai ancora qui?» le domandò, poggiando il braccio sull'armadietto.
Naoto aprì la bocca per rispondere, ma rimase in silenzio.
Non le andava molto a genio dover ammettere che lei, Naoto Shirogane, avesse dimenticato qualcosa di così importante come il suo ombrello, soprattutto dopo che Rise li aveva più volte messi in guardia per il tempo di quei giorni.
«Potrei farti la stessa domanda.» rispose, cercando di cambiare argomento.
Stranamente, le guance del ragazzo si tinsero di rosso.
Oh, perfetto.
Doveva anche lui essersi dimenticato l'om-
«Ecco... ho aiutato il club di cucito con un progetto a cui stanno lavorando da un po'...» bisbigliò il ragazzo, passandosi una mano dietro al collo.
Naoto elaborò quell'informazione, restando in silenzio per un secondo.
Non era una cosa poi così strana in realtà.
La ragazza sapeva che Kanji era davvero bravo a cucire, fin da quando era entrata nel team.
Non le pareva neanche poi così assurdo che il ragazzo si fosse offerto di aiutare qualcuno.
Anche se non lo conosceva da così tanto tempo, Naoto sapeva che in realtà era molto gentile.
No, la cosa che l'aveva completamente mandata in tilt era l'oggetto che Kanji stringeva nella mano sinistra.
Un ombrello.
Kanji Tatsumi, colui che più spesso si dimenticava anche i piani che elaboravano per attaccare le Shadow, si era ricordato di portare un ombrello.
E lei, che ricordava a memoria qualsiasi cosa avesse letto, visto o anche solo sentito dire, no.
Questo si che era imbarazzante.
Ma allo stesso tempo poteva essere la sua ancora di salvezza.
«Allora… allora io vado.» si affrettò ad aggiungere il ragazzo, notando che la detective non accennava a rispondergli.
Naoto non sapeva bene cosa fare.
Avrebbe davvero voluto chiedergli di dividere con lei il suo ombrello, ma allo stesso tempo trovava quella richiesta fin troppo imbarazzante.
Dopotutto sarebbero stati loro due, da soli, vicini a quel modo…
La ragazza abbassò lo sguardo, sentendo le guance che iniziavano lentamente ad andarle a fuoco.
No, la terza opzione restava la migliore.
Sarebbe rimasta lì, ad aspettare che quell’acquazzone finisse.
Sì, era sicuramente la scelta perfetta–
Quando un tuono cadde al suolo, Naoto afferrò di istinto il braccio di Kanji, fermandolo prima che lui potesse uscire dalla scuola.
«Naoto?»
«Per favore, possiamo dividere l’ombrello?»
Quelle parole uscirono dalle sue labbra prima ancora che lei riuscisse a fermarle.
Ora sì che provava imbarazzo.
Non solo aveva appena ammesso di aver dimenticato il proprio ombrello a casa, ma aveva anche fatto intendere che i fulmini la spaventassero.
No, forse non era tutto perduto.
Forse Kanji non aveva capito quella seconda part-
Un altro tuono cadde al suolo e Naoto sussultò visivamente, stringendo con più forza il braccio del ragazzo.
Dannazione.
Ora sì che l’avrebbe presa in giro...
«Certo, Naoto.»
La ragazza alzò immediatamente lo sguardo.
Kanji aveva pronunciato quella frase con una voce leggermente più imbarazzata e tremante del solito ma, nonostante questo, sul suo viso si era formato un piccolo sorriso.
«Vieni, ti accompagno a casa.» aggiunse poi, dirigendosi all’esterno e aprendo l’ombrello.
Di fronte a quel gesto, Naoto non poté far altro che sorridere.
Era stata una stupida.
Sapeva che Kanji non l’avrebbe mai giudicata, né per la sua dimenticanza, né per la sua paura.
Cosa è che l’aveva fatta pensare tanto fino ad allora?
«Ti ringrazio Kanji-kun.– rispose, raggiungendolo e inserendosi sotto l’ombrello –La prossima volta ricambierò il favore.»
«Sempre se non dimenticherai di nuovo l’ombrello.»
Nonostante le guance le si fossero tinte di rosso, Naoto decise di ignorare quel commento sarcastico e si avvicinò maggiormente al ragazzo che, così come aveva promesso, l’accompagnò fino al suo appartamento, nonostante questo si trovasse dall’altra parte della città rispetto alla sua abitazione.
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Prompt: Dimenticarsi di qualcosa/qualcuno
Numero parole: 620
Fandom: Nier:Automata
Personaggi/Coppie: 2B/9S



«Tu sei 2B, vero?»
9S disse quelle parole con tranquillità, così come aveva fatto sempre.
«Il mio nome è 9S, sono qui per fornire supporto.»
Quante volte aveva sentito ripetere quelle parole?
Tante, troppe per ricordare, anche per un androide.
2B mostrò il suo solito volto impassibile al robot di fronte a lei, mentre questo si presentava per quella che doveva essere oramai la quinta volta in quel mese.
Sapeva esattamente come doveva procedere.
Doveva solo seguire le direttive che le erano state richieste, come aveva sempre fatto, fino a quel momento.
Come da copione, la ragazza si presentò a sua volta, senza lasciar trapelare alcun tipo di emozione che provasse in quel momento.
Come se lei potesse provare davvero emozioni.
Dopotutto era un’androide, un semplice robot, costruito ad hoc per assomigliare il più possibile alla razza che adesso stava cercando di proteggere.
La sua pelle non era vera, così come non lo erano neanche le sue labbra, i suoi occhi, i suoi capelli.
E come tutti gli androidi di questo mondo, era ovvio che non avesse neanche un cuore.
Quindi come poteva provare emozioni?
Quella era una domanda che 2B continuava a ripetersi, ogni volta che quel loop ripartiva da capo.
Lei era un Esecutore.
Un tipo E che era stato designato con l'unico intento di uccidere quel robot con cui collaborava da ormai tanto tempo.
Quel robot che però, ogni volta, la dimenticava.
Sì, perché era questo che accadeva ogni volta che quel ciclo arrivava a fine.
Ogni volta che lui si presentava nuovamente, dopo essere stato ricostruito, la robot non poteva fare altro che sperare che, per una volta, le cose potessero andare diversamente.
Forse, se 9S non fosse entrato in contatto con certi registri della base, non avrebbe scoperto quei dati sensibili che l'avrebbero costretta ad ucciderlo.
Forse, se per una singola volta lei stessa fosse stata più dura con lui, sarebbe riuscita a evitare che la verità di cui neanche lei era realmente a conoscenza ma che le era stato espressamente chiesto di proteggere.
Eppure lei non poteva farne a meno.
Non sapeva neanche lei perché, ma ogni volta che vedeva il volto di 9S illuminarsi di fronte ad una nuova scoperta, sentiva come una stranissima sensazione pervaderla.
Sensazione che presto si trasformava in puro terrore quando capiva che il ragazzo aveva superato il limite e che era l'ora di resettarlo nuovamente.
Ed era quello che era sempre accaduto.
Ogni singola volta.
2B metteva da parte quelli che gli umani chiamavano "sentimenti" e tirava fuori la sua spada, prima che 9S potesse anche solo aprire bocca per dirle ciò che aveva scoperto.
E questo perché?
Perché lei era una codarda.
Sapeva che se avesse provato anche solo per una volta a sentire quello che lui aveva da dirle, anche a lei sarebbe toccato lo stesso destino: sarebbe stata anche lei uccisa e resettata, magari da un altro YoHRa di tipo E, o dal Comandante in persona.
Ma non era certo la morte che la preoccupava.
Lei era un’androide, poteva rinascere ogni volta che voleva.
La cosa che le faceva più male era la sola possibilità di potersi dimenticare di quel robot di cui, in modo completamente irrazionale, lei si era innamorata.
Così come, oramai, succedeva a lui, ogni volta che lei lo assassinava.
E per questo, nonostante sentisse l’impulso di abbracciarlo e stringerlo a sé mentre lui si presentava nuovamente, 2B non fece altro che comportarsi nel suo solito modo freddo di sempre, fingendo di non averlo mai visto prima e seguendo quegli ordini così dolorosi.
Nella speranza che, un giorno, fossero entrambi finalmente liberi.
E che, nonostante lui non avesse più ricordi, lei potesse comunque ricordare tutto quello che avevano passato insieme, per sempre.
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Prompt: Piangere senza riuscire a fermarsi
Parole: 663
Fandom: Persona 5
Personaggi: Ann


Ann non avrebbe mai pensato di potersi trovare in una situazione del genere.
Seduta su una delle sedie della sala d'attesa di uno dei più grandi ospedali di Tokyo, la ragazza non poteva far altro che stringere con forza il suo portachiavi rosa a forma di pinguino, aspettando con ansia che uno dei dottori uscisse da quella maledetta stanza di fronte a lei.
Erano ormai passate ore da quando era in quell’ospedale.
Fuori era diventato buio, le persone in quel corridoio avevano iniziato a diminuire, mano mano.
Ma lei era rimasta lì, gli occhi puntati sulle sue mani.
Si era anche addormentata un paio di volte e, ad ogni risveglio, pensava che quello che aveva vissuto quella stessa mattina era stato solo un incubo.
Ma poi, con suo enorme dolore, ricordava che non lo era stato.
Quella mattina, a scuola, Shiho si era buttata dal tetto, proprio davanti ai suoi occhi.
La scena di molte ore prima continuava a ripetersi nella sua testa, come se non potesse pensare ad altro.
Non sapeva perché, ma, ogni volta che chiudeva gli occhi, se la ricordava diversa da come era realmente accaduta.
Nei suoi ricordi (e nei suoi sogni nel momento in cui si era addormentata) Ann era lì, su quello stesso tetto, e le sarebbe bastato in realtà allungare solo una mano per potere fermare la sua amica e salvarla.
Beh, dopotutto, quella era la verità, anche se solo in parte.
Anche se lei non era stata su quello stesso tetto, infatti, non si poteva dire che lei non avesse mai avuto il modo di prevenire quello che era accaduto.
Sapeva che tipo era Kamoshida.
Sapeva che se lei non avesse fatto quello che lui voleva, Shiho sarebbe stata in pericolo.
Sapeva che lei non poteva essere l'unica ad essere abusata da quell'uomo.
Sapeva che Shiho stava passando un brutto periodo...
Ma non aveva fatto niente per salvarla.
Anzi, l'aveva lasciata completamente in balia di quell'uomo.
E adesso...
La vista di Ann si offuscò e una delle tante lacrime che stava trattenendo fino a quel momento cadde di fronte a lei, colpendo il piccolo pinguino che la ragazza continuava ad osservare da un tempo che le sembrava infinito.
Ricordava perfettamente quando lo aveva comprato.
Era stato ben sei anni prima, quando era uscita per la prima volta con quella che sarebbe diventata la sua migliore amica.
Non avrebbe mai potuto dimenticare la gioia che l’aveva pervasa mentre compravano i due pinguini che facevano una coppia perfetta, quello di Ann rosa e quello dell’altra ragazza di un celeste pastello.
Avevano giurato che il avrebbero tenuti per sempre con loro, in segno della loro amicizia.
Ed era proprio quello che avevano fatto.
O, almeno, quello che Ann aveva fatto.
Non sapeva se anche Shiho avesse davvero mantenuto quella stupida promessa per tutti quegli anni.
In realtà, non aveva neanche avuto modo di chiederglielo.
Forse perché fino a quel momento non le era neanche passato per la testa di farlo.
Aveva sempre pensato che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per farle quella domanda, o per vedere lei stessa con i suoi occhi se Shiho continuava ad avere quel piccolo portachiavi.
E invece ora non poteva più farlo.
Come avrebbe potuto?
Non sapeva neanche se la ragazza sarebbe riuscita a sopravvivere, dopo la caduta che aveva subito.
Ann si rannicchiò maggiormente sulla sedia e singhiozzò con più forza, piegandosi in avanti e portando il suo pinguino al petto.
Dopotutto in quel momento, non poteva far altro che quello.
Non poteva far altro che lasciare che le lacrime, che fino a poco prima non avevano neanche la forza di uscire dai suoi occhi, rigassero adesso le sue guance, senza che lei riuscisse più a fermarle.
E resto così, tutta la notte, su quella scomoda sedia della sala di attesa di quell’ospedale, aspettando che qualcuno finalmente venisse a darle buone notizie, mentre stringeva con forza quel piccolo e rovinato dal tempo pinguino; l’unica cosa che Shiho le aveva lasciato.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL COW-T9 INDETTO DA LANDE DI FANDOM
Prompt: Dimenticarsi di qualcosa/qualcuno
Parole: 521
Fandom: Persona 4
Personaggi/Coppie: Kanji/Naoto
Note: raccolta di tre flashfic



Naoto non aveva mai dimenticato il pranzo.
Solitamente si svegliava molto presto, per poter preparare con tutta la calma di cui aveva bisogno il suo cestino che poi si sarebbe portata a scuola, così come faceva la maggior parte dei suoi compagni.
Quella mattina però, le cose non erano andate come previsto e, dopo che si era svegliata in ritardo, era dovuta correre alla stazione del bus, dimenticandosi completamente del fatto che, ad una certa ora, avrebbe pur dovuto mangiare qualcosa.
Si era resa conto di questo solo quando era oramai a scuola, seduta al suo banco, senza che potesse oramai fare più niente per rimediare.
Non che quello fosse un problema. Dopotutto, quel giorno sarebbero usciti prima del solito e quindi avrebbe potuto mettere qualcosa sotto i denti appena tornata a casa. Doveva solo resistere fino ad allora e sperare che il bus per tornare al suo appartamento non arrivasse troppo in ritardo.
Ma, quando Kanji la invitò a dividere il suo pranzo con lei, dandole così l’opportunità di rimanere da soli, Naoto pensò che forse non era poi una così brutta idea approfittare di quell’occasione e che, forse, poteva dimenticare più spesso di farsi il pranzo, se questo voleva dire poter passare la pausa pranzo in compagnia del ragazzo.
 
Kanji non pensava fosse possibile dimenticarsi una cosa del genere.
Seduto al suo banco, non poteva far altro che osservare la data che era stata scritta sulla lavagna, sentendosi un completo idiota.
Era il 14 marzo, il White Day, giorno in cui, a regola, sarebbe toccato a lui regalare qualcosa a Naoto dopo che lei gli aveva portato quella scatola di cioccolatini per San Valentino.
Ma lui se ne era dimenticato.
Non di fare il regalo, ovviamente.
A quello aveva pensato oramai da settimane.
Anzi, aveva anche rischiato che la sua ragazza lo trovasse in anticipo, visto quante volte avevano passato del tempo in camera sua in quell’ultimo mese.
E ora che era arrivato il giorno, era stato così cretino da lasciarlo a casa.
Ora sì che la detective non gliel’avrebbe fatta passare liscia...
Quando però Naoto gli chiese se potesse passare il pomeriggio da lui, il ragazzo capì di essere salvo.

Naoto non era poi così tanto disperata per aver dimenticato "accidentalmente" la propria tuta da ginnastica a casa, quella mattina.
Infatti, non aveva mai avuto particolarmente voglia di sostenere quell’attività e, quel giorno in particolare, si era svegliata con un umore per niente adatto per affrontare quelle tre ore di tortura che la aspettavano e che l’avrebbero mandata sicuramente al tappeto.
In realtà, non riusciva neanche a capire la vera utilità di quella materia.
L’unica cosa che facevano durante quelle ore era correre intorno al campo, competendo l’uno contro l’altro.
E come poteva lei, che aveva le gambe che erano nemmeno la metà di quelle della maggior parte dei suoi compagni, trovare quest’attività minimamente utile e divertente?
Ma, quando Kanji le propose di prestargli la sua maglia da usare come "tuta alternativa", sostenendo che lui sarebbe rimasto per tutta la lezione a torso nudo, Naoto pensò che forse quelle ore potevano essere meno pesanti di quel che sembravano.

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